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Autore: varietyofdreams    27/07/2016    0 recensioni
Polonia, 1942. L'unico modo per sentirsi liberi nella schiavitù è non negare sé stessi.
Anche se sei tedesco; anche se sei innamorato di un ragazzo polacco.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Olocausto
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So benissimo cosa succede a quelli che escono dalla fila.
E il rumore dei fucili che vengono caricati, conferma la mia idea. Una lacrima scende silenziosa. Per un attimo, cerco lo sguardo Hans che è colpevole, triste, disperato. Una volta, lui mi aveva detto: Si piange per la morte, non per la sofferenza. E come posso chiamare una morte come questa, se non ‘sofferenza’?
Ci ha provato a salvarmi, ci ha provato e non ci è riuscito. Non m’importa. Il solo gesto di avermi voluto portare via di lì, è stato eroico.
Il capo dei tedeschi comincia il suo discorso, dopo aver fatto cenno ai cecchini di aspettare. No, vi prego. Così prolungate l’ansia.
Già dalle prime parole, avverto la sensazione si sollievo che si prova quando si esce da un grande pericolo. Non può essere vero. Non è possibile che ci riportino a casa… Hans non può esserci riuscito.
Perdo il senso del tempo, mi gira la testa ma non barcollo. Ogni singolo movimento potrebbe causare la mia morte a un passo dalla salvezza. Poi, Hans scende dalla piattaforma che funge da ‘podio’.
Si avvicina a me. Proprio a me.
E mi stringe in un abbraccio. Sta piangendo, lo sento. Ma non capisco perché mi abbracci.
«Non lasciarmi, stringimi forte.»
Obbedisco. Poi lui scosta la testa. Perché nessuno sta mormorando? Perché gli SS non sparano? Tutto questo non dovrebbe essere permesso…
Mi bacia. E, anche senza parole, capisco che devo godermelo questo momento, perché non ce ne saranno mai più.
Non so quanto tempo passa, ma poi il rumore è inequivocabile. Uno sparo. E poi un altro. Ma siamo ancora insieme e nessuno dei due ha perso i sensi.
Siamo ancora vivi, non hanno sparato a noi.
Scosse e brividi.
Magia e lacrime.
Un altro sparo, ma restiamo saldi. Eppure, stavolta, c’è qualcosa che non mi torna. Hans smette di reagire al mio bacio, seppure aumenti la stretta delle sue mani sui miei fianchi.
E poi capisco qual è il problema: il sapore di sangue nella mia bocca. Sangue che viene dalla bocca di Hans.
Lo stacco da me, tenendolo per le spalle. «HANS!»
I suoi occhi sono spalancati e la sua bocca ancora aperta, piena di sangue che scende sui vestiti, sulla sua pelle candida. Sui quei luridi vestiti e su quella pelle perfetta.
«Hans… no!» Lo scuoto e lui si accascia senza sensi ai miei piedi. Mi inginocchio accanto a lui, piangendo.
«D-Daw… Ho fre-freddo… f-fa tanto f-freddo…»
Non so descrivere il dolore che provo. E’ come una spina conficcata nello stomaco che risale fino al cuore e lo blocca. Un conato di vomito scioglie il nodo che ho in gola, e scoppio in lacrime, reprimendo la voglia di rimettere.
Ho le mani interamente sporche del suo sangue. Lui apre gli occhi appena, tanto da farmi sperare. «Hans, Hans, non addormentarti. Mi servi, devi rimanere con me. Ti amo, ti prego, ti amo…»
Continuo ad implorarlo. Non mi curo nemmeno che la mia voce sia gracchiante a causa delle lacrime che mi scendono in gola. Mi fermo solamente quando Hans riapre di nuovo la bocca e, con fatica, mi dice: «Ho… ho f-freddo.» Fa una smorfia, forse di dolore, mentre allunga una mano verso la mia guancia, accarezzandola. «S-Scu…sa.» Poi il suo braccio ricade pesante sul suo petto e Hans rantola. Due, tre volte. Poi, gli occhi fissi nei miei, smette di respirare.
Non so cosa fare. Non so cosa provo, di nuovo. E’ rabbia…? Incredulità…? Tristezza…? Forse è tutto questo messo insieme. Chiamo il suo nome sussurrandolo e avvicino le mie labbra alle sue. «Ti… Ti amo.»
Non so dopo quanto tempo realizzo cosa realmente è successo, ma quando succede, non riesco a far altro che a urlare e inveire contro i tedeschi. Perché l’hanno ucciso? Perché non hanno ucciso me? Me lo meritavo molto di più. «PERCHE’?!» Abbraccio il corpo senza vita di Hans e me lo stringo al petto. Non voglio credere che sia morto, non lui, non la persona che ha provato a portarmi via di lì… i suoi sforzi non possono essere stati vani.
Vorrei prendere una pietra e conficcarmela in corpo, ma non ce ne sono di abbastanza appuntite intorno a me.
Provo a sbattere la testa sulla terra, ma non ho la forza di farmi del male abbastanza da morire.
Il mondo crolla, si sgretola, gira intorno a me. Non so più cosa sta succedendo. Perdo i sensi e mi accascio su di lui.
L’ultima cosa a cui penso, è la speranza di star morendo.
   
 
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