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Autore: Primb    24/04/2009    5 recensioni
"Correvo. Semplicemente, correvo, il bianco vestito da sposa pieno di macchie e strappi, lo strascico ormai ridotto a brandelli. I rami e gli arbusti della macchia mediterranea mi graffiavano il viso e le porzioni di pelle lasciate scoperte dalla veste nuziale. Mentre inciampavo nell'ennesima radice, sentii uno schiocco e un improvviso bruciore alla guancia. Me la sfiorai con le dita ricoperte dai guanti candidi e questi si tinsero di rosso. Sangue."
Genere: Generale, Romantico, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Scorpion Milo
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: Contenuti forti
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‡ Beautiful novel ‡

 

 

Caddi sulle ginocchia cercando di respirare bene, ma una scarica di dolore mi attraversò la schiena, costringendomi a contorcermi.

Ma cosa mi stava succedendo?

Ero entrata nel salone grandissimo, come mi avevano detto di fare i ragazzi e la bambina dai capelli viola; poi mi ero presentata, avevo detto il mio nome e la mia età, ero stata gentile.

Di punto in bianco, però, avevo sentito una forte pressione schiacciarmi a terra, e, mentre cercavo di resistere a quella spinta, mi ero sentita come avvolta da una coperta che mi procurava incessanti scariche di dolore. È un paragone insolito, ma rende bene l’idea.

Imprecai mentalmente contro il mondo e strinsi i denti, cercando di sopportare il male; udii una voce maschile chiedere a Milady di smetterla. Milady? Doveva essere la ragazzina…

Allora, i miei sospetti non erano sbagliati: il dolore che provavo era opera del suo Cosmo, il cosiddetto Cosmo di Athena. Pensai con amarezza che di Athena si poteva dire tutto, ma che certamente non rappresentava la giustizia.

Serrai la bocca e i pugni quando una nuova scarica di dolore mi costrinse a contorcermi di nuovo.

Ero stesa a terra, ansimante, forse avevo anche la bava alla bocca e non riuscivo a smettere di dimenarmi come un verme, nel disperato tentativo di scampare a quella sofferenza. Athena mi stava piegando, e non capivo perché.

Però, decisi che non mi avrebbe umiliata.

Era stato per me inevitabile cadere a terra e divincolarmi in preda agli spasmi, perché il mio fisico da comune mortale non poteva certo resistere alla forza di un attacco divino; però, il mio spirito era forte, sapevo che lo era,  e non avrei mai mollato: non mi avrebbe tolto la dignità, anche a costo di morire.

Non chiesi pietà quel giorno.

Non urlai quando la mia spina dorsale parve sul punto di spezzarsi, e non chiusi gli occhi mentre ero in preda alle convulsioni, benché la mia vista fosse appannata e ogni tentativo di scorgere delle figure si rivelasse vano e inutile.

Riuscii solo a percepire la presenza di alcune sagome colorate attorno a me, ma non mi curai di approfondire la cosa, perché le fitte che mi percorrevano il corpo mi impedivano di concentrarmi su qualcosa di concreto per più di qualche secondo.

Ero ormai certa che, se anche fossi riuscita ad uscire viva da quella prova, la mia salute fisica, o, perchè no, anche quella mentale, sarebbe rimasta irrimediabilmente compromessa. Nonostante tutto, incitai mentalmente Athena a non smettere di torturarmi, sicura che, se davvero aveva poteri divini, sarebbe stata capace di leggermi nella mente.

“Sono indifesa, continua.” Pensai con tutte le mie forze “impegnati un po’ di più, e uccidimi. Non deve essere troppo difficile per te, Giustizia. Non ho difese.”

Dovette sentirmi, perché il dolore cominciò a poco a poco a scemare, e potei nuovamente distinguere delle voci che si erano aggiunte alla prima per chiedere alla Dea di smetterla.

No, non glielo stavano chiedendo. La stavano implorando.

Tsk. Assurdo.

