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Autore: riccardoIII    31/07/2016    5 recensioni
Spin-off del capitolo 89 de "La Chiave di Volta". Il Patronus di Lily è mutato e la ragazza ha così dichiarato la profondità del suo legame con James davanti a una classe intera, James compreso...
Dedicato a una persona speciale.
I personaggi appartengono a J. K. Rowling; scrivo senza scopo di lucro.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
- Questa storia fa parte della serie 'La Chiave di Volta - Other Voices'
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30/07/2016

A HadleyTheImpossibleGirl,
il tuo premio per aver risolto il mistero della Spia,
il mio ringraziamento per la tua presenza e il tuo affetto,
i miei migliori auguri per il tuo compleanno.

 



Camminava veloce, i piedi che si rincorrevano lungo i corridoi di pietra quasi del tutto deserti, le voci di centinaia di ragazzi ovattate dalle porte chiuse delle aule che essi non avevano ancora lasciato. Nessuno era stato rapido quanto lei, nessuno aveva bisogno di trovare un posto dove chiudersi a pensare, e a maledirsi, e a nascondersi dai pettegolezzi che di lì a poco avrebbero infestato ogni angolo del Castello. Nessuno stava cercando di fuggire dal mondo, da se stesso e soprattutto dalla verità. A parte lei, beninteso.
Arrivò senza rendersene conto al secondo piano, e solo allora incrociò qualcuno; si sforzò di sorridere a chi la salutava, accennò perfino un “Buonasera” quando nella sua folle corsa dissimulata con una frettolosa camminata pregna d’urgenza andò quasi a schiantarsi contro l’insegnante di Antiche Rune, ma non si fermò fin quando dovette lottare contro la fiumana di studenti che si dirigeva nella direzione opposta alla sua. Tutti sciamavano in Sala Grande per il pranzo, chiacchierando delle lezioni o dei compiti, e lei continuava ad allontanarsi nel disperato tentativo di essere abbastanza veloce da lasciarsi tutto indietro.
Ma aveva dimenticato, nella foga della corsa, che non avrebbe mai potuto essere più veloce di James Potter.

Potter che l’aveva rincorsa per cinque anni, sempre pronto a trasformare la terra sotto i suoi piedi in gelatina e riderne.
James che aveva preso la sua mano e non l’aveva più lasciata andare.
Potter che afferrava un Boccino senza distogliere gli occhi nocciola, soddisfatti e orgogliosi, dai suoi, effettuando una perfetta presa no-look solo per impressionarla. O infastidirla.
James che cadeva a terra dopo aver incassato il nono gol, ridendo come un pazzo e trascinandosela dietro nella propria auto-derisione.
Potter che le chiedeva un appuntamento con la mano tra i capelli e il sorriso sghembo di chi si crede il re del mondo.
James che “…E non lo so se è solo questo, perchè non lo so come si misurano i sentimenti, ma so che sei troppo, troppo forse per chiunque ma non per me…”.
Potter che derideva un Severus ancora bambino per il suo naso e i suoi capelli, per i libri ambigui dietro cui nascondeva il proprio volto.
James che incassava allusioni alla situazione di sua madre, scomparsa da settimane, con fierezza e compostezza, le spalle dritte e un semplice movimento del polso per far tacere commenti gratuiti e cattivi.
Potter che sprigionava una furia che lei non aveva mai conosciuto dopo essere stato paragonato ai Mangiamorte.
James che duellava da solo contro il Mago Oscuro più potente degli ultimi trent’anni senza la minima traccia di timore, la bacchetta che sferzava l’aria come una spada e il furore che si irradiava attorno al suo corpo come un’aura visibile.
Potter che le urlava contro nello scompartimento di un treno, che le sbatteva in faccia la realtà, che le ricordava di essere stata troppo piena di pregiudizi e di autocompiacimento per dare spazio all’obiettività.
James in un cimitero, distrutto dal dolore, gli occhi liquidi e le labbra tese, una mano sollevata in una tacita quanto evidente richiesta d’aiuto accompagnata dalla paura del rifiuto
Potter che si beccava un pugno da Sirius per averla offesa e barcollava con l’espressione di chi ha visto il mondo capovolgersi davanti ai propri occhi.
James che “… Ti sto affidando la persona più importante della mia vita… Hai tra le mani un pezzo di me…”.
Potter che intratteneva i compagni di Casa a cena, o in Sala Comune, facendo il buffone con i suoi amici; Potter e i suoi mille scherzi, Potter e la sua risata piena, Potter e la smorfia di chi non ha alcun problema al mondo.
James che si impegnava a far ridere gli altri, James che si affannava a sollevare i morali e esserci per chiunque avesse bisogno di lui; James che non abbandonava mai i suoi amici, James che si nascondeva dietro finti sorrisi anche quando avrebbe avuto bisogno di una spalla a cui sostenersi; James che cominciava ad appassire una notte di novembre e diventava lo spettro di quello che era stato; James che non era più se stesso, che era perso e smarrito.
Potter che sbucava sempre nei posti più improbabili, nei momenti più impensabili.
James con in mano una grossa pergamena e il fiato grosso, fermo di fronte a lei in un corridoio del quinto piano, le lenti storte sul naso e gli occhi ardenti  e decisi puntati su di lei.
Una mano tesa, stavolta non in cerca di supporto. Una mano tesa in una tacita offerta.
Fine della corsa.

