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Autore: DeniseCecilia    30/07/2016    9 recensioni
Una fanfic dedicata a Judy, a Nick e a un possibile "noi".
Alle scelte che il mondo ci chiede di fare e che non possiamo ignorare, se vogliamo crescere.
Ma che, in fondo, sono soltanto nostre, e di chi amiamo.
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie Hopps, Judy Hopps, Nick Wilde, Stu Hopps, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Furry, Tematiche delicate
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Ho un paio di perplessità riguardo a questo capitolo, ma non voglio influenzare il vostro giudizio (che spero comunque sia clemente...).
Vi lascio alla lettura, e ci "risentiamo" giù.

 



XVII. Fenici

 

Non riusciva a fare il nodo a quella fottuta cravatta. Nemmeno fosse la prima volta che la indossava... da anni era d'ordinanza, per lui. Non la cambiava mai – blu a righine rosse e azzurre, o al massimo nera sulla divisa – ma quella sera, quella sera in teoria sarebbe cambiato tutto, il suo mondo avrebbe fatto una capriola. Sentiva che anche il suo abbigliamento doveva uniformarsi allo stato di emergenza.
E tutta quella tensione... era perché sotto sotto, in fondo, in un angolino polveroso e negletto del suo cuore in cui cercava di non buttare l'occhio, qualcosa lo tormentava suggerendogli che Judy poteva benissimo aver scherzato, e non aver mai avuto alcuna intenzione di sposarlo per davvero.
Così lui si sarebbe messo questa strana camicia bianca – almeno le maniche corte le aveva conservate –, questi insoliti pantaloni blu notte con cravatta abbinata che un commesso solerte gli aveva venduto un paio di giorni addietro, e si sarebbe se non altro presentato all'appuntamento con la derisione vestito di tutto punto.
No, non è solo questo. Anche se basterebbe.
La vera verità era che l'aver visto Judy in compagnia di Gideon Grey quel pomeriggio, mentre chiacchierava amabilmente con lui in giardino prima che se ne andasse, l'aveva turbato.
Avvicinandosi aveva còlto solo poche frasi, per altro di nessuna rilevanza e men che meno pericolosità. Eppure, gli erano tremati i polsi.
Esattamente come adesso, mentre infilava il cofanetto con il solitario in tasca.
Judy era disponibile, era accogliente, era comprensiva. Era una di quei mammiferi che ti tendono la zampa quando tutti gli altri ti scansano.
Così aveva fatto anche con lui, no? E quanto doveva essergliene grato... ma proprio quella sua caratteristica la apriva a un universo di possibili incontri. E, un giorno, uno di quegli incontri avrebbe potuto essere così attraente, in così tanti modi diversi e più efficaci delle sue pose da teatrante, da trascinarla via da lui.
Portafogli, mentine al mirtillo – una stranezza in termini, che però gli rallegrava l'esistenza.
Un'invocazione silenziosa a sua madre.
Ecco, aveva con sé tutto l'indispensabile.
Poteva andare a recuperare la sua compagna.

 

