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Autore: G RAFFA uwetta    31/07/2016    0 recensioni
Il Male ha tracciato il suo destino, Kathell sarà in grado di spezzare il legame che li unisce?
Dal testo: "In un tempo lontano, in cui i bisbigli erano le anime dei morti che calpestavano la lussureggiante Valley Korenbloen, tra i ghiacciai perenni, il Caos generò Làm Nhùc Xàu. Egli, come un bimbo curioso, vagò solitario seminando il terrore, soffocando i popoli nel dolore. Rubò il sapere agli Spiriti Erranti, fagocitandoli e sputando le ossa in tumuli bianchi. Il Destino, mosso a pena, dal Fuoco dei Giusti plasmò un castigatore dandogli il compito di scindere il Dolo. Carny, questo il suo nome, adempì al suo dovere in modo ligio, forgiò parti di sé in arma per sopprimere lo scempio; puntellò e smembrò quell'essere fino a ridurlo in cenere. Forte del suo dominio, custodì fiero ogni singolo dardo mostrandosi degno di essere un Eletto. Sulla via del ritorno, cadde vittima della corruzione scialacquando se stesso e il prezioso bottino. Negli effluvi del tempo si perse ogni traccia; solo al sorgere delle Ere il fiore del Fato designò il cammino, un placido scorrere di istanti impressi a fuoco sulla giovane carne."
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Genere: Angst, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quiver of Souls, il cuore gelido dell'Inferno

Cap. 4 – Ridona Ciò che Deve Essere

"L'Esistenza segue una strada tortuosa che riconduce al luogo al quale apparteniamo." ( non pervenuto )

Il cuore batteva furioso nel petto, rimbombando come un fischio pungente nell'orecchio per ripercuotersi, doloroso, su ogni ferita. Le ruvide foglie della Zoete Dood1 frustavano impietose la pelle esposta del viso, i lunghi fusti rigidi, ormai giunti quasi a maturazione, si spostavano indolenti al passaggio di Kathell; immersa in quel vasto campo nessuno avrebbe colto la sua corsa tra gli steli alti il doppio di lei. L'odore pungente emesso dalle piante avrebbe coperto il suo, così da rallentare e disorientare i grossi moleb che le davano la caccia. Li sentiva raspare rabbiosi e sbuffare come i mantici delle vecchie fucine della cittadina arroccata a ovest di Xabiana. Veloce, attraversò il campo in linea retta e, fermandosi sul ciglio, strappò alcune foglie per sfregarle sulla rigida divisa, fatta di grosse scaglie scure sovrapposte, che costituiva il suo indumento; le bastava raggiungere le alte piante che intravvedeva poco distante, saltare sui grandi massi racchiusi nelle possenti radici delle Mangrove Woestijn2 e far perdere le proprie tracce. Respirò a fondo cercando di regolarizzare il fiato ignorando il dolore dei muscoli per la troppa corsa. Chiuse gli occhi, le immagini dei giorni appena trascorsi presero il sopravvento.

Prima di lasciare la casa di Michell, Blauw l'aveva messa in guardia.

― Una volta fuori dal suo dominio diventerai una facile preda per i moleb, confonditi con gli xabianesi e assicurati di trovare un buon travestimento.

Grata per quei suggerimenti, aveva deciso di irretire una giovane guardia imperiale per rubare la sua divisa. Certo, una volta indossata aveva notato subito che le andava abbondante sui fianchi e il petto ci sguazzava dentro, comunque, faticando non poco, aveva tagliato la rigida stoffa che eccedeva e, tutto sommato, aveva ritenuto di aver fatto un ottimo lavoro; in fondo era solo un ripiego. Chiusa in uno dei tanti herberg3 disseminati lungo le vie malfamate di Xabiana, aveva osservato critica il proprio volto.

― Fai in modo che il tuo corpo perda alcuni tratti riconoscibili, ― aveva continuato Blauw con quel suo accento freddo che la metteva in soggezione, ― dovrai diventare un puntino anonimo in un oceano di sabbia.

A malincuore, dopo aver tinto i capelli di nero, aveva preso la triste decisione di tagliare i capelli; erano troppo lunghi e potevano impedire i movimenti. Aveva agguantato le forbici arrugginite poggiate a lato del lavandino sbeccato e, con un colpo secco, serrando gli occhi per non guardare, aveva chiuso le lame su una ciocca dei lunghi capelli lisci; una lacrima solitaria aveva solcato le gote per fermarsi poi ad ondeggiare stanca sotto il mento. Sospirando con mano tremate, aveva proseguito; il cuore sembrava voler sfondare il petto, le ridondava nelle orecchie spossato per il dolore. Polverose lame di luce si erano schiantate sulla lastra opaca dello specchio immergendo nell'ovatta il suo riflesso grigio; le labbra pallide, serrate in una piega rigida, avevano accentuato il senso di abbandono e vuoto che il nuovo taglio le stava donando. Si era sentiva nuda ed esposta come se chiunque, una volta soffermatosi a guardarla, avesse potuto leggere dentro di lei fino a sfiorarle l'anima. Dopo un paio d'ore di sonno e un pasto fugace si era buttata a capofitto tra la folla che assiepava il coloratissimo mercato e si era confusa tra la gente assorbendo gli innumerevoli aromi che stagnavano nell'aria densa del mezzodì.

