Anime & Manga > Naruto
Ricorda la storia  |      
Autore: suni    25/04/2009    17 recensioni
“Possiamo prendere un cane?”
Itachi aveva posato le bacchette accanto al piatto, prima di porre quella domanda. Faceva scorrere dal padre alla madre uno sguardo supplice e speranzoso, e teneva le manine giunte, accorato.
Sakura masticò lentamente, gettando un’occhiata ricognitiva al marito, mentre Sasuke restava con la mano sollevata nel gesto di portarsi il boccone alle labbra, preso alla sprovvista.

Legata a Casa Uchiha, cucina.
Genere: Romantico, Commedia, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Balena'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sakura ormai cominciava ad esserne drammaticamente convinta: di tutti i membri del loro nucleo familiare quello con cui suo marito trascorreva più tempo sembrava proprio essere Bombo

Grazie mille a tutte per l’accoglienza calorosa a questa serie di fic. Qui mi sono spinta un po’ troppo in là… Chiedo perdono.

 

suni

 

 

 

 

 

______________________________________________

 

 

 

 

 

 

Sakura ormai cominciava ad esserne drammaticamente convinta: di tutti i membri del loro nucleo familiare quello con cui suo marito trascorreva più tempo sembrava proprio essere Bombo.

Sebbene tecnicamente appartenesse a Itachi, e si dilettasse oltremodo a far la lotta con lui nel tempo libero del bambino, il cane non faceva mistero della propria adorazione per Sasuke, il capobranco. Era ai suoi piedi che si accucciava durante i pasti ed era sempre lui il primo a cui scodinzolava ogni mattina. E Sasuke, ormai, aveva preso l’abitudine di portarselo appresso persino al quartier generale, perché tanto Bombo trovava sempre il modo di sgusciare fuori casa e raggiungerlo lì, aspettandolo fedelmente davanti alle scale d’ingresso ed allontanandosi solo per il tempo necessario ad andare ad accogliere il suo padroncino all’uscita dell’accademia, con una puntualità che lasciava tutti esterrefatti.

Sasuke fingeva di mal sopportare l’adorazione della bestiola, brontolava sempre quando Bombo gli poggiava la testa sulle ginocchia mentre lui rileggeva i rapporti, guardandolo con i languidi occhi affezionati, e ripeteva continuamente che quel sacco di pulci puzzava come una latrina e che avrebbe finito per divorare Chiyo a notte fonda. Ma Sakura era scoppiata a sghignazzare come una povera demente quando, un lunedì pomeriggio, era silenziosamente rientrata più presto del solito e l’aveva trovato accovacciato a terra, intento a stropicciare la testa di Bombo con una serie di versi e mugugni da completo ritardato. Non era riuscita smettere di ridere finché Sasuke, incarognito a morte, se l’era svignata altezzoso all’apice della vergogna. Che lo adorasse, ormai, era fuori discussione.

Del resto Bombo, andava ammesso, era proprio un cane Uchiha: snello, col pelo lucido e quasi completamente nero eccezion fatta per una chiazza bianca sotto il collo, aveva lo sguardo dell’animale selvatico e la compostezza di un faraone. Persino facendo le feste pareva badare allo stile e soltanto con Itachi diventava un cucciolone giocoso che saltava nel fango.

Più d’un abitante di Konoha era parso ben disorientato nel vedere l’ex nukenin attraversare le vie cittadine con l’animale al seguito; Naruto rideva come un matto ogni volta che lo vedeva comparire con la sua “scorta pelosa“, come la chiamava lui; il più soddisfatto, comunque, era stato Kakashi. S’era fatto un certo parlare di serpenti a casa Uchiha, prima della nascita di Itachi, ma alla fine era un quattrozampe quello che il suo allievo aveva alle calcagna sfilando per le vie Konoha e questo, a sentir lui, doveva pur voler dire qualcosa.

Nessuno aveva avuto cuore di disilluderlo e spiegargli che di fatto, se Sasuke aveva accettato di sopportare un cane tra i piedi, era soltanto perché suo figlio Itachi l’aveva infinocchiato alla grande.

 

 

 

Non mi volevi?

 

 

Un anno prima

 

“Possiamo prendere un cane?”

