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Autore: hotaru    24/04/2009    2 recensioni
Una maledizione di primavera. Una maledizione o una liberazione? Racconto in tre capitoli di un'avventura a tre.
"-Senta... - tentò Ed, leggermente intontito dall’ingente quantità di birra che era stato costretto a mandare giù – Noi siamo venuti per un motivo ben preciso...
- Sì, lo so, lo so, ma non rimaniamo con i boccali vuoti – lo interruppe l’omone – Edmund, ti spiacerebbe rifornirci?
- Ci mancherebbe altro! – gridò l’oste da dietro il bancone, per poi ricominciare a spillare birra. Ed si chiese se quella botte, appoggiata al muro, non nascondesse in realtà un recipiente ben più grande da cui l’oste attingeva senza sosta. Forse sarebbe stato opportuno scoprirlo."
Terza classificata al contest "E' in arrivo la primavera" indetto da Hikaru_Zani
Genere: Generale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Winry Rockbell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3° capitolo 3° capitolo


L'equinozio di primavera è, tuttavia, ancora ben lungi dall'essere estate, per cui si arrivò al crepuscolo molto presto.
Il cielo iniziava a tingersi di arancione, mentre il buio si faceva strada da est, e uomini e animali facevano pian piano ritorno alle proprie case.
Alcune rondini seguitavano a volare, schegge scure più nere del buio, ma parecchie si erano già sistemate su qualche albero per la notte. Al aveva seguito il gruppo con cui aveva fatto amicizia, che si era diretto senza indugio sui rami saldi di una vecchia pianta di loro conoscenza.
Una splendida, vetusta quercia che si ergeva proprio sulla cima di una collina.


Ed e Winry iniziavano ormai a disperare. Per tutto il giorno avevano percorso il villaggio e i campi attorno in lungo e in largo, affannandosi mentre tutti gli abitanti lavoravano pacificamente e si godevano il ritorno delle rondini, salutato come di buon auspicio per l'intera stagione.
E non avevano cavato un ragno da un buco.
La sera non avrebbe tardato ad arrivare, e al buio chi avrebbe potuto sperare di trovare qualcosa?
“Andiamo, ci siamo trovati in guai peggiori!” pensava Ed “Possibile che stavolta...”. Che stavolta finisse così? Che Al se ne fosse andato di propria iniziativa? Che non tornasse più?
No, assurdo. Si rifiutava di pensarci.
“Eppure...” disse una vocina non desiderata da qualche parte nella sua testa “Eppure... se fosse più felice così? Immagina come deve sentirsi, a poter finalmente disporre di un corpo, un vero corpo dopo tutto questo tempo... dopo che tu, in fondo, gliel'hai portato via. Cercheresti di fermarlo? Saresti di nuovo così egoista, Edward Elric?”
- Winry – disse, mentre dentro di sé combatteva questa dura battaglia – Forse dovremmo...
- Oh, guarda, arriva la vecchia signora! - lo interruppe la ragazza, per poi dirgli a bassa voce – Credo che il nome non me lo ricorderò mai. Come si chiamava?
- Eidhneàn... - mormorò lui. Proprio non ne aveva voglia di vedere quella donna. Non sapeva se cominciare a urlarle addosso o farsi piccolo piccolo e ringraziarla per essere riuscita a rimediare al suo più grande errore.
Perciò, quando la vecchina domandò loro se avrebbero gradito una passeggiata, non seppe far altro che annuire confuso, dimenticandosi di dire che avevano corso in lungo e in largo tutto il giorno ed erano decisamente stanchi.
L'anziana donna sembrava invece piuttosto arzilla, perché teneva un buon passo e in breve li condusse fuori dal villaggio, verso una collina sulla cui sommità si intravedevano grandi fronde cariche di foglie.
- C'è un boschetto là sopra? - chiese Winry mentre salivano.
- Oh, no – rispose la vecchietta – C'è semplicemente mia sorella.
Winry non commentò, chiedendosi se dopo tutto a quella donna non mancasse effettivamente qualche rotella. Insomma, ad una certa età è anche normale.
Ne fu definitivamente convinta quando arrivarono in cima e l'unica cosa che si presentò ai loro occhi fu un unico, enorme albero.
- Altro che boschetto! - commentò la meccanica, ammirata – Non ho mai visto un albero simile. È immenso!
Anche Ed sembrava profondamente colpito, perché si limitò ad osservare la pianta con espressione quasi riverente, mentre la donna si avvicinò al tronco e mise una mano sulla corteccia ruvida.
- La mia sorellina – disse piano – Passano gli anni e lei sta sempre meglio di me.
Stavolta sia Ed che Winry distolsero l'attenzione dalla pianta per guardare incerti la vecchina.
- Vuole forse dire che quest'albero è sua sorella? - le chiese Ed, ripetendo lentamente le sue stesse parole. Aveva forse fatto come con Al? L'aveva trasformata in pianta?
- Esatto – rispose l'anziana erborista – È spuntata il giorno in cui sono nata ed è cresciuta con me. Esattamente come una sorella, perlopiù gemella.
Ed si passò una mano fra i capelli, sospirando sonoramente.
- Senta, non penserà che questa ce la beviamo. D'accordo che potremo sembrarle giovani, ma non siamo certo due bambinetti a cui raccontare chissà quali storie. Innanzitutto le querce non sono ortiche: non spuntano da sole, qualcuno le deve piantare. E poi non ci vuole un botanico esperto per capire che quest'albero ha almeno duecento anni...
- Infatti abbiamo la stessa età – rispose la vecchietta tranquilla.
Ed fu preso in contropiede, non tanto dalle parole della donna, quanto per l'assoluta semplicità con cui le aveva pronunciate. Non stava raccontando una frottola: ci credeva davvero, a quel che diceva. Forse era completamente pazza.
- Davvero? – gli chiese costei, amabile come sempre. Poi fece un cenno con la testa: – Guarda un po’ là sopra, allora.


