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Autore: innocent_wolves    04/08/2016    3 recensioni
Gerard è un abile mago, responsabile di gran parte del successo della famosa nave da crociera Envison Destiny. È anche una di quelle persone... Insomma, una di quelle persone che sembrano assorbire tutto lo spazio che le circonda con la propria arroganza e sicurezza. Non toccheresti la loro personalità neanche con un bastone lungo tre metri, ma la gente le adora comunque.
Questo non riguarda Frank. Lavorando dietro ai banconi dei bar della nave e vedendo Gerard quasi ogni giorno, non riesce a capire cos’abbia di tanto fantastico. D’altro canto, nessun altro deve sopportare i suoi commenti maliziosi o considerazioni strafottenti. Perché se c’è una cosa che Gerard sembra amare, è infastidire continuamente Frank.
[traduzione]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Nuovo personaggio | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, Lime, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Envision the Magic
 

XIV

 
“Ehi, Gerard, ho deciso che… Cazzo, non posso dire così, non ho neanche deciso niente.”
 
Frank si morse il labbro e guardò senza speranza il proprio riflesso allo specchio, solo per finire in una gara di sguardi con la sua stessa confusione. Prima aveva trascorso diversi minuti a ponderare e ripetersi discorsi mentalmente, una cosa che sembrò solamente portare più confusione ed insicurezza. Alla fine arrivò alla conclusione che avrebbe preferito spedirsi un proiettile in testa piuttosto che continuare a correre di qua e di là senza concludere nulla. Non aveva idea di cosa avrebbe dovuto dire ma decise comunque di considerare seriamente le parole di Lisa; sarebbe andato lì e avrebbe provato a scambiare due parole con Gerard dopo il suo spettacolo. Ora si era chiuso nel bagno dello staff nel tentativo di prepararsi per quel momento, e per adesso aveva pensato ad una dozzina di modi diversi di iniziare la conversazione, nessuno dei quali sembrava corretto abbastanza.
 
“Merda” mormorò irritato quando realizzò di star finendo le alternative. Senza farci caso si sistemò il gilet e il farfallino, sospirando nel processo.
 
Frank non sapeva se fosse a causa di un reale, radicato, cambiamento o solo un’improvvisa ondata di buon umore, ma Gerard sembrava essere cambiato, o almeno ci stava provando. Forse era il momento giusto per parlargli; forse tutti i suoi altri tentativi erano falliti solo per un cattivo tempismo. E Gerard aveva ragione se una cosa; Frank continuava a tornare. Avrebbe sempre continuato a tornare. Alla fine del giorno poteva sbattere la testa contro il muro quante volte voleva e negare tutto, ma non poteva liberarsi della sensazione che magari ci fosse qualcosa per cui valesse la pena battersi, dopotutto. Per una volta, doveva smettere di esitare. Inoltre, era ovvio che avesse rivali. Le relazioni di Gerard non erano tutte ad un senso per il suo piacere; l’improvvisa comparsa di quella splendida Tara ne era la prova. Sembrava che lei volesse la propria fetta e poteva facilmente vederla fregarglielo da sotto il naso mentre lui sprecava il proprio tempo a correre nel suo labirinto di confusione senza senso.
 
Diede un’altra occhiata allo specchio, stringendosi un’altra volta il farfallino, prima di andare ad iniziare il proprio turno.
 
***
 
Era tutto pronto per il secondo tentativo del ritorno di Gerard, e questa volta sarebbe stato uno vero. L’istante in cui uscì dal bagno e la sua notte di lavoro iniziò, Frank la sentì scorrere come in pezzi. La maggior parte di questi si susseguiva lenta come lumache e il suo orologio sembrava a malapena muoversi. Ogni qualvolta guardava il solito poster sentiva una scarica di adrenalina attraversargli il corpo, quasi come se fosse nervoso per conto di Gerard. Quando iniziarono ad arrivare i clienti era oltremodo inquieto, appena capace di concentrarsi sul proprio lavoro. Rimase lì a zonzo per quasi dieci minuti dopo l’inizio dello spettacolo, le sue orecchie colsero l’affievolita musica che riuscì ad arrivare fino alla sala. Alla fine non resistette più e sgattaiolò lestamente via dal bar, dileguandosi silenziosamente nel salone.
 
