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Autore: Alice_Stillmann    06/08/2016    0 recensioni
Giulio è un ragazzo sordo che durate l'estate dà una mano a suo zio a gestire una sala da ballo. Basterà una notte per sconvolgere la sua vita.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La storia partecipa al concorso "Non vedo, non sento, non parlo" indetto da Rhys89 sul forum di EFP

COLPO DI FULMINE

Poltrona 7 fila L, era sempre lì che mi mettevo quando andavo al cinema. I film sono sempre stati la mia ossessione, fin da piccolo e, puntualmente all'ultimo spettacolo della sera, mi ritrovavo su quella poltrona per gustarmi la pellicola praticamente da solo. I miei amici non riuscivano a capire che gusto provassi nel vedere un film senza audio e in bianco e nero, ma non potevo farci niente, da sempre preferivo i film muti a quelli nuovi. Era l'unica cosa che non era cambiata da quando ero diventato sordo.

Quella sera uscii dal cinema e subito il vento forte mi portò al naso l'odore di terra bagnata: stava arrivando una tempesta. Appena guardai in alto la pioggia cominciò a bagnarmi l'impermeabile. Mentre ero intento ad assaporarmi il momento assorto nei miei pensieri più profondi sentii il mio cellulare vibrare nella tasca dei jeans. Mio zio mi aveva mandato un messaggio:

"Sta arrivando una tempesta, puoi andare a controllare che abbia chiuso tutto bene nella palestra? Grazie".

Sbuffai, odiavo quel posto, ogni volta che entravo lì dentro respiravo tutti i sogni e le speranze che quei giovani ballerini riponevano inutilmente nel ballo. Mi facevano pena. Presi un taxi e mentre mi portava a destinazione guardai fuori. L'intensità della pioggia era aumentata e non accennava a smettere mentre lampi accecanti illuminavano la strada di tanto in tanto. Arrivai finalmente al palazzo che ospitava la palestra. Salii le scale, aprii la porta e mi ritrovai in una sala molto grande con il pavimento in parquet, uno stereo e casse a ogni angolo. Davanti alla porta d'ingresso si trovava una grande vetrata che dava sulle colline, mentre sui lati a fianco le pareti erano ricoperte di specchi. Il buio mi circondava e la sala veniva illuminata a intermittenza dai lampi della tempesta. Feci per avvicinarmi alla vetrata per osservare meglio il panorama ma un'ombra catturò la mia attenzione. In un angolo della palestra c'era una ragazza tutta raggomitolata che si tappava le orecchie e teneva gli occhi chiusi. La raggiunsi e le toccai leggermente una spalla per farla accorgere di me: << Tutto bene?>> le chiesi. Lei si mise in piedi e cominciò a gesticolare animatamente probabilmente cercando di spiegarmi cosa ci facesse lì in piena notte: << Adesso accendo la luce e mi racconti cosa succede, ok?>> la interruppi cercando di calmarla.