“E' senz'altro un posticino appartato”, scherzò, in apparente perfetta padronanza di sé, Nick.
Judy non rispose, sorrise soltanto un po' svagata, persa nella contemplazione delle costellazioni, ben visibili appena oltre la piccola veranda nella quale avevano chiesto di essere sistemati. In totale solitudine.
“Sul serio: io, te e la luna. Mancano soltanto Scemo e Più Scemo, ricordi?, a fare la serenata ululando”.
Lei si volse. “E' stato un gran momento, quello. Peccato fossimo troppo occupati in un'importante missione per permetterci di rotolarci a terra dalle risate”, annuì.
“Eh, già. Mi dà i brividi pensarlo, ma se non fosse stato per Dawn Bellwether, forse non ci saremmo mai incontrati una seconda volta”.
“Volpe arguta” lo canzonò Judy. “Non avrai mica intenzione di darti alla filosofia proprio ora”.
“Oh, no no. Intendo darmi ai gamberi, invece”, rispose la volpe adocchiando l'oste in arrivo. Superare la prova che lo attendeva quella sera richiedeva una buona dose di proteine.
“Pfui, che illusa sono. L'unica filosofia che conosci è non rimandare a domani quello che puoi mangiare oggi. Non imparerò mai”.
“Perché sei una coniglietta ottusa”, le rammentò dolcemente lui. “Clawhauser, nel salato, mi fa un baffo”.
Il proprietario, uno smilzo caprone con una lunga barbetta ed occhialini dalla montatura rettangolare, li raggiunse al tavolo e li servì.
“Signorina Judy, si è fatta una donna”, notò, col fare bonario di un nonno. “Ho saputo delle sue imprese in città”.
“Ho solo fatto il mio dovere, Arnie”, rispose la coniglietta. “E non da sola. Senza Nick non sarei andata da nessuna parte”.
“Ho sentito anche questo”, le disse allora lui affabile, lasciando nel vago dove e come l'avesse saputo. Certo non dai quotidiani, che della volpe quella volta non avevano fatto parola.
In ogni caso, non fece alcuna domanda indiscreta e lasciò subito alla loro cena i due.
“Vi auguro una buona serata e buon appetito. Spero che sia tutto di vostro gradimento. E per qualsiasi cosa, non esitate a chiamare me”, li incoraggiò.
Lo ringraziarono e si dedicarono con cura certosina a ripulire i piatti.
“Provali, sono squisiti”, disse Nick porgendo un gambero a Judy.
Ma mentre quella fece per prenderglielo dalla zampa, lui la ritirò.
“Ehm”.
La scena si ripetè uguale per altre due volte, prima che la coniglietta arrivasse a puntare un'immaginaria sparadardi contro il suo aguzzino.
“Dammelo”.
Nick si produsse in uno dei suoi sorrisi beffardi che quasi toccavano le orecchie con gli angoli della bocca.
“Puoi ripetere, prego?”.
“A-ha. Hai capito”.
“Oh, sì. Ma mi piacerebbe sentirtelo dire ancora”, la stuzzicò.
“E poi me lo darai, almeno?”.
Si stava abituando ai doppi sensi e alle battute sul limite dell'indecenza.
Frequentare quella volpe le faceva male. O bene, dipende.
“Lo farò. Giurin giuretto”.
Judy gli credette. Si schiarì la voce, giocando nel renderla il più sensuale possibile, senza tuttavia essere affatto certa del risultato.
“Dammelo”, ripeté dunque.
