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Autore: aurablabla    04/08/2016    0 recensioni
《Ero appena uscito dalle tenebre quando lo incontrai》
AU sulla Larry Stylinson (Harry Styles ventidue anni, Louis Tomlinson ventiquattro anni)
Genere: Angst, Dark, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Camminavo svelto quella notte. Il buio mi abbracciava e, ad ogni passo, diventavo sempre più suo. 

Nelle strade deserte soffiava una leggera brezza estiva che mi liberava il viso dai capelli mossi che puntualmente mi entravano in bocca durante tutto il resto della giornata. 

Non c'erano rumori fastidiosi che disturbavano il sonno delle persone nelle loro vecchie e sporche case, l'unico sveglio ero io. 
Mentre camminavo, la valigetta di cuoio nera strisciava dolce sulla mia coscia, una sensazione che ero solito sentire da almeno cinque anni, nei giorni in cui lavoravo. Una dolcezza che non si abbinava affatto al suo contenuto.

Come accade sempre in questi quartieri, i lampioni fallivano nell'illuminare sufficientemente la strada e i marciapiedi erano ricoperti da uno strato di sporcizia che, con la luce fioca dei lampioni e l'acqua piovana che imperterrita si riversava sulla Città da giorni, ti dava l'idea di camminare sul petrolio.

Era una giornata particolarmente uggiosa e quasi mi pentivo di aver portato con me solo una leggera giacca di pelle. Ma, a quanto pare, i miei incarichi era meglio svolgerli la notte.

Sbuffai leggermente, a quell'ora avrei dovuto dormire nel mio grande letto e, con un po' di fortuna, avrei sognanto la mia famiglia. Persi un battito quando un'immagine di quel giorno mi tornò in mente, la accartocciai e cercai di regolarizzare il mio battito cardiaco mentre, superficialmente incurante, continuavo a camminare.

I guanti mi scaldavano e mi proteggevano le mani consumate e callose. Il loro bordo lavorato era nascosto da quello delle maniche del giubbotto leggermente più larghe rispetto alle mie braccia. 
Camminavo ancora assorbito dal buio quando giunsi in una zona ancora sveglia della Città. 

Al polso mi pesava il leggero orologio digitale che avevo preso con una parte del ricavo di uno degli ultimi incarichi. Guardai rapidamente l'ora. Mancavano pochi minuti alle quattro e avevo svolto il mio ultimo incarico della settimana da circa un quarto d'ora: ora avevo il fine settimana libero. Sospirai di sollievo e mi concessi trenta secondi per riprendere fiato. Proprio in quel momento un ragazzo si scontrò sulla mia spalla, rovesciando la sua bibita sulla mia maglietta preferita, rigorosamente nera.

《Scusa, amico》mi disse il ragazzo.

Era più basso di me, però aveva di sicuro qualche anno in più. I suoi occhi erano decisamente chiari, ma non riuscivo a vederli bene per colpa della luce inutile dei lampioni. Era dannatamente ubriaco, il suo respiro caldo mi solleticava il petto e aveva un odore intenso di alcol. Avvinghiata a lui c'era una ragazza mora. I capelli leggermente mossi le ricadevano sulle spalle e le arrivavano fino a metà schiena. I suoi occhi erano nascosti dalle lunghe ciglia finte e un rossetto rosso, ormai sbavato, le colorava le labbra.
 
《Scusa un cazzo》 risposi mentre il ragazzo impallidiva《Scusa un cazzo》ripetei più lento.

《Hey, amico, dai, mi spiace. Ho esagerato con le birre, non volevo》mi guardò con un espressione da cucciolo, insignificante ai miei occhi.

Venti dei miei trenta secondi erano passati, al contrario della mia collera.

Mi avvicinai al suo volto, uscendo parzialmente dall'ombra, e gli strinsi il colletto della camicia spiegazzata. Lui rimase immobile. Riconoscevo quella reazione, l'avevo vista talmente tante volte in quegl'ultimi cinque anni.

《Bada》cominciai, la voce bassa e l'espressione calma《Devi solo sperare di non incontrarmi una seconda volta perché, al contrario di oggi, non avrò nessuna fretta》terminai, guardandolo fisso negli occhi. 

Restammo così per una manciata di secondi, lui che mi guardava spaventato e io che respiravo calmo. Non ci curavamo quasi più della ragazza che, sempre più stretta al ragazzo, gli sussurava di andarsene in fretta con un tono spaventato. La solita ansiosa.

Mi staccai lentamente da lui e ritornai sui miei passi, lasciando la coppia immobile vicino al palo. Ahimè, i miei trenta secondi erano terminati.

Mi immersi nuovamente nell'ombra e arrivai all'entrata del mio palazzo una ventina di minuti dopo. Aprii il portone e salii le scale, evitando di prendere l'ascensore. Abitavo nell'attico e dalle mie finestre avevo una panoramica quasi completa della Città.

Aprii la mia imponente porta e, dopo averla serrata bloccando tutte e tre le serrature, percorsi il lungo corridoio con rapide falcate ed entrai nel soggiorno. Superai l'enorme televisione e mi avvicinai al telefono fisso che stava sul tavolino moderno vicino a una grande finestra, la stessa nella quale, nei giorni di temporale, mi appoggiavo e bevevo qualcosa di caldo.

