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Autore: Leonhard    04/08/2016    6 recensioni
"Wilde, hai una zampa rotta". "Dimmi qualcosa che non so, Savage". La volpe era in ginocchio nella polvere, con le zampe rivolte verso il cielo; impressa negli occhi ancora la sagoma di Alopex e l'espressione sul muso di Judy. Terrore. "Per esempio da che parte stai: quanto ti paga Bellwether per ammazzarci tutti?".
il tanto atteso (spero) seguito di THE WILDE CASE
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Distopian Zootopia'
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3. Trentadue pezzi

“Tu sai che i conigli non mangiano solo carote vero?” borbottava gelido Jack, tenendo gli occhi fissi sul suo frappé di lattuga. “Lavori con l’agente Hopps, Wilde: dovresti sapere le regole basilari di un buon rapporto tra colleghi”.

“Ah, ma io le conosco tutte” replicò Nick, giocherellando con il telefono. “Mai dire tenera ad una coniglietta, offrire sempre il caffè decaffeinato che tra parentesi è il più caro del distributore, non fare osservazioni sulla bettola in cui vive e mai, nella maniera più assoluta, disturbarla mentre trascrive le denuncie di smarrimento”.

“Ah, mi è capitato l’agente comico?” commentò Jack, piccato, voltando finalmente un’occhiata di ghiaccio verso la volpe.

“E dovresti vedere quando sono di buonumore” replicò lui con una sghignazzata. “Scommetto che non ridi mai perché ti mancano gli incisivi…”.

“Ah, sai che ti invidio?” commentò Alopex voltandosi verso Judy. Erano seduti al bar: l’insegna lampeggiava allegra rivolta verso la strada, invitando i passanti a fermarsi da Leop Old, caffè, cialde, spremute e frullati a dei prezzi veramente stracciati. La coniglietta la guardò smarrita.

“Cosa?” mormorò. “E perché?”. La volpe sorrise, sorseggiando il succo al mirtillo.

“Beh, perché ti farai tante di quelle risate…” replicò. “E poi perché lavori con Wilde: con lui, divertimento assicurato”.

“Sembri conoscerlo bene…” osservò lei, sorseggiando il suo caffè aromatizzato alla cannella. La volpe le rivolse un sorriso accondiscendente.

“Conoscerlo?” commentò. “Beh, a me basta un colpo d’occhio e qualche parola per conoscere una persona: direi che il mio è un dono”.

“Io lo chiamo quoziente intellettivo” commentò Nick, intromettendosi nel discorso.

“Oh no, non di nuovo…” commentò Alopex sospirando. “Lo sai che non sopporto quel nomignolo…”.

“Quello stesso nomignolo che usano quando devono presentarti ai superiori?” punzecchiò l’agente, con il suo solito sorriso scaltro. Gonfiò in maniera innaturale il petto e scimmiottò una voce bassa e possente. “Sono il Generale Rino Horn: è un onore conoscere di persona Alopex la Duecento”.

“Il generale non ha quella voce, Wilde” osservò Jack: il suo rimprovero rimase inascoltato.

“Hai incontrato il generale?” commentò Judy stupita, ma Alopex era concentrata su Nick, con occhi fermi e fissi.

“Avverto del sarcasmo in quella frase Nick” borbottò. “E poi, quel numero è del tutto esagerato”.

“Devi capire, Carotina” spiegò la volpe, rivolgendosi alla collega. “Che la qui presente volpe albina…”.

“…alpina” corresse la lepre, da sopra il suo bicchiere.

“Ha il cervello più fine che si possa immaginare” continuò. “E per quanto possa sembrare assurdo, è addirittura più intelligente di me”.

“Oh, finitela tutti quanti!” sbottò Alopex, contrariata. “Quel test era fallato…”.

“Duecento di quoziente intellettivo?” commentò Judy, scattando in piedi, dimentica del suo caffè. “Non ho mai sentito un punteggio così alto!”.

“Perché non è così alto” borbottò lei. “In quel test ho fatto solo cento ottantasette…”.

“E come ti sarebbe suonata Alopex la Centoottantasette?” fu il commentò di Nick, sgraffignando una sorsata di succo alla volpe.

“Ehi!” esclamò lei. “Guarda che basta chiederne una sorsata!”.

Judy rimase a guardare Alopex con occhi increduli. Bisticciava con Nick, ma c’era un sorriso ad increspargli il muso. E lui ricambiava con QUEL sorriso, il sorriso che sentiva suo e non capiva perché. Tentò di affogare nel caffè quella stizza sconosciuta, fallendo miseramente. Era simile, maledettamente simile.

Anzi era la stessa.

La stessa verso Vixen.

Li osservò ridere e scherzare, prendersi giocosamente in giro come se fossero amici da anni, o di più, e si sentì tagliata fuori. Esattamente come era successo con Vixen, era stata tagliata fuori da lui, da loro. Il quel momento, tuttavia, non si sentì capace di fare irruzione negli affari di Nick

sono solo affari, dolcezza

come aveva sempre fatto. Distolse lo sguardo, accorgendosi che il sorriso di Nick le dava fastidio, la risata di Alopex le dava fastidio, le loro osservazioni su quanto potessero essere banali eppure imprecisi quei ridicoli test del quoziente intellettivo che facevano alla NASA, all’FBI e tutte quelle organizzazioni che avrebbero voluto arruolare il suo cervello così esaltato da uno e sminuito dall’altra le davano fastidio come le unghie di un bradipo passate sulla lavagna.