Con rabbia scacciò i ricordi e, stringendo la lingua tra i denti fino a farla sanguinare, riprese a correre. La striscia di sabbia rovente, che precedeva le piante, si sollevò impalpabile avvolgendola come un velo da sposa invadendo la gola spalancata in debito d'ossigeno. Gli spessi stivali, in pelle rinforzata, la proteggevano dal calore incandescente del suolo. Davanti a lei, protetta dalle mangrovie, la Steengroeve si estendeva con tutti i suoi pericoli: rocce bianche, dalle forme allungate, erano addossate le une alle altre in un dedalo intricato; parevano pezzi di legno che un pigro gigante aveva abbandonato a se stesse. Cupe caverne, dalle bocche spalancate, rilasciavano gelide e fetide esalazioni mortifere; profondi baratri si inabissavano fin dentro il cuore della terra dove flebili lamenti raggiungevano la superficie; un vento forte spirava tra gli spezzoni di roccia facendo assumere al paesaggio l'aspetto del tipico incresparsi della pelle appena sfiorato da una ruvida carezza. Tenaci ciuffi d'erba crescevano disseminati ovunque, ognuno mostrava orgoglioso un delicato fiore dalle sfumature mai uguali tra loro.

― Per di qua! ― Sentì urlare, ― venite è passata da questa parte! ― Kathell, per un momento, davanti a quel paesaggio così unico, aveva dimenticato che le guardie la stavano inseguendo. ― Eccola! ― Gridò qualcuno in un punto imprecisato tra gli intricati rami delle mangrovie. ― Fermiamola prima che entri in quel labirinto! ― Fece eco un'altra voce. Sopra di sé, sentì il sibilo di uno sciame di frecce accompagnato dai latrati dei moleb. Riprese a correre senza voltarsi indietro, il dolore pungente che non l'abbandonava, certa che presto li avrebbero rilasciati dal momento che erano gli unici a potersi addentrare in quel luogo senza perdere l'orientamento.

Senza fiato, saltò una sporgenza dopo l'altra, svoltò a innumerevoli incroci, percorse infiniti dedali per risalire il labirinto e giungere al suo cuore. Sentiva ogni singola cellula del corpo pulsare dolorosamente, i polmoni sembravano prugne così secche che solo un refolo riusciva a scivolare in gola, era talmente stanca che ormai si trascinava sulle gambe che urlavano ad ogni affondo nella morbida rena. Nonostante tutto, era determinata ad andare avanti, anche se non capiva da dove scaturisse tutta quella feroce determinazione, sapeva solo che alla fine avrebbe trovato ciò che cercava, quello che la sua mente bramava di conoscere: Blauw le aveva promesso che finalmente avrebbe ottenuto tutte le risposte relative alla sua nascita. – Già Blauw. – Ancora non le era chiaro il suo ruolo, era certa che le nascondeva un indizio importante, quell'unico particolare che avrebbe reso possibile una nuova rilettura degli eventi.

Troppo stanca, non riuscì ad arginare in tempo la marea dei ricordi.

― Osserva la tua schiena, Kathell, ― aveva suggerito Blauw con emozione mal celata, mentre veniva lanciata tra le lenzuola sfatte. ― Memorizza ogni particolare e fanne tesoro. ― Aveva concluso. La ragazza era rimasta impietrita davanti al vecchio specchio che occupava l'intera parete della squallida camera dell'anonimo herberg in cui si era rifugiata. La tiepida luce del mattino era traspirata nebulosa tra gli scuri accostati e l'aveva colpita impietosa. Sulla schiena aveva intravvisto dei segni vergati con colori differenti: un arcobaleno che partiva dalla scapola sinistra e, dopo innumerevoli rivoluzioni, terminava un po' a destra della dolce fossetta tra i due glutei sodi.

― Ma cosa? ― Aveva domandato perplessa, la fiamma della candela, posta su un basso sgabello a lato del letto, aveva guizzato al suono della secca risata della pietra.

― Questo è il percorso per non smarrirsi dentro la Steengroeve, ― l'aveva illuminata Blauw, ― vedi l'ultimo punto, quello grigio? È lì che sei diretta ed è lì che ogni cosa riacquisterà un senso. ― Scuotendo mollemente il capo, Kathell era rimasta in silenzio per svariati minuti, il capo girato e gli occhi spalancati fissi sullo specchio.