Al si stava godendo il tramonto. Non ricordava di averlo mai visto così, dalle fronde più alte di uno splendido albero, con la brezza ormai quasi fredda della sera che si insinuava tra le piume.
Parecchie delle altre rondini erano ormai andate a riposare, chi su rami più riparati, chi in qualche angolo sui tetti delle case… Al era ormai rimasto quasi solo.
Stava ancora godendosi le ultime gocce di quella giornata stupenda, una delle migliori della sua vita. Se qualcuno il giorno prima gli avesse raccontato quello che sarebbe accaduto… beh... inutile dire che avrebbe ritenuto quel villaggio un paese di pazzi, piuttosto che di streghe.
E invece… forse aveva sofferto per tutto quel tempo solo per arrivare a vivere un giorno così. Forse era stato uno scambio equivalente, in fin dei conti.
Aveva sempre pensato che lo scambio equivalente fosse una consolazione, perché dava una ragione, un motivo a qualunque cosa. E forse non si era sbagliato.
Il silenzio stava calando sui campi tutt’intorno. I cinguettii degli uccelli andavano scemando man mano che il buio avanzava… ormai si intravedeva soltanto una striscia gialla all’orizzonte, là dove era appena tramontato il sole.
Si stava alzando il vento, e col vento si alzò una voce:
- Al!


Guardando nella direzione indicata dalla vecchia, Ed vide parecchi uccelli sui rami dell’albero. Stava calando il buio, perciò non riusciva a distinguerli molto bene. Una macchia bianca però spiccava nell’oscurità delle fronde, una macchia bianca con uno strano disegno. Che sicuramente alla luce del sole doveva essere verde.
Fu perciò con immenso sollievo che chiamò il fratello, ma anche con una certa apprensione.
Perché non era sicuro che quella rondine non sarebbe volata via, lontano da lui.


