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Autore: Aleki77    24/04/2009    2 recensioni
Un bacio rubato e poi un altro ancora e tutto precipiterà. Riprende da dopo la visione di THE ITCH (il prurito)
Genere: Romantico, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allison Cameron, Greg House
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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YKB - Quindicesimo capitolo – Not over! Quindicesimo capitolo – Not over!

Il cercapersone suonava senza sosta da oltre un minuto, ma Cameron, assorta com’era nei propri pensieri, lo sentì solamente quando ormai il fastidioso e prolungato bip andò a smorzarsi. Stancamente si alzò dalla panca per afferrare quel piccolo oggetto rettangolare e, mentre annoiata leggeva il messaggio, il suo viso sbiancò. In fretta si rivestì e, con ancora i capelli bagnati che gocciolavano sul camice, uscì di corsa dallo spogliatoio.

Premette con insistenza sul tasto di chiamata dell’ascensore, ma quello rimaneva ostinatamente spento. Cameron dunque prese le scale di volata e involontariamente andò a sbattere contro Foreman e Chase che con calma le percorrevano all’inverso.

“Scusa!” – Disse in fretta la donna prima ancora di elaborare chi si  fosse trovata davanti.

“Dove vai così di corsa?” – Le chiese il neurologo preoccupato dall’espressione che la collega aveva stampata in volto.

La donna voltò il capo verso di loro e istintivamente prese le mani di entrambi. – “Ho bisogno di voi.” – Trascinandoli giù con lei. – “Patrick è collassato.” – E questo bastò ai due giovani medici.

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Le labbra di Irene era una pallida linea rosata che spiccava sul volto candido. La posizione delle spalle e il tremore delle mani erano indice della paura provata quando aveva visto Patrick, il suo Patrick, crollare con un tonfo sul pavimento di linoleum. Si sforzò di ascoltare che cosa le stava dicendo il moro neurologo, ma tutto le sfuggiva dalla mente.

“Pensiamo che abbia avuto un TIA, ma per esserne sicuri dobbiamo attendere ventiquattro ore.” – Stava dicendo Foreman per l’ennesima volta.
Cameron vide lo smarrimento sul volto della donna e intervenne. – “Pensiamo che sia benigno; tutti i sintomi dovrebbero scomparire in meno di ventiquattro ore.”

La donna fece un rapido cenno con il capo, ma un pensiero inquietante le attraversò la mente. – “E se non fosse così?”
“La risonanza è pulita.” – Disse Foreman. – “Sono per questo certo che sia transitorio, ma per sicurezza lo abbiamo messo sotto eparina e abbiamo aumentato il dosaggio della nitroglicerina.”

La donna guardò nella stanza di Patrick e tremò ancora di più. – “Sembra così fragile e indifeso.” – Sussurrò con un filo di voce. – “E lui non lo è mai.”

Dolcemente Cameron allungò una mano e la posò su quella di Irene. – “Andrà tutto bene.” – Prendendo chissà dove quella convinzione.
Irene la guardò come se fosse la prima volta che la vedeva e scattò indietro scansandosi da quel gentile contatto. – “E’ colpa sua se lui è ridotto così! È stata lei a estorcergli il consenso!” – Gridò come impazzita tanto da far fare un passo indietro a una stupita Cameron. – “Lei gli deve stare lontano! Non voglio che più che lei e quel pazzo del suo ex capo vi occupiate ancora di Patrick!”

Cameron sbatté gli occhi ripetutamente cercando di comprendere quello che le stava dicendo, e quando la comprensione la raggiunse fece ancora un paio di passi indietro come spaventata. – “Io ... io …” – Balbettò incapace di parlare.

Foreman, nonostante fosse contrario a quell’esame, entrò nel campo visivo della donna e cercò di difendere l’amica e la collega. – “Il signor Highland è stato correttamente informato dei rischi di questo esame e l’ictus è uno di questi. Nessuno qui ha costretto qualcuno a fare qualcosa contro la propria volontà.”

Il labbro inferiore di Irene tremò. – “Non vi voglio attorno a lui!” – Disse nervosa mentre si precipitava nella stanza dell’uomo.

Cameron cercò di seguirla, ma Foreman la fermò. – “Lasciala sbollire, è solo spaventata.”

“Lo so ma …” – Guardò nella stanza di Patrick e vide una scena a lei tanto familiare quanto dolorosa: la donna si era seduta affianco all’uomo privo di coscienza tenendogli la mano. – “Si hai ragione.” – E in fretta si allontanò lasciando Foreman solo e allibito da quel repentino cambio di umore.

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Nervosa e tremante, con ancora quella scena in testa, Cameron riempì la propria borsa con gli appunti che aveva portato dal pronto soccorso. Doveva andarsene da lì. Forse la cosa migliore era spiegare la situazione a Cuddy e chiedere qualche giorno di ferie. Si morsicò ripetutamente il labbro inferiore e poi scosse il capo, andarsene non era mai una buona soluzione, le sarebbe bastato rimanere confinata nel “suo” pronto soccorso per i successivi tre mesi e forse tutto quel dolore sarebbe scomparso.

“Che stai facendo?” – Chiese House che già da un po’ la stava osservando.

Lei alzò colpevole gli occhi e lo guardò in volto. – “Vado a casa, ci è stato tolto il caso.” – Con voce ferma e orgogliosa.

