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Autore: CinderNella    09/08/2016    3 recensioni
"Non aveva resistito un minuto di più: non appena Scorpius Malfoy aveva lasciato casa loro, lei aveva sentito il bisogno di uscire per prendere aria. Faceva freddo e Hermione era fuori dalla porta di casa senza il cappotto, per lo choc di Rose, che la osservava in silenzio mentre quella faceva avanti e indietro sul vialetto e infine si smaterializzava.
Aveva bisogno di Ginny, che aveva visto e vissuto tutto, aveva bisogno del suo supporto, delle sue parole.
[...]
«Sapevo che ti avrei trovata qui.» Hermione voltò il capo verso l’interlocutore così velocemente che le fece male il collo: ma era una voce che non sentiva da un bel po’ di tempo.
La versione più attempata del Draco Malfoy che ricordava le si sedette accanto: l’aveva fortuitamente incontrato altre volte prima di quella, ma lo ricordava sempre come il Draco dell’ultimo anno di Hogwarts quando pensava a lui, quello che aveva conosciuto e che le aveva spezzato il cuore – a lei e a lui stesso, a quanto pareva."
Genere: Angst, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Hermione Granger, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Pansy, Luna/Theodore, Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Lo so che dovrei scrivere il nuovo capitolo di Sweet Disposition. E ce l'avrei anche in mente. Però poi mi sono imbattuta su Facebook in questa canzone, e l'ho ricordata, e m'è presa la malinconia, e mi sono venuti in mente Draco e Hermione. E mi è venuta in mente la storia e non ho potuto non scriverla... e, bé, buona lettura! (ps. Se premete sul titolo potete ascoltare la canzone mentre leggete la shot. Lo consiglio vivamente!)





 

http://imgur.com/cv9pOj8


 
Mangiati le bolle di sapone intorno al mondo e quando dormo 
taglia bene l'aquilone, togli la ragione e lasciami sognare, lasciami 
sognare in pace 
Liberi com'eravamo ieri, dei centimetri di libri sotto i piedi 
per tirare la maniglia della porta e andare fuori 