Itachi aveva posato le bacchette accanto al piatto, prima di porre quella domanda. Faceva scorrere dal padre alla madre uno sguardo supplice e speranzoso, e teneva le manine giunte, accorato.

Sakura masticò lentamente, gettando un’occhiata ricognitiva al marito, mentre Sasuke restava con la mano sollevata nel gesto di portarsi il boccone alle labbra, preso alla sprovvista.

Erano settimane, ormai, che Itachi aveva deciso di volere un cane. Erano settimane che ne parlava a Sakura ma ancora non aveva osato sollevare l’argomento col padre, anche perché lei l’aveva dissuaso. Dubitava che il suo freddo marito avrebbe sopportato per casa una bestia abbaiante e caotica, perpetuamente scodinzolante e che all’occorrenza perdeva bava. Per scrupolo Sakura aveva anche tentato delicatamente di sondare il terreno, ma al solo accostamento delle parole “Itachi” e “cane” sulla fronte del suo uomo si era disegnata quella piega cupa che lei conosceva bene e che di solito non portava proprio nulla di buono.

Difatti Sasuke si accigliò lievemente, riprendendo a mangiare.

Mpf. No,” scandì quindi, noncurante. “Abbiamo già te.”

Sakura soffocò una risata nel tovagliolo , prima di lanciargli un’occhiata severa.

“Sas’ke!” lo riprese, esterrefatta.

Itachi sgranò gli occhi, ferito, e si ritrasse incredulo.

“Ma io sono un bambino!” protestò lamentoso.

Sasuke sospirò rassegnato, incupendosi.

“E pensa che io volevo un serpente,” lo liquidò, brusco. “Gli avrei costruito un bellissimo terrario…” continuò, assorto.

“Sas’ke!” ripeté Sakura con tono più alto e minaccioso, mentre suo figlio sembrava sul punto di scoppiare a piangere. “Sei un mostro di perfidia!”

Suo marito sbuffò con disinteresse, gettandole un’occhiata annoiata, poi il labbro di Itachi tremolò, i suoi occhioni neri si fecero lucidi e Sasuke gettò le bacchette sul tavolo esasperato.
Mmh, va bene, non è vero che volevo un serpente al posto tuo. Ma niente cani, chiaro?” borbottò sostenuto, scagliando al figlioletto uno sguardo eloquente.

Itachi storse il nasino e portò gli occhi nel piatto, sconfitto. Finì il pranzo quasi in assoluto silenzio finché Sakura non si alzo’ di corsa, attirata dal pianto di Chiyo. Itachi, che stava aspettando da tre ore che la sorellina si svegliasse perché faticava a smettere di saltellarle intorno cercando di farla ridere – cosa che non poteva avvenire, dal momento che la neonata non ne era ancora in grado – la seguì senza una parola e Sakura notò il suo disappunto particolarmente marcato. Persino quando lo lasciò trafficare attorno alla sorella Itachi rimase malinconico e stranamente calmo, limitandosi a sventolarle distrattamente la mano davanti.

Passò in quello stato tutto il pomeriggio, fece i compiti senza protestare – lui che di solito la domenica tentava in ogni modo possibile di svignarsela a giocare, finché il padre non andava a recuperarlo per le caviglie – e quasi non si mosse da camera sua – e Itachi non stava mai fermo per più di mezz’ora. Aveva l’innata capacità di schizzare come un fulmine da un punto all’altro, riuscendo nel frattempo ad inciampare dappertutto: le sue ginocchia erano un’esposizione di bozzi, lividi e graffiature di ogni forma e dimensione. Sasuke levava gli occhi al cielo ad ogni nuova ferita d’onore ma stranamente non faceva commenti, e Sakura sapeva perché: a sette anni l’aveva visto personalmente incartarsi davanti all’ingresso del quartiere e finire faccia a terra; Itachi – l’altro , il primo – l’aveva recuperato come un sacco di patate e se l’era portato via, flemmatico. Non era un granché aggraziato, all’epoca; ma era già il bambino più carino di Konoha.

“Ridi da sola?”