Frank entrò appena in tempo per vedere la drammatica esplosione di un grande contenitore di legno che era stato sollevato da terra, e a giudicare dal collettivo sussulto scioccato che emerse dal pubblico, probabilmente Gerard era stato chiuso lì dentro. Il contenitore collassò come un fragile castello di carta e si rivelò essere completamente vuoto; i suoi pezzi erano ancora incatenati al soffitto, ondeggiando mollemente da una parte all’altra, ma non c’era segno del mago. Tutti iniziarono ad allungare il collo e girarsi sul posto, impazienti di vedere dove fosse andato. Secondi dopo i suoi assistenti scoprirono un’altra grande cassa, che era sempre stata lì sul palco. Quando fu frantumata rivelò un Gerard completamente incolume accompagnato da tre assistenti femmine. Una scarica di meraviglia e sorpresa attraversò il pubblico; acclamarono entusiasti mentre lui usciva in modo galante per ricevere gli elogi. Guardò il proprio pubblico con un sorriso soddisfatto sulle labbra.
 
“Ho dovuto sistemare qualche formalità sulle spedizioni, signori e signore” iniziò come se niente fosse, una volta che il pubblicò si fu sistemato. “Rapire i piccoli aiutanti di Babbo Natale probabilmente mi avrebbe fatto finire nella lista dei cattivi e non voglio che accada. Dopotutto sono un rompiscatole” aggiunse, facendo ridere tutti di apprezzamento.
 
“Sarò piuttosto onesto con tutti voi” continuò. “Mi andava davvero di portare qui un paio di tigri, bianche, scatenate e farci qualcosa di grosso, sapete, oltrepassare il limite per compensare l’aver cancellato lo spettacolo di ieri. Perché ieri ha fatto proprio schifo, giusto? Ma d’altronde, sarebbe probabilmente stato lo stesso che andare da spettacolare a fottutamente folle, visto che non ho per niente esperienza per quanto riguarda tigri, bianche, scatenate. È d’accordo con me su questo, vero, signore?” chiese, la sua voce amplificata tranquilla e casuale mentre si rivolse a qualcuno seduto ad uno dei tavoli davanti. “Già, scommetto che si scolerebbe quel suo whiskey piuttosto in fretta se una cazzutissima tigre le volesse fare una lap dance.”
 
Il pubblico eruppe a ridere all’unisono, applausi disseminati e fischi incoraggianti riempirono la stanza. Fece istantaneamente sorridere anche Frank. Quella notte Gerard sembrava inarrestabile. Guardò sullo schermo il viso del mago osservare con soddisfazione i propri ammiratori.
 
“Va bene, lo so che questo non è esattamente Siegfried & Roy – diciamo che mi piace lavorare da solo – e sfortunatamente, sono allergico ai gatti. Ma questo è stato un inizio decente, dai. Scommetto che adesso tutti vi starete chiedendo come sono finito in quella scatola, comunque. Solo non provatelo a casa, ragazzi, va bene? Stare lì dentro mentre esplode fa davvero ronzare le orecchie. E non posso neanche garantirvi che finirete in una cassa piena di ragazze carine, tanto per dire.”
 
Le persone iniziarono nuovamente ad applaudire entusiaste. Gerard fece l’occhiolino ed un gran sorriso, facendosi scorrere una mano tra i capelli per arruffarli. I suoi denti erano bianchi quasi quanto la sua carnagione e lassù sembrava semplicemente fantastico. Era quasi come se possedesse un certo tipo di potere, come se la magia fosse reale e non solo un’illusione. Si trattava di un mago molto diverso da colui che avevano visto il giorno prima. Questo era qualcuno con una sicurezza che iniziava ad apparire molto familiare. Tutti i suoi passati errori sembravano essere ammirevolmente dimenticati.
 
