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Autore: Sanae77    10/08/2016    7 recensioni
Tutto segue le regole: Sanae e Tsubasa felicemente sposati.
Una vita tranquilla.
Una nuova avventura lavorativa.
Vecchi conti rimasti in sospeso.
Un tarlo che s'insinua nella testa...
Che cosa può accadere se un 'SE' resta in sospeso?
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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… ospedale Amburgo
 
Finalmente ci siamo.
In tarda serata sono iniziate le doglie e ora stiamo andando in sala parto, dopo una discussione con il Capitano su chi doveva starci: Sanae non ha avuto dubbi su chi voleva al suo fianco, e ovviamente sono io.
Mi dispiace, ma in due non ci avrebbero fatti entrare.
Adesso lui aspetta fuori dopo che è arrivato di corsa dall’albergo nel quale alloggiava.
Fortunatamente la dilatazione è stata abbastanza veloce.
Ogni tanto mi fa sorridere per le imprecazioni che sta tirando fuori.
Nell’ordine…
 
  • Non so chi di voi due dovrò uccidere ma vi garantisco che sarà una morte lenta e dolorosa.
  • Vi odio.
  • Se mai ne dovessi fare un altro lo adotto.
  • Sono proprio una cretina prenderò la pillola a vita.
  • Ti uccido Genzo perché sei il più vicino adesso.
 
Io ovviamente annuisco e le do ragione, chi diavolo ha il coraggio di contrastarla?
Forse era meglio far entrare Tsubasa. Lo penso per un secondo prima di scuotere la testa e ragionare sul fatto che potrò canzonarla a vita per questi momenti.
 
Ma ora che siamo giunti alla fine e la vedo soffrire davvero, con il dolore che fa contrare il suo volto… ecco, adesso prenderei volentieri il suo posto, perché IO non posso vederla soffrire così.
Non dice più niente è concentratissima sulla respirazione e sulle istruzioni che sta ricevendo dall’ostetrica.
L’aiuto a sollevare le spalle e le sorreggo la testa per agevolarla nelle spinte.
“Dai altre due spinte e ci siamo, forza!” la incita la donna.
Mi sta stritolando una mano, ma poco importa; anche se ho il dubbio che potrò giocare domenica se continua così.
E come aveva detto l’ostetrica dopo le due spinte sento il corpo di Sanae rilassarsi e lasciarsi andare.
Butta fuori tutta l’aria trattenuta mentre tra le mani della donna vedo agitarsi una testina minuscola ricoperta da una miriade di capelli scurissimi.
E piange la bambina, a pieni polmoni.
Sanae la segue a ruota mentre mi chino per baciarla in fronte.
Una lacrima cade sulle sue guance, non ho potuto fare a meno di emozionarmi.
Dopo le prime cure viene adagiata sul grembo materno e immediatamente si attacca al seno per succhiare avidamente.
“Siete bellissime” dichiaro mentre bacio ancora Sanae sulla fronte e afferro una minuscola manina che riesco ad accarezzare con il solo pollice.
Oddio, è così piccola.
Afferra con la piccolissima mano il mio dito e lo stringe forte, sento il cuore esplodere dalla gioia, chi se ne frega di chi è figlia: è così bella!
“È il tuo ritratto Anego!”
“Dici?”
“Dico.”
“Benvenuta piccolina” mormora alla figlia.
 
“Bene signora, come chiamiamo la bambina?”
Lei si volta osservandomi un attimo smarrita, quindi vado in suo aiuto.
“Intanto mettete soltanto il cognome della madre Nakazawa, appena avremo il test di paternità vi faremo sapere.”
“Perfetto signor Wakabayashi”
“Ci eravamo raccomandati per la massima riservatezza” affermo in tono deciso.
“Non tema, la vostra privacy sarà rispettata.”
 