-Credo di doverti delle scuse-
Lily alzò gli occhi dalle loro dita intrecciate e si azzardò a guardarlo in viso; quel viso segnato dalla preoccupazione e dall’insonnia che non era mai scomparsa. Anche se lui non gliene parlava, lei sapeva.
Osservò una delle sue grandi mani, quella libera dalla propria stretta, salire agli occhi e scostare gli occhiali per strofinarsi le palpebre. La ragazza lo conosceva abbastanza ormai da sapere che quello era il metodo che James usava per superare le empasse e cavarsi fuori dal proprio imbarazzo, per evitare di guardarla negli occhi e cedere di fronte alle proprie infinite aspettative su se stesso. James difficilmente scappava, quasi mai si nascondeva e di sicuro non aveva mai temuto il giudizio di nessuno a parte il proprio e quello dei suoi genitori, eppure ultimamente Lily si era resa conto che anche lui era umano, nonostante sembrasse spesso uno di quei cavalieri dalla lucente armatura puri di cuore e imbattibili in duello, e l’aveva scoperto nel modo più duro.

La voragine che la perdita di Dorea aveva aperto nella vita del figlio non si sarebbe mai chiusa, Lily non era così stupida da pensare il contrario. Aveva sperimentato sulla sua pelle il dolore scatenato dalla morte di un genitore, un dolore atroce e persistente che non l’aveva mai lasciata davvero, ma era consapevole di aver reagito in modo completamente diverso dal compagno: se per lei la debolezza aveva significato arrendersi alle braccia dei suoi amici e di James, mostrarsi forte col suo essere inerme, ammettere la propria sofferenza e accettare l’aiuto di chi voleva e poteva sostenerla, per James il crollo era stato totale e incontrollato.
James aveva perso la capacità di vivere davvero. Ogni su azione sembrava priva di ogni intenzionalità, faceva ciò che andava fatto ma continuava a tirare avanti senza sentire o agire davvero. Erano settimane ormai che lei cercava si stargli vicino, di fargli avvertire la propria presenza costante nell’attesa che arrivasse il momento in cui lui si sarebbe voltato verso di lei e le avrebbe sorriso di nuovo. Non aveva mai pensato di tirarsi indietro, non aveva mai nemmeno immaginato di lasciare che James la allontanasse; aveva continuato a sperare e ad osservare, alla ricerca di ogni minimo miglioramento o anche solo di un cambiamento che potesse precedere una ripresa.

E il momento era venuto soltanto la sera precedente, quando James era tornato dagli allenamenti con Sirius piuttosto tardi rispetto al resto della squadra, nulla che non ci si potesse aspettare da quei due, le aveva lasciato un bacio tra i capelli e l’aveva stretta a sé come non capitava da molto, molto tempo.
Solo quando aveva trovato il coraggio di mettere via il libro e guardarlo in viso Lily si era resa conto di quanta tensione avesse accumulato in tutti i giorni in cui era rimasta ferma ad aspettare che James tornasse da lei, completo. Improvvisamente le era bastato posare gli occhi sul viso dolce e sereno di quel ragazzo che per lei era da anni croce e delizia per prendere coscienza di tutta la paura, l’impotenza e l’angoscia che fino ad allora non aveva saputo di portarsi dietro e che lo sguardo pieno di James aveva fatto evaporare in un secondo. In lei non c’erano stati solo soddisfazione e sollievo, non c’era stata solo la gioia di vedere James di nuovo più simile ad una persona viva che ad un guscio anaffettivo; c’era stata la presa di coscienza di tutto quello che era accaduto, di tutto quello che avevano sopportato entrambi in quei mesi, di ciò che aveva permesso loro di non perdersi pur essendo così mentalmente lontani, con James chiuso in se stesso e Lily ad attenderlo sulla porta di Casa.

