Fanfic su artisti musicali > Jonas Brothers
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Autore: katerina_21    26/04/2009    3 recensioni
Le sorelle Gautier abitano nella campagna parigina. Sono ricche di sorprese, hanno caratteri molto diversi e forza da vendere ma sono molto unite. Danielle è un'appassionata del teatro ed è eternamente innamorata, Evelyne è intelligente e dolce mentre Clarisse adora il rischio e gli sport estremi. Se queste tre ragazze così particolari incontrassero i Jonas Brothers...cosa succederebbe?
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi ragazze! Scusate per il ritardo, non ci speravate più eh? (bè nemmeno io a dire la verità xD)
Comunque ecco il nuovo capitolo! Inizio a chiedermi quando si daranno una mossa "questi qua"! La fanno tanto complicata...!!!! xDxD
Iniziamo subito col ringraziare così mi tolgo il pensiero... (OMG è Mezzanotte e sei!)
_FrancySoffi_: Ok adesso è passata da un bel po' Pasqua, ma comunque te lo dico: fregatene e mangiala pure la cioccolata! Ma sono sicura che l'hai fatto, come tutte noi. Io l'uovo di Pasqua l'ho finito a Pasquetta! Non ha avuto una vita molto lunga con me, poverino! Comunque, cioccolata a parte, Joe e Danielle sono davvero terribili. In senso buono, ovviamente. Non possono fare a meno di stare vicini! *__* Un bacio e continua a recensire :P
Jollina la verde: Brava! Hai fatto bene a mangiarne tanta di cioccolata leggendo lo scorso capitolo! Hehehe infatti mi domando anche io di che si lamenta tanto Danielle, insomma stiamo parlando di Joe Jonas! xDxD Hai ragione anche per quanto riguarda Eve, insomma aspettare sì, ma fino a un certo punto! Dopo tutto io li odio i ragazzi che stanno con un piede in due scarpe! (si dice così vero? x3) Un bacio e continua a recensire!
Jeeeeee: Meno male che lo scorso capitolo ti ha tirato su di morale! Spero che tu non sia più di cattivo umore, ma se ancora lo sei spero allora che anche questo capitolo ti sia di aiuto! xD Un bacio!

Buona lettura a tutte!
Kate_

-Capitolo Tredici-
Ricordi, muschio e lacrime salate.

Ma se cerco lo vedo
l'amore va veloce e tu stai indietro.
Se cerchi mi vedi
il bene più segreto fugge all'uomo che non guarda mai avanti.
[Indietro - Tiziano Ferro]


Si baciarono a lungo. O almeno così sembrò a Kevin.
Poi però si ricordo dell'altra, della sua ragazza. Non poteva credere che si stesse baciando con Eve quando Meg era proprio seduta tranquillamente a pochi metri di distanza. Solo una porta a coprirli. Una porta nemmeno chiusa a chiave.
Si staccò bruscamente da Eve, che ancora con gli occhi chiusi, strinse la bocca come se si aspettasse quella reazione improvvisa. Kevin non potè fare a meno di passare il suo indice su quelle gote leggermente arrossate. Avrebbe voluto ricordarsela così, avrebbe voluto intrappolare quell'istante tra i suoi ricordi, tenerselo ben stretto. Ma i ricordi sono così delicati, come leggeri fili d'oro, che si spezzano con facilità a una minima pressione. I ricordi sono facili da perdere, smarrire in mezzo a tanti altri.
- Scusami. -
Quante volte ancora le avrebbe pronunciato quella semplice parola? Quella richiesta di un perdono, che forse non sarebbe mai arrivato.
Eve aprì gli occhi e li fissò in quelli verdissimi di Kevin. In quel momento però erano di un verde scuro, tetro. Sembravano muschio.
Muschio e notte.
- Non voglio le tue scuse. - sibilò Eve, con le mani tremanti strette in due pugni sul petto di Kev. - Voglio delle certezze. -
- Quelle non posso dartele. Scusami. -