Benché non avesse più di quindici anni, la sua vita era stata arricchita da numerose avventure che le avevano forgiato il carattere. L'aveva cresciuta Michell e ben presto aveva compreso che piangersi addosso non portava a nulla di buono. All'età di otto anni, dopo essere ruzzolata giù da una sporgenza, si era rotta due costole e il corpo vantava numerose ecchimosi di un viola intenso. Aveva pianto e si era lamentata per ore ma le sue urla le avevano soltanto procurato un castigo, che era perdurato fino alla guarigione; Michell l'aveva rinchiusa in una stanza dal soffitto molto basso con il compito di lavare i tegami che venivano usati per le focacce. – Non aveva fatto ungere il fondo così la pasta era rimasta attaccata, l'aveva obbligata a raschiarla via con un rastrello di legno per non rovinare i tegami. – Con il trascorrere del tempo, il corpo e l'anima si erano inaspriti e non vi era rimasto più spazio per le emozioni; la bambina spensierata che giocava all'ombra degli alti ponti si era disciolta nel calore delle Hittegolf, al suo posto era emersa una creatura fredda e dura come la pietra. Aveva imparato a cavarsela da sola, traendo beneficio dalle situazioni più improbabili, astuta e tenace, aveva tenuto testa a Michell diventando, infine, la sua ombra.

Ecco il fiore grigio. – Pensò esausta mentre, piegata in due, si appoggiava a una sporgenza rocciosa. Ansando rumorosamente, con il petto spaccato in due dalle fitte, fu investita della fresca brezza che sopraggiungeva dalla grotta spalancata dinnanzi a lei; tirò un sospiro di sollievo, rassicurata dal fatto che non si sarebbe inoltrata in una fornace.

― Ci siamo quasi, ― disse ad alta voce, facendosi coraggio. ― Un ultimo sforzo. ― Sospirò, guardando attorno con circospezione. Imbeccata da Blauw, lungo il sentiero aveva lasciato una pista falsa così le guardie con i loro moleb erano finiti nella Drijfzand4; eppure continuava a sentire su di sé uno sguardo di fuoco. Appoggiandosi pesantemente alle ruvide pareti trascinò un piede dopo l'altro immergendosi nel buio. La pesante canicola allentò la presa e rimase, gocciolando, imbrigliata all'entrata; un dolce suono, pareva il gorgoglio dei neonati, rimbalzava tra le ferite della roccia, unica guida per i suoi passi incerti. Il passaggio era stretto, quasi claustrofobico, sulle pareti ristagnava il buio denso di immagini spettrali che fluttuavano come riflessi negli occhi.

Pallide luci scorrevano su volti in ombra: scene di vite ataviche confuse con ricordi appena avvizziti. Uno su tutti lampeggiava di un bel rosso vivido: con i suoi colori caldi, il sole stava calando spegnendosi pigramente come la brace, irradiando il cielo di freddi raggi; le due lune immobili come statue di cera. Kathell stava seduta sul parapetto del ponte più alto di Xabiana, era intenta a giocare con la pietra, rigirandola tra le dita. Fu in quel momento che aveva avvertito i richiami delle guardie incitare i moleb; colta di sorpresa, la pietra le era sfuggita di mano per poi cadere nel vuoto sottostante. Eppure, era certa di aver udito la voce di Blauw soffiarle incitazioni mentre, col fiato in gola, scappava per non essere catturata.

Con cautela, slittò lungo la pietra strisciando le dita in cerca di ostacoli, fermando la traballante andatura solo quando la investivano gli eccessi della tosse; tutto doleva, persino pensare. Ad ondate, profumi delicati e stranamente familiari l'avvolgevano dilatando i polmoni e donando un effimero senso di pace; le sembrava di star tornando a casa, di ricongiungersi al ventre materno.

Pian piano, cullata dal buio, districò il gomitolo dei suoi pensieri e intessé il filo su un telo di memorie non sue: in quel mosaico Blauw era ovunque, annodata ad ogni ricamo, netta tra le varie cromature del tempo. Come un cancro, aveva intaccato dall'interno ogni resistenza indebolendo e corrodendo tutto ciò che era riuscita a raggiungere. In quell'istante, Kathell intuì cosa Blauw si era proposta di fare, con crescente orrore si rese conto cosa si aspettasse da lei e lì, inchiodata in mezzo al nulla, rise come una folle.


 

 

Note autrice: questa storia partecipa al contest ”Poker d'immagini” indetto da Najara87 sul forum. Le immagini che ho scelto sono le seguenti:

Personaggio: http://www.pikky.net/ggk

Paesaggio: http://www.pikky.net/hgk

Oggetto: http://www.pikky.net/jgk

Scena: http://www.pikky.net/kgk


 

Alcuni nomi inventati li ho tradotti in olandese.

Buona lettura e sono graditi i commenti.


 

1 Dolce morte in olandese

2 Mangrovia desertica in olandese

3 Ostello in olandese

4 Sabbie mobili in olandese

   
 
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