Siamo tornati in stanza, adesso, Tsubasa è incantato a guardare la culla dove dorme la bambina.
Le sta accarezzando una mano. Sanae sta riposando.
Mi alzo dalla sedia e lo raggiungo.
“Bella è?” chiedo. Da una parte bisogna iniziare.
“Bellissima, assomiglia a Sanae.”
“È la stessa cosa che ho detto io appena l’ho vista.”
“Genzo, se è mia la voglio vicina.”
Sguardo deciso, dritto negli occhi, come quando entra in campo.
Per vincere, solo per vincere.
“Capisco, ti chiedo solo una cosa se fosse… almeno il primo mese permettile di avere qualcuno al suo fianco sarà stremata. Lascia che resti qua.”
“Scordatelo. Prenderemo una signora che l’aiuti non temere.”
Mi passo una mano su tutto il volto, mi sa che non capisce che cosa intendo.
“Ha bisogno di avere vicino un compagno anche se ci fosse bisogno durante la notte, non lo capisci?”
“Non mi mancano certo i soldi per mettere una donna giorno e notte in casa e poi se ha necessità posso restare io, la casa dove abitavamo è sempre disponibile.”
 
“Tsubasa, io non torno nella nostra vecchia casa sia chiaro!”
Anego mi sa che si è svegliata e ha sentito tutto.
Seduta nel letto con le braccia intrecciate sotto al seno ha un piglio più che battagliero.
“E allora dove?”
“Non temere se dovessi tornare in Spagna prenderò un’altra abitazione dove ovviamente potrà alloggiare anche Genzo, e questa non può certo essere la nostra vecchia casa. Inoltre inutile affrontare l’argomento adesso, aspettiamo le analisi.” Risoluta, decisa, seria. Anego, stop.
Restiamo tutti e due in silenzio. Ci ha zittiti entrambi con poche parole.
Già inutile affrontare adesso l’argomento.
 
 
E la risposta arriva anche prima del previsto per fortuna.
Osservo la culla scuotendo la testa.
 
Hikari Ozora
 
 
E come ho sempre sospettato fin dall’inizio: il Capitano è arrivato per primo!
E ora tutto si complica, tutto assume delle sfumature grigie oltre che rosa.
Il rosa, per fortuna, me lo regala Hikari con la splendida tutina che indossa. La prima che abbiamo comprato insieme io e Sanae.
Tsubasa è partito stamattina, ha detto che al massimo tra quindici giorni vuole sua figlia in Spagna prima di prendere un avvocato.
Sanae accarezza la testa della figlia, mentre una lacrima solca il suo bel viso.
“Ehi, stai tranquilla troveremo una soluzione, non temere.”
“La soluzione è soltanto una, dovrò tornare in Spagna e noi potremmo vederci raramente.”
“Ti confesso che avevo già contattato un agenzia, Sanae, e avevo già visto una casa, non volevo darti anche questo pensiero, se vuoi a tutto questo ci penso io, il resto verrà da sé ci organizzeremo.”
Solleva il volto guardandomi smarrita, i suoi occhi brillano, tra le lacrime che vedo chiaramente sulle lunghe ciglia.
“Dai non voglio vederti piangere” dico passando il pollice sotto al suo zigomo per asciugare la goccia che fuggita da un occhio stava scivolando lentamente giù.
“Cosa ho fatto per meritarti Genzo? Per meritare tutto questo?”
“Mi hai amato e hai colorato le mie giornate, mi sembra il minimo che io possa fare per te. Inoltre, non avercela con Tsubasa, nella sua situazione avrei fatto esattamente la stessa cosa, insomma, un figlio è un figlio, non è soprammobile.”
Mi chino e la bacio.
“Grazie” sussurra dopo aver risposto al bacio.
 