Il Cosmo di Athena abbandonò finalmente il mio corpo, ed io cominciai a respirare normalmente, supina, godendo della frescura piacevole che sentivo sulla pelle al contatto con il marmo del pavimento. Mi rialzai sulle ginocchia dopo pochi secondi, e subito sentii delle braccia cercare di sorreggermi, ma mi ribellai.

-Non…toccatemi…- biascicai.

Riuscii ad appoggiarmi malamente sulle gambe molli, e, in precario equilibrio su me stessa, mi volsi a guardare la ragazzina.

Era seduta sul trono in modo scomposto, ansimante, con gli occhi chiusi e una mano a reggersi la fronte imperlata di sudore. Sembrava…stanca.

Il ragazzo biondo, Shaka, e quello che mi aveva detto di chiamarsi Doko di Libra le stavano accanto, ai lati del trono, e tendevano le braccia verso di lei con aria ansiosa.

Gli altri Cavalieri erano tutti dietro di me, eccetto Kanon,  Shura e Camus, che, invece, non si erano mossi di un centimetro, apparentemente estranei a tutto quel che stava accadendo.

Mi girai e lanciai uno sguardo deluso a Milo e Aphrodite. Il primo chinò la testa, come i bambini quando vengono sgridati dopo una marachella; il secondo, invece, assunse un’espressione di sincera costernazione, con tanto di occhi lucidi.

Patetico e inutile, inutile davvero.

Mossi qualche passo incerto e barcollante verso la Dea, che intanto aveva aperto gli occhi e mi fissava spaesata e incuriosita.

Indossavo ancora i tacchi, e per tutto il tempo la mia gamba non aveva smesso di dolere; io, però, ero troppo concentrata a non urlare per rendermene davvero conto. Furono, comunque, i tre passi più dolorosi di tutta la mia vita.

Mi fermai e alzai la testa , raddrizzando la schiena il più possibile, il mento alto e il volto immobile, in un chiaro atteggiamento di sfida. Puntai con decisione i miei occhi sui suoi, che in quel momento mi parvero fragili; nero e azzurro, notte e giorno, perforai le sue iridi chiare con le mie color ebano, ma non vi lessi rimorso, né senso di colpa.

-Mi disgusti- pronunciai con immenso disprezzo quella coppia di parole, e la mia voce era ferma, e il timbro forte.

Fui orgogliosa di me, di non essermi mostrata debole, ma poi focalizzai la mia attenzione su Athena, ancora una volta.

 Decisi che due parole per lei erano anche troppe, e, fermamente convinta a non spenderne altre, mi girai, mi tolsi i tacchi, e, a testa alta, uscii da quella stanza maledetta senza degnare di uno sguardo i ragazzi, che per tutto quel tempo non avevano fiatato.

Non appena cominciai a scendere i gradini, tra le proteste della mia gamba, sentii qualcuno afferrarmi il polso e costringermi a voltarmi.

-Dove vai?- la domanda veniva dal Cavaliere dei Gemelli.

-Lasciami andare, Kanon. Me ne vado di qua. Torno a casa.- dissi, mentre cercavo di liberarmi dalla sua presa salda.

-Saga. Non Kanon, Saga. Sono suo fratello-

-Affascinante, Saga. Due gemelli per l’armatura dei Gemelli. Originali, non c’è che dire.-

Non ero mai stata una persona sarcastica, ma ero nervosa, delusa, frustrata, e avevo solo una gran voglia di piangere.

-Perdonami, ma non puoi lasciare il Santuario. Vieni con me, ti ospiterò nella Terza Casa. Ti va un caffè?-

Feci cenno di no con la testa, in preda al nervoso. Non volevo un caffè, no.

-Lo vuoi un amico?-

Questa volta feci cenno di sì. Sì, non avevo mai avuto bisogno di un amico come in quel momento. Ma i miei amici ora erano tutti via, tutti lontani, ognuno perso nei casini della propria vita.