A luci accese tutto era più facile, la ragazza aveva circa la mia età, era alta, fisico atletico e capelli castano chiaro raccolti in una coda, ma sono gli occhi che mi colpirono maggiormente: grigi come le nuvole che annunciavano maltempo. << Chi sei?>> chiesi: << Mi chiamo Cristina>>, rispose ancora un po' scossa: << Giulio, piacere di conoscerti>> dissi tendendole amichevolmente la mano: << Che ci fai qui a quest'ora Cristina?>>. La ragazza stava per rispondere quando un flash la precedette e attirò la nostra attenzione fuori dalla finestra. Subito dopo la vidi cambiare in un'espressione di paura, si portò le mani alle orecchie e si sedette sul pavimento. Mi avvicinai al vetro e posai le mani su di esso: tremava. << Hai paura dei tuoni?>> le chiesi girandomi a guardarla. Lei parlava tenendosi le mani sulle orecchie e con la testa nelle ginocchia, non riuscivo a capire nulla: << Guardami quando mi parli>> la richiamai. Cristina sollevò lo sguardo infastidita e con il viso rigato dalle lacrime. La raggiunsi e mi accucciai: << Non c'è motivo di avere paura, sono solo vibrazioni che si propagano nell'aria>> << Facile dirlo per chi non ne ha paura>> ribattè << Anche io ne pativo sai?>> << Come l'hai superata?>> sorrisi, un sorriso amaro come quelli che facevo ogni volta che incrociavo uno sguardo di pena nei miei confronti quando la gente veniva a sapere del mio handicap. << Sono diventato sordo, ho risolto il problema alla radice>> dissi sarcasticamente. << Non prendermi in giro!>> rispose lei offesa: << Credimi, per questo prima ti ho detto di guardarmi in faccia, solo così riesco a leggerti le labbra e quindi a capirti. Mi vuoi dire cosa ci fai qui?>> chiesi cambiando argomento, non mi piaceva parlare della mia sordità. La ragazza invece di rispondermi sgranò gli occhi che le si riempirono di nuovo di lacrime: << Ti prego falli smettere!>>. Alzai gli occhi al soffitto, quella ragazza si comportava troppo da bambina e stavo cominciando a innervosirmi, ma sfogarmi con lei non sarebbe servito a nulla. Provai a pensare a qualcosa, ma non mi venne in mente niente. Cosa ne potevo sapere io di come si supera qualcosa che nella mia vita non esiste? Non sapevo che cosa fare, era impensabile farla andare via, non si sarebbe mossa con tutti quei tuoni che ormai riuscivo a percepire anche solo dalla vibrazione del parquet. Misi un cd a caso nello stereo e lo accesi, dopodichè la tirai su con la forza e la costrinsi a guardarmi: << Sei una ballerina giusto?>> le domandai. Lei annuì debolmente: << Allora balla, concentrati solo sulla musica>>. Cristina si liberò dalla mia presa e lentamente comiciò a studiare il tempo della musica. Doveva essere musica classica visto che i suoi movimenti si fecero sempre più aggraziati e sinuosi. Teneva gli occhi chiusi e si sforzava di non considerare altro al di fuori della musica. Io mi appoggiai al muro e mi misi ad osservarla incuriosito. Ballava benissimo, le sue movenze erano delicate e precise. Sentii un sentimento che non mi era mai capitato di provare guardando qualcuno ballare: provavo gelosia. Non quella gelosia brutta che logora l'animo umano, la gelosia che provi quando sai che ti stai perdendo l'occasione di fare qualcosa di veramente bello. Per la prima volta dall'inizio della mia sordità mi sentii limitato; sfortunato perchè incapace di sentire la musica che stava facendo ballare così bene Cristina. A un tratto la luce saltò, eravamo rimasti al buio e fu allora che ebbi la sensazione che il tempo si stesse fermando. Volteggiava in aria a rallentatore, illuminata solamente dai lampi della tempesta. Ormai era completamente persa nella danza e nella musica e io in quell'immagine onirica. Il volto era serio, come se stesse dormendo, era la sonnambula più bella che avessi mai visto. Dopo diversi minuti si fermò e riaprì gli occhi stupita per il blackout proprio come se fino a un attimo prima stesse dormendo. Io impiegai un paio di minuti per riprendermi, poi mi avvicinai a lei e le feci cenno di venire vicino alla vetrata dove la luce mi consentiva di vederla: << Da quanto tempo balli?>> le chiesi serio:<< Da quando facevo prima liceo>> mi rispose pensandoci un po' su: << Sei brava>> dissi cercando di nascondere al meglio il tono meravigliato che quella frase avrebbe meritato. Un sorriso bambinesco le spuntò in faccia: << Grazie!>>.

