Gossip Girl, ultimo
post:Il più dolce dei
risvegli non promette una giornata altrettanto piacevole, non è scaltro colui
che confida in questa inefficace speranza. Tutto può accadere dall'inizio della
giornata alla fine, quando, stanchi, si riposano gli occhi e si poggia la testa
nel cuscino. E ciò non dipende dalla delizia del risveglio... Dicono che il
buongiorno si veda dal mattino, ma la maggior parte delle volte il buongiorno
si distingue dalle persone che incontri e dai fatti che ti circondano. Io vi
informo, però, che un risveglio insolito non presagisce nulla di affidabile,
quindi state in allerta o ciò che è cominciato come un buongiorno finirà per
diventare un segno di cattivo auspicio...
CAPITOLO
4
Api
regine e complotti
Buongiorno Upper East Side. Sono Gossip Girl, la vostra sola
fonte di notizie sulle vite scandalose dell'élite di Manhattan. In quest’ora del pomeriggio i
cittadini di New York vengono sorpresi a passeggiare tra i marciapiedi della
città. Con un nuovo mese appena cominciato, il guardaroba di molti ha un urgente
bisogno di essere rinnovato. Accorrete, o l’ultimo abito del negozio che amate
vi scapperà dalle mani, comprato da chi non ha timore di far strisciare la
propria carta di credito alle numerose casse. Non tutti, però, hanno questi
soliti quanto noiosi interessi. Una certa Ross.2 ci ha messo al corrente di un fatidico incontro tra due note regine che,
senza scrupoli, ammaestrano il loro potere sugli studenti della St. Philip. Che
sia un colloquio di pace o un consiglio bellicoso quello che le due giovani
donne sono pronte a intraprendere? Ancora non lo sappiamo, quindi tenetevi aggiornati
o mentre, a colpi di spada e tacchi a spillo, nascerà una guerra voi ne sarete all’oscuro…
Due
alti, bianchi e neri tacchi Chanel picchiettavano i marciapiedi di New York,
mentre la ragazza lasciava una scia profumata Dior ad ogni passo.Le sue nere
calze di pizzo collegavano le scarpe al mini abito bianco che indossava,
avvolto da un soffice cappotto a quadri in tweed che la riscaldava dalla bassa temperatura
che precedeva l’inverno. Il tutto ancora, una volta, Chanel.
Isabelle
Lightwood si presentò al raffinato incontro con la belva della St. Philip alle
17.00 esatte. Essere puntuali e spaccare l’ora era la dimostrazione che perfino
il tempo s’inchinava rispettosamente al tuo cospetto ed era indice di
un’ineguagliabile superiorità, non che ad Isabelle servisse davvero dimostrarla
davanti ad Camille Belcourt ma avrebbe fatto di tutto pur non di farsi piegare.
Entrò
al locale pomeridiano, fatto di luci basse e colorato di tonalità rosse e nere,
guardandosi intorno per scorgere colei che il mattino stesso l’aveva invitata.
“Questione importante, ho bisogno di
parlarti. Faccia a faccia” queste erano state l’esatte parole di Camille
non appena l’aveva chiamata. Sinceramente Isabelle non sapeva che aspettarsi da
una come lei, una ragazza perfida e tosta come lei. La regina della St. Philip
era indubbiamente Isabelle, ma non per questo Camille non prometteva autorità da
ogni poro della pelle. Il potere nelle loro mani non era semplicemente diviso a metà, ufficialmente la punta
della scuola era Isabelle ma in realtà il trono era occupato anche da Camille.
L’unica differenza era che Isabelle lo esercitava e Camille lo evitava,
preferendo starsene dietro le quinte, anche se amava ricordare quanto fossero
feroci i suoi artigli a chiunque osasse dimenticarlo. In poche parole le due
ragazze, guidando gli studenti della St. Philip, cortesemente non si
disturbavano a vicenda.