“E molli così?” – Chiese lui avvicinandosi. – “Te ne vai solo perché un test rischioso, per il quale era stato correttamente informato, ha prodotto uno degli effetti collaterali?”

“No!” – Disse socchiudendo gli occhi. – “Mi è stato chiesto di non occuparmi più del caso e sto semplicemente rispettando la volontà del paziente.”

“Non mi sono state comunicate delle informazioni? Il galletto si è svegliato e non mi è stato detto?” – Chiese dubbioso come se cadesse dalle nuvole mentre le sue parole trasudavano di sarcasmo.

Cameron scosse il capo incerta. – “No, ma …”

“Non mi risulta che il galletto abbia autorizzato qualcuno a parlare al posto suo, o sbaglio?” – Mentre si faceva più vicino.

“No.” – Disse Cameron torturandosi il labbro inferiore per l’indecisione. Quando lo percepì più vicino, alzò la testa orgogliosa. – “Ma lei sa meglio di chiunque altro che cosa lui vorrebbe.”

“No! Perdio!” - Lui sbatté con violenza il proprio bastone sul tavolo facendola sussultare. – “Lei non lo sa!” – Camminò minaccioso verso di lei. – “Tu immagini, pensi, presumi di sapere quello che lui vorrebbe, ma non puoi trasferire i tuoi sentimenti su quella coppia infelice! Tu non hai minimamente idea di che cosa lui voglia perché se anche fossi tu la sua donna non saresti dentro la sua testa!” – Facendosi sotto minaccioso.

“La sua testa è fuori uso e poiché non possiamo entrarvi a forza lei è la migliore risorsa che abbiamo!” – Ribatté lei mentre inconsciamente alzava il tono della voce.

“Non è la stessa cosa! Non esistono due persone che creano esattamente l'identico pensiero e se talvolta accade è solo frutto del caso!” – Mentre il tono della sua voce diventava più forte e profondo.

“E tu non trasferire la tua fallimentare relazione con Stacy su di loro, non tutti sono pronti a imbrogliarti appena chiudi gli occhi!” – Sapendo perfettamente di entrare in un campo minato.

Per un istante lui fu sorpreso da tanto ostinato coraggio, ma questo lo costrinse a mettere in capo le armi pesanti. – “E tu non trasferire la tua fallimentare relazione con Chase su di loro perché non tutti sono come dei cuccioli abbandonati bisognosi di affetto.”

“Chase non è un cucciolo e lascialo fuori da questa storia.” – Mentre il viso le si arrossava e la voce le si faceva roca.

“Certo che è un cucciolo! Dopo che ha praticamente visto che ti stavo sbattendo contro la parete del mio studio è ancora pronto a scusarti per le tue mancanze verso di lui e ad accoglierti nel suo letto!” – Mentre il respiro gli si faceva breve e rumoroso.

“No!” – Disse Cameron cercando di riprendere il controllo di se stessa. – “Non è un cucciolo.” – Ripeté con voce forte e sicura. – “Lui è un uomo forte e sicuro di sé, e non ha certo bisogno che io parli per lui.” – Riprendendo a infilare con foga dei fogli nella propria borsa.

“Tu non lo hai mai baciato come hai fatto con me e questo dovrebbe dire qualcosa sia a lui sia a te!” – Non volendo lasciare l’osso di cui aveva appena assaporato il gusto.

“Già.” – Sussurrò.

A quell’affermazione lui la guardò sconvolto. Sbatté rapidamente le ciglia e cercò di comprendere che cosa Cameron avesse voluto sott’intendere. – “Cosa?”

Lei alzò coraggiosa lo sguardo su di lui e lo affronto. – “Ho detto che hai ragione: io non ti ho ancora superato.” – Disse mentre un lungo e tremulo espiro le sfuggì dalle labbra.

Lui non riuscì a dire nulla, si limitò a guardarla come spaventato.

Lei attese una reazione da parte sua che non venne. – “Già, proprio come pensavo.” – Afferrò la propria borsa e fece per uscire dallo studio, ma lui si mise in mezzo ostacolandola.

Cameron s’irrigidì e bruscamente. - “Anche da me hai avuto la tua libbra di carne! Ora che altro vuoi?”

“Che intendi dire?” – Chiese timoroso.

Lei lo guardò sorpresa che non avesse riconosciuto la citazione. – “Il mercante di Venezia?” – Mentre dentro di sé si propagava un senso di sollievo. – “Non hai fatto Shakespeare al liceo?” – Mentre un timido sorriso le incurvava le labbra.

“So tutto dell’ebreo Shylock che vuole una libbra di carne di Antonio in caso di mancato pagamento, ma certamente non sono qui per discutere della filosofia della vendetta con te!” – Mentre come annoiato le sventolava una mano sotto il naso. – “Io voglio sapere che intendi dire con quel ‘non ti ho superato’”.

Lei lo fulminò con lo sguardo e prese in considerazione l’idea di tergiversare, ma lo sguardo inquisitorio di lui la face desistere. – “Io e Chase ci siamo lasciati.” – Sussurrò. – “Ora che mi hai reso una miserabile, tu lo sei meno?”

Lui sbatté ripetutamente le palpebre e la guardò confuso. Si leccò le labbra e fece scivolare la mano sull’impugnatura del bastone. – “No.” – Sussurrò.

“Fantastico! Nemmeno io!” – Cameron si riuscì a liberarsi e in fretta lasciò lo studio senza guardarsi indietro.

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--- fine quindicesimo capitolo ----
  
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