Riattivata la corrente ci ritrovammo seduti sul parquet a parlare di noi e del nostro modo di vedere il mondo: << Sei sempre stato sordo?>> mi chiese all'improvviso. La guardai per qualche minuto senza dire niente, ero indeciso se aprirmi con qualcuno che avevo conosciuto qualche ora prima: << No, lo sono diventato a 18 anni a causa di una meningite o qualcosa del genere>> risposi brevemente << Sei bravo a leggere il labiale>> si complimentò: << Grazie, anche se più le frasi sono corte e meglio è>> risi. Il mio percorso non era stato semplice dalla mia malattia in poi. Avevo imparato a cavarmela da solo, cercando di controllare la mia voce e sforzandomi al massimo per capire gli altri. Alla fine mi ero abituato, non ricordavo più alcun suono e il mio mondo si era completamente trasformato. Questo pensiero mi riportò improvvisamente alla realtà, cosa ci facevo in quella stanza a cercare di calmare una sconosciuta per una cosa che nel mio mondo non esistteva da anni? Non ricordavo niente di come si sentiva un tuono, solo che era molto rumoroso. Come potevo pretendere di aiutarla a sconfiggere quella paura? Non ne ero minimamente capace. Il mio volto si incupì di colpo, Cristina lo notò e mi diede una scossa alla spalla: << Che hai?>> chiese: << Nulla, la tempesta è passata, posso tornare a casa>> risposi freddo alzandomi. Lei rimase per terra, alle mie spalle, forse si aspettava che mi girassi a guardarla o che mi fermassi e cambiassi idea, ma questo non accadde. La lasciai lì da sola.

Mi ritrovai immerso nei miei pensieri, non potevo fare a meno di pensare a dove fosse Cristina in quel momento, a cosa stesse facendo e soprattutto a cosa avesse pensato della mia fuga repentina un paio di giorni prima. All'improvviso un colpo secco alla mia spalla mi riportò alla realtà. Mi girai di colpo: << Ahia!>> esclamai: << Giulio ti stai perdendo tutto il film!>> mi riprese Riccardo. Mio fratello mi stava guardando malissimo e in effetti non aveva tutti i torti, erano settimane che gli avevo promesso di vedere un film insieme. << Scusa Rick, mi sono lasciato trasportare dai pensieri>> provai a discolparmi. In tutta risposta lui mi scrutò attentamente: << Che succede?>> chiese incuriosito: << Non ti perderesti mai un film di Charlie Chaplin>>. Ebbi un sussulto: << Nulla, scusa>> risposi frettolosamente: << Sicuro?>>. Nascondere qualcosa a mio fratello era impossibile, certe volte mi veniva il dubbio che riuscisse a leggere nella mente delle persone. << Sicurissimo>> affermai cercando di essere il più convincente possibile, cosa che mi riusciva assai poco. Riccardo mi scrutò assottigliando gli occhi fino a farli diventare due spilli:

<< Parla...>> sibilò: << Davvero! Non è niente>> provai a difendermi. In tutta risposta lui alzò le sopracciglia mantenedo però sempre un'espressione seria: << Ci devo credere Giulio?>> << Sì! E' la verità>> risposi io: << Va bene...>> acconsentì lui pur mantendendo quello sguardo inquisitore nei miei confronti. Ce l'avevo fatta! Per una volta Riccardo non era riuscito a sapere cosa mi frullasse in testa. Mi alzai di colpo, mi ero appena ricordato di dover passare in palestra da mio zio per aiutarlo a riparare uno stereo. << Io vado>> dissi: << Devo passare in palestra da zio>> lo guardai aspettandomi una risposta ma lo vidi con uno strano sorrisetto stampato in faccia: << Deve essere davvero una ragazza speciale se ti distrae da un film...>>. Quelle parole mi colpirono, stavo per ribattere ma capii che sarebbe stato inutile, anche quella volta era riuscito a capire tutto.