“Quindi, ad ogni modo, come ho detto; sono davvero dispiaciuto per ieri. Sicuramente non è stato uno dei miei momenti più gloriosi, lo ammetto.” Prese un mazzo di carte dal taschino sul petto e iniziò a mescolarle con disinvoltura, il suo microfono wireless raccoglieva il tenue fruscio e lo trasformava in un distante suono di sottofondo. “Spero vi siate goduti i vostri drink gratuiti?” Si fermò e guardò il pubblico, che rispose con qualche applauso di conferma. “Okay, bene. Me ne dovete tutti uno, comunque. Diamine, così mi ridurrò assolutamente ubriaco marcio.” Le persone risero di nuovo.
 
“E così non sono sicuro su cosa sia successo ieri, davvero” continuò.
 
Guardò assorto le carte. Quando rialzò gli occhi c’era un’espressione insolita sul suo viso, una difficile da leggere. Sembrò esitare incerto per un paio di secondi e Frank seguendo il suo intenso sguardo, realizzò che Tara fosse seduta tra il pubblico. Poteva distinguere il contorno del suo profilo perfetto nell’oscurità, il baluginio delle candele che danzava fugacemente tra i tratti del suo viso. Aveva il mento appoggiato sulle mani, guardava Gerard di rimando con un sopracciglio alzato e un accenno di sorriso sulle labbra.
 
“Direi… niente” scosse le spalle. “A volte, ciò che le persone dicono o fanno è semplicemente come un mal di testa passeggero o altro. Onestamente non è stato niente; non è significato nulla. Succede; niente di che.”
 
Si fermò per un’altra breve pausa. Questa volta Frank si sentì improvvisamente come se Gerard stesse parlando direttamente a lui, come se fosse riuscito a riconoscerlo – anche se non poteva sapere che fosse lì. Poi i suoi occhi si spostarono verso un altro punto e cambiò argomento, la sua voce tornata al suo solito livello di sicurezza.
 
“E poi, sapete quanto i capi odierebbero vedermi infortunato; dopotutto sono assicurato e se mi dovesse succedere qualcosa sarebbero cazzi loro, quindi –”
 
In quel momento i clienti ad un tavolo vicino fecero girare Frank. A giudicare dalle loro facce erano palesemente impazienti di ordinare i loro drink, dopo svariati tentativi di catturare la sua attenzione. Scosse la testa internamente e decise che tra lui e Gerard non ci fosse stato alcun contatto visivo; quando qualcuno su un palco puntava gli occhi su un’ampia folla come quella, sembrava che guardassero dritto verso di te, nonostante tutto. Scrisse distrattamente gli ordini dei clienti, provando a cogliere nuovamente anche il monologo di Gerard, ma non sembrava in grado di stare al passo con il significato delle sue parole. Alla fine non gli rimase altra scelta che lasciare il salone.
 