Era stato quello l’esatto momento in cui Lily si era resa conto di amare James. Non si era innamorata di lui nell’istante in cui gli occhi di James avevano ripreso a sorridere, né quando dopo settimane lui l’aveva guardata come prima; non si era ricordata di quella volta in cui lui l’aveva portata a volare, né di quando le si era mostrato come Prongs facendole perdere un battito al solo vedere quanto fosse bello anche da Animagus. Non aveva pensato a quanto James fosse stato meraviglioso quando erano caduti sull’erba, trascinati l’una dal peso dell’altro per la bramosia con cui si stavano finalmente baciando dopo un’attesa estenuante e in fin dei conti immotivata, né a come lui era stato disperato nei giorni in cui aveva cominciato ad abituarsi all’idea di aver perso sua madre.
Per Lily non c’erano state illuminazioni improvvise; non aveva ripercorso la sua vita, non aveva ripensato ai momenti più belli o più brutti vissuti insieme a lui, non aveva collegato indizi sparsi qua e là, lasciati indietro lungo quella parte di cammino che avevano percorso insieme. Lei aveva solo realmente preso coscienza fino in fondo del fatto che sarebbe sempre rimasta lì, sulla soglia, ad aspettare che James tornasse da lei; che avrebbe sempre camminato accanto a lui, anche quando James avrebbe forse preferito andare avanti, o lasciarsi crollare, da solo.
Era già tutto deciso, tutto stabilito; come se non avesse potuto evitare di cadere in quella trappola, come se  ogni passo compiuto da quando l’Espresso per Hogwarts era stato teatro della loro peggiore lite non fosse stato altro che un tassello in più per raggiungere il momento esatto in cui Lily Evans si sarebbe resa conto di amare James Potter, perché non poteva semplicemente evitarlo. Non poteva essere altrimenti, oltre ogni discorso o pensiero ragionevole, oltre ogni logica e ogni tentativo di mettere in salvo il proprio cuore.
Lily avrebbe amato James fino alla fine dei suoi giorni, e aveva scelto di sicuro il modo più brusco per dimostrarlo a lui e al resto del corpo studentesco e dei docenti. Come se non fosse sufficiente scoprirsi innamorata di una persona che rifuggiva il suo aiuto, aveva sbandierato davanti a venti persone di essere indissolubilmente legata a James, di essere la sua compagna naturale. Dalla punta della sua bacchetta era sbucata la cerva d’argento come se fosse un suo pieno diritto venire da lì e andare a sistemarsi accanto all’enorme cervo poderoso, pronto ad accogliere la sua nuova metà come forse James non era ancora pronto a fare con Lily.
Ma lo sarebbe stato mai, poi?

James deglutì vistosamente per la quarta volta e fece per aprire bocca mentre lei si preparava all’impatto, non riuscendo a impedirsi di chinare il capo per nascondere la propria amarezza.
Lily non era poi così stupida da non aver compreso: James l’aveva rincorsa per mezzo Castello e trascinata in un’aula vuota del quinto piano per poi scusarsi con lei di qualcosa di non ben definito, ed erano ormai almeno cinque minuti che si schiariva la voce per poi tentare di parlare, senza peraltro riuscirci. Se si fermava a considerare i mesi passati, poi, e la distanza fisica, mentale ed emotiva che James aveva messo tra loro, la ragazza non poteva far altro che chiedersi come fossero durati tanto.
Il fatto che lei si fosse innamorata di lui al punto da cambiare radicalmente se stessa e il suo Patronus per lui non implicava che James dovesse provare le stesse cose per lei, e da come lui aveva reagito Lily non aveva più molti dubbi su cosa stesse cercando di dirle il suo compagno.
Con rabbia strinse i pugni chiedendosi se fosse già il caso di pensare a lui come a qualcosa di già passato; la stilettata di dolore allo stomaco che aveva provocato l’evocazione nella sua mente della parola “ex” le fece storcere la bocca in una smorfia così poco da Lily Evans che per un attimo si odiò per essere stata tanto debole da averlo lasciato entrare così profondamente dentro di sé.