Mentre salivo le scale del palazzo l'ansia cominciò ad impossessarsi di me, ballava lì, l'avrei sicuramente incontrata, cosa le avrei detto? Come si sarebbe comportata lei? Si sarà offesa? Tutte quelle domande che circolavano nella mia testa avrebbero da lì a poco ottenuto una risposta. Aprì la porta e un uomo sulla sessantina, brizzolato con dei baffoni grigi mi si presentò davanti: << Ciao zio>> lo salutai: <> disse lui scandendo il più possibile le parole e, probabilmente alzando la voce più che poteva. Sorrisi, dopo anni non aveva ancora capito che quei comportamenti non miglioravano per niente la mia comprensione, ma lui ci provava lo stesso ogni volta che mi vedeva. << Zio parla normale, capisco meglio>>, << Vieni, mi devi aiutare a riparare una cassa>> proseguì lui nello stesso modo; che sia lui il vero sordo tra di noi? Sorrisi a quel pensiero, ogni volta le situazioni che si andavano a creare quando c'era lui erano uno spasso. Mi guardai intorno, la palestra era vuota, meglio così, se non avessi incontrato Cristina forse sarebbe stato anche meglio. Cominciai ad armeggiare con lo stereo, la smontai per vedere se effettivamente era davvero rotto o se, come al solito, lo zio si era immaginato tutto. Non c'era bisogno di un tecnico specializzato, l'interno era completamente fuso: 
<< Devi rimpiazzarla>> gli dissi girandomi verso di lui. Un brivido mi attraversò il corpo, mentre ero tutto preso dalla cassa non mi ero accorto che lo avevo raggiunto alcuni ballerini pronti per provare. Pregai di non vedere Cristina tra loro e le mie richieste furono stranamente assecondate, di lei non c'era traccia. << Zio la devi sostituire, è completamente andata>> dissi io cercando di ottenere la sua attenzione. << D'accordo, chiamerò qualcuno a sostituirla in settimana>> rispose, in questo caso, mimando cosa stava dicendo oltre che a parlare come era solito fare con me attirando l'attenzione di tutti: << Guarda che non sono un turista giapponese>> risi io: << Sono solo sordo>>. L'ultima frase che mi uscì dalla mia bocca mi stupì; ripensai alla notte in cui avevo visto ballare Cristina, a come mi ero sentito vedendola volteggiare illuminata dai fulmini. Stavo forse mentendo a me stesso? La mia sordità da quel giorno non era più stato un "piccolissimo problema", come lo definivo sempre. Per la prima volta avevo realizzato cosa mi stavo perdendo, come se all'improvviso la musica di sottofondo e la voce di un attore per me fossero diventati fondamentali in un film. La superficialità con cui trattavo il discorso, anche se non mi piaceva parlarne, era scomparsa. Uscii, volevo andarmene al più presto da quel posto. Presi il telefono dalla tasca della giacca per chiedere a Riccardo se mi poteva venire a prendere, ma, mentre ero tutto preso dal messaggio che stavo scrivendo una figura venne a sbattermi contro. Fortunatamente essendo un po' più massiccio riuscì a non cadere, al contrario dell'altra persona che barcollò per un attimo e cadde quasi a peso morto. << Tutto bene?>> chiesi distogliendo lo sguardo dal telefono, il mio stomaco si strinse all'improvviso. Avevo scontrato Cristina che ora stava cercando di rialzarsi: << Ciao Giulio>> mi salutò pulendosi i vestiti, sembrava non essersela presa per l'altra notte. << Vai ad allenarti?>> chiesi io notando l'enorme borsone che si portava appresso: << Sì, tra pochi mesi ho una gara e devo assolutamente vincere>> << Ci riuscirai, sei bravissima>> notai il suo sguardo spegnersi per un attimo: << Non lo so, forse non mi sono allenata abbastanza>> << Lo sei, fidati...>> le sorrisi. Al mio sorriso seguirono minuti di silenzio imbarazzanti dove nessuno sapeva cosa dire, se andarsene o cosa fare finchè Cristina non si decise a iniziare: << Ho detto qualcosa che non andava quella sera?>>. Era stata diretta, tagliente, anche se non avrei voluto avevo capito per filo e per segno tutto ciò che aveva detto: << No, perchè?>> dissi io cercando di essere il più distaccato possibile: << Mi sei sembrato strano>> rispose lei. Dovevo allontanarla il più possibile, non potevo illuderla di poterla aiutare a superare la sua fobia, non ero un eroe, un salvatore, ma soltanto un ragazzo che non potrà mai capire ciò che prova. Cristina avanzò verso di me: << Ti volevo ringraziare per avermi tranquillizzato quella sera, odio i tuoni>> << L'ho fatto solo perchè mi facevi pena>> risposi freddo indietreggiando. Vidi i suoi occhi velarsi di lacrime: << Pena?>> chiese. La guardai con lo sguardo più cattivo che potesse riuscirmi, gonfiai il petto e mi preparai a darle una risposta che avrebbe fatto male a entrambi, ma che era necessaria: << Credi davvero che di te mi importi qualcosa?>>. Il mio tono era antipatico, scortese, e anche sufficiente a farla andare via in lacrime.