E poi
la vide, seduta al balcone, su una sedia alta e rossa a sorseggiare un drink. Indossava
un completo non del tutto adatto alla stagione autunnale appena cominciata,
sembrava non avesse sentito i primi spifferi di vento che soffiavano tra i
grattacieli della città. Un abito corto di Dolce & Gabbana, leggero
fasciava il suo corpo snello coprendole il busto e la parte superiore delle
gambe. Camille faceva parte del gruppo degli eccentrici, come preferiva chiamarli Jace e che poi quasi tutta la scuola
aveva adottato come nome, e quindi di certo il suo abbigliamento non poteva non
rispondere a determinati criteri di stravaganza. Una gonna a palloncino, due
strati soffici, si stringeva in vita per poi dividersi in due grosse fasce che
si ricongiungevano dietro il collo, lasciando gran parte della schiena
scoperta. I colori? Dall’azzurro tenue al verde dell’erba, dal viola e rosa dei
fiori all’oro e arancione. Ai piedi portava due tacchi vertiginosi dai colori
accesi del vestito. Quando si accorse di Isabelle alzò il mento in segno di
saluto, portandosi alla bocca il bicchiere senza staccare gli occhi dalla
Lightwood che le veniva incontro con passo sicuro. Quest’ultima prese posto sullo
sgabello alto affianco all’altra, salutandola con un sorriso che non raggiunse
gli occhi ma coinvolse solo le labbra.
“Camille”
disse Isabelle.
Anche
Camille sorrise, ancora con il bicchiere alla bocca, fece un cenno al drink e
chiese:
“Posso
offrirtene uno?”
“Gentile,
ma rifiuto… per oggi niente, dopo ieri sera” rispose la ragazza mora.
Camille
annuì, finendo il liquido, e poi, dopo aver allontanato il bicchiere vuoto, spostò i
boccoli biondi dietro la spalla.
“Mi fa
piacere che tu sia venuta” Camille cominciò. “La curiositá ti ha sempre
accompagnato in tutto questo tempo e dicono che non ci sia possibilità di
curarla”.
Camille
era sempre così, parlava attraverso sagge parole senza mai dare l’impressione
di sembrare una vecchia stralunata. Era una ragazza, quasi donna, vissuta. Si
era trasferita da pochi anni a New York, Isabelle sapeva solo questo oltre al
fatto che non le mancasse una giudiziosa scaltrezza sotto quei gesti gentili e affidabili.
Le due
ragazze non erano grandi amiche e, quindi, non si aspettarono nient’altro oltre a
quei saluti non propriamente calorosi che si erano scambiate.
“E non
è mia intenzione curarla... Comunque sono tutta orecchie” Isabelle si porse in
avanti, come a dimostrare ciò che aveva appena detto.
“Noi
due siamo alleate, vero?” Camille imbronciò le labbra, aspettandosi una
risposta affermativa alla domanda appena posta. Nonostante il tono mesto della
voce, nulla dei suoi occhi prometteva calda lealtà: erano gelidi. E Isabelle
questo lo sapeva, anche se era cosciente che più di questo la ragazza bionda
non potesse trasmettere.
“A
quanto mi risulta sì, non starai certo cambiando idea?”
“No,
sono qui per questo” adesso Camille abbassò il tono, sussurrando all’orecchio della
ragazza mora “una minaccia incombe su di noi, mia cara Isabelle Lightwood”
“Dovrei
sentirmi intimidita?”
“Forse
si” Camille scosse lentamente la testa,rimproverando la facile ingenuità della
ragazza. “Vedi giovane Lightwood, non è questione di essere intimidite o meno”
“Quindi?
Ti è difficile parlare esplicitamente?”.
Camille
rise tenuemente, senza il cuore.
“La
pazienza é un dono che non tutti ricevono alla nascita” commentò la ragazza,
fissando negli occhi Isabelle, che non si scompose. Camille poi continuò, portando
le labbra a una linea fine mentre parlava: “Lucy Spencerfield.”
“Questo
nome non mi dice niente”Isabelle corrugò la fronte, mentre cercava tra i
ricordi un volto, una famiglia da associare a quel nome.
“È questo che lei vuole” rispose Camille
sbattendo velocemente le palpebre e aspettandosi una domanda da parte
dell’altra che non tardò ad arrivare.
“Che
cosa vuole?”
“Vuole
ciò che abbiamo noi, o meglio ciò che tu possiedi” rispose Camille. Le sopracciglia
di Isabelle si alzarono, complici di una muta domanda.
“Il
potere, il dominio della St.Philip”
Un
sorriso intimidatorio incurvò gli angoli della bocca della Lightwood.
“Non
vedo perché questo possa spaventarmi” aggiudicò la ragazza, mentre faceva
fuoriuscire uno specchietto dalla borsetta per controllare con disinvoltura il
rossetto che le colorava le labbra.