Uscendo, Frank si ritrovò ancora ad accigliarsi a ciò che Gerard aveva detto, nonostante la sua recente logica. Non poteva proprio spiegarselo ma si sentiva un po’ strano, come se avesse mancato all’improvviso uno scalino scendendo; gli fece affondare il fondo dello stomaco. Poi si sorprese ad immaginare se fosse appena stato preso in giro o meno. E se Gerard non si fosse scusato per il fallimento del giorno prima? E se l’avesse visto tra il pubblico e il mal di testa di cui stava parlando in realtà fosse lui; Frank? Forse era ciò che aveva realmente inteso quando aveva detto che il giorno prima era stato insignificante per lui. Non era possibile, o no? Frank si guardò dubbiosamente alle spalle e quasi inciampò. Una successione di risate seguì i suoi movimenti e gli sembrò che la battuta fosse ancora su di lui, anche se non lo era. Questa volta per loro non esisteva ma sembrava comunque che tutti stessero ridendo per lui; per essere stato incosciente ed essere caduto in vecchi trucchi e parole vuote.
Whoa, va bene, vacci piano, pensò, passando silenziosamente gli ordini scritti al primo barista che trovò. In questo momento ci sono un milione di cavalli che danno di matto e devi riprendere le redini, che cazzo.
Si girò, prendendosi un momento per strizzare gli occhi. Spinse i palmi contro gli occhi fino a quando non apparvero piccole stelline luccicanti. I pensieri stavano correndo un po’ troppo velocemente per i suoi gusti; c’erano troppi E se nel quadretto. Fece un paio di profondi respiri per evitare che il suo stato emotivo complessivo impazzisse completamente per qualcosa che probabilmente non era nulla.
 
“Frank? Tutto bene?”
 
La domanda dal nulla di Jill lo colse leggermente di sorpresa e rimosse le mani da davanti agli occhi, girandosi per scorgere il suo preoccupato viso sfocato. Sbatté le palpebre e annuì, provando al suo meglio a farle un sorriso rassicurante.
 
“Sì” disse, muovendo la mano e aumentando il livello di sicurezza nella propria voce. “Sì, sto bene, mi facevano solo male gli occhi. Ora mi lavo la faccia e starò bene.”
 
Senza dire altro andò nel bagno dello staff e chiuse la porta. Si ritrovò a fissare il proprio riflesso come aveva precedentemente fatto quella sera, ma questa volta il viso che lo fissava era ricoperto di un diverso tipo di confusione. Per un breve istante temette che l’onesta e affranta parte di Gerard fosse solo un’altra maliziosa finzione, e che il suo lato amante dei bambini fosso solo un altro scudo, un mantello o costume che indossava ogni volta che voleva. Per un momento ebbe paura che la persona in questione fosse un imbroglione doppiogiochista di cui nessuno conosceva davvero l’identità.
 
“Okay” borbottò, chiuse gli occhi ed interruppe il proprio fiume di pensieri. “Non perdere completamente la testa per questo. Sei solo nervoso perché dopo gli andrai a parlare e ora stai solo – solo vedendo cose che non esistono. Tutto quello che dice non è su di te; il mondo non gira intorno a nessuno. Non ci sono messaggi nascosti o un cazzo del genere.”
 
Era ridicolo. Se c’era qualcosa di corretto nello stereotipo della ragazzina ferita che si chiudeva nel bagno quando succedevano cose del genere, allora lui che diavolo ci faceva lì? Cos’avrebbe concluso? Girò la manopola e si bagnò la faccia, ripetendo ciò che quel giorno aveva già fatto. Poi si asciugò la faccia senza guardare ancora il proprio riflesso. Nascondersi lì tutta la sera sarebbe stata una cosa stupida da fare, per non parlare della difficoltà nel spiegarlo. Anzi, era ancora in servizio.
 
***
 
Quando tornò al bar realizzò che mancavano solo cinque minuti all’intervallo. Jill, leggermente più stressata del solito, gli mise subito in mano un vassoio e gli ordinò di tornare nel salone, dicendogli di rimanere lì per poter iniziare a sistemare appena i clienti fossero andati via.
 
Frank si infilò nella stanza proprio quando Gerard stava per finire un trucco con le carte. Stava tenendo in alto l’Asso di Picche di modo che il pubblico lo vedesse. Con la mano libera fece un elegante gesto di fronte ad essa, come una modella che metteva in mostra un articolo in vendita. Poi la nascose con il palmo e alzò rapidamente un sopracciglio, il labbro alzato in quel sorriso così naturale. In pochissimi secondi e senza neanche toccare la carta, rimosse lentamente la mano. Gradualmente, l’Asso di Picche in qualche modo diventò il Jack di Cuori; sembrava quasi che la carta si stesse sciogliendo, che le dita di Gerard emettessero una qualche forza invisibile che semplicemente ripuliva la superficie rimuovendo quelle picche nere. Fece sembrare che il Jack di Cuori fosse il risultato di una muta.
 