 
***
 
 
Non so davvero come posso meritare tutto quello che il portiere, viziato, spocchioso e acido, che io credevo, sta facendo per me.
Varco la soglia di casa con Hikari tra le braccia, la sala è invasa da decine di palloncini rosa e mazzi di fiori.
“Bentornata a casa: amore.”
Osservo con occhi sgranati tutti gli addobbi che sono stati messi per l’arrivo a casa della piccola.
Scorro le composizioni floreali e i vari pacchetti.
I nomi dei nostri amici compaiono in ogni angolo, mi viene da piangere, perché nonostante tutto, lo scandalo, la confusione, sono tutti al nostro fianco e nessuno di loro ha mai concesso un pettegolezzo a chicchessia.
“Ha telefonato Yukari, ha detto che domani verrà a trovarti.”
Mi volto stupita.
“Ma come? Viene qua in Germania?”
“Non ha voluto sentir ragioni, ha detto che vuole vedere Hikari.”
Mi risponde sollevando le spalle, dopo aggiunge.
“Temo che non sarà l’unica visita, anche Azumi mi ha chiesto l’indirizzo, però della casa in Spagna, ha detto che se vuoi può restare con te per un po’ se hai bisogno.”
“Oddio, la chiamo subito, è davvero carina, e accetto volentieri il suo aiuto, non me la sento di stare da sola con Tsubasa che passerà in continuazione e tu che non ci sarai.”
“Hai ragione, chiamala, ne sarà felicissima.”
“Poi lei e Taro adorano i bambini, è già da tempo che provano ad averne sai?”
“Davvero? Non lo sapevo, mi dispiace per loro.”
“Anche a me, spero che presto possano darci la lieta notizia.”
“La casa in Spagna è pronta, ho chiamato l’arredatrice e mi ha mandato le foto, quindi quando arriverai non temere, sarà già tutto sistemato. L’ho incaricata di farci trovare anche la spesa fatta, comunque ti accompagno e resto un paio di giorni va bene?”
Lo raggiungo e sollevandomi sulle punte lo bacio a fior di labbra.
“Ti ho già detto che ti amo oggi?”
Fa finta di pensarci…
“Mh - oggi forse no!”
Sorrido.
“Beh, ti amo portiere.”
“Anch’io manager.”
 
 
Finalmente nel mio letto. Mi volto e vedo Genzo profondamente addormentato. Lo osservo, il volto disteso e rilassato, non ho davvero idea di come possa affrontare tutto questo così serenamente. Ma tutte le volte che mi guarda mi sento così amata, ed è questo amore che permette tutto questo. Non so quanti uomini avrebbero accettato una cosa del genere, deve amarmi davvero molto.
Come io mi sono resa conto di amare lui, dopotutto.
Disteso con un braccio sollevato vicino alla testa e a pancia sotto; non sa quanto è maledettamente sexy in questa posizione.
Indossa soltanto i boxer e la canottiera, mi mordo il labbro inferiore perché so già che passerà del tempo prima di poter avere nuovamente dei rapporti.
Che palle!
 
La bambina stanotte si è svegliata almeno quattro volte per mangiare, doverose, ma noi non siamo abituati e si vede.
Oggi lui si è preso un giorno di riposo e credo che abbia fatto decisamente bene, visto che tutte le volte si è alzato per aiutarmi.
Soltanto quindici giorni così e dopo dovrò volare in Spagna… e sarò da sola.
Inoltre non posso chiedere al portiere di svegliarsi la notte, lui deve allenarsi.
Certo questa era la prima notte, ma dovrò decisamente arrangiarmi.
Dei mugolii provengono dalla culla vicino al letto.
Veloce mi alzo e prendo la piccola prima che lo svegli.
Mi dirigo verso la cameretta per cambiarla e allattarla.
 
“Sanae, sei sveglia?”
Apro un occhio guardandomi intorno, Hikari dorme sul mio petto.
Io sono sulla sedia a dondolo e devo letteralmente essere caduta in un sonno profondo.
“Insomma” biascico sbadigliando.
“C’è Yukari.”
“Falla entrare.”
 
“Oddio, Sanae, scusa ti ho disturbato?”
“Figurati è che siamo tutti molto stanchi.”
Si avvicina e mette seduta nella sedia che il portiere le ha portato.
“Vi lascio sole, vado a dire alla domestica di aggiungere un posto a tavola.”
“Grazie amore” rispondo.
La mia amica ride sotto i baffi.
“Beh, che hai da ridere?” Le chiedo inarcando un sopracciglio.
“Sanae perdonami; ma sentirti chiamare Genzo AMORE è strano, molto strano.”
Ci guardiamo un attimo e dopo scoppiamo a ridere.
“Ok, Yukari, ok! Ammetto che è quasi comica la cosa.”
“Dopo tutti quegli anni passati a inseguire il Capitano” si alza e mima teatralmente me da giovane che rincorro Tsubasa.
“Smetti di fare l’idiota.” Rispondo sghignazzando.
Ed ecco che tutte le attenzioni vengono concentrate sul versetto che si è elevato dalle mie braccia.
“Oddio, fammela vedere. Presa com’ero dal canzonarti un po’, non mi ero accorta di questa meraviglia.”
Si avvicina, perciò decido di alzarmi e porgerle la bambina.
“Ecco la piccola Ozora!” dichiaro passandogliela.
“Immagino avresti voluto una piccola Wakabayashi.”
Faccio spalluccia, oramai è andata, inoltre la amo già così tanto che il cognome che porta poco importa.
“Certo, sarebbe stato più semplice, ma inutile piangere sul latte versato, vieni scendiamo di sotto.”
Invitandola con la mano, mi faccio precedere.
 