Nick rimase in sospeso qualche secondo, ammaliato più dal tentativo e dalle intenzioni che dall'effetto in sé. Poi le allungò nuovamente il gambero, ma anziché lasciarglielo prendere tra le dita glielò avvicinò direttamente alle labbra.
Judy le socchiuse e impegnandosi a non chiudere per contro gli occhi, a ignorare l'agitazione, lo lasciò fare. Labbra e dita si sfiorarono.
Sei così libera. Credevo di esserlo io, un mammifero libero, ma recitavo solo un copione. Tu, tu lo sei davvero.
La osservò masticare, consapevole di essere per lei una notevole fonte di turbamento.
Ero una specie di morto che cammina. Destinato a reiterare le stesse azioni, gli stessi errori, a raccontarmi le stesse scuse giorno dopo giorno dopo giorno. E tu mi hai riportato alla vita.
Erano pensieri che, se ben allineati e pronunciati, avrebbero costituito un buon discorso introduttivo alla richiesta di sposarlo. Se fosse stato un altro. Se fossero stati in un film. Ma non avrebbe seguito quella traccia.
“Hai ragione... sono veramente ottimi”, disse lei.
Nick sorrise, di un sorriso rilassato e morbido.
Sì. Ero solo una volpe, per tutti contava solo questo. E quasi mai era una cosa buona, una bella condizione. Ma tu mi hai fatto rinascere, come le fenici dalle loro ceneri. Ora sono una volpe-fenice. Una volpe felice.
Si alzò.
Alla luce della piccola candela galleggiante posta in un vaso al centro del tavolo; alla luce di un tappeto di stelle così brillanti e così numerose; alla luce di una luna piena e tanto vicina alla terra da sembrare in rotta di collisione, poteva cogliere ogni dettaglio con una vividezza da far girar la testa.
Il suo vestito di luminosa seta – un corpetto bianco che una stretta fascia nera separava dalla gonna a palloncino, color bronzo.
L'eyeliner – se così si chiamava: Nick non era un appassionato dell'argomento – che per la prima volta in assoluto vedeva sulle palpebre di Judy. Doveva significare qualcosa.
I suoi occhi, nei quali gli pareva di poter contare ogni fibra dell'iride viola intenso.
Adesso, adesso Nick. Se ti fermi sei perduto.
Le arrivò ad un passo, poi si inginocchiò. Almeno quello era dovuto.
Mise la zampa nella tasca e ne estrasse il cofanetto malandato che, pensò in quell'istante, di certo Judy già conosceva: chissà quante volte la storia della trisavola aveva fatto il giro di casa. E ora toccava a lei.
Avevano fatto le cose al contrario: si erano detti di sì prima ancora di chiedersi esplicitamente, senza sfumature giocose, se lo volevano. Avrebbe confermato quel sì?
Nick non perse di vista un solo istante il volto della sua piccola mentre apriva, infine, la scatola e lasciava che fosse l'anello a parlare per lui.
Anche una sillaba sarebbe stata eccessiva.
Infatti, nessuna parola, né sillaba, né mera vocale fu più pronunciata nemmeno dalla coniglia. Tutto ciò che fece fu mettersi in ginocchio di fronte a lui e sorridere, e prendergli il muso tra le zampe con passione, e baciarlo con tenerezza; per poi accarezzargli il muso con infinita tenerezza e baciarlo con passione.
Non c'era verso di fraintendere il messaggio.
L'anello giacque dimenticato sul pavimento per lunghi, incredibili minuti.