E poi, dove l’avrei trovato, al Santuario, un amico? Mica crescevano sugli alberi! E non esistevano nemmeno i distributori. Distributori di amici, che idea…

-Sfogati con me, se serve-

Lo guardai meglio. Alto, capelli scuri, occhi azzurri ed espressione forzatamente gentile. Quando mi aveva chiesto se volevo un amico, la sua voce profonda si era tinta di una nota d’imbarazzo.

Di certo, non doveva essere un comportamento a lui consono.

-Mi hai letto nel pensiero, vero?- provai. Milo mi aveva detto che alcuni di loro avevano questa capacità.

Lui annuì.

-Così, hai capito che mi sentivo tradita e avevo bisogno di qualcuno che mi stesse vicino.-

Annuì di nuovo.

-Se non fosse stato così, non mi avresti mai chiesto “lo vuoi un amico?” con un tono così gentile. Non è da te, giusto?-

Annuì una terza volta.

-Ultima domanda: avresti preferito che la Dea Athena  non ti avesse affidato l’incombenza di prenderti cura di me, vero? Se non ti fosse stato ordinato, di me te ne saresti fregato bellamente.-

Saga annuì un’ultima volta, ed io sorrisi, nonostante tutto. Almeno era sincero.

-Andiamo alla terza Casa, allora.- così dicendo, gli piombai in braccio con poca grazia.

Quest’improvvisa confidenza lo lasciò un po’ spiazzato, ma il secondo dopo fummo comunque all’interno di quella che doveva essere la cucina della Casa dei Gemelli.

Ignorai l’arredamento moderno, e, senza aspettare il permesso del padrone di casa, mi buttai su una sedia e appoggiai la fronte al tavolo. Sentii Saga muoversi lentamente dietro di me, poi il rumore del caffè quando viene macinato e dell’acqua che scorre. Non alzai il capo quando lui mi posò la tazzina vicino alla testa, e restai in quella posizione per qualche minuto. Quando non fui più in grado di sopportare il silenzio, alzai lo sguardo con uno scatto irritato ed esclamai:

-Siete solo dei gran vigliacchi!-

Saga continuò a sorseggiare il suo caffè, che ormai era finito, senza guardarmi.

-E Athena? Cosa credeva di fare? Non doveva farmi solo delle domande? E quando ha visto che il suo pericolosissimo e panoplitico nemico- e qui mimai le virgolette con due dita – non reagiva, e, anzi, stava quasi morendo torturato, perché non si è fermata?  E nessuno di voi che si sia mosso! È dunque questa la Giustizia che difendete con tanto ardore? Siete…siete solo degli ipocriti, mi fate schifo!-

Ormai stavo urlando. Avevo perso il controllo.

-Le tue mani- fece Saga –stanno sanguinando.-

Mi osservai i palmi. Era vero.

Mentre la Dea “testava la mia pericolosità”, mi ero piantata le unghie nelle mani con tanta forza da penetrare nel vivo. E adesso, quattro piccole mezzelune per mano mi sorridevano, macabre, con la loro bocca insanguinata. Sospirai.

-Tanto non m’importa. Non m’importa quasi più di nulla. Non sono nemmeno più capace di piangere.- alle mie parole, Saga aprì un po’ di più gli occhi.

-Parli così- mi disse – solo perché hai subito un’ingiustizia? Dici di non avere più interesse per nulla solo perché ti senti sola? E non hai nemmeno lottato. Dai, lo sappiamo tutti e due che le tue spalle possono reggere pesi più grossi di questo.

Magari non saprai più piangere, ma frignare ti riesce ancora benissimo. Scusami tanto, ma sei tu che fai schifo a me.-

Prima che potessi rendermene conto, il mio pugno chiuso scattò verso il suo volto, nonostante il tavolo fra noi due fosse un impedimento non da poco. Nel momento dell’impatto ci fu un rumore sordo, e una fitta lancinante partì dalle mie dita e arrivò fino al gomito. Mi ritrassi, mugolando e con gli occhi in fiamme.