Il pubblicò sussultò ed esplose in un applauso entusiasta. I primi piani sullo schermo erano chiari e ben delineati e guardare l’intero trucco fu sbalorditivo, tutto, da come le sue mani si muovevano con eleganza di carta in carta, senza mai esitare e non compiendo mai un errore, a come le carte semplicemente cambiassero, come se sottomesse alla sua volontà.
 
Quel trucco segnò la fine della prima parte dello spettacolo. Gerard sorrise e si premette le dita sulle labbra, per mandare doppi baci al suo plaudente pubblico, spalancò le braccia come per dire che se avrebbe potuto, li avrebbe stretti tutti in un unico abbraccio. Si tirò indietro dal vortice dei riflettori, ancora salutando e sorridendo, fino a quando non scomparì nell’ombra dietro le quinte. Le tende si chiusero e presto la stanza fu riempita dai soliti rumori e trambusto dei clienti che lasciavano i loro tavoli. Frank aspettò educatamente e li guardò con il sorriso più distante possibile passargli davanti, che stringevano le loro borsette e bicchieri mezzi pieni di whiskey procedere lentamente verso l’uscita. La maggior parte di loro si stava scambiando animate opinioni sul secondo tentativo del ritorno di Gerard, parlavano di che mago fantastico fosse. Quella sera si era più che sicuramente riscattato.
 
Frank si era fatto strada fino alla quinta o sesta fila, muovendosi ad un ritmo veloce e resosi invisibile, proprio come un bravo cameriere dovrebbe, quando all’improvviso le sue orecchie colsero la familiare risata di Gerard. Alzò lo sguardo, pensando per una frazione di secondo che anche lui avrebbe dovuto mettersi in gioco e parlargli subito, ma nel momento in cui lo vide cambiò idea. Non era solo; stava uscendo dalla zona del backstage con un giovane uomo che Frank non aveva mai visto prima. Gerard lo stava avvicinando a sé, con una mano alla base del suo collo. Automaticamente, Frank si ritirò nell’ombra, affondando con attenzione sulla sedia più vicina e provando a non muoversi di un altro centimetro.
 
Lo sconosciuto era snello e slanciato, e aveva un qualcosa di un po’ strano e serio. Allo stesso tempo questo sembrava molto naturale, persino affascinante, come se fosse solo una sincera sfaccettatura della sua personalità. Da quello che poteva vedere Frank era molto bello; aveva un naso dritto e una mascella definita. I suoi capelli scuri erano acconciati in una bellissima falsa cresta e di tanto in tanto vi faceva scorrere le dita attraverso, assicurandosi senza volerlo che fosse ancora come voleva che fosse. I due sembravano molto a loro agio nella compagnia dell’altro; Gerard aveva un’espressione che lo faceva sembrare completamente diverso e particolare agli occhi di Frank. Era ovvio che quell’uomo gli fosse tremendamente mancato.
 
Le labbra di Gerard si stavano muovendo ma era fin troppo lontano per origliare. La sua voce non era ridotta ad altro che un distante borbottio. Alzò le spalle in modo strano, guardando l’altro con diffidenza. Il giovane uomo rispose scuotendo la testa, prima di avvicinarsi, mettergli una mano sul braccio e stringerlo leggermente. Poi si sporse, mormorando qualcosa nell’orecchio di Gerard che lo fece guardare in basso, quasi in imbarazzo. Annuì con un’espressione seria in viso, e le sue labbra sembrarono formare le parole “Già, hai ragione”.
 