 

E fu notte e fu mattina.
Secondo giorno.
Una domenica tranquilla, sonnacchiosa di fine maggio, che vedeva tre conigli ed una volpe seduti al tavolo di cucina; ciascuno con frutta e fette biscottate davanti.
Entrando, alcuni minuti prima, Nick Wilde aveva fatto un cenno col capo a Stu. Un discreto e appena abbozzato cenno d'assenso.
A cosa assentisse, Bonnie Hopps si era ripromessa di indagarlo più tardi.
“Allora, che programmi avete voi due per oggi?”, chiese dunque la coniglia rivolta a Nick, con uno sguardo fermo che sembrava volergli scandagliare i pensieri.
Lui guardò Judy. “Carotina... per me può andare”, le disse.
“Può andare, cosa?”, fece Bonnie confusa.
“Judy ha avuto un'idea, ieri sera”, spiegò la volpe. “Parlavamo del caso degli Ululatori Notturni, e di quello che le hai raccontato a proposito di tuo fratello, Bonnie”.
Judy annuì. “Sì, mamma. Mi dicesti che lo zio Terry ti prese a morsi e che, beh, picchiava come un matto. Ti ricordi?”.
“Sì, certo”, disse la madre.
“Ecco, so che adesso, grazie all'antidoto, lo zio si è ripreso. Ma sono passati anni da quando ha mangiato quel fiore e, purtroppo, la cosa ha avuto degli strascichi e... insomma, so che sta facendo delle sedute di riabilitazione al Lapin Memorial, così ho pensato di andare a fargli visita”.
“Oh!”. Bonnie appariva sorpresa, e commossa.
“Sarebbe bellissimo, Judy”, le disse abbracciandola. “Salutamelo, vuoi? E digli che tornerò anch'io a trovarlo presto”, la pregò.
“Ma certo, mamma”, le sorrise la coniglietta, asciugandole una lacrima dal muso. “Sarà fatto”.
Coniglie emotive, pensò Nick girando il cucchiaino nella propria tazzina di caffé. Tale madre...
“Zucchero, Carotina?”, le chiese poi, quando la riebbe vicino a sé.

