Anime & Manga > Fairy Tail
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Autore: Musubi    09/08/2016    3 recensioni
_Sono passati vent'anni.
La gilda di Fairy Tail è scomparsa.
Nessuno sa cosa le sia successo, dove siano i suoi membri, perché sono spariti tutti... ma c'è una ragazza, Ayaka, che decide di riformare Fairy Tail con lo scopo di ritrovarne i componenti e, tra loro, anche suo padre.
Comincia quindi la nuova storia di Fairy Tail, tra misteri e risate, combattimenti senza fine e storie di famiglia ma Ayaka ritroverà finalmente quello che stava cercando?_
Storia ad OC, ISCRIZIONI CHIUSE... per ora.
Genere: Azione, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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LA FIGLIA DELLE FATE

 

Capitolo 03

I fratelli Black

 

 


La situazione era più o meno chiara a tutti, Ayaka si ricordò di quando aveva letto il Sourcerer Magazine. All’improvviso Alèk si era fatto scuro in volto e aveva abbandonato il tono allegro e gioviale che lo contraddistinguevano da sempre.
Succede ogni volta, pensò sua sorella stringendo i pugni lungo i fianchi.
Eppure nonostante tutto la maga del Take Over non riusciva a non pensare che lì il cattivo della situazione fosse proprio quel tipo tutto vestito con abiti sfarzosi e laboriosi, che causerebbero un rigetto al primo stilista di che passasse di lì.
Ayaka si ritrovò d’accordo con Ria, per la prima volta in tutta la sua vita < Chi è quello psicopatico? > chiese allora alla ragazza di fianco a lei.
Alexis deglutì ma ebbe modo di constatare che aveva la gola terribilmente secca e pensò fosse meglio rimandare lo scontro. Almeno per una volta.
Fece quindi per chiamare suo fratello ma era troppo tardi, Alèk si era già lanciato con un salto verso la finestra tirando indietro il pugno < Non voglio vedere gente come te in casa mia!! > gridò infuriato mentre quell’altro svaniva nel nulla per poi riapparire tra gli altri tre che, a loro volta, fecero uno scatto per allontanarsi.
Alèk digrignò i denti e saltò dalla finestra per atterrare vicino ad Alexis.
< E’ così che trattate gli ospiti, Black? >
Alexis ringhiò quasi come un animale < Vattene da qua, non abbiamo nulla da spartire con te e i tuoi seguaci! >
L’uomo sbuffò. Aveva le labbra più rosse del sangue, la pelle tirata e lunghe dita affusolate come quelle di una donna ma con unghie terribilmente lunghe e affilate. Ayaka si chiese come potessero due cacciatori di taglie avere a che fare con uno del genere ma Kasai ruppe l’atmosfera tesa che si era creata < Li hai sentiti, no? Perché non te ne vai così posso prendermi la mia rivincita? > per motivi puramente egoistici ma... tanto meglio, no?
A quel punto l’uomo si voltò verso il rosso < E tu chi sei? >
< Sono Kasai! Kasai Akuma e se non te ne vai con le buone ti mando io fuori a calci nel culo!! > ringhiò aggrottando le sopracciglia e tendendo ogni muscolo del suo corpo.
Ayaka fece un bel respiro: doveva riflettere.
< Kasai Akuma? Mi ricordo di un nome del genere... ah, tu sei quel Devil Slayer...? Giusto? > la curiosità degli altri presenti sulla nuovissima rivelazione però venne bruscamente interrotta da un frastuono proveniente da fuori, cosa che fece rallegrare l’uomo che sorrise < Sono arrivati >
< Chi diamine sono?! > ruggì Alèk cercando di prenderlo per il bavaro di quella specie di kimono rosa che indossava ma questo sparì di nuovo, facendolo solo innervosire.
Alexis non si aspettava certo che l’afferrasse per i capelli, portandoseli al naso e inspirando il profumo che emanavano < Sempre bellissima, signorina Black, come sempre del resto... >
La ragazza si mosse velocemente con lo scopo di tirargli un calcio in faccia ma quello svanì < Dannazione! >
< Voi due non centrate niente... > continuò l’uomo mostrandosi al centro della stanza, riferendosi al Devil Slayer e alla Guardiana delle Fate < Perché non ve ne andate? Non vorrei avere delle vite innocenti sulla coscienza...! >
< Piantala di rompere!! > esclamò il rosso, indignato < Fatti sotto e poi vediamo se continuerai a perdere tempo a blaterare! >
La bionda si spalmò una mano sulla faccia. Certo, andava di fretta, e ancora non aveva avuto il tempo di chiedere ai ragazzi cosa sapessero di Fairy Tail, dove si fossero cacciati tutti!
Fu così che ai piedi di Ayaka si creò un cerchio magico, questa volta di un viola brillante, lo stesso viola di cui si tinsero gli occhi precedentemente grigi mentre la pupilla assumeva una strana forma, simile a quella di un rombo < Non saranno certo affari miei ma... non ti permetto di toccare ulteriormente la famiglia Black! >