Da quella posizione privilegiata, Hermione lo osservava senza dargli motivo di pensare che fosse sveglia. Non era nemmeno certa che lui lo fosse, ma non voleva saperlo. Quel momento era così perfetto: a metà tra il sonno e la veglia, tutto sembrava più cristallino e semplice. La luce dell’alba colpiva direttamente i capelli di Draco, nonostante fosse pieno inverno e fossero nei sotterranei: era una giornata troppo bella per essere inverno, non se lo spiegava. E i suoi capelli, nonché la sua nuda pelle chiarissima, sembravano emanare luce propria: avrebbe voluto vederlo su una spiaggia, la gente sarebbe rimasta sconvolta dal suo biancore accecante!
Un braccio andò istintivamente a stringersi intorno alla vita del ragazzo: Draco si voltò con l’espressione un po’ confusa, non era ancora del tutto sveglio. E le sorrise. Era un sorriso così bello che non poté non sorridere di riflesso, non riusciva proprio a bloccare il sorriso sul nascere, perché quello di Draco era troppo inconsciamente radioso.
«Buongiorno. Che ore sono?» la voce impastata del biondo risuonò chiaramente nel dormitorio vuoto: Blaise e Theo non erano proprio ritornati in camera. O forse vi erano ritornati, ma li avevano visti e avevano preferito trasferirsi altrove.
«A giudicare dalla luce e da quella che presumo sia l’altezza del sole, direi che sono le nove passate.» commentò Hermione, serrando le labbra in un sorriso quasi saccente, mentre Draco le passava un braccio attorno alle spalle e l’avvicinava a sé.
«Theo e Blaise?»
«Non li ho visti... Ritengo che siano andati a chiedere asilo politico a Daphne, non credi?»
Draco aggrottò le sopracciglia in un’espressione strana ma divertente: «Non sono certo che lei l’offrirebbe, perlomeno a Blaise. A Theo... è probabile.»
«Se sono tornati nei sotterranei. Insomma, Blaise potrebbe anche stare in una certa torre di nostra conoscenza...» continuò Hermione, divertita: ormai era venuta a patti con la relazione tra Zabini e Ginny. E vederli insieme la rendeva anche orgogliosa: si completavano, stranamente. Erano due persone simili e diverse, le cui effettive intenzioni quando litigavano facevano spaventare tutti i presenti, ma due persone propense sempre a costruire qualcosa di nuovo. Ma questo non l’aveva confidato a nessuno, nonostante fosse pressoché certa che anche Draco pensasse qualcosa di simile.
«Quindi, secondo il tuo modesto parere... abbiamo perso la colazione?» continuò Draco, arricciando il naso.
«Probabilmente sì. Ma non ti fidare troppo delle mie valutazioni, Malfoy.»
«Mi fiderei sempre a occhi chiusi delle tue valutazioni, Hermione Granger.»
Quando sentiva le sue compagne di casa, addirittura anche Ginny, parlare delle farfalle nello stomaco roteava gli occhi seccata. Era uno stupido modo di descrivere basilari reazioni chimiche. Eppure era qualche mese che si trovava a provare qualcosa di simile all’altezza dello stomaco, come un tuffo, molto spesso. Non aveva detto nemmeno questo a qualcuno, perché le sembrava troppo frivolo dopo tutto quello che avevano passato: la guerra era finita solo da pochi mesi, ma lei era nella sua oasi felice con un ragazzo che probabilmente nessuno si sarebbe aspettato. Non l’aveva detto, ma era più che certa che Ginny e Luna lo sapessero: l’una era perspicace, l’altra vedeva sempre oltre. Le due migliori amiche più lungimiranti che avesse mai conosciuto.
«Lo sai, dovremmo alzarci. O non arriveremo in Sala Grande nemmeno per pranzo.» commentò Draco, non allentando la presa attorno alle sue spalle nude.
«Non voglio uscire di qua. Anche se mi sta brontolando lo stomaco.»
Malfoy scoppiò rumorosamente a ridere e la abbracciò con entrambe le braccia: poi le posò un bacio sulla fronte «E se uscissi io dalla camera e andassi a prendere qualcosa da mangiare per riportarlo qui da te? Non vorrei mai far brontolare ulteriormente quel tuo povero stomaco.»
«Lo faresti davvero?» non poté che guardarlo stupita. Era tanto, per lui. Non solo per loro due, ma proprio per lui. Non amava andare in giro da solo, specialmente ora che era ancora odiato dai più. Ma si era comunque proposto di fare quello per lei.
Draco annuì e si sedette sul letto, ancora guardandola negli occhi: passò una mano per quel che poté tra i capelli impossibilmente crespi di Hermione e poi si alzò.
Lo vide infilarsi un maglione e dei pantaloni per poi uscire dalla stanza: sospirò profondamente.
Quello fu l’unico suono che si poté udire nella camera per diversi minuti quella mattinata.

 
Troppo cerebrale per capire che si può star bene senza 
calpestare il cuore 
ci si passa sopra almeno due o tre volte i piedi come sulle aiuole 

