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Autore: James Potter II    29/07/2016    0 recensioni
Migliaia di anni fa, una guerra mortale si è combattuta. Gli eserciti angelici, guidati dal coraggioso Arcangelo Michele, hanno sbaragliato le forze di Lucifero, rispedendoli nell'inferno.
Oramai regna la pace, ma nel cielo, ogni angelo viene addestrato al combattimento, in attesa di una nuova minaccia.
Sulla terra, la maggior parte della gente non crede nelle creature celesti, e anche chi le venera, non immagina la loro vera natura.
Eppure, non lontano dalla terra, splende la città di Cerea, capitale dell'Impero dei Cieli.
Cerea ospita anche il rifugio, della più grande risorsa degli Angeli.
L'Accademia Angelica accoglie ogni essere disposto a mettere i propri poteri al servizio della luce: licantropi, vampiri, mezzi-angeli e tante altre creature, che vogliono servire il cielo.
Eppure nessuno di loro ha idea che presto, sarà costretto a scegliere tra la luce e l'oscurità, poiché un antico nemico sarà liberato dalla sua prigione, e per la prima volta nella storia della terra e dei cieli, mortali e immortali dovranno unirsi, se non vogliono cadere vittima del Sovrano Nero...
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alaral stava attraversando la strada di marmo che tagliava il cortile dell'accademia. Affianco a lui c'erano due angeli alti e mori, con un'armatura argentata da cui spuntava un paio d'ali candide. Portavano una lancia lunga nella destra, e uno scudo circolare nella sinistra. Il più alto dei due gli stava descrivendo i vari luoghi.
-Questo è il cortile, dove passerai la maggior parte del tuo tempo libero probabilmente, così da poter socializzare con gli altri-
-E chi ti dice che voglia socializzare- commentò freddo Alaral.
L'angelo fece spallucce -non sei obbligato, ma comunque non sei il primo ibrido a varcare i cancelli di Cerea- lo rassicurò.
Il ragazzo lo guardò. Quello stupido angelo non capiva niente. Un conto è essere un mezzo-angelo, o un dampiro, un ibrido tra umano e vampiro, o qualsiasi altro ibrido comprenda un umano, ma quello era diverso.
-Dubito che abbiate avuto gente come me- disse infine.
-Cerea ne vede di gente strana, credimi ragazzo. E poi che importa chi sono i tuoi, l'importante è che tu sia un buon guerriero. Questo è quello che cerca l'esercito celeste-
-L'esercito celeste non dovrebbe comprendere solo angeli?- chiese il ragazzo.
-Un tempo forse, quando eravamo tanti, e non esistevano altre razze. Ora dobbiamo unirci contro il male-
-Ma quale male Raziel!- l'altro angelo gli aveva messo un braccio sulla spalla, ridendo -sono millenni che il male è rinchiuso sottoterra, ora il problema principale sono i demonietti che infestano le città ahahah-
-Bhe Ophaniel, non si sa mai, sono passati millenni, come hai detto tu. Il male non sarà rinchiuso per sempre-
-Per male- intervenne Alaral -volete dire Lucifero no? Credete si possa liberare?-.
Quella domanda congelò l'aria. Sembrava che i due angeli stessero trattenendo il fiato.
L'angelo chiamato Raziel mise una mano sulla spalla del ragazzo -non dire mai più una cosa del genere, intesi?-
-Che ho detto di male, sul serio, adesso non pronunciamo neanche il suo nome?-
-I nomi sono potenti, per favore ragazzo, attento a quello che dici, soprattutto davanti agli altri- poi scrollò le spalle, e poi continuò come se niente fosse -quella laggiù invece è l'arena, dove si terranno le lezioni di lotta. Quello invece, è l'edificio principale- indicò un castello di marmo bianco che rifletteva talmente la luce, che Alaral dovette strizzare gli occhi. Il castello era in stile classico, con tetti a cupola, colonne d'orate con capitelli bianchi in stile corinzio, archi di marmo riccamente decorati da bassorilievi, fregi continui sulle fiancate del palazzo, portici circondati da altre colonne, balconi, teste di drago dorate da cui usciva lava che andava poi a depositarsi in una vasca interna, statue di grifoni che sputavano acqua giù dalle pareti e finiva sotto, nel lago. Solo allora Alaral si accorse che il castello affondava le radici all'interno di un lago dall'acqua cristallina. Su vari scogli erano appollaiate delle sirene dalle code variopinte intente a pettinarsi le folte o chiome a ad ammirare una conchiglia.