Al invece, non appena guardò giù, si sentì subito in colpa. Si rese conto solo in quell’istante che per tutto il giorno si era dimenticato dell’esistenza di Ed e Winry ed immaginò che fossero parecchio preoccupati.
Garrì contento e con una planata veloce li raggiunse, posandosi sul braccio teso di Ed. Sull’automail, per la precisione, per non rischiare di fargli del male piantandogli gli artigli delle zampe nella carne del braccio buono. Non era certo un falco, ma non si poteva mai sapere.
Il fratello maggiore fece un fischio ammirato:
- Però! Te la sai già cavare!
L’unica cosa che Al poteva fare era garrire, e lo fece più forte che poté.
- Sì, ma non entusiasmarti troppo! E poi piantala, vuoi farmi diventare sordo? Perché ci scommetto che sei stato tu, stamattina!
Per tutta risposta l’uccello zampettò un po’ lungo il braccio.
- Bene, visto che ormai si è fatto buio, che ne dite di venire nella mia bottega? Anche se è primavera, il vento è ancora gelido – propose l’anziana donna.


Nella bottega della vecchia Eidhneàn, alla calda luce di una vecchia lanterna, Al si divertiva a zampettare sul bancone, svolazzando da un barattolo all’altro.
Winry allungò una mano verso di lui, incredula come una bambina.
- Non riesco ancora a crederci – confessò, picchiettandogli la testa con la punta di un dito – Sei Al? Sei proprio tu?
La rondine garrì piano, confermando.
- Sai che, guardandoti meglio, hai un’aria piuttosto variopinta? – continuò, osservandolo alla luce della lanterna – Piume bianche e nere, un cerchio alchemico rosso su un’ala e un disegno verde sul petto!
- Già – annuì Ed – Di’ un po’, da adesso in poi mangerai solo insetti? Guarda di procurarteli da solo, io non faccio alcun servizio.
Al inclinò un po’ la testa, colpito da quell’affermazione che aveva fatto luce su un problema a cui non aveva ancora pensato: sarebbe rimasto così per sempre? Non sarebbe più tornato come prima?
“Già” si ritrovò a pensare “Ma cos’era il prima?
Non ebbe il tempo di trovare una risposta, perché la voce della vecchia Eidhneàn intervenne quasi divertita:
- Pensi forse che questa trasformazione sia permanente? Oh, certo che no!
Se gli avesse dato una bastonata in testa Ed non sarebbe stato più sorpreso:
- Co-come sarebbe a dire? Vuol dire che tornerà come prima?
- Ciò che accade il primo giorno di primavera si esaurisce con l’arrivo del secondo. In fondo ci vuole qualcosa di ben più forte di una semplice estratto d’erbe per sfidare a lungo il principio dello scambio equivalente.
- Che cosa? Ma allora avevo ragione! È alchimia! Ma che razza di cerchio alchemico è questo? – esclamò Ed.
- Io non mi occupo di alchimia, giovanotto. Non te l’avevo già detto? - rispose paziente la donna.
- Ma… ma allora che cosa gli ha fatto? Come ha fatto?
La donna non rispose, mentre Al e Winry si voltarono verso di lui. Parlando per entrambi e cercando di essere paziente, Winry disse:
- Con la magia, Ed. A questo punto mi sembra ovvio.
- Sciocchezze! – ribatté lui – La magia non esiste! Sono solo un mucchio di frottole e superstizioni!
Al gli lanciò un’occhiata eloquente, che riuscì a farlo zittire. Inutile che predicasse le sue teorie se la confutazione di ciò che diceva gli stava proprio davanti agli occhi, perlopiù incarnata in suo fratello.
Ma possibile che…
- Bene, credo sia ora di andare a dormire – fece l’anziana Eidhneàn, come una nonna affettuosa con i propri nipotini – È tardi, ormai, e domani dovrete affrontare un lungo viaggio per tornare a casa.
Ed avrebbe voluto obiettare chiedendole che ne sapeva lei dei loro programmi per l’indomani, visto che tecnicamente avrebbero ancora avuto una missione da svolgere, ma si sentì sospingere pazientemente fuori da Winry e decise di starsene zitto.
Non dissero una parola fino all’albergo, Al docilmente appollaiato ora sulla sua spalla ora su quella di Winry, finché non si scambiarono la buonanotte.
In camera Al si sistemò sulla testiera del letto come su un trespolo, ma cambiò idea quando Ed gli fece notare:
- E se ti ritrasformi mentre sei addormentato? Vuoi sfondare il letto?
Quindi si mise sul cuscino, al calduccio, e presto si addormentò. Stravolto dalle emozioni della giornata, gli era sembrato di vivere un anno da rondine, e non soltanto un giorno.
Immerso nel sonno, non si accorse di quando le campane del paese rintoccarono la mezzanotte. E nemmeno si rese conto che poco dopo il materasso venne schiacciato da quello che, effettivamente, non era più un peso piuma.