Sakura si volto di soprassalto, riscuotendosi, e trattenne un vero accesso di risa nello scorgere Sasuke che la osservava con leggero scherno, indulgente e superiore. Scartò per ragioni evidenti la risposta sincera (“scusa, stavo pensando che da bambino inciampavi ovunque “) e scrollò la testa con un sorriso di miele, sporgendosi a baciare la sua fronte. Sasuke serrò l’occhio e storse il naso, parendo profondamente infastidito, mentre le labbra di Sakura scivolavano verso le sue. Le fece scorrere le braccia intorno ai fianchi, attirandola a sé, e in quel momento Chiyo lanciò uno strillo tale da farli sobbalzare.

"Che se…" iniziò Sasuke, quasi ringhiando.

“Non dirlo,” sussurrò Sakura posandogli il dito sulle labbra. “Raccontapalle. Non pensi affatto che sia una seccatura.” Si volse spedita per salire le scale, lanciandogli all’ultimo un’occhiata. « Itachi è molto triste.”

“Noi non avremo mai un cane,” sentenziò maestosamente Sasuke, convinto.

“Dagli solo un’occhiata, è così mogio!” lo riprese Sakura, sparendo al piano di sopra.

Sasuke sbuffò, profondamente tediato.

 

 

Itachi era alla scrivania, seduto sulla sua seggiola. I suoi piedi ciondolavano pigramente nel vuoto e aveva il mento poggiato di sbieco nel palmo della mano; leggeva svogliatamente gli appunti sul quaderno, sbuffando tra sé. Sasuke lo osservò in silenzio dalla porta socchiusa, prima di bussare sommessamente.

“Si?” trillò mesto il figlio, voltando la testa.

Sasuke oltrepasso la porta, guardandolo serio.

“Tra poco è ora di cena,” annunciò sbrigativo. “Hai quasi finito i compiti?”

Itachi annuì tornando a guardare i fogli, le labbra strette con rammarico.

“In realtà ho un prob…fa niente,” si affrettò a pigolare.

“Che problema?” chiese Sasuke aggrottando la fronte, con un passo avanti.

Itachi scrollò più volte la testa, ritroso.

“Non fa niente,” mormorò apatico. “Hai tante altre cose da fare, non voglio darti fastidio,” aggiunse quasi senza emettere suono, affranto.

Sasuke sollevò appena un sopracciglio, scettico. Da consumato attore quale lui stesso era, trovava estremamente comiche le toccanti interpretazioni del figlio.

Mh… Itachi?”

“Si?” cinguettò il bambino, parendo già ritenersi vincitore.

“Sei mica diventato stupido?”

Itachi distolse subito lo sguardo e si tormentò le labbra tra  denti, scornato: papà uno, Itachi zero. Sembrò pensarci un po’ su, poi emise un leggero, triste sospiro.

“Sarà vero, se lo dici,” mugolò avvilito.

Sasuke non si fece impressionare neppure da quella melodrammatica replica – “nii-san, aiutami o muoio” era solito dire disperatamente al fratello quando non riusciva ad aprire i biscotti, ai tempi dei suoi sei anni: Itachi sorrideva sotto i baffi, con quel sorriso così discreto e impareggiabile, e gli strappava il pacchetto di mano con uno sbuffo superiore. All’epoca Sasuke si convinceva di ingannarlo con quelle scene di dolore, e soltanto molto tempo dopo aveva capito che suo fratello, nella vita, non aveva fatto altro che reggergli il gioco.

Aggrottò la fronte, accostando il figlioletto.

“Itachi, cosa stai blaterando? Vuoi che perda la pazienza?” esordì, sbuffando gravemente.

Itachi prese ancora qualche secondo e poi scrollò la testa, assumendo un’espressione più tranquilla.

“No, no,” assicurò enfatico.

E poi voltò la testa di scatto come nascondendo un accenno di tremolio delle labbra. Sasuke, davanti a quel dispiacere ora dissimulato, si fece attento, cominciando a prenderlo sul serio. Forse c’era davvero qualcosa che non andava.

“Itachi, che ti piglia?” chiese spazientito.

“Non mi volevi?” pigolò il bambino dandogli la nuca.

Sasuke spalancò gli occhi, esterrefatto.

“Eh?”