Una
risata gelida dal profondo della gola portò Isabelle a spostare lo sguardo dal
suo riflesso a Camille. Ora la ragazza bionda non sorrideva più, la poca
espressività che prima alloggiava negli occhi sembrava essere sparita, spazzata
via dal gelo dello sguardo.
“Cara,
cara Isabelle… mi aspettavo di più da te”
“Tutti
prima o poi si illudono invano. Sai, io mi aspettavo che questa conversazione
avesse un fine” in tono mite la ragazza dai capelli color ebano fece scoccare la
freccia dell’impazienza.
“Il
sarcasmo non ti porterà da nessuna parte, a meno che tu non preferisca
lasciarti trasportare dal passato. Ricordo male o ti è bastato un misero finale
drink per buttarti tra le braccia di John?”
Isabelle
serrò le labbra impedendosi di controbattere velenosamente mentre l’altra, dopo
una breve pausa continuò:
“Tipetto
carino, lo ammetto, ma chi mai potrebbe essere in confronto all'unica figlia
femmina Lightwood?”
Riempendo
i polmoni di salutare ossigeno la ragazza mora finalmente rispose:
“Cosa
stai cercando di dirmi, Camille?”
“New
York è piccola per troppe regine, non appena una perde ciò che la legava alla
cima viene sostituita da una più fresca.” Ora Camille aveva distolto lo sguardo,
voltandolo oltre il lucido balcone del bar. Isabelle ancora non comprendeva a
fondo l'avvertimento di Camille.
“È
stato un gesto infantile il tuo, Isabelle. Avventato, bramoso. Non il fatto che
tu abbia bevuto, che tu abbia ballato o che tu sia andata a letto con John, uno
dei tuoi ex.”
Se non è questo il punto,
allora qual è? Camille
rispose ai suoi pensieri, spaventando inconsciamente la ragazza seduta al suo
fianco.
“Ma il
fatto che il tuo gesto sconsiderato sia
risultato simbolo di debolezza, sottomissione. Se vuoi essere regina, nessuno
deve indicarti così facilmente dove lasciare il cuore. E tu non puoi
disseminare cuori spezzati in ogni dove. L’amore…”
“Questo,
questo non si chiama amore” la
interruppe Isabelle, le ciglia che fremevano in segno di una
nascosta agitazione.
Camille
rise. Come se le note vocali potessero scaldarsi con il ghiaccio…
“Amore”
ripeté in sovrappensiero. “Certo che non è amore. Ma cosa farai invece quando
lo incontrerai? In un soffio tutti i tuoi principi saranno cambiati per lui.”
L’amarezza dentro quell’unica sillaba risuonò forte alle orecchie di
Isabelle. Chissà cosa le era successo, a Camille, da disprezzare così tanto
l’amore da ritenerlo causa di rovina e
rovina… Isabelle non osò indagare.
“In
fondo… la stessa sorte di Jace Herondale Lightwood potrebbe toccare anche a
te.”
La
stessa sorte amorosa.
Isabelle
ricordava ciò che Gossip Girl amava annunciare al popolo di ascoltatori sul
conto di suo fratello Jace: Prima o poi sarebbe
arrivata una ragazza in grado di sfasciare le inflessibili pareti del suo cuore e che
a quel punto il
nostro Jace riccioli d’oro non avrebbe più avuto il controllo di se stesso.
Che
forse avrebbe trovato anche lei qualcuno così forte da fare breccia a tutto
quello che lei aveva rinchiuso attorno a sé?
“Come
puoi saperlo? Non è ancora successo.”
“Infatti
non lo so”
“Non è
niente di certo quindi…”
Stavolta
fu Camille a interromperla.
“Esatto.
Incertezza. Tu devi essere sicura che questo non accada. Jace può benissimo
perdere le staffe per una ragazza -farebbe un favore a tutte le giovani donne
della St. Philip- mentre tu mai e poi mai puoi lasciare che un uomo intralci il
tuo percorso o ti faccia cadere dalla punta.”
Isabelle
ascoltò con attenzione le parole appena pronunciate dall’altra, mentre un
dubbio le si insinuava nell’animo.
“Perché
mi aiuti?” chiese avvicinandosi al viso di Camille per scorgerle qualunque
accenno a una possibile bugia.
“Il
mondo non gira solamente intorno a Isabelle Lightwood” candidamente rispose la
bionda.