-Non c'era posto sulla terra ferma e così avete costruito il castello nel lago?- chiese il ragazzo.
-Il Palazzo D'Avorio deve entrare in contatto con tutti e cinque gli elementi. Tocca l'acqua, la terra, in quanto poggia sul fondo roccioso del lago, l'aria ovviamente, il fuoco, con le piscine sfavillanti e la luce che batte sulla sua superficie marmorea- rispose Raziel.
-E le vostre coinquiline come l'hanno presa- disse Alaral indicando le sirene.
-Il palazzo è qui da prima di loro. Era il palazzo degli Arcangeli un tempo, ma ora che è stato costruito il Palazzo Delle Gemme al centro di Cerea non viene più usato dal consiglio celeste- 
Si ritrovarono presto di fronte ad un ponte che arrivava al portone principale.
Il ponte era arcuato. Il pavimento era un mosaico di perle, le ringhiere dorate erano elaborate ed eleganti. Il ponte sarà stato lungo cinque o sei metri, e gli ci volle un po' per arrivare di fronte al portone d'ingresso.
Si trovarono di fronte ad un grosso portone d'oro.
Vi erano scolpite scene di angeli che combattevano demoni, e ai lati troneggiavano due statue auree di angeli in armatura alte almeno tre metri, poco meno del portone.
Raziel e Ophaniel tesero la mano verso l'immensa lastra d'oro, e quella si spaccò immediatamente in due, aprendosi in due ante e lasciandoli entrare.
Quando Alaral entrò ci mise un po' per capacitarsi di ciò che aveva di fronte.
Erano appena entrarti in un'enorme sala rettangolare, lunga come un campo da calcio. Le pareti marmoree erano rivestite di arazzi, armi, quadri e stendardi.
Il pavimento era fatto di marmo rosa, senza nessuna decorazione, tranne che delle vasche d'acqua che percorrevano tutto il lato destro e sinistro della sala. In fondo si poteva scorgere una parte alzata, su cui erano posizionate alcune sedie di marmo, sobrie e dall'aspetto antico.
Parecchi ragazzi camminavano per quella sala. Alcuni si rincorrevano, altri stavano fermi a parlare, altri ancora stavano combattendo con dei bastoni.
-Wow- commentò Alaral.
-Questa è la sala grande. Un tempo ospitava il consiglio degli arcangeli, ma ora non ha nessuna funzione specifica.-
Arrivati più vicino, si poté notare che sulle sedie erano seduti alcuni individui: un'angelo alto e biondo, vestito con un gilè doppiopetto argentato, una camicia bianca dalle maniche larghe strette al polso, una cravatta di quelle a fazzoletto, sempre bianca e pantaloni neri.
C'era anche un uomo muscoloso e abbronzato, vestito con la corazza di un'armatura di cuoio e dei pantaloni di pelle nera. Portava alti stivali di pelle borchiati. La sua barba biforcuta era bruna e ispida, e il lunghi capelli erano acconciati a treccine, tipo gli antichi guerrieri vichinghi.
Al suo fianco sedeva composta una ragazza sulla ventina, alta e snella, dal pallore innaturale ed un rossetto rosso sangue. Portava una tuta attillata di pelle nera, e alti stivali rossi.
-Chi sono loro- Alaral fece cenno con la testa ai tre individui.
-Lì siedono gli istruttori. Quelli sono Uriel- e indicò l'angelo -l'unico arcangelo che è voluto rimanere al Palazzo D'Avorio. E' il patrono della poesia e dell'arte, e insegna scherma...-
-Non poesia?- lo interruppe Alaral. Raziel lo ignorò.
-Quello lì invece- disse facendo segno verso l'uomo dalla barba biforcuta -è Skoll. Lui è un licantropo, e insegna storia. E infine- continuò indicando la ragazza -quella è Lady Rowena, un vampiro, istruttrice di lotta libera. Ora scusa, ma credo di doverti lasciare solo, vado a riferire agli istruttori il tuo arrivo-.
E così dicendo, si avviò a passo spedito verso la pedana marmorea, lasciando Alaral in mezzo a quell'enorme sala.
Non era un tipo timido, non temeva gli altri, preferiva semplicemente la solitudine.
Però non sapeva cosa fare in quel momento, quindi rimase lì impalato.
Guardandosi intorno, vide un gruppetto di ragazzi che gli facevano segno di avvicinarsi. Erano cinque, vestiti con armature di pelle.