-Dovevo avvisarti del rischio che avresti corso picchiandomi. Ti sei rotta tre dita, scusami.-

“Ti sei rotta tre dita, scusami.”? Ma che razza di frase era? E di che cosa era fatta la sua faccia, di cemento? Oh, in questo posto era tutto così crudelmente assurdo…

Mi raggomitolai sul divano in posizione fetale, come facevo tutte le volte che avevo paura, e comincia a singhiozzare.

Quando Saga si sedette vicino a me, le lacrime iniziarono a scendere. Piansi tantissimo quella volta, rovesciando nelle lacrime tutta la mia tensione.

Piansi al tramonto, piansi quando arrivò la luna, piansi quando vidi le stelle e quando Saga provò a farmi una carezza timidissima sul braccio.

Cielo, stavo male, male davvero.

Cullata dal silenzio del ragazzo che mi stava accanto e dal dolce frinire delle cicale che entrava dalla finestra, piansi.

Sì, quella notte piansi, piansi, piansi.

 

 

………………………………………………………………………………………….

 

 

 

Aprii gli occhi disturbata da un raggio di sole, e mi scoprii in un letto con delle lenzuola blu notte. Stupita, mi drizzai a sedere e trovai Saga che mi sorrideva con fare fraterno, seduto sul bordo.

-Sei stata bravissima- mi disse, e sembrava sincero.

Solo, non capivo a cosa si riferisse.

-Alle lacrime. E al fatto che alla fine sei riuscita a lasciarti andare. Ah, già…le cose che ho detto…beh, erano solo una provocazione. Non le penso davvero.-

Oh. Ecco cosa intendeva.

-Grazie Saga. Però, per piacere, smettila di leggermi nel pensiero. Non ti terrei mai nascosto nulla,ma chiedimele le cose, invece di scoprirle da te.- mi ero totalmente calmata, e il tono della mia voce era tornato pacato.

-D’accordo, scusami. Comunque, ci tenevo a dirti che se la Dea  si è comportata in quel modo, deve aver avuto le sue buone ragioni. Non so quali siano, non ci siamo ancora consultati in merito. Tu, però, potevi evitare di offendere Saori: non è stata lei a metterti alla prova, ma Athena.-

-A parte il fatto che questo non è un discorso da fare a una persona che si è appena svegliata,- sbadigliai io- secondo me anche Saori è un po’ responsabile: in fondo il corpo è il suo, no?-

-Non è così semplice: lei mette a disposizione il proprio corpo, ma quando Athena decide di prenderne completamente possesso non può opporsi in alcuna maniera.-

Saga sembrava un professore, perso com’era nella sua logica spiegazione di un fenomeno che di logico non aveva proprio nulla. Il mio cervello, però, era ancora troppo assonnato per seguire i suoi ragionamenti.

Così, quando sentii pronunciare le parole “appendice spirituale” e “confinamento dell’inconscio”, decisi che era arrivato il momento di uno dei miei tanti viaggetti mentali, e mi immaginai Saga vestito da medium che ripeteva le medesime cose di quel momento a degli increduli e ammirati clienti.

Davvero, avrebbe fatto una fortuna con un turbante in testa, i tarocchi e tutte quelle parolone specifiche sullo spirito umano.

Risi, fu inevitabile.

-Hey, ma mi stai ascoltando?- mi chiese Saga seccato, fecendomi tornare coi piedi per terra.

-Non mi sono persa una parola- mentii, sperando che non mi leggesse nel pensiero.