 

Avevano raggiunto un imponente edificio di recente costruzione appena fuori dall'abitato, attraversato una decina di padiglioni e varcato la soglia di quello indicato come Riabilitazione Neurologica Funzionale.
Si fermarono di fronte ad una bacheca, in attesa che l'infermiera di turno terminasse una telefonata per chiederle informazioni.
Dietro il vetro erano affissi alcuni articoli e volantini.
Lapin Memorial insignito del Premio Golgi per i particolari meriti nel campo della ricerca.
Associazione A.L.I.Ce. – Come riconoscere rapidamente un ictus ischemico.
Sesto Convegno sulle Malattie Rare Mitocondriali a Zootropolis.
Di queste ultime, Judy non aveva mai sentito parlare.
“Buongiorno, posso aiutarvi?”, li accolse l'infermiera, una gazzella slanciata e briosa in divisa azzurra.
“Sì, grazie mille” rispose Judy “siamo in visita. Sa dirci dove possiamo trovare Terry Boulder? E' un coniglio sui quarantacinque anni”, precisò.
“Sicuro! E' in palestra. Venite, vi ci accompagno”.
Mentre la seguivano, i due notarono lungo i corridoi diverse porte aperte su altrettante stanze piuttosto ampie, e all'interno di queste ultime molti mammiferi impegnati nelle attività più diverse – nessuna delle quali, però, si sarebbe normalmente accostata all'idea di ospedale: c'era chi leggeva quotidiani a voce alta per un gruppo di ascoltatori... chi giocava a carte... cuccioli di specie differenti che rincorrevano pagliacci coloratissimi e agghindati in modo assurdo con degli enormi martelli di plastica...
… notando le espressioni perplesse di Judy e Nick, l'infermiera rise divertita.
“Un ospedale non dovrebbe mai essere un luogo triste e scialbo. Men che meno per dei cuccioli, che qui abbiamo scelto di non separare dai pazienti adulti”, spiegò continuando a camminare.
“La riabilitazione, soprattutto di chi ha deficit neurologici, non può avvenire in un ambiente sterile e piatto. Semplicemente, non funzionerebbe”. Sottolineò il concetto scuotendo il capo.
“E di fianco alle normali terapie di recupero, i vertici della struttura hanno voluto che fossero portate avanti delle attività ricreative, condivise anche con i parenti in visita, come voi. Aiuta gli animali a non sentirsi tagliati fuori, ma anche a stimolare le abilità mentali compromesse”.
Nick fu grato di essere incluso tra i parenti, punto e basta, senza che gli venisse chiesto conto del perché una volpe stesse facendo visita ad un coniglio.
“Capisco. E' una cosa molto bella, quella che fate qui”, disse invece Judy entusiasta. Per esperienza, poteva dire che non tutte le cliniche adottavano una filosofia così aperta e positiva.
Sorpassarono una elefantessa che parlava a voce molto alta con un elefantino in carrozzina, accompagnando le frasi con dei movimenti di proboscide decisi ed eleganti. Una lingua dei segni?, si chiese Nick, incerto.
“Spingiti-da-solo”, stava dicendo la madre, articolando le parole come in uno spelling. “Impara-a-non-chiedere-aiuto”, insisteva.
“Sembra una cattiveria, vero?”, chiese la gazzella infermiera. “Ma se quel cucciolo non ce la farà a superare i propri limiti adesso, in questo ambiente protetto, pensate a cosa ne sarà di lui una volta fuori”.
Judy trovò quella riflessione ragionevole. Nondimeno, era triste pensare a quanta sofferenza toccava, ogni giorno, a creature tanto acerbe, nuove a tutto.
Anche Nick si sentì a disagio. Aveva accettato subito di accompagnare Judy in quel posto anche se in realtà non gli andava per niente: era evidente che lei ci teneva e non si aspettava un suo no, perciò aveva deciso che non era il caso neppure di discuterne.
Ma dovette dar mostra, in qualche modo, di ciò che gli passava per la mente; perché spalancando con una forte spinta la porta della palestra, l'infermiera mostrò orgogliosa i tre mammiferi che vi si stavano allenando e si congedò con un'affermazione che li lasciò entrambi di stucco, volpe e coniglia.
“Una volta che approdano qui, a tutti i nostri pazienti tocca fare una scelta. E la scelta è tra combattere, andare avanti ad ogni costo, aggrappandosi alla vita con le zanne e gli artigli, oppure mollare”.
Con un cenno dell'esile ed aggraziata testa indicò un coniglio, una tigre siberiana ed un bradipo concentrati sulle proprie occupazioni: il primo camminava con cautela, reggendosi a due barre laterali, la seconda stringeva ripetutamente nella zampa destra una pallina di gomma, ed il terzo sollevava pesi – lentamente, instancabilmente.
“Combattere o mollare”, ripeté la gazzella. “Ma qui vedrete pochissimi animali che hanno scelto la seconda opzione. Niente sfighismi al Memorial, ragazzi. Ricordate quel che vi dico: quelli che incontrerete qui non sono normali mammiferi. Sono supereroi che crollano e risorgono. Sono fenici”.
Nick e Judy restarono per un lungo momento in silenzio, fermi sulla soglia della palestra, ad osservare gli sforzi dei tre.