“Sai…” borbottò Jack posando il bicchiere ormai vuoto. “Non dovresti confondere il lavoro con il flirt, Wilde”. Nick si volse verso di lui trasformando il sorriso in un ghigno.

“Oh Savage…” sospirò, scuotendo la testa. “Questa lezione te l’ho insegnata io, non ricordi?”.

Guardando quegli occhi, studiando quello sguardo, Judy ebbe l’improvvisa certezza che anche i conigli potessero diventare selvatici. Selvatici e pericolosi, non di meno dai predatori. Quello sguardo, pregno di una innaturale voglia di uccidere sostò solo per qualche istante sul muso di Jack, per poi nascondersi nuovamente dietro quel muro di fredda professionalità.

“Ma davvero…” borbottò, annuendo. “Allora presumo che sia il caso di ricambiare, no? Ehi, signor barista”. Nick sospirò e si volse verso l’interno del bar.

“Ehi, vecchio Leop” chiamò. Si volse nuovamente quando la voce del proprietario lo mandò al diavolo. “Non sei pratico di qui: lascia certe mansioni agli esperti”.

“Può portare una scacchiera?” domando Jack, ignorandolo.

“Una scacchiera?” commentò Alopex. “Abbiamo il tempo per una partita a scacchi?”.

“Non ci vorrà più di qualche minuto per battere questo pivello” replicò sicura la lepre.

“Non rubarmi le battute, Savage” rimbeccò ironico Nick prendendo la scacchiera consunta che il barista, un leone dalla criniera disseminata di striature canute, gli porgeva. Judy studiò il posizionamento dei pezzi: mancavano alcuni pedoni  ed un cavallo bianco era leggermente sbeccato sulla testa.

“Non so giocare a scacchi…” commentò, come fosse un ricordo improvviso. La partita cominciò, sotto lo sguardo concentrato della coniglietta. Le mosse erano attente e ponderate: pedone, pedone, ancora pedone, alfiere.

“Prevedo un matto in trentacinque mosse” commentò Alopex distrattamente, dopo appena dieci giocate.

Fu davanti ad una mossa di Jack che Judy si sentì strana. Un improvviso sussulto rovesciò la tazza ormai vuota di caffè ed il tintinnio attirò l’attenzione di Nick.

“Ah, tranquilla Carotina” commentò. “In ogni partita, il sacrificio è parte fondamentale per la vittoria”. Nonostante le parole del collega, quella sgradevole sensazione delle budella contrarsi non accennò a sparire: non riusciva a distogliere gli occhi da quel cavallo nero che giaceva a lato del gioco, ridotto ad uno spettatore impotente.

Il telefono di Jack squillò; la lepre con uno sbuffo fece la sua mosse ed afferrò l’apparecchio, scoccando a Nick uno sguardo risentito, come se fosse sua la colpa di quell’interruzione.

-Agente Savage?- chiamò una voce dall’altra parte della cornetta. La lepre drizzò le orecchie.

“Chi parla?” chiese calmo.

-Sono Wolfgang del dipartimento ricerca di Zootropolis- rispose la voce.

“Ah, stiamo arrivando” affermò Jack, facendo cenno di ritirare gli scacchi ed avviandosi per la strada. “Abbiamo trovato un piccolo intoppo all’interno della squadra…”.

-Venga il prima possibile: abbiamo un problema veramente molto serio- interruppe lui.

 

“Cosa mi sta dicendo, dottore?” mormorò Judy. Le orecchie erano afflosciate e gli occhi spalancati in un’espressione incredula e sbigottita. Jack non era meno sorpreso e non lo nascondeva bene, Nick aveva la stessa espressione basita della collega, mentre Alopex era l’unica la cui espressione non aveva preso la drammatica serietà che la notizia esigeva: il suo volto era calmo, gli occhi freddi ed il cervello marciava com’era suo dovere.

“Ordini superiori, signore” rispose il lupo, in un abile miscuglio tra il nervoso e l’agitato. Judy scosse la testa, cercando istintivamente la manica della divisa di Nick. Trovò quella di Jack.

“Non posso credere che proprio il capitano Bogo…” mormorò.

“Ho bisogno di parlare con il capitano” disse la lepre, spedendo un’occhiata decisa e glaciale verso lo scienziato.

“Non ce n’è bisogno” replicò una voce. All’istante, Jack fece comparire una pistola dalla tasca interna della giacca e la puntò verso la porta, guardando Bellwether attraverso il mirino.

“Ma cosa…” mormorò Judy.

“Abilitata come fattorino presso lo stabilimento scientifico di Zootropolis” fu la risposta. “Sotto ordine diretto del capitano Bogo”.

 

NOTA DELL’AUTORE:
Salve a tutti. Questo capitolo non mi convince più di tanto, ma sto attraversando un periodo di calo e questo è il meglio che riesco a fare.

Scusate se la qualità del capitolo non è ottimale, ma questo micro-blocco dello scrittore prima o poi passerà e allora, se ci sarà bisogno di rivisitare il capitolo lo farò sicuramente.

Fino ad allora, alla prossima, stay tuned

Leonhard
   
 
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