I fratelli sussultarono, probabilmente lei sapeva qualcosa. Anzi, dalla sicurezza che mostrava nel dire quelle parole, Alèk pensò sapesse quasi tutto.
Sua sorella era rigida come un pezzo di marmo, eppure trovò la forza e l’adrenalina necessaria per attivare anch’ella il suo potere.
Infatti i suoi capelli si tinsero completamente di blu (così come era successo nella locanda, contro Kasai) così come gli occhi e i tubi dell’acqua che erano nascosti tra i muri cominciarono a esplodere, liberando una quantità enorme di acqua < Blast, adesso mi sono stancata!! > e velocemente fece avanzare un’onda anomala contro di lui.
Quest’ultimo però non sembrava affatto spaventato dalla cosa ma anzi, con un sorriso, svanì proprio come aveva fatto poco prima, causando l’ira di Kasai < Ma come diavolo fa a scomparire e a ricomparire così dal nulla?! > il quale andò letteralmente in escandescenza, iniziando a bruciare.
< È soltanto molto veloce > fece Alèk, che lo conosceva da un bel po’ di tempo < I suoi spostamenti sono talmente veloci che è impossibile vederli >
Ayaka non trattenne certo un ghigno mentre il cerchio magico l’attraversava completamente, rendendola così una specie di musa che indossava un lungo abito porpora decorato con numerosissime pieghe e dei lunghissimi nastri dello stesso colore che le si attorcigliavano sulle braccia < Meglio non fare arrabbiare Seraphina >
Kasai alzò subito un sopracciglio < Chi è Seraphina? > chiese, ovviamente.
Neanche i due fratelli capirono subito quello che la bionda stava dicendo, ma la reazione di Blast fece sgranare gli occhi a tutto il gruppetto di squinternati che spalancarono le bocche fino a terra.
< Oh Mio Dio!! Ma sei... sei... BELLISSIMA!!!! >
Neanche Ayaka si aspettava una simile reazione, tant’è che le venne quasi voglia di buttarsi dalla finestra ma si trattenne. Con un sorriso vittorioso sulle labbra le bastò un semplicissimo incantesimo indirizzato ad Alèk e con uno schiocco di dita, le pupille del ragazzo divennero di un viola intenso.
Lui e sua sorella gridarono dalla sorpresa < Che cosa hai fatto?! >
< Non siate melodrammatici... ora potrai colpirlo senza dover perdere la testa dietro alla sua velocità! > la voce di Ayaka sembrava quasi diversa, Kasai se n’era accorto mentre Alèk si meravigliava di come riuscisse a vedere ogni cosa a rallentatore < Io sono Seraphina, la Fata dei Sensi... posso modificare o migliorare i sensi di coloro che mi sono attorno senza però annullarlo... questo perché la novellina non riesce ancora ad adattarsi completamente a me! > l’ultima frase era quasi detta con odio < Questo prova anche perché Ayaka non riesce a mantenersi cosciente >
Alèk quindi provò a farsi avanti e gli tirò un pugno dritto in faccia, per gli altri fu come vedere il ragazzo superare Blast in velocità, che a causa del colpo volò contro il muro sbattendo la schiena.
Seraphina ghignò  incrociando le braccia sotto al seno, inclinando la testa e poggiando tutto il peso su una gamba < Allora... che te ne pare? >
Blast sputò sangue misto a saliva nel tentare di rimettersi in piedi nonostante fosse ben consapevole della potenza con cui il corvino l’avesse colpito. Era difficile resistere a uno dei suoi pugni ma il meglio doveva ancora venire, perché Alèk poggiò le mani sul marmo della stanza e questo, pian piano, cominciò a sciogliersi senza l’ausilio di un’alta temperatura.
Ovviamente questo accadde solo nello spazio occupato dal nemico che, impossibilitato a muoversi, sprofondò in quell’acqua marmorea fino alla vita, quando Alèk fece tornare solito il pavimento < Allora... è lui che ti manda? >
Kasai, che per tutto il tempo era rimasto a guardare nonostante la grande voglia che aveva di picchiare qualcuno, si accovacciò di fronte a Blast accendendo una piccola fiammella pericolosamente vicina alla sua faccia < Rispondi o devo dare fuoco a quello schifo che hai per capelli? >
L’uomo tremò leggermente, ormai tutta la sua spavalderia era andata a farsi un giro mentre Seraphina se la rideva alla grande. Alexis, invece, era immobile che manteneva l’acqua sollevata a qualche metro da terra, pronta a colpire il nemico in qualsiasi momento.
< S-Sì! È stato l-lui! Ha detto c-che se non avrei portato almeno uno di voi alla base m-mi avrebbe ucciso! > gracchiò l’idiota, ormai con le lacrime agli occhi.
Kasai alzò un sopracciglio e sbuffò < E tu saresti un mago? Che rottura... >