Hermione aveva bisogno di qualche momento di serenità: il Natale era passato, e l’arrivo di Scorpius Malfoy era imminente. Sua figlia Rose – voleva evitare di pensare all’ironia della faccenda, perché quello non l’avrebbe aiutata – l’aveva invitato. Perché le mancava. Perché stavano insieme.
Sua figlia Rose, al settimo anno di scuola, aveva preso una decisione molto simile alla sua dell’epoca: con la differenza che l’aveva portata avanti con ardore e sicurezza. E a distanza di qualche decina di minuti il figlio di Draco Malfoy avrebbe oltrepassato ufficialmente la soglia di casa sua e lei non sapeva come sentirsi a riguardo.
L’unica cosa di cui era certa era che stare seduta sul letto di suo figlio Hugo in una stanza vuota la stava calmando: o almeno così sembrava.
Non voleva scendere al piano di sotto, non voleva accogliere Scorpius Malfoy a casa sua. Era felice per Rose e orgogliosa di lei, ma non voleva. Si rifiutava di farlo.
Ma sapeva che se avesse lasciato tutto in mano a Ron probabilmente quell’incontro sarebbe andato in fumo ancor prima di iniziare: quindi sarebbe dovuta essere presente. Ma non voleva esserci, non voleva avere quelle responsabilità da affrontare.
Sentì bussare alla porta: qualche secondo dopo spuntò da essa la testa riccia ramata di Rose, che la guardò con un’espressione strana.
«Tutto bene?»
Doveva mentirle? Non voleva mentirle. Ma cosa avrebbe mai potuto dirle? Annuì e le sorrise, ma Rose era abbastanza perspicace dal riconoscere un sorriso malinconico.
«Sai che dovrai scendere, vero? Se è papà che dà il benvenuto in casa a Scorp sono più che certa che finirebbe per scappare. Scorpius, ovviamente. Papà sa essere intimidatorio, e Scorp... sa dire le cose sbagliate al momento sbagliato, quando è nervoso.» commentò la ragazza, roteando platealmente gli occhi.
Hermione emise una risata a sbuffo: «Su tuo padre posso darti ragione.»
«Sì, ci sei sposata, quindi chissà quante situazioni del genere hai dovuto affrontare.»
Hermione fece spallucce: «Sa anche essere comprensivo.»
«Non nei primi istanti.» rispose istintivamente Rose, sbarrando gli occhi: la risata di Hermione fu più sicura.
«Mamma... sei felice?»
Hermione rivolse alla figlia un’occhiata perplessa: «Di cosa? Della tua scelta di fidanzato? Della mia carriera? Del Natale che abbiamo passato?» aveva volutamente sviato la domanda, buttandola sul ridere, ma sua figlia non era stupida.
«In generale.»
«Sono... soddisfatta.» ammise Hermione, sospirando profondamente «Ti va bene come risposta?»
«Non proprio.» rispose Rose, cauta. Sembrava stesse cercando proprio le parole giuste «Non fraintendermi, non voglio o pretendo che tu sia felice con quel che hai. Penso solo che meriti di esserlo, in qualsiasi modo tu voglia o possa raggiungere quella felicità.»
Rose fece spallucce e posò un palmo sul suo ginocchio con aria comprensiva.
Ma Hermione sentiva di essere soddisfatta, davvero. E anche contenta di come i suoi figli fossero cresciuti, soddisfatta e contenta del suo lavoro. Era tranquilla, a tratti irrequieta, ma generalmente tranquilla. Non tutti avevano bisogno dell’amore della vita: aveva capito che si poteva semplicemente vivere pacatamente e tranquillamente, rimanendo contenti delle piccole cose.
«La felicità è sopravvalutata.» non credeva che avrebbe davvero dato voce a quel pensiero di fronte a Rose, non voleva che potesse arrivare a crederlo anche lei. Era giovane, non aveva bisogno di quello.
Ma Rose scosse la testa, sicura: «No, non lo è. Anzi, non è per niente male. Magari è fugace, ma non è sopravvalutata.»
Il campanello suonò e Rose saltò su: Hermione la vide mentre si guardava intorno, per poi passare le mani sopra il maglione, come per allisciarlo.
«Dovremmo scendere, no?» spinse gentilmente la figlia oltre la porta della camera e ringraziò mentalmente Scorpius Malfoy per il tempismo: sua figlia non stava più pensando al loro discorso eccessivamente a cuore aperto, fortunatamente.

 
Potrei ma non voglio fidarmi di te 
io non ti conosco e in fondo non c'è 
in quello che dici qualcosa che pensi 
sei solo la copia di mille riassunti 
Leggera, leggera, si bagna la fiamma 
rimane la cera e non ci sei più... 