“Tu
cosa ci guadagni?” ritentò Isabelle con sguardo di ferro.
“Lucy Spencerfield
prenderebbe il tuo posto e abbatterebbe i principi che noi due abbiamo istituito.
Minaccia anche me, cercherà di controllarmi”
Una
cosa ancora non le era chiara però, perciò domandò un’altra volta:
“Perché,
tra tutte le ragazze, proprio lei?”
Senza
battere ciglio, Camille rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo:
“Perché lo dice Gossip Girl.”
E ogni
cosa che Gossip Girl dice, o prevede, si avvera come è vero che il ghiaccio al
caldo si scioglie.Fu la frase che rimase sospesa nell’aria, ma che nessuna
delle due espresse ad alta voce.
“Quindi
il piano qual è?”Isabelle ruppe il silenzio.
“Il
mio amico Magnus Bane ti riferirà tutto quello che devi sapere”.
Quindi
non tutto,pensò automaticamente Isabelle.
Camille lentamente
si alzò dall’alta sedia, sistemò il corto vestito e fece per andarsene. Prima
di superare la ragazza ancora china sul bancone, le si avvicinò e le sussurrò,
con voce calma e diretta: “E giusto che tu ricorda che chi diviene potente non trae
nessun beneficio dall’amore… ”
Oh oh, è tempo di
guerra. Sappiamo tutti che un incontro tra due api regine non predice mai nulla
di buono. Avvistate: Miss Belcourt e Miss Lightwood insieme, portando i propri
pungiglioni pronti a sferrare un colpo mortale. Chi dite che sia la vittima?
Forse, qualcuno che ha rubato il loro prezioso miele? Mai sottovalutare un’ape
regina, se ne sta sempre al coperto ma per difendere il proprio potere è
addirittura pronta ad uccidere le sue amate figlie…
○●○
Il giorno dopo, a scuola
Quella
mattina era stata particolarmente stressante per tutti e tre i Lightwood. Ogni
agitazione aveva un origine diversa, segreta, a causa della quale nessuno aveva
accennato nulla ai propri fratelli, chi per abitudine,chi per riservatezza e imbarazzo
o chi, invece, per semplice disinteresse.
Erano
in corridoio, la lezione appena finita. Jace ed Alec stavano ancora parlando si
sport, di football, mentre l’unica femmina fra i tre aveva fatto allontanare le
sue tirapiedi per aspettare il messaggero che Camille le aveva mandato. Ecco
Magnus Bane, vestito elegantemente in tutta la sua singolarità, che si
avvicinava. Il colore del giorno? Azzurro. La sfumatura del cielo illuminato
dal sole, in tonalità scura.
Mentre
le andava incontro, portò lo sguardo nella sua direzione e le rivolse uno
splendente sorriso bianco. Strano come tutto di lui riuscisse sempre a
luccicare, a partire dalla scarpe, ai vestiti e ai denti. Per non parlare degli
occhi: due fari verdi allungati che emergevano nella pelle dorata. Sentì
silenzio dietro di lei, perché i fratelli avevano smesso di parlare e avevano
puntatolo sguardo verso l’alta figura che a lunghi passi li andava incontro. Isabelle
non fece molto caso ad Alec, il quale espirò con forza aggrappandosi alla palla
da football che portava in mano.Poche volte Alec era preda alle emozioni come nervosismo
o agitazione, il più del tempo chiudeva gli occhi e respirava lentamente per
scacciare quella sensazione di panico. Era uno sportivo,teso e sotto pressione,
non era facile che venisse assalito dalle emozioni. In quel momento, però, tutto
ciò che caratterizzava il tranquillo comportamento di Alec sembrava essere
sparito. I due fratelli, Jace interessato al cellulare e Isabelle rapita dallo
stile di Magnus, non fecero attenzione.
“Isabelle
Lightwood, che piacere” la voce melodica di Magnus parlò per prima, accogliendo
la ragazza con un caldo benvenuto, contrario di quello dell’amica Camille del
giorno precedente.Isabelle adorava particolarmente Magnus, lui e il suo stile,
lui e la sua calorosità, lui e la sua tenacia. Soprattutto quest’ultima, non
era da tutti vestirsi stravagantemente come lui, sentirsi a proprio agio con se
stessi e oltre tutto avere un certo fascino impossibile da mettere in discussione.