La vista periferica di Frank all’improvviso colse un movimento vicino. Staccò gli occhi dalla coppia vicina al palco e guardò a destra, notando Tara a pochi metri di distanza. A giudicare dal suo sguardo era ovvio che avesse avuto l’intenzione di conversare con Gerard, ma si fermò una volta notato che avesse già compagnia. Rimase lì ad esitare per un po’, un cipiglio pensoso formatosi tra i suoi occhi. Alla fine scosse solo la testa e si girò per andarsene, con le labbra contratte indignate.
 
Frank la fissò, passivamente sorpreso. Quando tornò ad interessarsi al palco, fu proprio in tempo per vedere Gerard tirare a sé lo sconosciuto in un abbraccio. Il giovane uomo alzò le spalle in segno di scusa dopo che si separarono e puntò il pollice verso l’uscita, per indicare che sarebbe andato via.
 
“Ci vediamo dopo” Frank poté per poco sentirlo dire, gli arrivarono ondate della sua voce nel momento in cui si girò per andare. “Buona fortuna per l’altra metà, Gerard.”
 
Gerard annuì ancora, sorridendo grato. “Grazie” gli disse da dietro.
 
Mentre si avvicinava, Frank poté sentire il proprio corpo irrigidirsi. Si sedette con la schiena perfettamente dritta, sperando intensamente che l’oscurità avrebbe fornito una copertura più che sufficiente e che le candele sul tavolo non brillassero abbastanza per tradirlo. Non osò guardare furtivamente da più vicino l’uomo quando passò; rimase solo lì seduto, il suo cuore che batteva impazzito mentre pregava che nessuno di loro notasse il suo profilo lì nella semi oscurità. Comunque sia, non sembrarono esserci motivi per preoccuparsi di ciò; Gerard appariva perso nella sua piccola, confortevole bolla. Era appoggiato al palco con le braccia incrociate, guardava verso il giovane uomo con un piccolo sorriso. C’era così tanta ammirazione nei suoi occhi che Frank dovette prendersi un momento per ricomporsi, se non voleva collassare del tutto nella sedia. Dopo qualche momento passato a rimuginare, finalmente Gerard si riscosse da qualsiasi fosse stato pensiero in cui si era perso. Scosse la testa, ridacchiando silenziosamente a come si fosse permesso di perdere la cognizione del tempo.
 
Frank lo guardò scomparire dietro le quinte, con un sapore salato che gli si espandeva in bocca. Si alzò così di scatto che la seria traballò e minacciò di ribaltarsi. Lasciò i bicchieri essere bicchieri e abbandonò il vassoio, corse su per le scale due gradini per volta e quasi inciampò quando arrivò in cima. Una volta in sala provò a farsi strada dribblando i clienti senza attirare troppa attenzione, reprimendo il bisogno di usare i gomiti. Quando finalmente arrivò al bar si sentiva come se avesse corso per miglia. “Frank?” Un’espressione incerta si formò sul viso di Jill appena lo vide.
 
“Frank, che succede? Sei bianco come un cadavere!”
 
Afferrò la prima e migliore spiegazione che gli venne in mente. “Non lo so, dev’essere qualcosa che ho mangiato” mormorò.
 
Era a malapena in grado di concentrarsi sulla sua accozzaglia di pensieri. Continuò a guardare la folla di clienti che chiacchieravano, controllando se il nuovo misterioso uomo di Gerard fosse lì a mescolarsi tra loro, ma non si vedeva da nessuna parte.
 
“Non mi sento troppo bene” disse casualmente. “Se non è un problema vorrei andare per questa sera – ? Domani starò bene, lo prometto, ma ora non…” La sua voce si affievolì; un groppo deluso nella sua gola gli rese davvero difficile parlare.
 
“Ma certo!” Jill annuì preoccupata, appoggiando il dorso della mano contro la sua fronte. “Non penso che tu abbia la febbre, ma sì, potrebbe sicuramente essere qualcosa che hai mangiato… In qualsiasi caso, non hai un bell’aspetto. Comunque il periodo peggiore è passato, quindi se vuoi andare ora ovviamente puoi andare. E poi non puoi stare al bar se stai male.”
 