“Tu non mi volevi, volevi il tuo boa,” ripeté Itachi calmo, con tono ragionevole. Continuava a nascondergli il viso, vergognoso, e Sasuke rimase fermo con gli occhi spalancati.

“Ah…” emise, allibito.

Itachi tirò leggermente su di naso, cercando di non farsi sentire.

“Mi dispiace che ti do fastidio,” soffiò grave, cercando invano di fare in modo che non gli tremasse la voce.

Sasuke non se la prendeva più di tanto per le sue messe in scena, ma mal sopportava che suo figlio frignasse veramente per qualunque sciocchezza, come una mezza cartuccia. In quel momento però gli sembrò così delicato, e la sua paura talmente orrenda che, ricordando le parole dette a tavola, si sentì proprio uno stronzo. Rimase immobile per qualche secondo, senza sapere cosa fare. S’incupì severo, per reazione istintiva, e socchiuse le labbra facendo per rimproverargli severamente quelle lagne. Ma le spalle di Itachi tremarono impercettibilmente e Sasuke realizzò che lui non era Fugaku. Non avrebbe fatto di suo figlio una macchina. Che piangesse, se voleva piangere.

Non ci pensò nemmeno su – se l’avesse fatto, rigido com’era, si sarebbe trattenuto – ma si lanciò verso di lui e gli strinse intorno le braccia – lo abbracciava raramente, perché non sapeva toccare le persone – e affondò il volto tra i suoi capelli in un ruvido bacio sulla sua testolina – anche questo faceva raramente, eppure Itachi aveva un profumo così buono, e i suoi capelli sulle labbra sembravano farfalle: l’aveva fatto lui, con Sakura, ed era strepitoso.

“Allora sei più scemo di Naruto,” borbottò, burbero, senza smettere di serrarlo a sé. Itachi si tuffò nel suo abbraccio, sembrando prenderci sommamente gusto: gli sfregò il muso contro il petto e allacciò quelle sue braccia come stecchini ai suoi fianchi.

“Non mi volevi?” ripeté enfatico.

“Ma non dire caz…sciocchezze, Itachi” sbottò Sasuke seccamente, quasi angosciato. “Come fai a pensare un’imbecillità simile?” aggiunse. Aveva già fatto lo sforzo di trattenere una prima volgarità, la seconda gli sfuggì incontrollata.

Itachi non rispose, rimanendogli incollato, e Sasuke si sentì frustrato nell’incapacità di comunicare che lo segnava da sempre. Serrò le labbra, con la testa che quasi ronzava, prese fiato, contrasse le mani e sputò fuori le parole e l’orgoglio. Con suo figlio, quest’ultimo non gli serviva comunque a niente.

“Tu sei la cosa migliore che ho mai fatto, Itachi.”

Si sorprese dello straordinario senso di leggerezza successivo, amplificando e reso idilliaco dal leggero ridere gioioso di Itachi. 

“Non preferisci un boa?”

“Era un pitone, e chissenefrega,” rispose Sasuke con voce smozzicata, sfiorandogli la schiena in una carezza incerta. “Ma il cane, Itachi, non si può. Oltretutto Chiyo è piccola e potrebbe essere peric…”

“Io farei attenzione!” protestò Itachi scandalizzato, sollevando la testa verso di lui di scatto. “Credi che non starei attento? Io non lo farei nemmeno avvicinare a lei, o gli stacco le zampe!” aggiunse veemente, e Sasuke lo osservò quasi destabilizzato da quell’impeto.

“Sì ma…” azzardò, austero.

“Guarda che io faccio il fratello maggiore,” concluse Itachi compito, assottigliando gli occhi con sufficienza.

Sasuke perse le parole, distolse lo sguardo, si passò una mano sul mento e gettò giù un groppo dalla gola.

“Non è questo il punto,” esalò.

“Non sono poi la cosa così migliore. Non ti interessa che ci tenga tanto,” blaterò Itachi dando sfoggio di scarsa proprietà linguistica, forse per l’emozione.

E Sasuke Uchiha capitolò, chinando lo sguardo.

“Vedremo tra qualche tempo,” borbottò, alzandosi e depositando il figlio sulla sedia come se scottasse. “Vado a vedere se la cena…” biascicò battendo in ritirata.