Era uno dei pochi ragazzi che si truccavano a scuola, forse l’unico, e nessuno
osava deriderlo, perché, tralasciando che fosse il figlio di uno dei più ricchi
miliardari della città,sfoggiava il suo look con tale sicurezza che criticarlo
non sarebbe bastato a farlo intimidire. I suoi occhi erano contornati dal suo sicuro
e costante eyeliner e le palpebre colorate dal glitter. Il suo sguardo, poco
prima puntato su quello di Isabelle, ora era corso incuriosito alla sinistra
della ragazza.
“Caro
Alec” salutò tranquillamente Magnus, ottenendo con orgoglio due guance
lievemente arrossate del ragazzo come risposta, nascoste poi dall’inchinare del
viso. Poi voltò lo sguardo verso la destra di Isabelle, stavolta per poco,
giusto il tempo di salutare Jace con un ‘ciao’.
“Ecco
il tuo meraviglioso consigliere” decretò, presentandosi, il ragazzo appena
arrivato“sei fortunata Isabelle, non tutti hanno la possibilità di essere
coinvolti in un complotto con il sottoscritto”.
Isabelle
ridacchio. Sì, pensò, decisamente non è come Camille.
“Tu ti
sopravvaluti, amico” parlò Jace con disinvoltura, ancora intento a trafficare
con il telefono.
“Siamo
amici per caso, Lightwood? Io sto parlando con tua sorella. Perché non segui
l’esempio del tuo bel fratello e te ne rimani zitto?”
Bel fratello? Alec trattenne il fiato. E
anche Jace. Quest’ultimo sembrava sconvolto, quasi scosso nell’animo.
“Perché?” chiese drammaticamente “Io non
sono bello?”
Alec
tirò un sospiro di sollievo mentalmente, non vedeva l’ora che Magnus si
allontanasse. Anzi che smettesse proprio di parlare e che lo sbattesse sull’armadietto per baciarlo…E da quando faceva
pensieri del genere? Alec si stupì di se stesso. Tutto ciò che desiderava era
che Magnus non accennasse all’altra notte e che non gli rivolgesse occhiate
indiscrete. È tutto si convinse Alec,
abbassando gli occhi e dimenticandosi di seguire la seria conversazione di
Magnus e Isabelle.
“Cosa
ti ha detto Camille?” domandava Magnus.
“Mi ha
parlato di Lucy Spencerfield e dell’amore” rispondeva Isabelle.
Il
discorso proseguì ancora per molto,a turno il ragazzo e la ragazza si riferivano
ciò che sapevano a proposito di quella Lucy sottovoce cercando di non dare
nell’occhio. Ad Alec però non interessavano le parole, ma i gesti e i movimenti
di Magnus. Leggeri e decisi, come se ballasse a ritmo della sua stessa voce.
Mentre
parlava Magnus si sistemò il ciuffo colorato di capelli, ed Alec gli guardò le
mani, forti con le dita lunghe e sottili e lo smalto scuro. Non riuscì a
frenare i pensieri che gli vorticarono in testa: Magnus che lo baciava, Magnus
che lo stringeva con le braccia, Magnus che faceva scorrere le dita sul suo
corpo...
Non
sapeva il motivo, ma vedere lo smalto nero sulle dita di Magnus fu davvero eccitante.
Perché osservandolo collegava lo smalto alle dita, le dita alle mani, le mani
alle carezze, le carezze ai palpeggiamenti... E tutto riportava alla mente di
Alec le immagini focose di loro due a letto. E di come Magnus lo toccava, lo
prendeva, lo stringeva nel suo modo particolarmente forte e affettuoso e osava
tastare tutto quello che poteva. Come i rigonfiamenti dei bicipiti, le spalle,
i fianchi e poi il fondoschiena. Le mani di lui erano andate particolarmente su
quest’ultimo e Alec ricordò umilmente di non essersi minimamente opposto a tale
contatto.Come un vortice i ricordi gli riapparvero in mente.