-È inutile. Non faccio apposta, sul serio, ma i tuoi pensieri sono così forti che è quasi impossibile evitarli. Non sono io a entrare nella tua mente: è il tuo cervello che mi vomita addosso tutto quello che elabora.-

Arrossii. Va bene, non avevo un gran cervello, ma nessuno l’aveva mai sfottuto così. Antipatico…

-Comunque- tentai, cercando di sviare la sua attenzione dalle mie scarse doti intellettuali – prima di perdermi, mi è sembrato di capire che Saori è una sorta di contenitore dello spirito di Athena, una scatola, no?-

-Mettila come vuoi. Milady, comunque, è ancora scossa per l’accaduto. Faresti bene a scusarti.- storsi il naso alla proposta di Saga, ma lo lasciai continuare:

-E poi, stamattina, mentre dormivi, ho dovuto più volte respingere gli assalti di Milo. È davvero mortificato e non vede l’ora di vederti. Anche Aphrodite ha detto di volersi scusare. In modo più discreto di Milo, certo. Dovrai chiarire anche con loro, Lily.-

Sorrisi leggermente pensando a quei due, poi domandai:

-Posso lasciare il Grande Tempio?-

Ero speranzosa, ma fui smontata dalla risposta del Cavaliere dei Gemelli:

-No. La Dea  è stata categorica. Mi dispiace, ma ti vuole ancora qui.-

Sospirai. Non c’era una cosa che andasse per il verso, e c’era sempre di mezzo “la Dea” , in qualche modo.

-Almeno mi porti la colazione a letto?- miagolai, con un tono di voce a metà tra il piagnucoloso e il persuasivo.

Saga sorrise.

-È quasi mezzogiorno, mia cara. Siamo invitati a pranzo da Aldebaran. Ci saranno tutti i Cavalieri. A proposito, Milo ti ha comprato un vestito per l’occasione. Mi raccomando, non perdere troppo tempo a cambiarti.- a fine discorso, era già praticamente uscito, chiudendo la porta.

Sospirai di nuovo e presi la borsa. C’era un bigliettino attaccato che diceva:

“Alla mia piccolina. Spero che ti piacciano i colori forti =) bacio, Milo.”

Scagliai lontano il biglietto con un grugnito e aprii la borsa. Nel farlo, le dita cominciarono a farmi malissimo.

Accidenti, mi ero scordata di essermene rotta tre!

Con la mano sinistra, rovesciai sul letto il contenuto della sporta.

Oddio. Che schifo.

Avevo tra le mani un abitino lungo appena sopra le ginocchia, di un sobrissimo rosa fluo con dei fiori bianchi stilizzati sparsi qua e là.

 Non solo: ancora una volta, Milo aveva pensato bene di prendermi dei tacchi, questa volta tacco 11, dello stesso, delicatissimo colore del vestito, come se non avessi una gamba quasi rotta.

Decisi che i tacchi li avrei usati per timbrargli la fronte, e continuai a frugare.

Quel deviato mentale mi aveva comprato anche la biancheria!

Mi ritrovai a reggere un tanga nero, con Hello Kitty che faceva il medio stampato sia sul davanti che sul retro. Il reggiseno, con la stessa, stupidissima stampa, era imbottito.

Ero orgogliosissima della mia terza, e non avevo certo bisogno di un’imbottitura di rinforzo.

Certo che non mi sarebbe dispiaciuto avere il seno un tantino più grosso…

Vabbè, per stavolta l’avrei indossato, ma solo per gentilezza nei confronti di Milo, sia chiaro!

Misi quel reggiseno reprimendo il naturale ribrezzo che avevo sempre avuto nei confronti di Hello Kitty, Winnie The Pooh e affini e indossai con calma quel vestito dal colore così forte che quasi cavava gli occhi.

Uscii dalla stanza e cercai Saga, camminando in doloroso equilibrio su quelle trappole mortali. Tanto, ormai, il mio tendine era andato.

-Stai davvero benissimo, Milo aveva ragione- la cortesia di circostanza di Saga non mi sfiorò neppure, ma mi colpì la strana smorfia che aveva dipinta in volto, a metà tra il divertimento e la colpevolezza.

Scrollai le spalle e uscii dalla Terza Casa con l’andatura claudicante che oramai mi caratterizzava.

-Milo sarà felice di sapere che sei stata così gentile nei suoi confronti!- trillò il Santo di Gemini.