Itachi aspettò qualche istante dopo che il suono dei passi di suo padre si fu spento, poi tirò su di naso, si asciugò gli occhi con un lembo di kimono e ridacchiò tra sé, tronfio: Sasuke era proprio un bietolone, ed era bastato fargli credere che dubitasse davvero dell’amore paterno per averlo in pugno: sembrava di pietra, il suo babbo, ma sotto la scorza era un panetto di burro. Per quello Itachi non aveva mai, mai , mai dubitato che suo padre lo vedesse come un tesoro. Qualche volta, di sera, si sforzava a rimanere sveglio, fingendo di dormire, finché papà non veniva a guardarlo prima di andare a sua volta a coricarsi – lo faceva quasi sempre. Quando poi Sasuke usciva, chiudendosi la porta alle spalle silenzioso com’era arrivato, Itachi sprofondava nel più sereno dei sonni.

Si batté le mani da solo, soddisfatto. Il bilancio della giornata era ottimo: un cagnolino in dirittura d’arrivo e un luuuuungo abbraccio morbido del suo fichissimo papà. E l’aveva anche spinto a sputare che in pratica l’adorava. La cosa migliore, aveva detto.

Balzò giù dalla sedia, impugnando il pennarello, e cerchiò accuratamente la data odierna sul calendario, senza smettere il suo risolino privato.

 

 

“Itachi! Itachi, vieni a vedere!”

Il bambino sollevò la testa così di scatto dalla culla della sorella, nell’udire la voce entusiasta di Sakura, che la sua testa cozzò contro la base della campana del vento impalcata al di sopra di essa per baloccare la bambina.

“Ohio,” borbottò vergognoso. “Eccomi!” strillò, gettando un’ultima occhiata a Chiyo prima di ballonzolare fuori e caracollare giù per le scale. Al piano di sotto non sembrava esserci nessuno, sicché si guardò intorno perplesso.

“Mamma?” chiamò incerto.

“In giardino! E muoviti, su!” lo incitò lei, scoppiando a ridere.

Itachi corse alla porta, sgusciandovi attraverso con espressione curiosa, e poi il suo viso si aprì in un abbacinante sorriso entusiasta.

“Papà!” soffiò raggiante, inchiodando ad occhi sbarrati, senza fiato.

Sasuke era accanto alla mamma, e tra le mani reggeva un affarino, un batuffolo nero con enormi occhi brillanti e un nasetto scuro, lucido. Il cane sporgeva il muso verso di lui per annusarlo, sebbene lo shinobi paresse piuttosto restio a dargli corda. Sakura li guardava ridendo, la mano che scorreva in una carezza tra la schiena soffice del cucciolo ed il petto del marito.

“Il mio cane!” esclamò Itachi scattando verso di loro, fuori di sé dalla gioia. “Papà, mamma!” biascicò, incoerente.

Si schiantò contro le gambe del genitore tendendo le braccia di slancio, estasiato. Sasuke sbuffò rassegnato e si piegò sulle ginocchia, abbassandosi.

“Fa’ piano, che poi il cadavere lo devo sotterrare io,” commentò, passando lentamente la bestiola, che latrò piano e agitò le zampette, nelle braccia incerte di Itachi. Il cagnolino prese subito a contorcersi freneticamente, leccandogli la faccia con estremo impegno. Itachi scoppiò a ridere di gusto, stringendoselo contro e lasciandosi fare la toeletta.

“E’ adorabile, signor U. Dove l’hai pescato?” intervenne Sakura, piegando un po’ la schiena per guardalo più da vicino. Itachi, ancora ridendo, si sedette di schianto sull’erba e il cane poggiò le zampe anteriori sulle sue ginocchia senza smettere di leccarlo, scodinzolando freneticamente.

“Non avevo intenzione di prenderlo. Gli Inuzuka me l’hanno rifilato quasi a forza,” precisò Sasuke, altero e imbronciato.

Sakura gli lanciò un’occhiata paziente, sorridendogli saputa: di sicuro, nessuno l’aveva costretto a far nulla – era tecnicamente impossibile obbligare Sasuke ad agire diversamente da come decideva lui stesso – ma piuttosto che ammetterlo si sarebbe strappato le braccia.