< Alexis? > suo fratello si girò verso di lei, ormai gli occhi erano tornati normali, con le pupille nere e le iridi rosse, facendole chiaramente una domanda muta che né Ayaka (che ormai era tornata a indossare la solita gonna di jeans e la solita maglietta) né Kasai seppero interpretare. Una volta che lei ebbe annuito, Alèk tornò a parlare, questa volta rivolto agli altri due < Voi dovreste andarvene... non c’entrate niente, non vorrei che veniste feriti per colpa nostra. Soprattutto te, bella signorina >
Ayaka inclinò la testa, pronta a protestare come solo lei sapeva fare ma venne interrotta da un rosso a dir poco iracondo < Non ci pensare nemmeno! Io voglio combattere contro di te e riprendermi la rivincita e per farlo dobbiamo prima mettere fuori gioco questo pagliaccio quindi vi aiuteremo! Giusto, Ayaka? >
La chiamata in causa annuì vigorosamente.
Alexis stava per parlare, per dire che non erano affari loro, che se ne sarebbero dovuti andare ma qualcuno fece irruzione nella stanza, i fedeli di quel tizio che se ne stava per metà nel pavimento.
Erano una ventina, tanti davvero, ma Kasai capì all’istante che l’unico contro cui valeva la pena battersi era una sola persona. Lo percepì, così come lo percepirono gli altri e quindi i fratelli Black si voltarono innanzitutto verso il ragazzo dai lunghi capelli bianchi, quello stesso ragazzo dallo sguardo vacuo e apatico.
< Finalmente! Stupidi idioti, aiutatemi! > gridò Blast da dove si trovava.
Ayaka si mise davanti all’uomo e assottigliò gli occhi < Guai a chi lo tocca, questo stupido serve a noi > infatti aveva già un’idea di come trovare la base del nemico senza starci a pensare troppo, bastava farlo parlare e lei si sarebbe divertita... si morse il labbro ancora una volta, non doveva pensare in questo modo, doveva agire!
< Kasai! Bruciali tutti! > gridò in direzione dell’amico che la guardò come se fosse pazza.
Cosa non tanto lontana dalla realtà...  < Non ci penso neanche, io voglio combattere contro quello là! > e indicò ovviamente il ragazzo misterioso che se ne stava immobile a osservare la scena.
< Faremo molto prima se fai come ti dico io... > gli disse lei sorridendo.
Kasai, seppur controvoglia, creò tante piccole palle di fuoco e le spedì addosso ai numerosi maghi che si erano presentati all’improvviso < GRANATA DEL DEMONE DEL FUOCO MOERU JIGOKU > e schioccando le dita queste esplosero.
Ma non tutto andò come previsto.
< Un Devil Slayer, eh? > rise una voce alle loro spalle.
Quando si voltarono vi erano due individui molto simili, che se non fosse stato per i colori o le loro espressioni sarebbero stati irriconoscibili. Uno era un uomo alto e magro, dai capelli neri sparati all’insù in un insolita acconciatura che sembrava una piramide, gli occhi neri e un sorriso a trentadue denti, era quello che aveva parlato.
L’altro era praticamente identico, se non fosse per i capelli biondi e gli occhi ambrati e gli angoli della bocca tremendamente calati verso il basso.
Ayaka si ritrovò a sgranare gli occhi < Ma chi diavolo siete? >
Il primo batté le mani entusiasta < Siamo i fratelli García!, e siamo venuti qui per riprenderci quell’inetto di Blast... un uomo assolutamente inutile che a quanto pare ha detto più cose di quante gliene erano stato concesse > esclamò tutto contento.
Kasai strinse i pugni infuocati < Non ho intenzione di mettermi a combattere contro di voi. Io punto più in alto! >
Il biondo fece uno strano verso di disapprovazione < Non dovresti sottovalutarci così, ragazzino... o sarà la tua fine > disse con tono cadenzato, quasi come se fosse triste. Poi lanciò un’occhiata d’intesa al fratello per poi alzare lo sguardo al soffitto < Marylin!! Tocca a te! >
Si sentì poi una risata femminile e pian piano la stanza cominciò a muoversi. Intanto il misterioso ragazzo dai lunghi capelli bianchi osservava annoiato la scena, chiedendosi il perché del suo intervento se quegli stupidi dei suoi momentanei colleghi erano perfettamente in grado di sconfiggere quelle nullità.
I muri si fecero più alti e cominciarono a stringersi, a rompersi, mentre il soffitto scomparve pian piano e il lampadario cadde a terra con un tonfo, gli ornamenti di cristalli in frantumi. Il pavimento si allargò e in pochissimo tempo Alexis si ritrovò a dover annullare il suo controllo sull’acqua e a cadere in ginocchio.
Si ritrovò presto in un lunghissimo corridoio senza fine. Ed era sola.
Si guardò attorno, dov’erano finiti gli altri? Dov’è mio fratello?