Presi il telefono e composi il semplice numero del mio informatore, Niall Horan. Il legame che ci univa si basava su una fiducia che aveva origini da una vecchia promessa.

《Promettimi che, nel caso tu venissi preso, non farai il mio nome e io ti prometterò lo stesso 》

Mi ricordavo ancora il giorno in cui la facemmo e un sorriso spontaneo mi spuntò nel volto. Non c'era nessun legame affettivo e nessuna simpatia tra noi. C'era solo il lavoro.

Solitamente, Horan rispondeva al mio numero sempre al terzo squillo. E anche questa volta non ruppe la sua tradizione: era uno dei suoi modi per dirmi che stava bene.

Il biondo rispose al telefono con la frase in codice che avevamo scelto per i giorni dello svolgimento degli incarichi:《Styles, tutto bene?》.

Lo disse con la sua solita voce stanca da copione per mascherare il fatto che non solo fosse sveglio alle quattro e venti del mattino, ma che, anzi, fosse nel bel mezzo di un lavoro di ricerca finanziato dai nostri sempre nuovi clienti. Attenzione, è giusto che si sappia che i clienti non si facessero più sentire non perché facessimo dei lavori pessimi, ma bensì poiché i nostri lavori perfetti li spaventavano. Talvolta li allontanavamo noi: non era prudente prendere più incarichi dalla stessa persona, anche noi dovevamo tutelarci.

Al solito, Horan, tu?》

Nel nostro codice segreto, questo significava "Ho svolto l'incarico alla perfezione, come al solito, ci vediamo alla stessa ora dopo, il tuo lavoro come procede?". Non potevamo permetterci di fare certe conversazioni telefoniche troppo dettagliate. Erano pericolose e non davano nessun ricavo tangibile: avremmo parlato meglio e più tranquilli nel giro di sette ore.

Al solito》rispose.

Nel codice, questo valeva come "Le mie ricerche procedono alla perfezione e gli incarichi fanno coda, come al solito, ci vediamo dopo per maggiori informazioni".

E lì finiva la telefonata, uno di noi attaccava per primo senza aggiungere nulla al freddo 'al solito'. Tra noi c'era una specie di sfida su chi terminasse per primo la conversazione e i risultati erano a grandi linee pari: dopo cinque anni i punteggi erano un po' svasati.

Quella volta fu lui il più rapido a terminare la telefonata. Lo accettai, la volta precedente ero stato io.

Raccolsi ciò che rimaneva delle mie forze e mi allontanai dal tavolino per dirigermi alla stanza vicino allo studio. Dovevo completare le ultime scartoffie e dopo avrei potuto dormire finalmente qualche ora. Anche il migliore sul campo come me aveva bisogno di un po' di riposo e la valigetta mi iniziava a pesare sui muscoli delle braccia.

Avevo appena superato il lungo divano, quando venni bloccato dalla mia immagine riflessa sullo specchio. Avevo ancora il giubbotto di pelle e i guanti. I pantaloni che mi fasciavano le gambe erano stretti, ma non erano loro il problema. Lo era una macchia appiccicosa e puzzolente proprio al centro della mia maglia nera. 

Quell'idiota.

Mi ritornò in mente rapida l'immagine del ragazzo con gli occhi chiari. Erano indubbiamente splendidi, con quelle ciglia lunghe e i capelli disordinati a incorniciarli. Mi presi un momento per studiare meglio le linee delicate del suo viso, le labbra sottili, il suo didietro perfetto che mi ero permesso di guardare di nascosto quando mi ero allontanato dalla coppia. Tutte cose che avrei ridotto a brandelli la prossima volta che l'avrei incontrato. Stronzo.

Sbuffai rumorosamente e, dopo aver appoggiato momentaneamente la valigetta sul tappetto fittamente ricamato, iniziai a togliermi i guanti e il giubbotto con le spalle rivolte allo specchio. Poggiai la roba nel divano vicino e mi tolsi di fretta la maglia sudicia stando attento a non sfiorare la macchia col volto. Strinsi la maglia con le mani per alleviare la collera e mi diressi nella lavanderia per mettere la maglia nella cesta dei panni sporchi scuri, praticamente l'unica utilizzata. Detestavo le magliette con un colore diverso dal nero o dal blu scuro, anche se, talvolta, vestivo delle camicie di colori improbabili che non chiudevo mai del tutto fino all'ultimo bottone del colletto. Tornai nel salone per prendere la valigetta e mi diressi nella stanza. Prima di entrare dovetti sbloccare il complicato meccanismo della porta composto da cinque serrature differenti. Per poter fare la porta così ebbi una violenta discussione con quell'idiota del padrone di casa che mi fece sganciare qualche verdone in più in contanti per il permesso. 

Entrai e svolsi la parte più noiosa degli incarichi. 

Circa alle cinque e mezza finii e non mi preoccupai neppure di levarmi i pantaloni quando andai a coricarmi. Dovevo incontrare Niall a breve e dovevo riposarmi senza perdere neppure un minuto. Mi addormentai poco dopo e sognai numerosi volti tutti caratterizzati da un solo particolare: gli occhi azzurri del ragazzo.

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Emh, ciao!
Questo è il primo capitolo della storia! Mi piacerebbe sapere che ne pensate. Potete trovarmi su Wattpad e su Tumblr come 'mutescreamandrea'.
Un bacio, a presto.
Xx

  
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