«Non penso dovremmo portare avanti la nostra storia, non sembra aver futuro.»
Era la codardia a star parlando, ne era certa. Sotto sotto, Draco Malfoy doveva essere ancora un inguaribile codardo.
Hermione lo guardava con gli occhi fiammeggianti di rabbia, mentre lui faceva di tutto per evitare il suo sguardo. Sarebbero tornati a casa il giorno dopo, avevano finito tutti gli esami, fino a pochi giorni prima tutto andava bene.
Ma lui se ne usciva con quella scusa e lo faceva dal nulla. Che diavolo era successo? La cosa era diventata troppo seria, quando erano diventati ognuno la casa dell’altro, che doveva scappare? Scappare dove, poi?
«Draco, che diavolo è successo? E non osare dire che non è accaduto niente, perché ti conosco. Ti ho capito. Ti so leggere.» Hermione decise di essere razionale. Avrebbe voluto affatturarlo, ma la razionalità aveva più senso: aveva paura?
«Non è successo nulla. Ho semplicemente realizzato che non può andare avanti.» Draco lo pensava davvero: non poteva andare avanti. Perché la amava e non poteva farle quello, semplicemente: Hermione Granger era un’eroina del mondo magico e finché erano a Hogwarts l’accettazione non era condannata. Lui non era apprezzato, ma nessuno si era mai sognato di pensare qualcosa di meno di Hermione, nonostante fosse ormai noto che stesse insieme a un ex Mangiamorte.
Perché Mangiamorte era ciò che lui era stato, e il mondo non l’avrebbe dimenticato. Avrebbero potuto glissare quel particolare a Hogwarts – e nemmeno tutti lo facevano – ma non nel mondo reale.
E Draco non poteva permettere che Hermione brillasse meno di quello che si meritava di brillare per colpa sua: sapeva che non sarebbe stata lei a fargliene una colpa. Era lui, sapeva di essere lui: non avrebbe avuto alcun effetto la loro storia su di lei se fossero stati altrove. Come per esempio in Australia, dov’erano ancora, ignari, i genitori di lei: ma non le avrebbe chiesto di lasciare tutto e tutti per trasferirsi dall’altra parte del mondo. Perché sapeva che avrebbe detto di sì, e non voleva.
Draco voleva che brillasse, pur lontana da lui: lo meritava. Gli faceva male lasciarla e farlo così, ma se le avesse detto la verità, ciò che pensava, Hermione sarebbe probabilmente andata con lui ovunque, alienandosi da tutti gli altri: o peggio, sarebbe rimasta e avrebbe sofferto a causa del legame con un ex Mangiamorte. Nonostante non lo sia stato per più di due anni, e nemmeno con sicurezza.
Semplicemente non lo meritava, e doveva evitare qualcosa del genere a tutti i costi, anche a costo della loro relazione, della sua felicità. Doveva accontentarsi di quell’anno che avevano avuto: era un anno, più di quello che molti altri avevano avuto. Era comunque qualcosa.
«Codardo.» il tono era così colmo di rabbia e basso che a stento riuscì a udirla: vide, però, i pugni di lei stretti, così tanto che le nocche erano livide. Hermione gli passò accanto furibonda, continuò nel corridoio e svoltò a sinistra.
Era certo che così non l’avrebbe più vista, e lei sarebbe stata bene, prima o poi. Avrebbe ottenuto tutte le soddisfazioni che meritava, sarebbe arrivata in alto e lui non le sarebbe stato d’intralcio.
Certo, la fitta al petto era fastidiosa e lo rendeva come anestetizzato, al momento, da tutto ciò che lo circondava: sentiva solo la fitta. Ma era il giusto prezzo da pagare se così lei non avrebbe dovuto patire le conseguenze della loro relazione.