Fu il coniglio, snello e dal pelo di un grigio scurissimo, a riscuoterli dalla loro immobilità.
“Che ci fate lì? Su, venite avanti... Judy, quanto tempo ragazzina...!”.
“Zio Terry!”, esclamò lei andandogli incontro. “Come stai? Mamma ti saluta, dice che verrà più avanti”.
“Oh, sto bene cara. Come vedi, ora le mie gambe non si muovono più a scatti, e soprattutto non digrigno più i denti durante il sonno, grazie a quell'antidoto. Per fortuna, anche se è affine alla rabbia, l'effetto della Mendicampum Holicifius non è altrettanto letale!”.
“Sono molto contenta di vederti così in forma, zio. Nick, ti presento il famoso zio Terry...”, disse la coniglietta facendosi da parte, “e zio, questo è Nick Wilde. Se abbiamo potuto risolvere il caso, produrre l'antidoto e riportare la pace a Zootropolis è grazie a lui”.
Nick prese a fischiettare e si volse con finta noncuranza verso la parete, ad osservare la sfilza di trofei che alcuni atleti paralimpici, ex pazienti, avevano donato all'ospedale.
Judy Hopps, agente speciale con licenza di mettere in imbarazzo, pensò.
“Nick... sto parlando di te, torna qui”.
“Oh, perdonami Carotina. Non me n'ero proprio accorto, sai”.
“E' fatto così e così me lo tengo, zio... ma ha un gran cuore. E' per questo che lo considero il mio più grande amico”.
A Nick quelle parole diedero un piacere paragonabile solo a quello che gli procurava la prospettiva di una mattinata libera, da passare a letto fino all'ora di un succulento pranzo. Cioè, un piacere enorme.
Tuttavia, per mantenere la sua dignità di facciata ed evitare di sciogliersi come burro al sole davanti ad uno sconosciuto, seppur parente di Judy, ripiegò su una vecchia ma sempre efficace provocazione.
“Anche tu non sei male, sì”, le disse, poi strinse la zampa del coniglio. “Molto piacere. A sentir Judy, poco ci manca ch'io abbia salvato il mondo intero dalla distruzione”, rise, inarcando un sopracciglio.
Terry si unì alla risata. “Piacere mio. Non mi stupisce, la mia nipotina ha sempre amato fare le cose in grande”.
Chiacchierarono del più e del meno per una buona mezz'ora.
Erano quasi le undici quando Nick e Judy si avviarono verso l'uscita, ma prima che ci arrivassero un gruppo di cuccioli, in maggioranza coniglietti, si parò davanti a loro con aria stupefatta ed estasiata.
“Che ti avevo detto, Beau? Ti avevo detto che avevo visto una volpe, hai perso la scommessa”, fece uno di loro con voce chioccia.
“Ma tu hai detto soltanto di aver visto una volpe qui dentro... non hai specificato quando” tentò debolmente di difendersi un piccolo di ippopotamo con una protesi al posto della zampa sinistra.
“Dai, Beau, non mettere il muso”, si scusò il coniglio vedendolo imbronciato, “perché invece non gli chiediamo se può... se...” – non terminò la frase.
Nick, con un forte senso di deja-vu, osservò i coniglietti che gli sbarravano la strada con curiosità.
“Cosa volevate chiedermi?”.
Meglio accelerare il disastro, se voleva uscire da lì.
Un terzo cucciolo, evidentemente più spavaldo, si fece portavoce dei compagni di gioco.
“Volevamo chiederle” iniziò rispettosamente schiarendosi la gola “se può portarci a fare un giro. Con lei. No, volevo dire, su di lei, intendo, sopra”.
La volpe non ci capì nulla. Guardò Judy, che a quanto pareva aveva capito eccome, e stava sorridendo alquanto divertita.
“Nick, credo vogliano che tu li porti a spasso sulla tua schiena. A quattro zampe... vero, piccolo?”.
“Sì! Proprio quello!” esclamò il portavoce, mentre gli altri annuivano coralmente.
Nick si mise una zampa sul muso, incredulo. Nel giro di ventiquattr'ore aveva avuto attorno più cuccioli di quanti ne avesse mai visti nel resto della sua esistenza. E adesso questi volevano cavalcarlo.
“Judy, non so se è il cas – ”
“Solo per una volta, Nick. Sii buono” gli sussurrò lei in un orecchio. “Pensa a quanto li faresti felici”.
Ineccepibile, Carotina.
“E sarebbe anche un'ottima esercitazione. Jeff e Jeremy hanno già pensato di chiederti la stessa cosa, quando torneremo a casa” aggiunse con nonchalance.
Nick stava per replicare, ma era ormai assediato.
“L'abbiamo già fatto con il signor Warwick, la tigre bianca” gli disse una castorina con gli occhi neri lucenti prendendo coraggio. “Mai con una volpe, però”, si sentì di precisare, come a dire che per il resto erano dei veterani.
Nick sospirò. Se non altro, quei cuccioli non avevano alcuna paura di lui. Fu forse questo a convincerlo, o forse il desiderio di compiacere Judy, fatto sta che alla fine si abbassò sui talloni e poi si mise a quattro zampe... sperando che le madri di quei cuccioli non si trovassero negli immediati paraggi.
“Forza, a bordo”, li invitò.
Lasciò che la coniglietta li aiutasse ad issarsi sulla sua schiena, e intimandole di non mettersi a ridere per nessuna ragione al mondo, partì per la sgroppata.