Alec era disteso sul letto,
senza maglia, beato dei continui tocchi delle labbra di Magnus che passavano dal
suo collo alla clavicola. Il ragazzo baciava delicatamente quella porzione di
pelle, riservando lo stesso accurato trattamento ad ogni centimetro cui la
bocca andava incontro. Magnus, dopo averlo spogliato di quell’inutile indumento
chiamato t-shirt, aveva fatto stendere Alec di schiena tra le soffici coperte
ed era passato ad approfondire con le labbra quella pelle candida al collo. Era
poggiato soltanto in parte sull’altro, in modo da avere un’ottima posizione per
incastrare il capo nell’incavo del collo di Alec e baciarlo dolcemente. Intanto
il ragazzo sotto lo cingeva con le braccia, sfiorandogli la pelle nuda della
schiena e accarezzando la parte bassa appena sopra l’elastico dei boxer,
facendolo rabbrividire ad ogni tocco.Il silenzio della stanza era interrotto
solamente dai piccoli e sonori schiocchi delle labbra di Magnus a contatto con
la pelle lattea di Alec. La musica della festa al di sotto quasi quasi non era
neppure udibile. Magnus emise un profondo respiro, poi con un mano tirò
amabilmente i capelli dell’altro per spostargli la testa e permettersi un
accesso migliore al punto in cui voleva che le labbra toccassero. Il corpo di
Magnus scivolò più in alto per far sì che la bocca arrivasse a baciare il lembo
di pelle sotto l’orecchio e vicino all’attaccatura dei capelli. Un sospiro da
parte di Alec risuonò nella stanza non appena i denti di Magnus presero a
torturare quella piccola parte, mentre l’altra mano era ancora saldamente
aggrappata ai capelli...
Inconsapevolmente
Alec portò la mano al collo, sopra al succhiotto lasciato da Magnus giorni
prima e nascosto fortunatamente dai capelli spettinati e non troppo corti del
ragazzo.
A Magnus,
che ascoltava Isabelle e che con la coda dell’occhio osservava Alec, non passò
inosservato quel piccolo movimento e con nonchalance portò le dita alle labbra,
tracciando il contorno del labbro sotto.Tocco che sarebbe apparso a chiunque
come gesto tipico di qualcuno interessato alle parole dell’interlocutore, ma
che Alec colse come sfumatura di qualcosa di più personale: una provocazione.
Magnus
lo stava provocando. Magnus sapeva che Alec in quel momento non faceva altro
che pensare all’altra notte. Scosse impercettibilmente la testa per schiarirsi
le idee e concentrarsi nuovamente sul discorso che portavano avanti, che da
troppo tempo fingeva di prestare attenzione.
“E
quando agiremo?” chiedeva la ragazza.
“A
mezzanotte in punto, anche Alec e Jace dovranno aiutarti. ”
“Perfetto”
concluse Isabelle.
“Spero
che i tuoi fratelli abbiamo sentito almeno una parola di quello che ci siamo
detti” disse Magnus, un sorriso derisorio che prendeva possesso delle labbra.
In realtà sapeva che i due maschi Lightwood avevano fatto difficoltà a seguire
il discorso-oltre al fatto che erano con la testa in un mondo tutto loro e che
uno dei due era stato sicuramente abbagliato dalla sua sfolgorante bellezza-
perché lui e Isabelle avevano parlato a bassa voce, in sussurri, ben attenti a
chiunque si aggirasse per quel corridoio. Durante la conversazione Magnus
avrebbe scommesso il suo cappello più amato che Alexander avesse sfiorato con
la mente le immagini -molto, molto piccanti- della loro nottata scorsa. Come
dargli torto? Un corpo come il mio è
difficile da dimenticare, pensò Magnus. I suoi occhi corsero
involontariamente al corpo snello di Alec, intento a guardarsi le scarpe. Sfruttò
quel suo attimo di distrazione per osservargli cautamente i tratti che l’avevano
sempre attirato. Come l’ombra delle sue lunghe e nere ciglia nei suoi zigomi, il
suo liscio collo disarmato e troppo in
vista, l’ampio petto duro al contatto… Il suo sguardo scese involontariamente
sulla pancia piatta, l’aria intorno cominciò a farsi più calda se provava a immaginare
a cosa nascondesse sotto la maglia: bianchi intoccabili addominali scolpiti. Lui
odiava il football americano, ma se pensava al favore che quello sport gli
aveva donato -che in realtà aveva donato ad Alec, e di conseguenza
indirettamente a lui stesso- cominciò a realizzare che fosse più una
benedizione dal cielo che uno stupido gioco per infangarsi i vestiti. I suoi occhi
stavano per scendere sotto la linea dei pantaloni quando un colpo di tosse lo
costrinse a distogliere lo sguardo.