 

< Mamma!! > esclamò correndo lungo il corridoio buio. Fuori c’era una vera e propria tempesta, la pioggia sbatteva violenta contro le vetrate e i tuoni la facevano rabbrividire. Sembrava di stare assistendo alla fine del mondo < Mamma! Papà! Alèk! > le veniva da piangere.
Era bagnata fradicia, era appena tornata dal bosco dove suo fratello le aveva intimati di rimanere ma il grido straziante di suo padre l’aveva spinta ad andare a cercarli.
Si era introdotto nuovamente in quella casa grande e non troppo vistosa certa che li avrebbe trovati in tempo, che i suoi genitori e suo fratello fossero ancora vivi da qualche parte. Un fulmine colpì un albero e l’incendio si espanse per molti chilometri verso nord, nella direzione in cui soffiava il vento. Stava piangendo, anche se non era sicura, si sentiva fredda e impaurita, non riusciva a sentire la punta delle dita dei piedi scalzi e neppure il naso.
Correva a perdifiato lungo il corridoio, verso la sua camera < Alèk! Dove sei?! >
Finalmente era arrivata, raggiunse l’ultima porta e l’aprì il più velocemente possibile ma Alèk le si piombò addosso coprendole gli occhi con una mano < Alexis, andiamocene, non c’è più niente da fare qui. Andiamocene! >
La prima cosa che percepì fu un odore, uno spiacevole odore che le fece storcere il naso in parte congelato, gli occhi serrati dalla mano del fratello però non le permettevano di vedere nulla. Alèk la spinse fuori e la trascinò per il corridoi.
< Corri Alexis! Corri! >
La bambina non aveva fiato in corpo ma parlò ugualmente, la fronte aggrottata e gli occhi umidi < Dov’è la mamma? E papà? > chiese disperata, stringendo la presa sulla mano del maggiore.
Alèk non voleva dirglielo. Non voleva dirle che sua madre aveva spirato poco prima pregandolo di proteggere sua sorella, di vivere e di non tornare indietro. Non ce la faceva, era troppo.
Si disse però che doveva dirglielo, non in quel momento ma prima o poi doveva saperlo. Nel modo migliore, si ripeté, nel modo migliore.
< Alèk!! > gridò disperata lei, puntando i piedi a terra e arrestando la corsa < Dimmi dove sono, ti prego... dimmelo, Alèk > non la riconosceva quasi più.
Si chiese come potesse prenderla, si chiese cosa avrebbe fatto una volta saputo dei loro genitori, un uomo gentile, devoto alla propria moglie e una donna fantastica, perfetta; un padre affettuoso e una madre che li avrebbe protetti a costo della vita.
Alèk non riusciva ancora a crederci.
Un mugugno lo fece riprendere, lo stato di depressione in cui era caduto in quei pochi secondi era solo un ricordo lontano e notò il polso stranamente troppo bianco di sua sorella < M-Mi fai male, Alèk... > la lasciò immediatamente, la forza che deteneva nel suo corpo era diventata incontrollabile, quasi si faceva paura.
La guardò negli occhi azzurri, la cornea rossa per il pianto e gonfi, terribilmente gonfi, mentre i suoi erano di un rosso rubino pieno di rabbia e indignazione < Mamma e papà... loro sono... > tutti i buoni propositi erano andati via.
Eppure non fece in tempo a dire nulla che qualcosa lo tirò all’indietro, per la gola, come se qualcuno lo avesse afferrato tramite una fune sottilissima e boccheggiò nel tentativo di liberarsi.
Sua sorella gli corse dietro, continuando a piangere, finché qualcuno non bloccò anche lei. Una miriade di fili la legarono come un salame mentre suo fratello agonizzava a terra cercando di tagliare quel filo invisibile.
Udirono poi una risata < I piccoli Black, ecco dov’eravate! Vi stavo cercando, sapete? > Alexis si guardava attorno terrorizzata finché non vide un volto familiare, tremendamente familiare.
Sgranò gli occhi e cominciò a tremare < M-Mamma...? > la figura dinanzi a lei era alta, indossava un lungo abito chiaro e ricoperto di pizzi e merletti, un abito bellissimo, un abito che spesso indossava sua madre, Cornelia Black < Sei t-tu? >
< ALEXIS!! Non ti avvicinare! Quella non è nostra madre!! > gridò Alèk disperatamente strappando i fili che lo tenevano per il collo prima di morire soffocato, si parò davanti alla sorella e guardò con odio il corpo della donna che era davanti a loro.
Aveva gli occhi chiusi, la pelle pallida e i capelli neri.
Non gli era difficile da capire cosa era successo e presto si ritrovò a dare un pugno tremendamente forte al pavimento < Bastardo! Come osi profanare il corpo di nostra madre come se niente fosse?! Vieni fuori e affrontami! > nonostante fosse solo un bambino, Alèk era sicuro delle proprie capacità. Era stato proprio suo padre a insegnargli tutto quello che sapeva e sua madre si era mostrata felice di aiutarlo ad allenarsi.
Sua sorella non poteva ancora capire cosa le aspettava, era troppo piccola e in lei i poteri della famiglia Black non erano ancora venuti a galla.
< Alèk Black, un temperamento focoso. Ama gli scherzi e non c’è quasi nulla che lo faccia imbestialire... sono onorato di essere il primo contro cui scaglierai tutta la tua forza > disse divertita la voce di un uomo, lo stesso che muoveva sua madre come una marionetta < Ma vediamo se riesci a fare del male alla tua cara mammina! > il corpo di Cornelia si mosse e la sua mano si ritrovò a stringere un bastone di ferro lungo all’incirca un metro.
Alèk non voleva certo ferirla, era morta ma quella visione... < Mamma > sussurrò Alexis alle sue spalle, ancora imprigionata dai fili, la testa china, i capelli nerissimi a coprirle il viso < Mamma > la sua voce era disperata, non riusciva a credere ai suoi occhi.
Era stato un attimo, aveva visto la ferita di sua madre, il sangue che macchiava quel bellissima abito, la pelle quasi blu, non poteva essere lei...! Alexis ci ragionò sopra: sua madre era bellissima, forte come pochi, non poteva essere morta sul serio.
Si erano separati per pochissimo tempo, suo padre stava combattendo ancora nel salone principale, ne era sicura; sua madre, la sua vera madre, lo stava aiutando e presto o tardi li avrebbe tratti in salvo.
Erano vivi, erano vivi entrambi.
Erano... < Mamma dove sei?! > i capelli si tinsero di bianco e il corridoio venne investito da un vento fortissimo proveniente dall’esterno, che frantumò i vetri e i fili che la tenevano legata, le tende volarono via e alcune mattonelle andarono a scontrarsi contro il muro < Mamma...! Papà! >
< Smettila!! > gridò Alèk afferrandole per le guance e guardandola dritta in faccia, intanto anche il cadavere della donna che un tempo era Cornelia, era stato sbalzato via dal vento che continuava a imperterrito a tagliare i muri < Mamme e papà sono morti ma noi dobbiamo andarcene se non vogliamo fare la stessa fine! >
Gli occhi di sua sorella erano anch’essi bianchi, come i capelli. Non era affatto difficile capire che sua sorella stava manipolando l’elemento dell’aria, involontariamente.
Il vento si fermò all’istante, mentre i colori di Alexis stavano tornando normali.
Suo fratello si guardò attorno ma non fece in tempo a fare nulla che il cadavere di sua madre lo colpì  alla spalla con il tubo di metallo, facendolo cadere a terra.
Svenuto.
Da quel momento non ricordava più nulla.