 
Torre di controllo, aiuto, sto finendo l'aria dentro al serbatoio 

Non aveva resistito un minuto di più: non appena Scorpius Malfoy aveva lasciato casa loro, lei aveva sentito il bisogno di uscire per prendere aria. Faceva freddo e Hermione era fuori dalla porta di casa senza il cappotto, per lo choc di Rose, che la osservava in silenzio mentre quella faceva avanti e indietro sul vialetto e infine si smaterializzava.
Aveva bisogno di Ginny, che aveva visto e vissuto tutto, aveva bisogno del suo supporto, delle sue parole. Così si era smaterializzata, senza cappotto e ancora con addosso i vestiti di casa, e si era palesata di fronte al cancello di casa dell’amica.
Arrivò di fronte alla porta d’ingresso e vi bussò: quando un mezzo dei padroni di casa l’aprì si rese conto che non riusciva a fissare lo sguardo su qualcosa o qualcuno per più di cinque secondi.
«Hermione, buonasera! Non hai un cappotto, vuoi entrare? Ginny, Luna, Theo, Harry e Pansy sono dentro...»
«No, Blaise, grazie. Ho bisogno di Ginny, può venire qua?» riuscì a guardarlo dritto negli occhi e doveva aver fatto capire più di quello che avrebbe voluto, perché Blaise le rivolse un sorriso comprensivo: «Vado a chiamarla.»
«D’accordo, grazie.» Hermione posò la schiena contro i mattoni e inspirò profondamente, guardando oltre la recinzione un punto non meglio identificato.
«Blaise? Chi è?» Ginny distolse lo sguardo da Pansy e lo posò sul marito, che era appena entrato in salotto, stranamente silenzioso.
«Dovresti uscire. C’è Hermione. Porta una coperta.» rispose Zabini, occupando il posto accanto alla moglie, la quale si era alzata immediatamente e aveva afferrato la coperta di lana posata sullo schienale del divano.
«Hermione? Che ci fa qui? È successo qualcosa?» chiese Harry, saltando su da dietro la poltrona: stava giocando con l’ultimogenito di Luna e Theo, Bjorn, il quale era particolarmente propenso a rimanere nascosto, ma la frase di Blaise gli aveva fatto dimenticare il suo compagno di giochi.
«Harry, ha chiesto di Ginny.» ripeté Pansy, posandogli una mano sulla spalla «Avrà bisogno di Ginny.»
Luna lanciò un’occhiata a Theo, che sembrava aver pensato alla stessa cosa: avevano entrambi l’aria di sapere che cosa avesse causato quella visita improvvisa. Luna allungò la mano verso quella del marito, che l’afferrò automaticamente, sospirando.
«Quindi dev’esserci stata la grande presentazione ufficiale...» commentò Pansy, facendo schioccare la lingua contro la parete interna della guancia.
«Evidentemente sì.» rispose Blaise, sporgendosi oltre il divano per guardare Bjorn e Molly giocare, mentre Harry, seduto accanto a loro, osservava un punto imprecisato del divano.

 
Come la voce guida la pubblicità,
ci sono stati dei momenti intensi ma li ho persi già