Hikari si è addormentata e beatamente ronfa dentro la carrozzina.
Siamo tutti seduti a tavola per il pranzo, non mi ero accorta di aver dormito sulla sedia a dondolo della cameretta per quasi tutta al mattinata.
Dovevo essere davvero stanca.
“Confesso che non credevo di trovarvi così rilassati, certo siete stanchi e si vede, ma non credevo di trovarvi così… come dire… affiatati.”
Ci scambiamo un'occhiata perplessa con Genzo, che diavolo vuol dire?
“Oh… non mi guardate così, l’intera nazionale ha scommesso che non sareste durati più di due mesi insieme… quando lo hanno saputo. Dopotutto da piccoli bisticciavate sempre.”
“Ah, ma grazie che begli amici.” Rispondo facendo finta di essere infastidita.
Lei mi scaccia gesticolando con entrambe le mani.
“Ascoltami bene: Anego! Noi avevamo abbandonato questa figura – si sporge e picchietta un dito sulla spalla del portiere che solleva un sopraciglio quasi infastidito… mi fa ridere questa scenetta – evidentemente l’S.G.G.K. l’ha fatta riaffiorare in tutto il suo splendore.”
Afferro un tovagliolo, l’appallottolo e glielo lancio.
Lo riceve in pieno volto, si volta facendomi una linguaccia.
“Sei proprio un’idiota Yukari, come sempre del resto.”
Tutti e tre ci mettiamo a ridere di gusto, ma abbassiamo subito il tono prima che la piccola si desti.
E avere la tua migliore amica al tuo fianco in qualsiasi situazione non può che far bene, decisamente.
 
 
E come sempre quando vuoi che le cose non passino, che non volino, quando vuoi che il tempo si fermi, tutto pare accelerare, i fatidici quindici giorni dettati come regola dal mio ex marito sono scaduti e io mi trovo su questo maledetto aereo che mi condurrà in Spagna lontano da Genzo e vicino a Tsubasa.
Osservo Hikari che dorme placida e ora che ha quindici giorni la somiglianza con il Capitano è davvero notevole, è cambiata da quando è nata, assomigliava così tanto a me.
Avrei voluto che assomigliasse a Genzo, così sarebbe stata sua figlia.
Sospiro, forse un po’ troppo forte. La pressione sul mio braccio aumenta.
Genzo mi sorride, un gesto un po’ nervoso, sa che dopo questi giorni trascorsi in Spagna, insieme, dovremmo separarci.
E resterò sola con Tsubasa, anche se non abiterà con me, immagino che sarà una forte presenza.
Dovrò escogitare qualcosa per non averlo sempre intorno e per non far arrabbiare Genzo, perché so che è molto geloso, come so che teme che il mio ex, vista la vicinanza, voglia riprovare a ricucire un rapporto.
Lo temo anch’io per l’esattezza, ma nella mia testa ho le idee ben chiare e un solo cognome: Wakabayashi.
 
Finalmente il viaggio è finito, Hikari c’ha dato del filo da torcere, temo che l’aereo non le piaccia così tanto, ma come biasimarla così piccola e già sballottata da una nazione all’altra.
Varchiamo la soglia della nuova casa e purtroppo non faccio in tempo neppure a godermela perché la piccola piange e richiede il seno.
“Vieni” mi esorta Genzo.
 