Si
accorse di aver perso il filo del discorso non appena Isabelle gli porse una
domanda alquanto strana:
“Quindi
tu ti vestirai da barbone?”
Aspettate,
non l’aveva detto sul serio. Aveva appena pronunciato la parola barbone? Un uomo senza casa, ricolmo di
stracci sporchi e maleodoranti?
Barbone.
Eh, si. Aveva sentito bene.
La
ragazza, sorella del suo giocatore preferito, continuò imperterrita: “È una
festa in maschera, qualcuno deve vestirsi così. Lo fai tu quindi?”.
Ma chi le aveva mai detto che
si sarebbe vestito da barbone?
Magnus era terrorizzato al solo pensiero di portare dei vestiti tristi e grigi.
Non si sarebbe mai permesso di uscire così, come se non avesse una cabina
armadio grande quanto un campo da basket.
Una
forte risata spezzò quel momento così terribile. Le risa provenivano da
Isabelle, la quale con tutta l’eleganza possibile aveva portato una mano alla
bocca e lo guardava con occhi scherzosi. Alzò lo sguardo verso Alec, anche lui
aveva accennato un sorriso e gli occhi gli brillavano accessi di divertimento. Wow, era ancora più affascinante così.
Sorrise
anche lui.
Jace
invece era davvero distratto, non stava neanche più guardando il cellulare in
mano. Gli occhi erano fissi verso un punto lontano, decisi e sicuri…
“Scusami
Magnus. Era tutto uno scherzo, sembravi così distratto che non potevo farne a
meno” esclamò Isabelle, ancora scossa da lievi risate.
“Non
farlo mai più” le consigliò Magnus con un ghigno malizioso.
“Te ne
potresti pentire” disse ancora il ragazzo, lanciando intanto uno sguardo obliquo
ad Alec, il quale sentì dei piccoli brividi salirgli dalla schiena nonostante
il fuoco che gli correva nelle vene.
Jace
non stava prestando minimamente attenzione al triste discorso di Magnus e
Isabelle e, al contrario di Alec che faceva di tutto pur non incontrare lo
sguardo di Magnus, lui fissava lontano la ragazza dai boccoli ramati: Clary.
Ancora parlava con quella rockstar mal riuscita di cui non ricordava neanche
vagamente il nome. La ragazza era all’armadietto, riponeva i libri e sceglieva
quelli della lezione successiva, mentre parlava e rideva con quel ragazzo-nerd
dai riccioli scuri. Finalmente quell’ultimo si allontanò da Clary, lasciando al
lontano Jace l’occasione di avvicinarsi e intrattenerla. Arrivato al suo fianco
il ragazzo poggiò le spalle all’armadietto accanto:
“Ciao Clary” Jace pronunciò il nome per tutto
il tempo possibile, assaporando con le labbra ogni lettera.
“Jace”
la ragazza gli scoccò una corta occhiata, prima di concentrarsi ancora sui
libri che stava sistemando.
“Stai
contando le ore che mancano alla nostra uscita assieme?” un sorriso sghembo gli
si stampò in faccia, mentre osservava le piccole lentiggini che puntellavano gli
zigomi di lei.
“Non
ti hanno mai detto che sei stressante?” gli chiese, con una nota irritata.
“Stressante?
In realtà no. Mi dicono sempre avventato, coraggioso, incosciente, brillante…”
“Dubito
che ti abbiano mai detto brillante”
Clary
lesse il titolo del libro che le era capitato in mano e lo ripose all’interno
dell’armadietto.
“Me lo
sono dato io stesso questo aggettivo” ammise Jace solennemente.
“E
allora non vale” sentenziò la ragazza.
“Si
invece, dato che ho compiuto un impresa in maniera eccezionale”
“E quale
sarebbe questa tua straordinaria impresa valsa da attribuirti l'aggettivo brillante?”
“Sono
riuscito a strapparti un appuntamento, o sbaglio?”
E in
quel momento lei si girò per guardarlo. La sua intenzione era quella di
fulminarlo, ma non ci riuscì. Fino a quell’istante non si era mai voltata ad
osservarlo veramente, conosceva il motivo, ma non l’avrebbe mai ammesso a se
stessa. Era proprio per quello che aveva evitato accuratamente di guardarlo
negli occhi. Era proprio per la sua straordinaria bellezza: i riccioli biondi
gli incorniciavano il viso abbronzato e due grandi occhi dorati la scrutavano
intensamente. Allontanò immediatamente lo sguardo da quelle due iridi
predatrici.