 

Alèk non avrebbe mai pensato di potersi ritrovare all’improvviso da solo, in una stanzetta piccolissima con una miriade di giocattoli all’interno. C’erano bambole, peluche, robot... praticamente di tutto.
Dove saranno finiti tutti?, si chiese grattandosi la testa.
Aveva provato infinite volte a cercare di infrangere i muri di quella minuscola stanza ma non c’era stato verso. Le macerie si ricostruivano in tempo zero, senza neanche dargli la possibilità di vedere al di là e di cercare sua sorella.
Era preoccupatissimo, se le fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato.
Non si perse d’animo però, provò e riprovò per un tempo che gli parve infinito. Gridando il nome della sorella a gran voce, sperando di essere sentito se non da lei da qualcuno. Ripensò brevemente al suo passato, a sua madre e alla promessa che le aveva fatto. Si sarebbe preso cura di Alexis a qualunque costo, senza esitazioni!, e sarebbe stato abbastanza forte da proteggerla.
Quindi doveva spaccare quel muro e uscire di lì immediatamente!
< Ascoltami bene, Alèk... mi fido di te, sei un ometto forte... mi devi promettere che proteggerai Alexis, che viviate e vi salviate, chiaro...? Io vi... Noi vi amiamo! > quel sorriso dolce, che non perdeva mai, neppure nei momenti più drastici, quella voce, quella carezza sulla guancia, gli mancavano tremendamente ma la cosa che più gli premeva era mantenere fede alla promessa!
< Va bene, mamma! Conta su di me! > gliel’aveva detto sforzandosi di sorridere ma le lacrime sgorgavano dagli occhi rossi come un fiume in piena.
Sua madre gli aveva sorriso e poi si era accasciata, la sua pelle diventava sempre più bianca, sempre più fredda e morta.
Il sorriso però rimase, il sorriso più bello che aveva mai visto sul suo volto, ma era anche l’ultimo.
Si erano salvati per miracolo, quella stanza intrisa di sangue se la ricordava ancora, era una stanza come quella in cui si trovava adesso. Era piccola, con tanti peluche che appartenevano a sua sorella, anche se raramente ci giocava, preferiva andare in cucina con la mamma a preparare i biscotti al cioccolato.
Alèk si sentì frustrato per la seconda volta in vita sua. II muscoli gonfi per lo sforzo ma non gli importava assolutamente niente, doveva assolutamente raggiungere sua sorella. Era sua sorella, doveva proteggerla.
Era consapevole che Alexis fosse in grado di difendersi da sola ma non riusciva a non pensare che le fosse accaduto qualcosa di brutto, aveva un orrendo presentimento. Doveva essere con lei, doveva stare con lei.
Altrimenti... < Rompiti, stupido muro!!! Una volta per tutte!! > con un pugno ancor più violento degli altri riuscì a rompere l’intera parete e in un attimo si lanciò al suo esterno.
Affannato, si alzò in piedi e sgranò gli occhi. Era di nuovo nella stessa stanza di prima...
< Ma che diavolo...?? >
Un’insolita rabbia lo portò a mollare l’ennesimo pugno al muro dov’era passato, frantumandolo... ovviamente poi si ricostruì nuovamente.
All’improvviso però sentì qualcosa.
Si mise al centro della stanza e aspettò pazientemente. Era strano, non doveva esserci nessuno eppure... quella brutta sensazione! Qualcosa non andava. C’erae qualcuno. Tanti qualcuno.
Poi li riconobbe e rabbrividì.
Un rumore sinistro alle sue spalle, lo sapeva, erano in tanti. I muscoli si fecero tesi, la fronte imperlata di sudore freddo, gli tremarono labbra, le gambe, i pugni stretti fino a farsi sanguinare.
Non ci poteva credere.
No.NO! Non può succedere davvero! Non è possibile!!!, pensò agitato con gli occhi rossi sgranati. Lentamente si voltò ed eccoli lì, le bestie.
Ce n’erano a migliaia, tanto da occupare metà stanza e lui si sentì morire. Voglio morire!!
Cercò di arretrare ma ritrovò le stesse bestie anche dietro di lui: sono circondato!!
Pensò che forse quella sarebbe stata la sua fine, era finita, era davvero finita. Non avrebbe salvato Alexis, non l’avrebbe più vista giocare con i bambini, non avrebbe più pestato a sangue tutti i ragazzi che le si avvicinavano, non l’avrebbe più vista mangiare cioccolato, non avrebbe più visto una donna!
Senza contare che non avrebbe più mangiato la sua adorata carne...! Addio mondo, la cosa che più mi dispiace è di non essere riuscito a conquistare il cuore di Ayaka e delle bellissime ragazze che ho incontrato per strada ieri pomeriggio... non è affatto giusto!
Un miagolio e...
< Ma che cavolo stai facendo? Sei forse impazzito?!! > la voce di Kasai lo risvegliò ancora meglio del pugno infuocato che si beccò sulla faccia un istante dopo. Con la testa che gli doleva da morire per essere stato letteralmente lanciato dall’altra parte dell’enorme stanza (enorme?, no ci dev’essere un errore!) Alèk si rimise in piedi con gli occhi a palla.
Aprì la bocca e guardò il rosso come se non lo riconoscesse < M-Ma... dove sono i giocattoli? I muri che si ricompongono? DOVE SONO QUEI MOSTRI??!! > gridò alla fine, acutissimo e terrorizzato.
Kasai alzò un sopracciglio < Ma che stai dicendo? >
Possibile che sia stato tutto un sogno?, pensò allibito.
< Piuttosto vedi che tua sorella e Ayaka sono ancora all’interno di quegli specchi! > esclamò il Devil Slayer indicando il vuoto.
Il moro si guardò attorno ma non vide niente e nessuno < Quali specchi?, e dove sono quei tizi di prima? >
< Li ho sconfitti > rispose semplicemente ma non sembrava per nulla soddisfatto < Ma quel tizio forte se n’è andato immediatamente senza nemmeno darmi il tempo di combattere contro di lui, uffa!! > ... ah, ecco.
Nonostante c’erano un sacco di cose che non capisse, Alèk decise che era molto meglio recuperare Alexis e Ayaka e quindi si avvicinò al rosso < Ma tu dove li vedi quegli specchi? >
< Hanno usato una magia di illusione > Kasai venne interrotta dal Checcosa?! isterico di Alèk che non si spiegava perché degli sconosciuti sapessero della sua paura più grande ma Kasai continuò ugualmente come se nulla fosse < Una bambina, Marylin, ha usato questa magia e ha rinchiuso ognuno di voi in un cubo fatto di specchi. Nel momento in cui vi specchiate, le vostre paure prendono “vita” ma è soltanto un illusione, semplice, no? > ora si spiegavano molte cose < Adesso però, liberiamo le ragazze >
I due quindi si misero all’opera e con un pugno ben assestato infransero gli specchi i cui pezzi caddero ai loro piedi in un attimo. Il grido di Alexis si levò alto e andò a rifugiarsi dietro le spalle del fratello, tutta che tremava dal ribrezzo < Che schifo, che schifo, che schifo, che schifo... > recitava stringendo la presa sulle braccia di Alèk che quasi pensò fosse diventata più forte di lui.
Aveva una vaga idea di quello che sua sorella avesse visto in quegli specchi.
I due fratelli però scattarono sull’attenti non appena la voce di Kasai perforò le loro orecchie... < AYAKA!!! > ...e presupponeva guai.
< Cos’è successo? > fece Alèk e guardò oltre gli specchi, alzando un sopracciglio < Ma dov’è? >
< È quello che vorrei sapere anch’io >
< EH?!  >