- Spero che tornerete a trovarci! – tuonò il sindaco mollando una gran manata sulla spalla di Ed. Prese in pieno l’automail, ma sembrò non farci nemmeno caso – Siete dei grandi compagni di bevute! Soprattutto tu, signorina!
- Oh, grazie! – rispose Winry lusingata.
- E tu – continuò rivolgendosi ad Al – Non ti ho ancora offerto niente. So che non bevi, ma almeno un po’ d’olio per le giunture… eh? Che ne dici?
- Grazie, ma io… - Al non sapeva che rispondere, perciò intervenne Winry.
- Stia tranquillo, a lui penso già io!
- È in ottime mani, allora! – si congratulò l’omone.
La ragazza sorrise, grata di tutti quei complimenti, quando sentì Ed borbottare a denti stretti:
- Vedo che ti trovi a tuo agio qui… te l’avevo detto che in mezzo alle streghe… ouch!
Non aveva terminato la frase perché una scarpa era piombata senza tanti scrupoli sul suo piede, ammaccandolo per bene.
- È quello buono, disgraziata! – sbraitò Ed.
- Ma no, non mi dire! – rispose la ragazza – Pensa che avevo mirato all’automail…
Mentre i due seguitavano a fare chiasso, Al si avvicinò all’anziana erborista che era venuta a salutarli. La grossa armatura le faceva ombra, ma la donna sembrò non farci caso.
- Beh, allora… grazie di tutto. E stia tranquilla, per quella faccenda a Central City. Ci penseremo noi.
La vecchia Eidhneàn annuì, dicendo:
- L’ho visto subito che eri un ragazzo gentile. E stai tranquillo anche tu, hai ben visto che cosa c’è nella tua anima…
Al assentì col capo. Si sentiva commosso: quella strana donna era riuscita, in un paio di giorni, a comprenderlo meglio di chiunque. Forse quasi quanto avrebbe fatto sua madre. Sicuramente come una nonna, se ne avesse avuta una.
- Ehi, giovanotto – chiamò l’anziana signora, rivolgendosi a Ed ancora impegnato a litigare con Winry – Non fare così! Se vuoi puoi tornare per il solstizio d’estate, quando proliferano le rane gialle. Sono quasi del colore dei tuoi capelli….
Ed, sicuro di aver colto una minaccia velata in quelle parole, si affrettò a salire sul treno. Poco dopo si affacciò, chiamando:
- Ehi, Al! Muoviti, dai!
- Arrivo! – rispose il fratello, rivolgendosi poi per l’ultima volta alla vecchia Eidhneàn e al sindaco del paese – Grazie ancora. Arrivederci!


- Uff! Per fortuna siamo ormai lontani da quel villaggio di pazzi – sbottò Ed buttandosi sul sedile del vagone semivuoto – Non avrei resistito un altro giorno.
- Io mi sono divertita molto, invece – replicò Winry.
- E il motivo te l’ho già detto… - commentò l’altro con un sorrisetto eloquente sulle labbra.
- Ehi, cerchi guai?
Al si era accomodato di fronte a loro, il viso rivolto in direzione opposta a quella in cui andava il treno, così da poter vedere ancora gli ultimi scorci del paesaggio che stavano lasciando.
- Non capisco perché te la prendi tanto. A me sembra lampante – fece Ed tranquillo.
- Io invece non capisco perché quel posto non ti sia piaciuto – sentenziò Winry, come giunta al termine di un lungo ragionamento.
Ed le lanciò un’occhiataccia, deciso a non rivelare la propria insofferenza nei confronti della birra nemmeno sotto tortura.
- … in fondo, a pensarci bene, è l’unico luogo in cui tu ti sia ritrovato ad essere più alto di Al. È una grande conquista, no?


   
 
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