Istintivamente, mi portai una mano al seno e arrossii, guardando Saga con odio crescente:

-T-tu…-

-Sì, sì, scusami, non ti leggerò più la mente. Adesso non farti venire l’asma, però! Su, andiamo.-

Mi prese in braccio e io non replicai, perché quella era la prima volta che lo vedevo ridere, e la cosa mi aveva totalmente affascinata.

Vedere Saga ridere di gusto era una cosa che faceva piacere, scaldava il cuore.

-Aspetta, Saga. Prima di andare, c’è una cosa che ti dovrei chiedere.-

-Dimmi pure.-

-Vedi, quando chiudo gli occhi riesco a vedere, al posto delle persone, delle sagome colorate. E se stringo gli occhi fortissimo, riesco anche a captare le sensazioni legate a quel colore. Sono malata?-

Saga sorrise leggermente, ci pensò su qualche secondo e infine rispose:

-No, credo sia il tuo modo di sentire il Cosmo. Da quanto tempo riesci a farlo?-

Mi strinsi nelle spalle.

-Non lo so. Non ci avevo mai fatto caso più di tanto, ma adesso mi è tornato in mente.-

-Tu noti le cose più banali, mentre quelle più importanti ti sfuggono. Sei una frana, Lily.-

-Ecco, per esempio, io vedo la mia sagoma arancione, quasi color rame. Quella di Milo invece è azzurra come i suoi occhi. La sagoma  di Aphrodite è rosa intenso, mentre quella di Kanon è grigio fango. E poi…No, scusa, stavi dicendo? Mi ero persa…-

-Sei…Sei una…bah, lasciamo stare! Tanto non mi ascolteresti! Per curiosità, il mio Cosmo di che colore lo vedi?-

Chiusi gli occhi e li strizzai, massaggiandomi le tempie ed emettendo suoni gutturali. Non era per niente necessaria una scenata del genere, ma volevo colpire Saga con le mie capacità.

Invece fu lui a colpire me.

In testa.

 Con un coppino.

M’indignai, anche se in realtà non mi fece troppo male.

-Colpirmi? Solo perché sei in grado di percepire il Cosmo? Ragazza mia, tu sei troppo imbranata per essere vera!-

Mi aveva di nuovo letto nel pensiero! Oh, che antipatico, antipatico davvero.

-E io che pensavo che tra te e Kanon fossi tu il simpatico! Adesso il colore non te lo dico!-

-Davvero? Sai, credo proprio che mi chiuderò in uno sgabuzzino a frignare…-

-Ah, ecco dov’eri il giorno in cui ho conosciuto gli altri Cavalieri! Mi chiedevo perché tu non ci fossi!-

-Andiamo o ne hai ancora per molto?-

Stava sbuffando e voleva troncare la discussione.

Evvai. Avevo vinto io.

-No, aspetta! Non possiamo ancora andare alla festa! Sento un Cosmo violetto provenire da lassù;- e indicai la cima della collina – appartiene a qualcuno che si sente solo. Devo andare da lui!-

Saga mi squadrò a fondo, come se fossi un’aliena, e parve voler aspettare a lungo prima di parlare.

Io, però, avevo fretta: quel Cosmo era davvero difficile da sostenere senza intristirsi, denso e disordinato com’era…

Incitai nuovamente Saga e lui annuì.

Mi ritrovai, l’istante dopo, davanti ad una porta di mogano.

-Dove siamo?- chiesi ingenuamente.

-Dove hai detto tu. Il Cosmo di cui parli proviene da qui. Ti spetto fuori da questa porta. Non metterci troppo, mi raccomando!-

Annuii, ma in realtà ero ancora confusa, spaesata dal repentino cambiamento dovuto al’alta velocità a cui, ormai ne ero certa, non mi sarei mai abituata.

Mi accinsi ad entrare, ma Saga mi bloccò per un polso.

Quando le sue iridi color ciclamino si specchiarono nelle mie, persi completamente attenzione per ogni altra cosa, e solo pochi secondi dopo che mi ebbe lasciato il polso, realizzai che mi aveva parlato.