 

Elizabeth era il nome della donna che li aveva salvati da morte certa.
Lei e Cornelia Black erano state grandi amiche, inseparabili, e in quell’occasione avevano entrambe dimostrato di esserlo. Prima Cornelia che si era sacrificata, morendo dinanzi a lei e abbandonando tutta la sua famiglia, i suoi amatissimi figli compresi, pregandola di portarsi in salvo.
Elizabeth non se l’era fatto ripetere due volte, anzi, corse subito a cercarli e alla fine, dopo innumerevoli svolte, cadaveri e nemici aveva visto il piccolo Alèk svenuto a terra mentre Alexis piangeva a dirotto pregando sua madre di fermarsi. Quasi le venne un colpo: no, Cornelia era morta, come poteva essere?
Poi si diede coraggio e si era fatta avanti.
Alèk non si era svegliato per i successivi cinque giorni continuando a parlare nel sonno e a gridare durante la notte. Invece la piccola Alexis non chiudeva occhio, perché temeva di poter nuovamente vedere sua madre in quello stato.
Morta. Un burattino nelle mani di quel signore cattivo.
< Non voglio più tornare lì > mormorò la bambina tutta raggomitolata sul letto, accanto a suo fratello che stringeva gli occhi in preda a chissà quale incubo < Non ci voglio più ritornare >
< Certo che non ci tornerai più, Alexis. Non ti preoccupare > la rassicurò la donna accarezzandole piano la testa.
Aveva gli stessi capelli mori di Cornelia.
< Voglio andarmene via da Alvarez > continuò mordicchiandosi le labbra.
Elizabeth annuì per poi voltarsi preoccupata verso il ragazzino che stava sussurrando qualcosa stringendosi le coperte sulle spalle.
Alexis lo guardò e fece quello che Elizabeth la vide fare ogni volta che qualcosa del genere succedeva. Era notte fonda, Alexis continuava a non voler dormire nonostante fossero passate già innumerevoli settimane ma alla fine la donna aveva capito.
Aveva capito perché quando Alèk dormiva, Alexis non ne voleva sapere di fare la stessa cosa. Perché anche lui restava vicino a sua sorella dal momento esatto in cui chiudeva gli occhi.
Alexis lo abbracciò, lo tenne stretto a sé e in un attimo lui smise di tremare. Succedeva sempre. Erano ancora piccoli e avevano bisogno l’uno dell’altra.
Quando era Alexis a gridare nel sonno, Alèk se la metteva in braccio e la cullava come faceva Cornelia quando aveva soltanto pochi mesi di vita.
Elizabeth ne rimase meravigliata e affascinata.
Passati un paio di anni però anche Elizabeth morì, questa volta per cause naturali.
Fu da quel momento che intrapresero un viaggio. Sapeva che prima o poi avrebbero trovato quella gilda, la gilda che aveva messo fine a tutto e che prima o poi avrebbero ringraziato.