 

<< Sei un idiota!>> mio fratello stava facendo attenzione a scandire bene le parole per evitare ogni tipo di incomprensione da parte mia. Una volta arrivato a casa mi aveva costretto a raccontare tutta la storia tra me e Cristina. << Guarda che ti capisco bene anche se parli normale>> sbottai io: << Volevo essere sicuro>>. Chiuse gli occhi e scosse più volte la testa con le mani sui fianchi: << Giulio>> si avvicinò a me e mi mise le mani sulle spalle assicurandosi di avere pieno contatto visivo: << Sei un cretino>> << Smettila>> risposi io staccandomi dalla sua presa: << Cioè, fammi capire>> iniziò assicurandosi che lo stessi guardando: << Questa ragazza è carina, gentile, riesce persino a farti distrarre dai film di Chaplin e tu la molli senza spiegazioni?!>>. Era visibilmente interdetto, mi guardò aspettandosi una mia risposta che però non arrivò: << Adesso sei diventato anche muto?>> mi chiese cercando di stuzzicarmi: << Non so cosa dire, semplicemente è andata così...>> risposi io senza tener conto della sua frecciatina: << E poi non ho mollato nessuno, non stavamo insieme>> continuai. Riccardo si passò più volte le mani in faccia: << Ma che problemi hai te?>> chiese scuotendo la testa. Stavo per ribattere quando la porta si aprì di colpo. << Buonasera!>> esclamò lo zio entrando e abbracciandoci come se non ci vedesse da secoli. << Ciao zio>> lo salutò Riccardo: << Ciao!>> questa volta il saluto era rivolto solo a me, con tanto di mano che sventolava. Lo zio aveva notato il mio silenzio e aveva chiesto spiegazioni a Riccardo. Intanto io mi ero seduto sul divano a guardare la TV stanco di tutto quel discutere che mi provocava sempre un gran mal di testa. A un tratto mi sentii toccare la spalla: << Così hai conosciuto Cristina>> disse lo zio appena mi voltai: << E' una ballerina eccezionale, ogni sera si ferma fino a terda notte a provare...>> << Lo so>> sorisi io: << Tra un mese ha una gara molto importante al C.S.A. di Roma sai?>> scossi la testa, forse era la gara che mi aveva accennato al nostro ultimo incontro. Riccardo ci raggiunse sul divano: << Potrebbe vincere una borsa di studio per studiare danza a New York!>> << Dove?>> chiesi io: << New York, in America!>> ripetè lo zio mimando la statua della libertà.

 