E quello che noto è troppo bello per essere vero.
Mi accompagna in fondo alla sala dove si trova una veranda con una sedia a dondolo. Di fronte un bellissimo giardino in stile giapponese.
“Ho pensato che qua puoi allattare in tutta tranquillità e non sentire troppo la mancanza di casa.”
“È… è meraviglioso. Tu sei pazzo, quanto hai speso per tutto questo?”
“Ah, non devi preoccuparti di queste cose, e poi quando sono qua voglio sentirmi a casa mia… ecco, così mi sento a mio agio.”
“Non hai perso il vizio delle cose in grande Genzo.”
Sorrido al pensiero che anche in Giappone la sua casa era la più maestosa di tutte.
“Diciamo che amo le cose belle – si avvicina mi sfiora una guancia e dopo un flebile bacio sussurra – come te!”
Gli brillano gli occhi quando mi guarda e io mi sento così amata.
Ma la piccola non sente ragioni.
“Scusa” dico mettendomi seduta sul dondolo e offrendo il tanto atteso pasto alla mia piccolina.
Mi rilasso mentre lei mangia soddisfatta.
“Vado a mettere le valigie in camera. Quando hai fatto vieni che ti faccio vedere la cameretta di Hikari e la nostra.”
Mi volto sorridendo.
“Non oso immaginare che cosa avrai inventato dopo che ho visto la veranda e il giardino.”
“Piantala di prendermi in giro” il tono è bonario mentre lo vedo sparire diretto al reparto notte.
 
 
Inclino un sopracciglio dopo aver letto la targhetta sulla porta di Hikari.
 
La principessa dorme qui
 
“Ok, Wakabayashi non credi di esagerare un tantino?” mimo il gesto con le dita per indicare la quantità.
Solleva le mani a mo di difesa.
“Io non c’incastro nulla è stata l’arredatrice” ha pure il coraggio di giustificarsi mentre entro e noto che… è ingiustificabile.
“Ok, sei del tutto pazzo, questa non è una cameretta è una stanza giochi. Che cavolo hai detto a quella povera disgraziata dell’arredatrice.”
“Che domande: le ho detto che la stanza doveva essere divertente e con più di un letto, sai per gli amichetti o – si avvicina cingendomi da dietro mi abbraccia stretto – eventuali fratelli o sorelle.”
Sollevo gli occhi al cielo, perché passerà del tempo prima che riaffronti tutto quel dolore lì, può scordarselo: Tzé!
“Metti bene in conto che sarà più POI che PRIMA.”
“Ho molta pazienza IO” risponde baciandomi il collo.
“Sai essere anche molto persuasivo quando fai così però” mi volto per incrociare le sue labbra.
Ed era tanto che non ci baciavamo così, ne avevo decisamente bisogno.
 
 
***
 
 
Ieri sono arrivati, come da accordi. Arrivo di fronte al cancello e dopo essermi palesato entro in questa magnifica villa.
Tutta su un piano, circondata da un bellissimo giardino, si tratta bene il portiere non c’è che dire.
“Vieni, Sanae è in veranda che sta allattando.”
È lui a fare gli onori di casa.
“Bene” rispondo entrando e andando dove mi è stato indicato.
“Vieni, Tsubasa siediti qua.”
Il tono di Sanae è calmo e tranquillo, è così bella con nostra figlia in braccio mentre le concede il seno.
Domani Genzo partirà e finalmente noi saremo soli.
“Come sta il mio tesoro?” dico avvicinandomi e accarezzando un piedino.
“Benissimo, mangia come una maialina” le passa un dito dietro l’orecchio e giù fino al collo, la bambina sorride, ma non molla il seno.
Poco dopo si stacca e lei la solleva per farle fare immagino il ruttino, ma mi sbagliavo si alza in piedi afferra un panno e me lo mette sulla spalla.
“Ehi, che fai?”
“Come che faccio! Vuoi fare il papà giusto? Bene iniziamo, mettila così – dice indicandomi la posizione – e falle fare il ruttino.”
Mi tremano le braccia mentre accolgo mia figlia sulla spalla.
Sono così emozionato, è così piccola e indifesa. Ha un odore fantastico e la pelle di velluto ora che strofina la fronte contro il mio collo.
Mi allontano un attimo da Sanae cullandola, così da godermi tutto questo momento. Poteva essere tutto perfetto se…
“Ciao amore mio” sussurro alla piccola dandole un bacio sulla testina.
Sento una mano stringere la spalla.
“Sarai un ottimo padre Tsubasa.”
La voce cristallina e sincera di Sanae mi tranquillizza.
“Spero di far meglio di come ho fatto il marito.”
“Tsubasa io… non devi rammaricarti è accaduto e basta, non sei stato un marito cattivo, è finito l’amore, non lo credevo possibile ma è successo.”
“Sì, è finito l’amore perché forse non l’ho coltivato.”
“Allora non lo abbiamo coltivato in due. La colpa non è mai di uno soltanto.”
“Ti ho data per scontato, invece non lo eri.”
Mi volto e incrocio il suo sguardo, ma ha gli occhi lucidi. Dopo abbassa il volto e mormora: “Non diamoci colpe è accaduto e basta.”
Allungo una mano per accarezzarla, ma lei indietreggia.
“Scu-scusa devo andare un attimo al bagno.”
Sospiro mentre si allontana, sarà dura.
Più dura del previsto.
 