 

Avevano trovato un modo per raggiungere l’isola di Caracolle in gran fretta, nonostante non fosse proprio legale al cento per centro.
Sapevano di stare effettivamente rubando una barca, ma c’era di mezzo la vita di un’amica che era stata rapita senza alcuna ragione apparente, tra l’altro i fratelli Black si sentivano in qualche modo responsabili.
Kasai, invece, sembrava sul punto di prendere a pugni il parapetto tanto era impaziente, secondo Alexis non vedeva l’ora di combattere e rompere qualche ossa, cosa che non era assolutamente non vera. Suo fratello si era anche offerto di raccontare quel che successe quand’erano solo dei bambini ma il Devil Slayer si era messo e mangiare quello che avevano trovato nella cambusa.
Non pretendeva di conoscere il loro passato, voleva soltanto fare a pezzi il responsabile di tutto quel casino insieme a quei cani che si portava dietro.
Kasai non desiderava altro. Il resto era semplice da indovinare: era successo tutto in un attimo.
Blast aveva cercato di scappare ma grazie alle manette anti-magia, Alèk si era fatto dire dove si nascondeva il covo di quel bastardo e avevano deciso di mettersi in viaggio. Non era molto distante, anche perché il peschereccio (rubato) era molto più veloce di quanto si sarebbero aspettati e mancavano poche ore all’arrivo. Kasai aveva scoperto quanto il maggiore dei compagni di viaggio adorasse la carne che Alexis si era gentilmente offerta di cucinare e quanto quei due battibeccassero per ogni minima cosa. Tutto sommato la giornata stava procedendo bene e presto sarebbero arrivati a destinazione.
L’unico problema che affliggeva l’unica ragazza del gruppo era il caldo.
< Fammi capire una cosa, Alèk... cos’erano le bestie di cui blateravi nella stanze degli specchi? > e dire che lui era riuscito quasi a dimenticarsene, il moro rizzò i capelli e prese a muoversi meccanicamente come un robot < Allora? > evidentemente Kasai voleva una risposta.
Alexis, che ascoltava distrattamente la conversazione, sghignazzò e suo fratello scattò sull’attenti spaventato a morte che il suo piccolo segreto potesse fuoriuscire dalla sua bocca.
Il rosso alzò un sopracciglio < Tu lo sai, Alexis? >
< Forse >
< Non ti permettere! > esclamò invece l’Inarrestabile agitando le braccia come fosse un bambino facendo ridere gli altri due.
Non che si vergognasse ma, ehi!, era pur sempre una cosa stupida! Cosa avrebbero detto le fans se avessero saputo della sua più grande paura?
Deglutì e si sforzò di ignorare tutti e due, sentendosi in parte sollevato perché era raro che sua sorella si aprisse tanto con uno sconosciuto. Solitamente si raffrontava con qualcuno con un calcio in faccia o peggio, invece le cose stavano andando bene... tralasciando la parte del rapimento, ovviamente.
Si chiese dove fosse finita Ayaka e se stesse bene ma poi si ritrovò a darsi dello stupido. Quella ragazza, nonostante sembrasse indifesa, nascondeva uno spirito da vera tigre, se lo sentiva.
< Dai, dai! Voglio saperlo! > continuò il rosso con un enorme sorriso che andava da orecchio a orecchio.
Alèk sbuffò una risata e, ignorando la insistenze del Devil Slayer, lanciò un’occhiata a sua sorella che, non amante del caldo, usava i suoi poteri per rinfrescare l’aria attorno a sé < A quanto ho sentito l’isola Caracolle è stata ripristinata dopo la guerra contro l’Impero Alvarez, giusto? >
La ragazza annuì seria, mentre Kasai inclinò la testa < Perché? Cos’era successo? > chiese, curioso.
< Una maga di Alvarez, Brandish, rimpicciolì l’isola e gli abitanti furono costretti ad andarsene... quando poi venne riportata alle sue dimensioni normali diventò una specie di base per quelli del continente occidentale > spiegò dettagliatamente la corvina mentre accavallava le lunghe gambe fasciate da jeans a vita bassa < Da qui in poi non ne so nulla... a quanto pare quel tizio l’ha comprata e ora la usa per i suoi scopi >
Kasai aveva capito di cosa stava parlando e sapeva che prima sarebbero arrivati a destinazione e prima si sarebbe tolto la soddisfazione di combattere contro quella persona – logicamente voleva anche aiutare i suoi due nuovi amici, nonostante si conoscessero da pochissimo tempo e l’avessero scambiato per un criminale...
Intanto che il rosso e Alèk iniziassero a fare una sorta di gara di cibo (a chi somiglia più a un maiale, molto probabilmente) Alexis si perse in ricordi lontani fissando l’orizzonte.
Ricordava come se fosse avvenuto ieri il crollo della grande famiglia Black, una famiglia che veniva temuta e allontanata da tutti. Si chiese ancora come era stato possibile che in una notte si fossero sgretolate tutte le sue certezze.
Suo padre, sua madre, i parenti, i servitori, tutti... se non fosse stato per la determinazione sua, di Alèk e per il coraggio di Elizabeth, a quest’ora non avrebbero potuto respirare l’aria salina che li circondava.
Forse Ayaka non sarebbe stata rapita, forse Kasai avrebbe lasciato Magnolia senza essere trattenuto da due cacciatori di taglie che avevano commesso un errore, forse quella strana ragazzina della taverna non sarebbe corsa via terrorizzata... ma era anche vero che ci stava prendendo gusto.
Alexis Black, quella che solitamente non amava avvicinarsi alle persone e si manteneva a distanza, quella diffidente e fredda ma che adorava i bambini, la musica e il cioccolato. Andava pazza per il cioccolato!
Quand’era piccola preparava sempre i biscotti al cioccolato con sua madre, mentre Alèk si allenava con il papà sperando di riuscire a controllare la forza sovrumana che ogni figlio maschio ereditava.
Quasi le veniva da ridere nel pensare a suo fratello. Erano così diversi.
Eppure i loro genitori non le facevano pesare questa diversità, la volevano bene per quello che era e ne era felice. Poi, quella notte di molti anni prima, la casa in cui avevano sempre abitato venne completamente distrutta.
Ricordava perfettamente i muri sfondati, le finestre rotte, te tende strappate, il freddo pungente che penetrava nelle ossa, la voce di suo fratello che le gridava di nascondersi nella foresta intanto che lui andasse a recuperare la mamma, almeno la mamma.
Invece lei, testarda com’era sempre stata, non l’aveva ascoltato e si era introdotta nuovamente in quel grandissimo castello sperando di trovarli presto.
Il cadavere di sua madre che impugnava un tubo, suo fratello che urlava, odore di sangue e pioggia mista a fango. Uno scenario da brividi eppure col passare del tempo non riusciva più a piangere, doveva andare avanti.
Certo, gliel’avrebbe fatta pagare cara a quel bastardo!
Chissà cosa voleva poi...?, perché poi rapire Ayaka? Lei non centrava niente, assolutamente niente.
< Siamo arrivati > esclamò all’improvviso Alèk facendola ritornare nel mondo reale.
Gli fece un debole sorriso per poi aggiustarsi gli scaldamuscoli che le coprivano gli avambracci < Tutti pronti? >
Kasai rise pronto a dar fuoco a tutto ciò che avrebbe incontrato sul suo cammino, Alèk si grattò la testa mentre con l’altra stringeva la spalla della sorella senza farle troppo male.
Blast era chiuso nella cambusa e non avrebbe dato fastidio.
Erano pronti a fare giusto un po’ di baldoria.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO DI AYAKA