Alaral camminò verso di loro con passo spedito, e avvicinatosi il più grosso di loro disse -ehi amico, sei nuovo?- 
-Già- rispose Alaral
-E da dove vieni?-
-New York City, perché?-
-Intendevo, da quale stirpe vieni. Licantropi, vampiri, angeli, hai presente no?-
-Ibrido- rispose.
Il ragazzo alzò un sopracciglio -ibrido? Di cosa-
-Che t'importa- rispose freddamente Alaral.
-Calmati amico, non c'è nessun problema.-
-Se ti ponessi la stessa domanda che mi hai posto inizialmente?- disse il ragazzo.
-Sono un mezzo-angelo. Mio padre è l'arcangelo Raffaele. Mi chiamo Ophren.-
-Io sono Alaral-
-E' un nome antico, di quale stirpe è?-
-Licantropi. Vuol dire "ululato possente" o qualcosa del genere-
-Quindi sei un mezzo-licantropo-
-Non è così semplice-
-Perché, forse sei un ibrido tra un licantropo e un vampiro? Sono rari ma...-
-Senti, grazie Ophren, ma devo andare- lo interruppe Alaral, e fece per andarsene, ma Ophren lo prese per una spalla per bloccarlo, e gettò l'occhio al petto. Alaral abbassò lo sguardo, e notò che dalla maglietta nera era uscito un ciondolo argentato. Un pentagramma (un stella a cinque punte inscritta in un cerchio) circondato da ali piumate.
Sul volto gli si dipinse un'espressione di orrore -è un simbolo angelico quello?- urlò Ophren attirando l'attenzione di molti ragazzi -non sarai mica...- Alaral si ricacciò il ciondolo nella maglietta, ma ormai era troppo tardi.
Ophren gli si avvicinò -sei il frutto dell'unione di un angelo con un licantropo? Rispondimi!-
-Non sono tenuto a rispondere a un bel niente- gli rispose Alaral di rimando.
Per tutta risposta, Ophren gli scagliò un pugno, che però fu bloccato con rapidità dall'ibrido. 
Allora gli amici di Ophren si raccolsero intorno ad Alaral.
-Fermi!- urlò una voce. Davanti all'ibrido c'era una ragazza. Avrà avuto quindici anni, come Alaral. I capelli erano scuri e ricci, la pelle molto chiara. Indossava un'armatura azzurra sopra una tunica corta bianca. Ai piedi calzava dei sandali alti in stile greco, che erano coperi da gambali di pelle azzurri come l'armatura.
-Che vuoi Listair- tuonò Ophren.
-Non credete sia leggermente scorretto? Sei contro uno.-
-Me la cavo benissimo da solo.- disse Alaral. 
La ragazza girò la testa verso l'ibrido, e Alaral potette notare che aveva gli occhi di un azzurro intenso, che adesso lo guardavano truce.
-Questo qui è un ibrido tra un angelo e un licantropo! Hai mai sentito qualcosa di più tremendo e terribile?- chiese Ophren.
-Tu- gli rispose Alaral facendosi avanti, poi si girò verso la ragazza -e comunque dico sul serio, posso difendermi da solo-
-Sono sei, almeno un alleata devi averla- poi si rivolse a Ophren -la stirpe non conta. A contare sono le azioni. Puoi essere figlio di Michele in persona ma essere uno spregevole codardo-
All'improvviso sopraggiunge l'angelo che prima era sulla pedana marmorea, l'Arcangelo Uriel -cosa succede qui- la sua voce era fresca, chiara e gentile.
-Questo è un ibrido tra un angelo e un licantropo!- urlò Ophren.
Uriel guardò Alaral.
-Come ti chiami?- chiese ad un certo punto.
-Alaral Batelgeuse- rispose il ragazzo.
-Betelgeuse... dunque l'angelo era tuo padre- disse, e non era una domanda.
-Ma non l'ho mai conosciuto, sono cresciuto con mia madre-
-Immagino. Perché, Ophren, questo ti reca disturbo?- chiese poi rivolgendosi al ragazzo.
-Ma, Divino Uriel, tutti sanno che uno degli orrori più grandi che un angelo può fare è accoppiarsi con un essere come un licantropo o un vampiro!- ribatté Ophren.
-Non è il momento giusto per parlarne, sarà meglio che accompagni Alaral alla sua stanza. Vieni Kiana- disse rivolgendosi alla ragazza.
Lui e la ragazza si avviarono verso la fine della sala, e Alaral li seguì.
   
 
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