-Coraggio, bambina- aveva detto – sii forte, mi raccomando. Mi fido di te.-

Allora, in quel momento, capii chi avrei trovato dietro quella porta; quando entrai sospirando, Saori Kido sussultò.

Sembrava sorpresa quanto me di vedermi lì, e mi accorsi subito che i suoi occhi, come i miei, erano pieni di ombre.

Eravamo entrambe turbate, turbate davvero.

 

 

 

 

 

Il mio corner…

Cap finito con tanto sudore. Vediamo, che dire? Sono in ritardo? Spero di no, anche se di solito lo sono sempre…

Allora, riguardo ciò che ho appena scritto, ci tenevo a precisare una cosa: non sono contro Saori Kido, è un personaggio che mi affascina, semplicemente, senza piacermi né dispiacermi. Dunque, quello che fa nei confronti di Lily non è un gesto di pura e gratuita cattiveria.

Semplicemente, quando le viene fatto un torto la nostra protagonista non è sempre obiettiva, e fa passare tutto come degli enormi crimini fatti ingiustamente contro di lei T.T

 Il perché di tale prova,comunque, verrà chiarito nel prossimo capitolo.

Oddio, sto imbiancando casa! La mia camera l’ho fatta verde ed ora è…piccolissima! Sì, si è proprio ristretta! Che figata! *_*

Vabbè, passiamo ai ringraziamenti:

ti con zero: concetto chiarissimo! Scusa tanto, ma a volte anche il mio cervello va un po’ a rilento! *corre ad oliare gli ingranaggi gnick gnick*. Sì, concordo, il personaggio di Milo è davvero uno dei più affascinanti *_*. Ti ringrazio per aver recensito e per i chiarimenti sulle MarySue, ho scoperto cose…illuminanti! Spero che la mia storia ti piaccia ancora! *1bacio*

roxrox: ciao Roxy! *_* mi fa piacere, allora, di non aver fatto una cavolata pazzesca col mio cap di transizione! Sono felice di averti fatta ridere, e poi sì, alcune gag  sono carine ^_^ . grazie per la recensione, i tuoi complimenti mi fanno sempre piacere! A presto! *1bacio*

ribrib20:  0///////0 tu esageri… mi fai troppo arrossire! Hai ragione quando dici che devo lasciare qualche segreto per tenere alta la curiosità, ma…è più forte di me! Quando c’è da dire qualcosa di misterioso, la mia boccaccia vuole sempre parlare! Non ditemi mai dei segreti, potrebbero sfuggirmi!

Comunque, riguardo alle MarySue, ora so cosa sono! *esulta di gioia iniziando il balletto della felicità* si tratta di personaggi femminili troppo perfetti per essere veri: ragazze bellissime, fortissime e buonissime che fanno sempre innamorare l’eroe di turno e che fanno trionfare le forze del bene grazie al loro indispensabile contributo. Atrocemente antipatiche. Davvero disegni Milo? Ti andrebbe di farmi vedere una tua creazione? (sempre se vuoi, s’intende!). sappi che il tuo entusiasmo mi fa sempre piacere( nota quanto ho scritto!xd!) e, mi raccomando, se vedi che sbaglio, che la storia si fa noiosa, la scrittura diventa lenta oppure noti qualsiasi altro difetto o imperfezione, NON ESSERE INDULGENTE. Devo sapere se e quando sbaglio, quindi non avere pietà. Intanto ti ringrazio, sei gentilissima, continua così! *1bacio*

Volevo ringraziare anche HOPE87 per aver aggiunto “beautiful novel” tra le fic seguite. Evvai, ma allora tu leggi quello che scrivo!! Mi fai strafelice! *_* Che carica, grazie!

Grazie anche a RedStar12 per aver inserito la mia fic tra le sue preferite! Che bello, ci sei anche tu! Evvai!

Infine, un abbraccio grande come il cielo a tutti quelli che leggono senza commentare. Almeno leggete, mica è poco!

Danke!

 

 

 

 

*1bacio*

stantuffo

 

  
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