 

“Sei stato davvero gentile ad accontentarli”, disse Judy posandogli una zampina sul braccio.
Stavano facendo due passi su un sentiero che costeggiava i campi, le alte spighe appena abbozzate sulla sinistra ed un ruscello gorgogliante sulla destra.
Era già quasi sera, e a breve, dopo cena, sarebbe stato tempo di tornare.
“Parli dei cuccioli al Memorial, o dei tuoi fratelli, Carotina? Dì la verità, tu sapevi che mi sarebbe toccato qualcosa del genere”, rispose Nick, un sopracciglio levato a fingere disapprovazione.
La coniglietta allargò le braccia.
“Certo che lo sapevo, sciocca adorabile volpe”.
“Soprattutto sciocca...” si autocommiserò lui.
“Soprattutto adorabile”, lo corresse lei.
D'un tratto, senza proferire verbo, Nick si fermò; colto da un'inquietudine.
Si bloccò in mezzo al sentiero e, senza saper bene dove posare lo sguardo – c'erano solo campi e alberi lì, e stormi di uccelli e l'acqua che scorreva via limpida e inesorabile – cominciò a dare tutti i piccoli segni d'impazienza che una povera creatura senza pace poteva dare.
Si torceva le zampe, sbuffava, mugolava, girava in tondo sui propri passi; giunse persino, senza accorgersene, ad imitare Judy nel suo battere colpi a terra con le lunghe zampe inferiori.
Judy lo chiamò ripetutamente, ma non ebbe risposta.
Non appena smise, i grilli ripresero la loro monotona canzone.
Solo un poco, finché Nick parlò, ma a voce così bassa che nemmeno lui fu sicuro di averlo fatto.
“Puoi ripetere, per favore?”, gli chiese Judy imponendogli con un abbraccio di cessare il suo andirivieni. “Non ho capito. Che succede?”.
Nick la fissò.
“Se mai dovesse succedere qualcosa”, disse. E non riuscì a proseguire.
Ormai hai parlato, caro mio. E lei non lascerà perdere, lo sai.
Judy, infatti, lo osservava con aria interrogativa.
“Se mai dovesse succedermi qualcosa”, riprovò. “Che so... un incidente. Sul lavoro, o anche no. Se dovessi subire dei danni importanti. Tu resterai lo stesso con me?”.
Non voleva metterla in difficoltà, o alla prova.
Non voleva spaventarla.
Non voleva nemmeno una vera risposta: a dispetto di tutta la convinzione che la coniglietta poteva avere, lui sapeva che a una domanda simile non si può, semplicemente, rispondere. A meno di non esserci dentro.
Aveva solo bisogno di sentirsi dire che sarebbe stato così, in ogni caso.
“Scusami”, reagì tuttavia, prima che Judy potesse aprir bocca.
“Non dovevo”.
Fece per allontanarsi, ma lei lo trattenne.
“Nick, no”.
Ancora un tentativo di divincolarsi.
“No! Per favore. Non allontanarmi, Nick...”.
“Forse sarebbe meglio, invece. Pensaci. C'è di peggio di qualche mammifero che bisbiglia alle nostre spalle o dei tuoi genitori... di tua madre che ti rema contro. Non ti biasimerò se riterrai di non voler rischiare... se vorrai cambiare idea”, sputò lui, infelice ma determinato a offrirle una via d'uscita.
Ci fu un momento durante il quale Judy valutò almeno una decina di diverse risposte possibili, di alternative alla reazione da tenere.
Ma più i secondi passavano, più il desiderio di tranquillizzare Nick cedeva spazio all'impulso di rivendicare quanto pronta e capace e matura lei fosse, e quanto ingiuste, per contro, fossero quelle parole nei suoi confronti.
Così tutto ciò che aveva avuto in animo di dirgli per confortarlo e assicurargli che ci sarebbe sempre stata le morì in gola, si staccò da lui e finì per dire soltanto:
“Ci vediamo a casa, Nick. Chiarisciti le idee, e poi raggiungimi al vialetto, così entriamo insieme e non facciamo nascere domande scomode. A meno che non sia tu ad aver cambiato idea su ciò che stiamo facendo”.
Non voleva soffermarsi su quell'eventualità, la sola idea le faceva pensare al resto della sua vita come a un meschino foglio bianco, una terra desolata.
Perciò accantonò il pensiero, si strinse al cuore l'irritazione e la seccatura come una coperta calda, e tornò verso casa.
 


Due piccole note:

a) il cognome dello zio Terry me lo sono inventata di sana pianta: in realtà ho cercato in rete ma non ho trovato alcuna info, anche su ZootopiaWiki lo chiamano soltanto “il fratello di Bonnie Hopps”;
b) il nome scientifico degli Ululatori Notturni è ugualmente preso dalla Wiki, ma nel doppiaggio italiano mi pare che Stu li chiami in modo un po' diverso. Non sono ancora riuscita a capire cosa dice esattamente, però, e così ho optato per la versione originale.

Pubblicherò il nuovo capitolo a breve, entro la metà della prossima settimana; prima del solito perché è strettamente legato a questo.
Fatemi sapere che ne pensate, se vi va!
Come sempre, un grazie di cuore a tutti i lettori.
A presto :)
  
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