“E’ bellissimo!” esclamò Itachi, dando al cucciolo una leggera manata. Quello prese a mordicchiargli le dita, simulando la lotta.

“Come lo vuoi chiamare?” chiese Sakura, curiosa.

Itachi si bloccò, corrugando la fronte, ed osservò il suo nuovo amico criticamente. Il cane, in quel momento, rotolò al suolo dondolando la pancia, mentre strattonava tra i denti i suoi pantaloni. Era ridicolo e adorabile.

“Bombo,” affermò di getto, illuminandosi.

“E’ rivoltante,” commentò Sasuke asciutto, appena prima che una gomitata ben piazzata di Sakura lo zittisse facendolo boccheggiare. “Ma è vero,” borbottò stizzito. Lei gli strattonò il braccio, rischiando l’incenerimento.

“Sei…sicuro, Itachi?” cinguettò per dissuaderlo.

“Sì,” scandì il bambino granitico. “E’ perfetto per lui. Non vedo l’ora di mostrarlo a Minato!”

Sakura sorrise senza convinzione, quasi imbarazzata, e Sasuke arricciò le labbra truce, sbuffando drammaticamente.

“Come sono caduto in basso,” strascicò sprezzante.

“Ma piantala,” lo riprese sua moglie, spintonandolo.

Sasuke le serrò bruscamente le braccia in vita strappandole una risata, con ripicca, e scagliò un’occhiata eloquente ad Itachi.

“Sia chiaro, quell’animale deve star lontano da me,” affermò altezzoso. “Non voglio averci a che fare.”

Sakura sbuffò, prima di fargli una pernacchia contro il collo.

“Io vado da Chiyo,”annunciò noncurante, liquidandolo per rientrare in casa.

“Ma io stavo pontificando,” osservò Sasuke, mostrandosi risentito.

“Appunto,” ridacchiò amorevolmente lei.

“Possiamo costruirgli una casa?” vagheggiò intanto Itachi, perso nella contemplazione di Bombo.

“Ti ho appena detto che io…” ribatté Sasuke severamente.

“Con il cartello del nome,” continuò Itachi rapito.

Sasuke scosse la testa, bofonchiando una lamentela.

 

 

“Ecco, così è dritto?” chiese Sasuke, reggendo un'asse con la mano. “E levatemi questo coso dai piedi o gli do fuoco,” ringhiò esasperato.

“Bombo è un cane, non è un coso,” ribatté Itachi piccato. “Un pochino più su, pa’,” aggiunse seguendo con lo sguardo le sue manovre.

“A sinistra!” aggiunse Sakura, che per l’occasione si era stravaccata sul prato con Chiyo tra le braccia e contemplava soddisfatta il marito, a torso nudo, arrabattarsi nel costruire una cuccia con Itachi e Bombo che continuavano a gironzolargli intorno come invasati. Naturalmente Sasuke aveva affermato di essere un portento nella costruzione di case di legno – probabilmente aveva un diploma da falegname, ad Oto – e ora stava erigendo una costruzione vagamente piramidale, d’ispirazione cubica e tendente all’informe.

Un capolavoro d’architettura.

“Se siete tanto bravi perché non lo fate voi?” sbottò stizzito.

“Ma sei tu che hai det…” osservò Sakura candidamente.

“Taci, signora U!” la zittì lui torvo. “Lo so quello che ho detto. Itachi, ridammi il martello,”intimò brusco.

“Dovrei averlo io?” chiese suo figlio, interrompendo per un istante l’inseguimento di Bombo.

“Sì, te l’ho dato prima,” sibilò Sasuke spazientito.

“L’hai posato sul tetto della cuccia, amore,” suggerì Sakura ironica.

“’Mole,” ripeté Chiyo convinta.

“E’ già pazza di me,” commentò Sasuke sardonico. “Tutta sua madre.”

E il cane gli saltò contro scodinzolando, con un latrato d’approvazione.

“Anche Bombo,” commentò Itachi pacifico.

Sakura scoppiò a ridere, mentre Sasuke corrugava la fronte.

“Dovrei ritenermi fortunato?” bofonchiò scettico.

Peccato che stesse sorridendo.

   
 
Leggi le 17 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: suni