I giorni seguenti furono caratterizzati da un forte senso di noia che mi perseguitava qualunque cosa facessi. L'università sarebbe reiniziata a settembre, lo zio non aveva avuto più bisogno di me in palestra, Riccardo era sempre fuori con la fidanzata appena arrivata dalla spagna e i film che davano alla TV stavano diventando ripetitivi. A tutto questo si aggiungeva il caldo afoso che perseguitava Latina giorno e notte ormai da un paio di settimane. Ai giorni noiosi si alternavano notti calde che le rendevano insopportabili. In aggiunta a tutto questo non riuscivo a schiodarmi dalla mente il fatto che Cristina sarebbe potuta partire per l'America da lì a un paio di settimane. Le parole di mio zio continuavano a ronzarmi nella mente "Si ferma fino a tarda notte a provare"" e pian piano un' idea malsana mi si stava formando in testa: << Al diavolo!>> esclamai tra me e me alzandomi all'improvviso dal letto. Mi misi una maglia, dei pataloni della felpa e uscì dirigendomi verso la palestra. Entrai nel palazzo e, una volta arrivato alla porta della palestra la aprii piano sperando che non facesse rumore. Cristina era lì che si allenava, non era intimorita come la prima volta che l'avevo vista. Il suo corpo era illuminato da una piccola luce proveniente da un neon sulla parete. Il suo sguardo non mostrava più paura, era determinata, combattiva, concentrata su ogni suo singolo movimento. A giudicare dalle movenze la musica non era classica come la notte della tempesta. Avrei potuto guardarla per ore senza stancarmi. Eseguita tutta la coreografia la ragazza andò allo stereo estraendo il CD: << Che ci fai qui?>> mi chiese all'improvviso rivolgendomi uno sguardo. I suoi occhi grigi mi trafissero: << Passavo da queste parti>> risposi chiudendomi la porta alle spalle. Cristina si avvicinò seria, mi sembrava quasi impossibile che riuscisse a esserlo così tanto: << Perchè te ne sei andato di corsa?>> voleva a tutti i costi una spiegazione. Sospirai: << Perchè sono sordo>> lei corrugò la fronte stupita: << Quindi?>> << Le nostre sono realtà differenti, la tua passione è la musica? Io non mi ricordo neanche più che suono abbia una chitarra>> feci una piccola pausa per riprendere fiato: << Chi sono io per pretendere di farti superare una paura che nel mio mondo non esiste>>. Ci guardammo negli occhi per un tempo che a me parve interminabile: << L'unico che può farlo>>. La sua risposta mi aveva spiazzato, ma, mentre stavo ancora elaborando ciò che mi aveva appena detto, Cristina si avvicinò a me avvinghiandosi al mio tronco. Per un attimo rimasi sorpreso da quel gesto, ma subito dopo ricambiai l'abbraccio. << Promettimi che ci sarai sempre come ci sei stato la prima volta>> disse lei staccandosi da me: << Lo prometto>> le sorrisi. << Tu sei l'unica persona che può insegnarmi a sentire in modo differente>> continuò << Quella notte sei riuscito a trovare una soluzione al mio problema semplicemente mettendoti nei miei panni>> << Volevo solo distrarti>> replicai io: << Hai fatto di meglio, mi hai fatto dimenticare tutto anche solo per pochi minuti ed è stato fantastico>> << Fantastico?>> non ero sicuro di aver sentito bene: << Sì>> annuì lei. Dopodichè mi trascinò vicino allo stereo, mise un CD e cominciò a muoversi mettendo le mani intorno al mio collo. Io la seguii appoggiando la mia fronte contro la sua e le mani sui suoi fianchi. Fu la notte più bella della mia vita.

 

 