 
Hikari dopo un po’ si agita quindi decido di addentrarmi alla ricerca di Sanae.
In cucina però scorgo Genzo.
“Hai visto Sanae? La bambina è nervosa.”
“Forse ha bisogno di essere cambiata vieni.”
Lo seguo aggrottando un sopracciglio.
Ci addentriamo nel reparto notte fino alla stanza della piccola.
Resto sbalordito dalla cameretta*, ma che diamine…
 
“Tu sei proprio sicuro di non aver esagerato?” Dico osservando l’albero finto che spunta in fondo alla stanza. La manager mi aveva accennato al discorso della cameretta, ma non credevo una roba del genere.
“Zitto non dirmi niente, ha già infierito abbastanza Sanae, ma la colpa è dell’arredatrice.”
Mi viene da ridere, mentre l’occhio cattura uno scivolo e un'altalena che penzola dall’albero ovviamente. I toni sono tutti rivolti alla natura sembra di stare all’aperto.
Siamo arrivati al fasciatoio.
“Adagiala qua. Lì – dice indicando un cesto – c’è tutta la roba per il cambio.”
Fa per andarsene, ma io arpiono il suo braccio.
Gira la testa: prima guarda la mano ancora stretta a lui, dopo solleva un sopracciglio con fare interrogativo, come a dire ‘beh, e ora che vuoi?
“Genzo, io non ho mai cambiato mia figlia.”
Quel sorriso sghembo strafottente compare sul suo volto, ed è lecito che io lo odi tanto in questo istante vero? Perché capisco che lui sa farlo e io no.
Ma poi mi sorprende con quelle parole.
“Dai vieni, ti faccio vedere.”
Quindi, senza nessuna intonazione a presa in giro o che altro, con movimenti sicuri e delicati Hikari torna bella profumata come prima.
La solleva e me la porge.
“Sai che avrò bisogno di altre lezioni vero?”
“Sono sicuro che Sanae sarà felice di dartene.”
Detto questo si congeda e sparisce dalla mia vista.
 
Resto un attimo a guardare la cameretta, odo dei passi provenire dal corridoio, infatti pochi attimi dopo la mia ex compare sulla porta.
“Tutto bene?”
“Sì, tutto ok.”
“Perfetto, senti pensavo, visto che Hikari è molto piccola e non può stare troppo lontana da me per via della poppata, ho deciso che mi toglierò il latte e te lo metto in biberon già pronti con la dose, così non sarai obbligato a stare con me.”
“Ma Sanae io… insomma, per me non è un problema.”
“No, Tsubasa, è giusto che ognuno compia la sua vita e non debba dipendere dall’altro. Genzo mi ha detto che ti ha mostrato come si cambia, se vuoi lo facciamo altre volte insieme, ma è giusto che tu abbia la tua indipendenza con lei, devi essere in grado di sostituirmi in tutto.”
Allunga le braccia e io capisco che è giunto il momento di andare quando lei mormora.
“Vieni da mamma, amore adesso facciamo la nanna.”
“Passo per darti una mano nei prossimi giorni.”
“Passa pure quando vuoi, comunque dopo domani arriverà Azumi, resterà con me una decina di giorni, sai: per farmi abituare.”
“Perché non prendi un aiuto?”
“Perché preferisco gestirla io, o solo da persone che conosco. Ci vediamo, scusa, ma sta crollando dal sonno.”
“Ciao.”
Quindi esco dirigendomi all’uscita.
“Ti accompagno…”
Sollevo un braccio, in cenno negativo alla proposta di Genzo.
“Non importa conosco la strada.”
E se pensavo che questa vicinanza con Sanae mi avrebbe offerto un'occasione, ora capisco che è impossibile, lei mi sta tenendo a debita distanza.
Dovrò solo farmene una ragione, definitiva.
 