Non le era piaciuto comprendere di essere già legata a lui, indipendentemente dai suoi desideri, in modo tanto profondo; non le era piaciuto comprendere che probabilmente lo amava da quel giorno passato a ridere sul campo da Quidditch e che il suo inconscio le aveva appositamente tenuta nascosta la gravità di quanto provava per James. Ma se la sera prima lo sguardo dolce e le labbra delicate e le braccia accoglienti le avevano fatto pensare che forse c’era speranza, che forse avrebbero potuto andare avanti insieme comunque, a lottare per se stessi e l’uno per l’altra e tutti e due per il loro mondo, ora il mutismo e l’imbarazzo di James avevano tinto tutto di un colore fosco e ingannatore.
E se quei gesti stranamente teneri, soprattutto in tempi in cui l’unico contatto che James le concedeva erano le dita intrecciate, non fossero nulla più che segnali dell’affetto di un amico, magari dettati dai sensi di colpa? Se la morte di Dorea avesse segnato così profondamente James da costringerlo ad allontanarla ancor più da sé? Se la comprensione dell’intensità dei sentimenti di Lily per lui l’avesse spaventato a tal punto da farlo correre lontano da lei?
Cosa ne sarebbe rimasto della ragazzina umorale e sentimentale che era diventata, quando James non ci sarebbe stato più? Come aveva potuto lasciare che quei sentimenti nuovi e sempre più forti abbattessero tutte le difese che aveva eretto a custodia di sé stessa? Perché si era lasciata indebolire tanto quando aveva promesso di non cadere mai più per mano di qualcuno a cui lei stessa aveva dato il potere di distruggerla?
Si sentiva gli occhi bruciare, ma non avrebbe pianto; non avrebbe dimostrato ancora una volta quanto era debole.

Rialzò il capo per guardare James negli occhi e costringerlo a parlare una volta per tutte, ma proprio allora la voce del ragazzo saturò l’aria resa densa dalla polvere.
-Io… Lily, io non so nemmeno da dove cominciare. Mi sono comportato da pessimo fidanzato negli ultimi mesi, ma anche e soprattutto da pessimo amico. Non… Non negherò di aver cercato di tenerti a distanza, è palese che io l’abbia fatto, e tu che avresti tutte le ragioni del mondo per liberarti di me… Non solo mi sei rimasta accanto in tutto questo tempo senza chiedermi nulla, ma sei andata addirittura oltre e io non so…-
-Se vuoi mollarmi, James, credo dovresti dirlo e basta; siamo abbastanza grandi da gestir…-
-Cosa?!-
 Gli occhi sgranati di James si puntarono finalmente sul viso della ragazza e Lily si sentì arrossire sotto la smorfia sprezzante che aveva cercato di cucirsi addosso per nascondere la crepa che le parole del ragazzo avevano generato nel suo viso.
-Esattamente quello che ho detto. Se vuoi che ci lasciamo…-
-Ma io non voglio lasciarti! Io ti amo!-
Lo disse con tale sicurezza, fierezza e genuinità nella voce e negli occhi che una parte di Lily non poté impedirsi di crederci; la ragazza sentì il suo viso infiammarsi ancor di più mentre James scendeva dal vecchio banco che avevano usato come panchina improvvisata e le si piazzava di fronte, una mano ancora stretta alla sua e l’altra a carezzarle il viso per impedirle di fuggire il contatto visivo. Fu costretto ad afferrarle il viso con entrambe le mani per fare in modo che le iridi nocciola incontrassero finalmente quelle verdi e ripristinassero quel canale solo loro che per tanto tempo era andato perduto.
-Io ti amo, Lily. Ti amo forse da prima di baciarti, da prima di stringerti, da prima di prenderti la mano. Ti amo e non so perché, o come, o quando, ma so che la vita senza di te mi terrorizza così tanto che ho cercato di tenerti a distanza per farmi meno male. La morte della mamma, vedere papà distrutto… Io lo so, Lily, che se perdessi te io… Non ci posso pensare-
Il cuore di Lily batteva così forte che per un attimo temette per la sua vita; ma fu solo il pensiero di un secondo, di quelli fugaci ed evanescenti, perché poi James riprese a parlare e i suoi occhi bruciavano e le sue labbra screpolate erano rosse e la sua voce era balsamo sulle ferite e le incertezze di lei, e Lily non si chiese nemmeno se James stesse dicendo la verità perché lo sapeva, oltre ogni ragionevole dubbio sapeva che James era sincero come lo sarebbe sempre stato con lei, come lo era sempre stato. Chissà perchè al momento le sembrava che null'altro avesse importanza.
-Ma Sirius ha ragione, Lily, io ti amo già. E non ti amo “un po’”, ti amo e basta, ti amo nell’unico modo in cui so amare: finendoci dentro fino al collo.
Non posso dirti che domani ti amerò più di oggi perché tutto ciò che so è che ti amo qui, e ora, e che ti ho amato ieri e lo farò domani, e continuerò ad amarti sempre, anche quando tu non mi vorrai, esattamente come ho sempre fatto: con tutto me stesso.
Tu sei sotto la mia pelle, sei dentro il mio sangue. Mi sei entrata dentro, Lily, e non posso più… Non posso più, Lily, e questo mi ha fatto paura perché so cosa significa perdere qualcuno che si ama così.
So di non essere stato quello che ti aspettavi che io fossi; so che mi credevi migliore, che ti ho delusa e con tutte le probabilità ti ho ferita. Ma io sono anche questo, Lily, ogni tanto crollerò e mi nasconderò e mi vergognerò di me. Ma se ci sari tu, se mi vorrai ancora, io ti prometto che farò qualunque cosa per rialzarmi e tornare da te.
Perché ti amo, e non importa del Patronus. Cioè, ovviamente importa, non renderebbe l’idea dire che ne sono felice ed entusiasta e che vorrei baciarti fino a…-