La cena trascorse per il resto tranquilla, tra battutine senza senso di Meg, discorsi appassionati di Julie e perle di saggezza del signor Kevin.
Ma la tavola era silenziosa, quasi inquietante. Kevin fissava il suo piatto, ignorando le occhiate silenzione di Eve e le carezze di Meg, Nick e Clarisse di guardavano di soppiatto, cercando di capire cosa mancasse, mentre Joe e Danielle giocavano al gatto col topo.
Facile indovinare chi fosse il felino.
- Joe, smettila di starmi sempre col fiato sul collo. - bisbigliò Danielle con le spalle rivolte verso il ragazzo. 
- Non posso farne a meno. -
Danielle raschiò via con forza i resti di frittata dal piatto, per poi passare a quello seguente, passatole proprio da Joe.
- Grazie. - disse, afferrando la stoviglia senza tanta delicatezza. E infatti andò a finire dritto per terra, in mille pezzi.
Tutti e due si chinarono per raccogliere i cocci.
- Guarda che hai combinato! - sbottò Danielle digrignando i denti.
- Io?! Ora che c'entro?! -
- E' sempre colpa tua! - rispose lei, forse non riferendosi esattamente al piatto, ma a un altro tipo di cocci. - Che ci sei venuto a fare qua? Perchè non mi lasci in pace, eh?! Perchè non stai con Colette e basta? Devi complicarmi così la vita? -
La voce potente della rossa andò pian piano sfumando, riducendosi poi in singhiozzi soffocati.
- Devi proprio farmi sentire così? Io non voglio! Non voglio proprio! - continuò, - non so nemmeno che sto dicendo... -
Tirò su col naso, cercando di non fare caso al volto di Joe, a poca distanza dal suo.
- Io ti amo, Danielle. -
Io ti amo, Danielle. Io ti amo, Danielle. Io ti amo, Danielle.
Io ti amo, Danielle. Io ti amo, Danielle.
Quante volte ancora quella frase le sarebbe echeggiata nella testa? Quante volte ancora avrebbe sentito il suo cuore fermarsi di botto, in quel modo così brusco? E quel nodo all'altezza della gola invece, quando si sarebbe sciolto? Con quella frase si era solamente stretto di più, facendole mancare il respiro. Aveva bisogno d'aria.
Rimase lì, imbambolata, con una mano a mezz'aria nel raccogliere l'ultimo frammento di piatto.
Gli occhi indagatori di Joe la scrutavano silenziosi, in attesa di una risposta. Magari di un ricambio.
E Danielle ricambiò, a modo suo. Alzò lentamente lo sguardo e appoggiò le mani dietro al collo del ragazzo, per poi baciarlo appassionatamente.

- Ehi. -
Clarisse alzò lo sguardo dallo specchio, incontrando quello dolce di Nick, sulla soglia della porta.
Trattenne a stento una risatina. Sembrava fuori posto lì nel bel mezzo, indeciso se entrare o no nella sua stanza.
Nel suo cuore.
Arrossì appena, quando si rese conto del suo bizzarro pensiero.
- Entra. - lo invitò, sorridendo gentilmente.
Nick le si avvicinò a passo incerto, con le mani calate dentro le tasche dei blue jeans. Si guardò attentamente attorno, scrutò le foto attaccate al muro e i vari schizzi di Eve accatastati sulla scrivania della maggiore.
Poi il suo sguardo si andò a posare sullo skate di Clarisse, che usciva appena da sotto il suo letto.
- Il tuo skate... - mormorò. Era una frase lasciata a metà, che voleva fosse continuata proprio da lei. Ma Clarisse era troppo presa nel guardare il suo passatempo di infanzia, il suo vero primo amore. Gli occhi
le se appannarono appena, ma cercò di ignorare il fastidioso bisogno di versare lacrime.
- Mi ero chiesto dove fosse finito. -
Fu come una pugnalata. Capì subito che in realtà Nick avrebbe voluto dire "dove fosse finita". Si riferiva a lei, non certo allo skate.
- Non lo so nemmeno io...- bisbigliò lei, incrociando le braccia all'altezza del petto.
- Vieni qui. -
Clarisse si sedette accanto al riccio, che le circondò le spalle con un braccio
- Ci sono io qui, non aver paura. -
E allora Clarisse ci credette, come quando suo padre le aveva per la prima volta raccontato una fiaba.