 
***
 
 
Rigiro tra le mani il giornale che sto leggendo in taxi.
Taxi che mi sta portando a casa di Sanae, sono felice che abbia accettato il mio aiuto.
Mi ha spiegato quanto si senta in difficoltà da sola e con Tsubasa tra i piedi.
Magari poteva aspettare qualche altro giorno prima di obbligarla a venire in Spagna.
Torno con gli occhi sull’articolo.
Ma perché non li lasciano semplicemente in pace? C’è una creatura di mezzo proprio non hanno il minimo tatto.
 
Hikari Ozora
 
Finalmente si chiarisce il dubbio che aveva assalito tutti i nostri lettori da quando la ex moglie del Capitano Ozora convive con il portiere della Nazionale Giapponese. Non ci capacitiamo di come sia potuto accadere tutto questo, non solo il divorzio tra la solida coppia, ma la gravidanza si è conclusa con la nascita di una piccola Ozora e non una Wakabayashi come tutti avevamo immaginato.
Infatti tutti pensavano che il divorzio fosse dovuto proprio a questo fatto.
Che la moglie di Ozora fosse incinta del portiere e che per questo si fossero lasciati con il marito.
Ci smentisce in tutta questa confusione il cognome della piccola.
Prosegue…
 
 
“Sciacalli!” mormoro al giornale stringendolo con un po’ troppa forza e sgualcendolo.
“Diceva signorina?”
“No, niente mi scusi.”
 
Finalmente giungo a destinazione, stamattina ho fatto colazione con la mia stessa bile: dopo aver letto il giornale l’incazzatura era a livelli stratosferici.
Suono e dal citofono mi risponde la voce di Sanae.
Anche sul portone c’è lei ad accogliermi con la bambina tra le braccia.
“Sono così felice che sei qua con noi. Grazie!”
“E io sono felice di aiutarti con questo splendore” rispondo prendendo una manina della bambina.
“Vieni ti faccio vedere la tua stanza.”
La seguo; le dirò dopo del giornale.
 
In cucina glielo mostro, ma mi stupisce subito.
Fa spalluccia, dopo afferra un’altra copia dello stesso e me la porge.
“Ero già uscita a comprarlo, Genzo mi ha chiamata dalla Germania.”
“Proprio non hanno altro da fare che scrivere queste cavolate” borbotto guardando ancora il titolo.
“Azumi: è già tanto che non sia venuta fuori la notizia del test di paternità.”
Annuisco e sospiro.
“Lasciamo perdere, tieni…”
Mi porge la bambina, le mie mani tremano mentre l’accolgo tra le braccia.
È di una tenerezza disarmante, vorrei tanto che anche io e Taro riuscissimo a creare un gioiellino così.
Sembra leggermi nel pensiero quando avverto la mano adagiarsi sulla mia guancia per sciogliersi in una carezza.
“Vedrai anche voi stringerete presto un fagottino tra le braccia…”
“Lo spero tanto Sanae, sai, Taro e Tsubasa avevano parlato e scherzando avevano detto… pensa se i nostri figli nascessero lo stesso anno e poi giocassero insieme…”
“Beh, il Capitano non aveva fatto i conti con un fiocchetto rosa” dice facendo il solletico sotto al mento della figlia.
Ci guardiamo e scoppiamo a ridere.
Credo proprio che mi farà bene stare un po’ di tempo con loro.
Ed è così che iniziano le mie giornate con la prima manager e sua figlia.
 
 
 
 
Questo per darvi un idea della cameretta ;-)
*http://idacorr.net/wp-content/uploads/2015/12/Bambini-Giocare-Camera-Progettazione-Con-Albero-Casa-Decorazione.jpg
   
 
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