Perché James era così: era un po’ un cavaliere dall’armatura scintillante e immacolata, e i cavalieri non mentivano mai.
Era una legge non scritta, no?
E forse poteva concedersi anche lei di credere nelle favole, per una volta. Forse poteva mettere da parte il suo cinismo e la sua lotta per l’emancipazione e amare i vestiti rosa, e il balletto, e i finali felici, e le bambole, e i cosmetici, e i romanzi rosa, e tutte quelle cose che in genere disprezzava perché troppo “sessiste”.
Di sicuro amava già il suo cavaliere.
-Sai, Prongs, ci sono momenti in cui le parole non servono poi a molto. Non hai ancora imparato?-
Uno sguardo luccicante, un passo avanti, un sorriso furbo. Mani afferrarono capelli e pelle, gambe si scostarono per fare spazio e permettere ai corpi di avvicinarsi. Un incontro di labbra lungo e colmo, diverso eppure uguale a quello che si erano scambiati tempo prima su un campo da Quidditch in un assolato pomeriggio di risate.
Perché l’attesa, la pazienza, la costanza e l’amore andavano ancora una volta ripagati.

 
Note:
all'alba delle tre del mattino posto questa storia con tre ore di ritardo; HadleyTheImpossibleGirl condivide a quanto pare la data di nascita di Neville, è quasi una Prescelta, e io ho sforato, lo so, così come so di aver saltato un aggiornamento.
Il problema è che la scheda video del mio pc mi ha abbandonata, portandosi dietro tutti i miei lavori ultimati. Ho dovuto rubare il pc a mio fratello per riscrivere daccapo la OS, di cui non sono peraltro troppo soddisfatta (e pensare che è la prima volta che la dovevo dedicare a qualcuno...), ma il problema sostanziale è che lui ci studia e ci lavora col computer e quindi non so quando ruscirò a rimetterci le mani per riscrivere i capitoli de "La Chiave di  Volta" e postarli.
Spero che l'assistenza tecnica lavori anche ad agosto.
Comunque prometto che cercherò di aggiornare il prima possibile, a costo di scrivere di notte; non posso garantirvi la pubblicazione domenicale finchè il problema non sarà risolto, spero che capirete.
Ancora auguri alla festeggiata!

 
   
 
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