-Papà, papà! Me la racconti una fiaba? A Danielle le rimbocchi sembre le coperte prima di andare a dormire, mentre a me sempre la mamma!-
La piccola Clarisse strattonava con forza - per quanto lo può essere una bimba di appena cinque anni - la manica della camicia del signor Gautier.
- Non ti va bene la mamma? -
- Sì, ma stasera voglio il papà. -
Gli occhioni blu della piccola lo fussavano supplicanti. Quegli occhi avrebbero fatto conquiste, lo sapeva bene il signor Gautier.
- E va bene. -
Poco dopo i due erano insieme, in quella cameretta tanto diversa da quelle delle coetanee di Clarisse.
- Ti voglio raccontare una piccola fiaba, non tanto lunga perchè sia te che io abbiamo sonno. Lo sai no, che le principesse vivono felici e contente e che trovano sempre il principe azzurro? Lo sai che sconfiggono la strega cattiva? -
La bimba annuì entusiasta, aspettandosi già la solita fiaba che Julie le raccontava ogni sera. Ma si sbagliava.
- A volte non è così. A volte i principi azzurri sono... orchi. Le streghe sono le principesse e le principesse sono streghe. Clarisse, voglio che tu lo impari già da adesso: niente è come sembra essere. A volte gli uomini sono impazienti di ottenere il loro lieto fine, che non sempre c'è. Spesso il lieto fine è solo riuscire ad andare avanti, battere le streghe cattive anche senza ottenere il principe azzurro. Mi capisci?-
La piccola Clarisse annuì, anche se in realtà non aveva tanto capito.Voleva solo sentirsi raccontare la fiaba.
- Comunque... c'era una volta una bambina...-
- Non una principessa?! - domandò subito Clarisse, un po' delusa.
- No, non interrompermi. Era una bambina con gli occhi blu e i capelli biondi. Era la fotocopia della sorella maggiore, ma aveva qualcosa in più, qualcosa di speciale. Sapeva tirare fuori il meglio delle persone. Sapeva rimanere sè stessa in ogni occasione e non vergognarsi mai di quello che era e di ciò che amava. Andava contro corrente, ma non era la pecora nera. Era una piccola ribelle, in un mondo tanto buio e pericoloso riusciva a farsi strada da sola, con quegli occhi vispi a proteggerla. -
- E non aveva paura? -
- Sì, ogni tanto si sentiva sperduta, e non sapeva se coninuare a essere quella piccola ribelle. Ma poi ritrovava la sicurezza e il coraggio di essere sè stessa. Di essere Clarisse Gautier. -
- La bambina sono io?-
- Sì, diciamo che sei te. -
- Ma... - la piccola Clarisse ragionò un attimo, poi continuò, - il mondo è davvero buio e pericoloso? -
- A volte si Clarisse, ma non aver paura, ci sarò io. -

**
- Ti odio! Ti odio! -
Danielle aprì la porta di casa, sorpresa.
- Colette, che succede?! -
La mora iniziò a battere i pugni sulla sua spalla, con violenza, quasi con disperazione. Danielle la bloccò.
- Mi vuoi dire che cosa succede?! -
- Hai anche la faccia tosta di domandarmerlo?! - sbottò Colette con gli occhi rossi dal pianto. - Me l'hanno detto, sai?! Vi hanno visti tutti, l'altra sera. Te e Joe a baciarvi vicino alla Torre Eiffel! Ti sei divertita Dani? Sei contenta ora? Eccomi: la povera, patetica, senza speranze Colette è qui di fronte a te, in tutto il suo splendore! Chi sa quante risate vi sarete fatti te e Joe alle mie spalle... Giusto? O mi sbaglio forse? -
- No, no Col! Ti sbagli! - tentò Danielle senza tanti risultati. Per una volta non aveva una scusa pronta, davanti a quegli occhi arrossati tanto familiari, a quelle mani strette in pugno, a quei singhiozzi tormentati. Non poteva aver ridotto in quel modo la sua migliore amica. Non poteva credere che fosse colpa sua.
Non poteva pensare che non l'avrebbe consolata lei, perchè era proprio lei la causa di tanto dolore, ma un'altra delle loro amiche. Non poteva credere che Colette si sarebbe ingozzata di gelato per colpa sua. E lei non avrebbe mangiato con lei quel gelato. Non avrebbero guardato film strappalacrime e non le avrebbe accarezzato i capelli come era solita fare quando Colette era triste per qualche ragazzo.
Fissò ancora per qualche istante quegli occhi disperati, delusi e furiosi. Tante emozioni, tanto dolore e tutto per causa sua.
E lei invece? Lei invece se ne stava lì, zitta, colpevole, sulla soglia della porta, con solo quel familiare nodo all'altezza della gola a farle compagnia.
Era divenuto perfino più stretto.

  
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