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Autore: DaisyBuch    01/08/2016    0 recensioni
Olga Haraldsen è la contessa del Lago Twerjen, che vive sola nell'unica casa che si affaccia su di esso. In Norvegia esistono lunghi periodi che si alternano tra giorni di sola notte e giorni di sola luce, e nei periodi così detti delle "notti polari" succede qualcosa di strano ad Olga ed al lago. La giovane donna è vedova e nasconde dentro di sè un angosciante segreto.
Genere: Drammatico, Malinconico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il giorno seguente la donna si alzò intorpidita più del solito, alzandosi notò nell’enorme specchio del bagno un livido color purpureo sulla sua coscia che le faceva male ad ogni passo. Lo toccò delicatamente e le uscì un involontario gemito di dolore. Si abbassò dolorante verso un armadietto del bagno, e scoprì che aveva finito le scorte di alcuni medicinali, tra cui antidolorifici. Decise che dopo pranzo sarebbe andata verso la cittadina di Vambergen per fare rifornimento; aveva con sé una lista, e decise anche di fare la spesa. Solitamente andava in città poco spesso, giusto due volte alla settimana se le serviva qualcosa o per i soliti giri di routine. Lo studio che aveva aperto con Erik era chiuso da molto tempo ormai, e mentre passava con la macchina davanti ad esso si sforzava di non guardare e di non pensarci.
Aveva continuato a dipingere, ma con meno frequenza e con poca passione. Riguardando i vecchi quadri poteva vedere paesaggi ricchi di colore, sempre diversi.. talvolta anche volti e figure. Ora tutto ciò che sapeva riprodurre era il lago. Lo studio che avevano aperto insieme univa le loro passioni più grandi: la pittura e l’artigianato. Erik creava sculture di legno o marmo, sedie a dondolo, tavolini. L’oggetto che vendettero al maggior prezzo fu un vaso, era rifinito delicatamente con scanalature magistrali, e dipinto di rosso e blu intenso. Sotto ad esso c’era la loro firma: Erik&Olga.
Olga aveva anche ottenuto quattro posti in una galleria di Oslo per i suoi dipinti, ed uno di essi era stato votato per un premio, che però non vinse mai.
Sospirò pesantemente ed entrò in farmacia con lo sguardo basso. C’erano due anziani davanti a lei ed una bambina che Olga inizialmente non aveva notato.
-Mi scusi signora.- sussurrò petulantemente la bambina sotto la sua vita.
Olga scosse la testa, come se volesse allontanare la nuvola di nebbia che la tratteneva dai suoni e dalla vista della realtà.
-Scusi signora.- ripetè la bambina, stavolta afferrandola per la gonna.
Olga si stupì prima di tutto per il termine “signora”. Non incontrava molto spesso bambini, forse era la prima volta che non parlava con uno di loro da anni, ma non credeva di meritarsi il termine signora. Questa cosa la turbò immensamente, e la rese ostile nei confronti della piccola.*specchio a casa*
-Dimmi bambina.- le sorrise e posizionò i suoi enormi occhi verdi in quelli azzurri di lei.
La piccola aveva due ciuffetti simpatici ai lati della testa che le raccoglievano i pochi capelli, il pollice che occupava l’interno della guancia destra e delle piccole lentiggini vicino al naso.
-Mi sono persa.- mormorò sull’orlo delle lacrime, trattenendole a stento.
-Oh,- Olga ebbe un moto di commozione e si abbassò alla sua altezza, - non piangere, ti aiuto io.- le sorrise fiduciosa.
La bambina la guardava scrutandola, ma non pianse.
-Il mio papà mi ha detto di non fidarmi degli sconosciuti.- brontolò guardando per terra.
-Il tuo papà ha ragione, ma io sono una sconosciuta buona. Ora dimmi, dove lo hai visto l’ultima volta?- provò a calmarla sempre sorridendole.
Lei si tolse il pollice dalla bocca come per pensarci. –Al parco, vicino ai giochi.- rispose, di nuovo con le lacrime agli occhi.
-Va bene, ora stai tranquilla, lo troveremo.- si alzò e la prese per mano, scordandosi temporaneamente del dolore alla gamba.
Uscirono dalla farmacia senza aver comprato nulla, davanti al marciapiede dall’altra parte della strada c’era una delle entrate del parco giochi, decise di cominciare da lì, perciò attraversarono e si sedettero sulla panchina davanti agli altri bambini che gridavano, aspettando.
Passati dieci minuti in silenzio Olga vide che la bambina si faceva inquieta guardandosi intorno, perciò cominciò a distrarla.
-Come ti chiami?- le chiese.
-Nina.- le rispose levandosi il pollice dalla bocca. –E tu?-
-Olga.- disse.
-Blah.- la bambina fece una faccia schifata.
Olga la guardò sconvolta e si mise a ridacchiare. –Come blah?- le chiese imitando il verso.
La bambina rise a sua volta. –E’ un nome brutto.- spiegò sincera.
Olga ci pensò su, a lei era sempre piaciuto.
-Però mi piacciono i tuoi capelli.- disse Nina, come per rifarsi.  –Posso toccarli?- chiese guardandola.
Olga sospirò. –Ma certo.- acconsentì.
Mentre Nina esaminava i suoi capelli d’un tratto le venne un’idea.
-Posso farti una treccia?- le chiese eccitata.
Olga si guardò intorno, non vedeva ancora l’ombra dei suoi genitori, ma non voleva che lei ci pensasse.
-Fai pure.- 
   
 
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