 
Ginny trovò Hermione a destra, non appena uscì dalla porta di casa. Aveva preso il cappotto per sé e porse la coperta all’amica.
«Quindi... vi ha presentato ufficialmente Scorpius.» esordì la rossa, posandosi contro al muro come l’amica.
Hermione annuì, voltandosi a guardare Ginny negli occhi solo dopo qualche secondo, come se il suo cervello avesse collegato tutto solo dopo: prese la coperta e la strinse al petto.
«Dovresti metterla addosso, Herm. Fa freddo.»
«Sì...»
«Cos’è successo?» Ginny posò una mano sul suo braccio sinistro, preoccupata.
«Rose mi ha detto qualcosa.»
«Cosa?» Ginny la guardò perplessa: che avesse frainteso il motivo che aveva portato Hermione alla sua porta?
«Mi ha chiesto se fossi felice.»
«Ah.» No, non l’aveva frainteso decisamente «Beh, Herm, è la mia figlioccia. È naturalmente perspicace!» sarebbe dovuta essere una battuta, ma nessuna delle due rise «Cosa hai risposto?»
«Che ero soddisfatta e che la felicità è sopravvalutata.»
Ginny assottigliò le labbra ma non vocalizzò il suo dissento: «E lei?»
«Ha dissentito. E ha detto che dovrei fare qualcosa per essere felice, che lo merito.»
«Ah.» Ginny si ritrovava di nuovo senza parole: erano ormai passati più di vent’anni, ma quei due si amavano ancora. Senza saperlo, senza incontrarsi, pur essendo andati avanti con vite separate. E persino la sua figlioccia se ne accorgeva, e lei non sapeva davvero cosa dire «Le cose sono diverse, però. Ma sono anche rimaste uguali, per certi versi.»
«In che modo?» il tono che aveva usato Hermione era derisorio, ma non ce l’aveva con Ginny. Semmai con lei, la lei di tanti anni prima «Abbiamo dei figli. E io ho un marito.»
«Herm... lo sai che lo so. Ma sai anche bene perché ha fatto quella scelta oltremodo stupida che non spettava solo a lui, ma il mondo è cambiato. E tu hai solo quarant’anni. Non sei alla fine dei tuoi giorni, e anche se lo fossi...»
«Gin, cosa stai suggerendo?» Hermione rivolse uno sguardo lievemente spaventato a Ginny, che scosse la testa «Nulla di impensabile. Proprio nulla, a dire il vero: Ron è mio fratello. Però...»
«Abbiamo fatto la nostra scelta ventidue anni fa. E ora i nostri figli stanno insieme.» sembrava trovasse quell’ultima parte divertente, Hermione Granger.
«Sì, perché li avete cresciuti bene, non nei pregiudizi, e sono forti e sicuri. E non hanno intenzione di stare a sentire le persone che seguono ancora stupidi retaggi antichi. E quelle persone sono poche. E siete realizzati. Insomma, non siete più dei giovincelli!»
«Appunto. E ricorda, Ginny: sono sposata!»
Ginny roteò gli occhi e sbuffò: «Come se fosse un problema. È che hai paura. Hai paura e anche se non hai potuto fare attivamente tu la scelta all’epoca, non hai intenzione di farla ora.»
«L’hai detto anche tu che non siamo più dei ragazzini! Quello che stai suggerendo non è infantile?»
«Herm, perché stai con Ron?»
«Abbiamo una famiglia insieme! Che domande fai?!» ribatté la riccia, sconvolta.
«Appunto.» disse Ginny, con un’espressione quasi trionfante.
«Cosa?» Hermione le rivolse uno sguardo confuso.
«Non dovrebbe essere la prima risposta. Se lo chiedessero a me, o a ognuna delle persone in quella casa... » con un cenno del capo, Ginny indicò il muro che stava dietro di loro «Non sarebbe la loro prima risposta. Sarebbe la seconda. La prima sarebbe: “perché lo amo”. E non ti sto giudicando perché non hai risposto così, ti sto dicendo che potresti, se volessi, cambiare la tua situazione.»
«Avrebbe senso? Sarebbe solo confusione in più per tutti.» rispose Hermione, facendo spallucce sotto la coperta. Ginny scosse la testa e le prese una mano: «No, in realtà. Solo per te. Lui è vedovo, ricordi? E Ron... sai che non ne rimarrebbe stupito, ha sempre saputo tutto. E sono più che certa che la mia figlioccia sappia. Gliel’avrà detto Scorpius.»
«Non farei una cosa del genere a Ron.»
«L’ingiustizia sarebbe non amarlo e rimanerci insieme, non solo per te, ma anche per lui.» la riprese Ginny, continuando a tenerle la mano.
«Lo so.» Hermione si alzò in piedi, ancora con la coperta addosso.
«Che fai? Dove vai?»
«Ho bisogno di andare a casa. Di sentirmi a casa.»
«O-okay. Dove—
«Ho il cellulare, se qualcuno dovesse chiederti qualcosa.»
Ginny la guardò mentre oltrepassava il cancello e si smaterializzava. Che senso aveva portarsi il telefono appresso se tanto non avrebbe voluto essere rintracciata da nessuno?
Si strinse nella giacca e spinse la porta d’ingresso: sarebbe volentieri tornata dal resto della compagnia.
 
Leviamo via il tappeto e poi mettiamoci dei pattini 
per scivolare meglio sopra l'odio
 