“Beh
posso sempre cambiare idea…” rispose Clary, senza molta della sicurezza che
aveva dimostrato prima.
“Ti
consiglio di non farlo, lo rimpiangeresti per tutta la vita”
“Quanto
sei drammatico Jace, partecipi per caso al corso di teatro?” chiese
sarcasticamente la ragazza, ben attenta a non voltarsi.
“Un
volta si” cominciò Jace a narrare“poi hanno visto che la mia naturale bellezza
distoglieva l’attenzione del pubblico dalla recitazione e mi hanno cacciato.”
Il
ragazzo sospirò, come se avesse perso l’occasione della sua vita.
“Che
storia tragica” concluse la ragazza. Una vibrazione del cellulare la colse di
sorpresa e la portò ad afferrare il telefono dalla tasca della giacca. Aprì la
schermata e lesse il messaggio, mentre il cuore cominciava a batterle
fortemente, e non riuscì a cogliere le semplici parole di Jace.
Era
lui. Sempre lui.
Quello
che l’aveva chiamata la notte alla festa di Magnus.
“Grazie per i soldi Clarissa, ti aspetto
la prossima volta.”
Questo
diceva il messaggio. Il corridoio sembrava quasi restringersi da come l’ossigeno
fosse diminuito nei polmoni di Clary. Tutto intorno era sfocato.
“Clary”
Qualcuno
la chiamava.
“Clary,
tutto bene?” Era Jace, che si stava preoccupando per lei. In poco tempo la
ragazza si riprese:
“Oh
si, non… non è successo nulla” rispose sorreggendosi agli armadietti, senza
dare troppo nell'occhio.
“Uh
bene, pensavo stessi per svenire. All’improvviso sei sbiancata tutta in un
colpo” spiegò Jace allarmato.
Lui
non era stupido, aveva capito che pochi secondi prima era successo qualcosa che
aveva turbato profondamente la ragazza. Non la conosceva abbastanza da
consolarla o chiederle insistentemente spiegazioni, perciò decise di lasciarle
il suo spazio. Il suo sguardo si fece gentile e le chiese:
“Allora
facciamo domani pomeriggio?”
“Okay”
“Ti
passo a prendere” le disse sorridendole appena, non con il suo solito sorriso
sghembo, ma stavolta con uno sincero.
“Va
bene” acconsentì Clary.
“A
domani allora”
“Si, grazie
Jace”
E quel
grazie non fu soltanto per l'offerta del passaggio.
Tic, tac. Il tempo del
nostro più caro Cacciatore sta
scadendo. Ve ne siete accorti anche voi? Sembra proprio che la ragazza della
profezia sia giunta dopo mesi e anni che la città l’aspettava. Bassa statura,
capelli rossi, lentiggini… o giovane Jace dove non si limita la tua lussuria?
Le lancette dell'orologio
scandiscono anche le ore che mancano alla mezzanotte di venerdì. Stai attenta
piccola anonima arrampicatrice sociale perché non c’è niente di più squisito di
una dolce vendetta servita su piatto d'argento. Le due punte della scuola non
perdonano facilmente, quindi, chiunque tu sia, lasciati consigliare: o ciò che hai
intenzione di compiere supererà d’astuzia le due api regine oppure non pensarci
due volte ad abbandonare la città… uomo avvisato mezzo salvato, o in questo caso, esiliato.
Xoxo
Gossip Girl
Perdonatemi il ritardo, l’estate e le vacanze si fanno
sentire♡Allora… in questo capitolo si è presentato un nuovo
personaggio, Camille. Poi il tipo misterioso si è fatto risentire con Clary. E
abbiamo avuto un momento Clace e uno Malec. I Sizzy sono ancora un po' lontani…
ma non vi dico niente hihihi. Ho appena finito di leggere Lady Midnight (
quanto lo amo) ed ora sto affogando tra i miei feels– sono l’unica che shippa
troppo intensamente i Kierark?-
Ringrazio come al solito chi recensisce, chi aggiunge la
storia alle preferite/ricordate/seguite e le lettrici silenziose.
Lasciatemi un parere a questo capitolo se vi va e in
cambio vi regalo un piccolo SPOILER del prossimo♡.♡
Xoxoxo
Alla prossima