Il giorno della gara arrivò: << Vai a vedere la tua fidanzatina questa sera?>> mi chiese Riccardo sorridendo mentre facevo colazione: << No>> risposi sbrigativo: << Come no?>> << Non è la mia fidanzatina e abbiamo preso insieme questa decisione, non vuole che mi senta a disagio per la mia sordità>> << Io proprio non vi capisco>> sbuffò lasciandosi cadere sul divano. In quel momento il telefono nella mia tasca vibrò: " Parto ora...pensami questa sera <3" sorrisi " Sono con te Cri...spacca tutto :)". Il pomeriggio passai in palestra per pulire la sala, lavai gli specchi, spolverai le casse e aprii la finestra per arieggiare la stanza. Un'incredibile folata di vento freddo mi gelò il sangue, guardai le nuvole in lontananza, verso Roma. All'improvviso mi si strinse lo stomaco, corsi nel suo ufficio e accesi il computer. Il meteo dava grossi temporali nell'area di Roma quella sera. Misi tutto apposto e mi avviai velocemente verso casa sperando di trovarci Riccardo. Suonai insistentemente finchè non mi aprì contrariato: << Giu ma non hai le chiavi?>> << Ri non c'è tempo da perdere, mi devi portare al C.S.A di Roma>> << Perchè?>> << Te lo spiego dopo, ora andiamo>> risposi trascinandolo per il colletto. Il tragitto da Latina a Roma non era lungo, se non fosse stato per il solito e fastidioso traffico che ogni giorno si creava. Intanto, mentre le ore passavano, le nuvole cominciavano a diventare nere e della pioggia cominciava a cadere sempre più insistentemente sui parabrezza delle auto. << Tuona?>> chiesi a Riccardo forse con troppa envasi visto che mi rispose no molto stranito. Arrivammo a Roma quando ormai la tempesta era già iniziata, i fulmini saettavano da nuvola a nuvola e da nuvola a terra, e i finestrini avevano comiciato a tremare già da un po'. Ci mettemmo una ventina di minuti a trovare l'indirizzo. Appena vidi il palazzetto dello sport mislegai la cintura e aprii la portiera fiondandomi fuori non curante della pioggia che offuscava la vista e di tutti gli insulti che probabilmente mio fratello mi stava gridando per essere sceso dalla macchina in mezzo alla strada. Entrai e mi diressi verso i posti in alto per poter vedere meglio, ma non c'era traccia di Cristina. Tornai giù verso gli spogliatoi fino a che un tizio enorme non mi bloccò dicendomi che era vietato accedere agli spogliatoi fino alla fine della gara: << E' vietato anche agli atleti>> chiesi, lui fece cenno di sì. La cercai da tutte le parti, era impossibile fosse rientrata negli spogliatoi con quell'energumeno di guardia. La trovai nel bagno delle donne al primo piano. Era raggomitolata in un angolo mentre con le mani si tappava le orecchie. Mi avvicinai e le toccai dolcemente un braccio: << Giulio>> disse sorpresa con le lacrime agli occhi: << Che ci fai qui?>> << Come la prima volta no?>> le risposi sorridendo. Il suo sguardo si incupì: << Non ce la faccio Giulio>> << Sì che ce la fai>> cercai di tranquillizzarla: << I tuoni sono molto forti>>. Mi accucciai verso di lei: << Tra quanto ti esibisci?>> << Mi hanno appena detto di prepararmi>> << Ascoltami Cri, questo è il tuo momento, credi in te stessa>> << Non ce la faccio>> le lacrime stavano cominciando a scenderle di nuovo sul viso: << Fai tua questa paura, non lasciare che controlli lei il tuo corpo, sii libera di ballare>>. Ci furono attimi di silenzio: << Credi che riucirò a controllarla?>> mi chiese: << Certo che ci riuscirai concentrati su quello che ami di più, la musica>> il suo volto si illuminò con un piccolo sorriso sereno, mi guardò per un istante: << In questo momento amo più te>> e mentre stavo ancora elaborando la frase che aveva appena pronunciato mi stampò un leggero bacio sulle labbra per poi correre a prepararsi. Io rimasi lì, come un ebete, finchè una ragazzina non mi prese per un braccio e mi cacciò fuori dal bagno delle ragazze. Raggiunsi le gradinate pronto a vederla ballare. Lei entrò e si posizionò al centro pronta a iniziare, riuscivo a sentire la sua concentrazione e la sua ansia. Fu in quel momento che notai delle grandi vetrate come quelle della palestra davanti agli spalti dove stavamo noi spettatori. Mi guardai intorno alla ricerca del pannello del controllo luci, lo raggiunsi e senza pensarci due volte le feci saltare. Volevo che tutti assistessero a quella meraviglia. Esattamente come la prima volta Cristina restò illuminata solo dai fulmini senza accorgersene. Lei ballava spinta dalla sua grande passione e tutti la stavano guardando perchè non potevano fare a meno di ammirare quella splendida figura.

A esibizione finita i tecnici vennero a riattivare le luci, il palazzetto si riaccese ma tutti erano rimasti ammutoliti. Cristina si guardò intorno stupita, finchè gli spettatori non si liberarono in un grande applauso alzandosi annche in piedi. Vidi i suoi occhi bagnarsi di lacrime di gioia, ce l'aveva fatta. I giudici si andarono a complimentare con lei personalmente. Io la guardavo dall'altra parte della grande stanza sorridendo e annuendo leggermente. I suoi occhi mi notarono per un attimo: << Sono fiero di te>> mormorai assicurandomi di scandire bene le parole. Lei sorrise annuendo leggermente: << E io di te>>.

 

 

 

   
 
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