Scorpius aveva raggiunto la porta di casa: non c’era nessuno al Manor. Suo padre era fuori di casa già quando lui era tornato da casa di Rose e nonna Narcissa era probabilmente a fare visita ai vicini. Ma allora chi era che stava suonando?
Aprì la porta, non aspettandosi per nulla la persona che si ritrovò di fronte: «Rose? Che ci fai qui?»
«Ho detto a papà che andavo a casa di Theo e Luna a trovare Pandora.» Rose fece spallucce e attraversò l’atrio.
«E tua madre t’ha creduto?» il sopracciglio di Malfoy andò istintivamente verso l’alto: era impossibile che Hermione Granger avesse creduto a quello.
«Oh, mamma è scappata. L’ho vista mentre si smaterializzava poco dopo che te ne sei andato tu.» Rose sembrava irrequieta, alla ricerca di qualcosa: sembrò trovarla quando spalancò la porta dello studio al pianterreno. Lo adorava, era pieno di libri e tappeti.
«Scappata? Cosa intendi con scappata?»
«Non lo so, era strana. Allora ho deciso di venire a trovarti, e sembra che ho fatto la scelta giusta!» Rose gli rivolse un sorriso a trentadue denti che era terribilmente simile a un ghigno: si era già stesa sul suo tappeto preferito e stava guardando il soffitto a cassettoni.
«Neanche mio padre è a casa.» si limitò a commentare, stendendosi accanto a lei.
«Oh, dubito fortemente che si siano dati incontri clandestini. Mamma sembra depressa. Un contenitore vuoto.»
«Cosa intendi?» Scorpius era certo che non stesse insultando sua madre, non sarebbe stato da Rose. Soprattutto non di fronte a lui, poi.
«Abbiamo parlato, prima che tu arrivassi. Le avevo chiesto se fosse felice.»
«E?» Malfoy aveva passato un braccio attorno alle spalle di Rose, che aveva allora deciso di posare il capo contro la sua spalla: «E non ha detto né sì né no. Ha detto che era soddisfatta e che la felicità era sopravvalutata. Ti sembra una risposta di una persona che si sente se stessa?»
Scorpius non sapeva come rispondere, allora si limitò a osservare il soffitto anche lui: «Non è tutto così facile, così bianco o nero, Rose.»
«Le ho anche detto che dovrebbe essere felice. Perché non fa qualcosa per cambiare la sua situazione?»
«Forse ha paura. È passato tanto tempo, e le cose sono diverse...»
«Non è una scusa!» Scorpius era certo che il carattere impetuoso Rose l’avesse preso dal padre. Non aveva mai visto Hermione Granger reagire così, e non l’aveva neanche sentito dalle storie che suo padre gli aveva raccontato.
«Dalle tempo. E comprensione.»
«Talvolta ti invidio, tuo padre ti racconta sempre tutto del passato. E anche di loro due.»
«Beh, siamo solo io e lui. Se non fossimo nemmeno onesti l’uno con l’altro, che senso avrebbe?» Scorpius fece spallucce e posò un bacio sulla tempia di Rose «Pensa ad altro. Spetta a loro pensare al loro passato.»
«Lo so, lo so...» Rose riprese a guardare il soffitto: non aveva più tanta voglia di parlare di quello.
 
Vuoti di memoria, non c'è posto per tenere insieme
tutte le
puntate di una storia
piccolissimo particolare, ti ho perduto senza cattiveria
 