Mi scuso a nome dell’autrice (Sì, sono Ayaka SenzaCognomeAncheSePerPoco) per il ritardo, avrebbe voluto aggiornare prima ma aveva il (cosiddetto) blocco e ha cancellato almeno una cinquantina di volte solo la prima scena, c’ero anch’io e non sto scherzando: erano CINQUANTATRE.

Dato che era in ritardo quindi ha pensato di aggiungere degli extra: i flashback dei fratelli Black... cosa ve ne pare? Vi ho rattristato un pochino? ^-^
Domanda: Avete capito di cosa ha paura Alèk? – domanda che non vale per Mary_90, eh!, ne è già a conoscenza...!

Non so se è chiaro che tipo di mangia utilizzino i cattivoni, allora... Blast è veloce (sì, solo questo. È per questo che ora sta facendo l’ostaggio), Marylin invece una magia illusoria tramite gli specchi, mentre per i fratelli spagnoli dovrete attendere, anche perché nonostante siano già stati sconfitti da Kasai, torneranno mooolto più in forma di prima e con qualche asso nella manica! – La loro magia sarà un segreto, lo spiegherà Kasai molto probabilmente agli altri nostri amici!

Non so se lo sapete ma... sono circa 38 pagine di Word... non sono tanti però... apprezziamo lo sforzo, no?

Ultima cosa:

Per i partner dei vostri personaggi (intendo le relazioni amorose) io (Sì, sono tornata a essere _Ayaka_) avrei già programmato qualcosina ma vorrei sentire anche le vostre opinioni in merito ma NON ora, è troppo presto, non ho ancora presentato tutti i personaggi che mi sono stati inviati quindi un po’ di pazienza, ve lo dico io quando mi potrete dare dei suggerimenti e poi vedo ^-^! (Di questo ne parleremo per messaggio privato per evitare di dover rovinare la sorpresa agli altri)

Per quanto riguarda gli altri OC, sto pensando a qualche Special da inserire a fine capitolo per introdurli altrimenti, se aspettiamo che Kasai, Alexis e Alèk finiscano tutto quello che devono finire...

Sono abbastanza assonnata quindi vi saluto! Ciao! ^-^

P.S. Ho rimesso a posto nel precedente capitolo, Ricky Blake e non Blue (ancora non mi capacito neanche io, guardate...)
Mi scuso ancora per la grafica ma dovrei capire prima PERCHE' non mi fa cambiare dimensione e carattere... tutte a me succedono?!

   
 
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