Frank riuscì a gracchiare un vago “grazie”, prima di allontanarsi di fretta dalla sala, deglutendo come un matto per liberarsi di quel sapore salato e metallico di bocca. Minuti dopo poté finalmente chiudere la porta della sua oscura cabina.
 
Che cazzo, Frank, pensò con determinazione, la mascella serrata, datti una regolata.
 
Si chiuse silenziosamente nel piccolo bagno e rimase per molto tempo davanti allo specchio, senza davvero focalizzarsi sul proprio riflesso. Si ritrovò a pensare a cosa si provasse a rilassare per bene le proprie spalle. Davvero, da quanto non era stato seriamente rilassato, non aveva affrontato un giorno senza una singola preoccupazione in testa? Si ricordava, anche, di come fosse la sua vita prima dell’Envision, prima di suo figlio, e prima di Gerard? Sapeva che non fosse stato qualcosa di cui vantarsi o a cui aspirare, forse non aveva neanche molto per cui vivere, ma a volte gli mancavano quei tempi, i suoi giorni sbarazzini. Era questo che si provava a cresce inaspettatamente? Forse questo era solo il suo lato ingenuo, super analitico, che riprendeva il controllo, ma doveva davvero continuare ad avere a che fare con quel genere di cose? Frank aveva sempre pensato che essere adulti fosse lo stato finale, dove si poteva mangiare quello che si voleva a cena ed andare a letto con chi si preferiva; essere adulti significava fare il cazzo che si voleva. Era da un po’ che pensava di essere un adulto ma sembrava che la sua reale vita da adulto gli fosse stata portata dall’Envision. Tutto era iniziato ad accadere dopo che aveva avuto quel lavoro; ora aveva un bambino di cui prendersi cura ed una precaria vita sentimentale per cui deprimersi.
 
Si strinse il ponte del naso e chiuse gli occhi. Non si sarebbe mai, neanche in un milione di anni, aspettato di vedersi reagire così intensamente a qualcosa o qualcuno, e non si era mai aspettato di doverci convivere per così tanto. Si sorprese a pensare all’espressione di Gerard quando aveva guardato l’uomo sconosciuto, e realizzò che chiunque riuscisse ad ammorbidirlo e farlo sembrare un uomo completamente differente – quella persona era qualcuno con cui Frank non poteva competere. Persino Tara si era ridotta ad essere nessuno in questo contesto; se vederli era stato abbastanza per fare andare via lei senza alcuna protesta, allora Frank non aveva alcuna possibilità.
Ecco cosa aveva provato a dire Gerard durante il suo spettacolo; il giorno prima non era stato niente perché loro non erano altro che mal di testa passeggeri. Il problema non era il fatto che si fosse di nuovo trovato un altro; il problema era che sembrava finalmente essersi chiarito le idee, e questo semplicemente non comprendeva Frank.
Fece un profondo sospiro. Gli sovvenne che ormai ne avesse abbastanza di quelle scenate e confusione che gli avevano invaso la vita; poteva sentirselo fin dentro le ossa. Ne era stanco. Non era qualcosa per cui voleva sprecare altro tempo. Lì in piedi di fronte allo specchio, Frank decise di arrendersi per quanto riguardava Gerard Way, una volta per tutte, ed iniziare a vivere la propria vita.
 
 
 
Ciao!
Mi aspettavate così presto o vi eravate già abituati al mio ritardo ossessivo compulsivo?
Anzi, parliamo di cose più serie. Nel corso della storia siete passati da voler picchiare Gerard a voler picchiare Frank? E, non vorrei fare spoiler, ma questo non è ancora niente…
 
Al prossimo capitolo, allora!
xoxo Coffee_Time

   
 
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