Hermione tornò a casa. Non la casa che aveva abitato per i precedenti venti anni, ma quella che avrebbe sempre sentito come casa sua, un posto senza problemi, senza troppi pensieri opprimenti, il posto che conservava solo ricordi felici eccetto per l’ultimo. Andò  a sistemarsi di fronte alla casa in cui era cresciuta, seduta alla fermata del bus 175 che terminava la corsa a Elephant&Castle. E inspirò profondamente, per espirare solo dopo diversi secondi.
Era ormai buio, e la casa dei suoi genitori era da anni occupata da un’altra famiglia: osservava le luci accese della sala da pranzo e pensava a tutti i ricordi che quella conservava.
«Sapevo che ti avrei trovata qui.» Hermione voltò il capo verso l’interlocutore così velocemente che le fece male il collo: ma era una voce che non sentiva da un bel po’ di tempo.
La versione più attempata del Draco Malfoy che ricordava le si sedette accanto: l’aveva fortuitamente incontrato altre volte prima di quella, ma lo ricordava sempre come il Draco dell’ultimo anno di Hogwarts quando pensava a lui, quello che aveva conosciuto e che le aveva spezzato il cuore – a lei e a lui stesso, a quanto pareva.
«Te l’ha detto Ginny?» ritornò a guardare la casa di fronte, non riuscendo a mantenere lo sguardo dell’uomo al suo fianco.
«No, Ginny mi ha chiamato dicendomi che andavi a casa. Ha anche suggerito che usassi la scusa di andare a prendere Scorpius per presentarmi a casa tua.» Malfoy soppresse una risatina «Ma lo sapevo da me che intendevi questa e non la tua casa attuale
«Oh.» non aveva molto altro da commentare, si sentiva svuotata e terribilmente stanca «Che ci fai qui?»
«Bé, sono la persona che può capire quel che stai provando al meglio. C’ero anche io.» Hermione percepì il movimento sussultorio delle spalle di Draco che sembravano scrollare qualcosa di inesistente.
«Sì, ma è diverso comunque. Non ho avuto molta scelta in merito, all’epoca.» ribatté la donna, amaramente.
«Lo so. Perdonami.» Draco tacque e avvicinò la mano a quella di Hermione, che spuntava dalla coperta e che era posata sul sedile della fermata: non appena la toccò, lei scostò la sua. E lui riprese a parlare: «Sono contento che mio figlio non stia facendo i miei stessi errori.»
«Sono tempi diversi.» commentò immediatamente Hermione «E dev’essere stato cresciuto meglio del padre.»
«Sì, ma era un obiettivo abbastanza facile, considerati i parametri.»
Hermione sorrise e scosse la testa: «Non eri poi così male, dopo. Hai avuto una paura tremenda, però.»
«Quella che hai ora tu. E che avevi cinque anni fa.» rispose Draco, cercando di mantenere il tono neutro.
«Non puoi biasimarmi. Le ragioni erano completamente diverse.»
«Per favore, non usare Hugo e Rose come scuse. So per certo che almeno quest’ultima non sarebbe in disaccordo.» ribatté immediatamente lui, con la mano ancora accanto a quella di Hermione, ma che non accennava ad avvicinarsi.
«Lo sai?» Hermione si voltò per rivolgergli uno sguardo tagliente.
«Sì.» Draco sorrise, dopo qualche secondo «Ha sconvolto anche me. Ma Scorpius deve averle raccontato tutto quello che io gli avevo raccontato... e bé, mi ha dato la sua benedizione.»
Hermione sbatté le palpebre, tornando a osservare la casa. Avvicinò la mano a quella di Draco e l’afferrò: non aveva niente da dire. O forse, troppe cose e tutte insieme.
«Come stai?» gli chiese, intrecciando le dita con le sue.
«Tranquillamente. Vivo una vita semi-reclusa, a parte Scorpius e Narcissa. La biblioteca però è una cara amica» Hermione sorrise, scuotendo la testa.
«Anche la mia libreria è una cara amica» aggiunse la donna, sorridendo con lo sguardo rivolto alla casa d’infanzia.
«Bé, sì, l’avrei immaginato. Tu?»
«Così. Il lavoro è soddisfacente, però. Anche Rose e Hugo, a dire il vero. Sono venuti su bene, nonostante tutto.»
«Sì, Rose mi ricorda te. Anche se talvolta ha alcune terribili uscite alla Ronald Weasley, ha decisamente preso il suo cattivo umore. Ma ha la tua intelligenza e, bé, i tuoi capelli.»
«I suoi sono più rossicci.» commentò senza pensarci su la donna, notando il leggero serrarsi delle labbra di Draco «Anche Scorpius non è male. Anche se è la tua fotocopia, per fortuna non caratterialmente parlando. Ha idee diverse... ma è educato come te. Il te che ho conosciuto veramente, ovviamente.»
«Già.» commentò semplicemente Malfoy, osservando anch’egli la casa di fronte a loro.
«Non sei più andata a cercarli? In Australia?»
«No. Dovevamo andarci insieme. E dopo... non mi andava più di tanto.» avrebbe voluto aggiungere che non avrebbe voluto farlo da sola, ma non se la sentiva.
«Potremmo ancora andarci. Non vuoi sapere come stanno?»
«Ovvio che voglio. Ma ventidue anni dopo?» ribatté Hermione, rivolgendogli uno sguardo a metà tra il ferito e il rabbioso.
«Meglio tardi che mai.»
Hermione chiuse gli occhi e posò la testa contro il pannello di vetro della fermata, e strinse la mano di Malfoy. Era una bella sensazione, dopo tanto tempo.
 
Libero com'ero stato ieri ho dei centimetri di cielo sotto ai piedi
adesso tiro la maniglia della porta e vado fuori
come Mastroianni anni fa, sono una nuvola, fra poco pioverà
e non c'è niente che mi sposta o vento che mi sposterà
  
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