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Autore: Pimpi95    10/08/2016    2 recensioni
- Che fai qui Alice? Non mi farai cambiare idea perciò.. – Erina non finì la frase perché Alice le aveva mollato uno schiaffo sulla guancia.
- Stai sbagliando, sappilo. – disse Alice senza rimorsi di quello che aveva fatto.
Erina aveva la guancia rossa ma non le importava, indossò gli occhiali da sole e disse – Non essere triste per me, me la caverò. –
Erina partirà per New York, cosa succederà ai protagonisti?
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arato Hisako, Erina Nakiri, Souma Yukihira, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Soma squadrò Kohinata dalla testa ai piedi, mentre in lontananza si sentiva ancora la musica della festa in corso. Il vento piacevolmente fresco perché vicino al mare scosse i capelli di Erina che guardava con sorpresa il ragazzo spuntato dal nulla.
- Perché sei qui? Ti ha forse mandato mio padre a controllarmi? – domandò la ragazza sospettosa e vigile, che si aspettava di trovare suo padre comparire da un momento all’altro.
Kohinata fu colpito da quella domanda e cercò di rispondere subito, ma Soma lo precedette – Tu sei il ragazzo che mi ha fatto il terzo grado per quella foto. – lo riconobbe il rosso che aveva incontrato Kohinata proprio il suo primo giorno a New York, dopo aver discusso con Erina.
- Ancora con questa storia! Yukihira, ti ci metti anche tu ora? Non era tutto sistemato? – chiese ancora Nakiri infuriata appena aveva sentito parlare della foto compromettente e imbarazzante per lei.
- Tranquilla, la foto non c’è più e credo che nessun media ne sia al corrente. Non sono venuto per conto di tuo padre. Ho sentito da una guardia del corpo, al ristorante di Azami, che tu eri occupata con uno stage e che non ti avrei rivista al ristorante Nakiri. Per cui sono venuto qui. Devo dirti qualcosa. – disse tutto d’un fiato Kohinata.
Erina non fiatò. Aspettava che il ragazzo parlasse, ma i bodygard non gli permisero di dire nulla. Due uomini presero per le braccia Kohinata e lo trascinarono a terra legandogli le mani. Nel contempo il ragazzo cercava di dire qualche sillaba cercando di sputare la sabbia che gli entrava nella bocca – Io… devo dire… -
Intanto le guardie che stavano immobilizzando Kohinata lo tempestarono di domande – Tu chi sei e perché stai parlando alla signorina Nakiri Erina? Forza parla! –
Erina guardò tutta la scena sbigottita mentre Soma di fianco a lei si preoccupava di quel povero ragazzo messo al tappeto.
- Smettetela immediatamente, è solo un mio conoscente di New York. È inoffensivo. – cercò di dissuadere la sua scorta, Erina.
Hisako seguita da Alice e gli altri ragazzi dell’Accademia si  precipitarono a vedere la scena.
- Che succede, Erina? – domandò Alice che voleva saperne di più, invece Kohinata fu lasciato libero anche se aveva ancora una corda tra le mani.
- Volevo solo dirti una cosa Nakiri. Non mi aspettavo questa resistenza. – pronunciò queste parole mentre sputava qualche granello di sabbia.
- Scusa, sono spiacente. Puoi dirmi tutto, ora. Fai in fretta però perché devo rimettermi a lavorare. –
- Certo, sarò breve. – prese il coraggio che gli serviva e poi Kohinata, sotto gli occhi e le orecchie a portata di Soma e di tutti gli amici di Erina disse – Io sono innamorato di te e vorrei che tu mi dia la possibilità di farti capire che sono la persona più adatta a stare al tuo fianco. –
Dopo quella dichiarazione diretta, al chiaro di luna, Erina aveva la mente libera e chiara per rispondere ciò che significava per lei quello che aveva detto Kohinata – Capisco che tu stia provando questo per me, ma io non sento le stesse cose e credo che non cambieranno i miei sentimenti, in futuro. Perciò scusa, ma declino la tua proposta. – disse molto chiaramente e col cuore di ghiaccio. Era come se le parole fossero già state preparate nella sua testa, forse sospettava già che il ragazzo provasse sentimenti per lei. Tuttavia quello che Erina provava per Kohinata era solo amicizia e nulla di più.
Soma non reagì, rimase in piedi a fissare Erina che rifiutava Kohinata. Non aveva frasi decenti da dire e sembrava aver perso anche il suo solito umorismo, così aspettò che Erina sistemasse da sola quella difficile relazione.
Alice, per aiutare sua cugina inventò una stupidaggine per spezzare quell’atmosfera tetra che si stava creando – Insomma Kohinata, non ti abbattere. Non sei mica l’unico che va dietro a Erina. Mettiti in fila! Vedi tutti questi giovanotti? Loro sono gli altri che vorrebbero uscire con mia cugina, quindi dovrai faticare molto. Ahahah. – si divertì la cuginetta indicando Takumi, Soma, Mimasaka, Ryou e Akira accanto a lei.
Erina a seguito della sceneggiata di Alice divenne tutta rossa e le corse incontro – Che ti è saltato in mente! Vieni qui e sistema il guaio che hai combinato! – gridò per tutta la spiaggia mentre cercava di prendere sua cugina che fuggiva da tutte le parti.
Akira e gli altri rimasero senza parole, ma non diedero peso a quello che aveva detto Alice perché ormai sapevano che alla ragazza piaceva scherzare.
Le guardie del corpo andarono via, dopo il pericolo scampato, ma Kohinata era rimasto fermo sulla spiaggia a riflettere.
- Aspetta. – disse Kohinata a Soma mentre si avviava con i suoi amici diretti al ristorante.
Yukihira sapeva che era riferito a lui e si fermò. Lo guardò.
- Non so se Nakiri Erina si accorgerà mai di me o forse non lo farà mai perché è interessata a qualcun altro, ma sarà difficile entrare a far parte della famiglia Nakiri. – disse Kohinata e Soma elaborava ciò che diceva il ragazzo.
- Perché lo stai dicendo a me? – chiese stupidamente Yukihira.
Kohinata non sapeva cosa sentiva Soma per Erina o se non si erano ancora resi conto dei loro sentimenti, ma fece finta di nulla – Niente, dico solo che io non mi arrenderò facilmente. Conquisterò Erina e la famiglia Nakiri per avere qualche chance in più. Ci si vede, Yukihira Soma. – Kohinata calciò la sabbia con una scarpa e si diresse nella direzione opposta a quella di Soma.
Yukihira non aveva colto la sottile rivalità che Kohinata provava nei suoi confronti. Nei confronti di Soma che forse aveva una possibilità maggiore di conquistare il cuore di Erina.
“Cosa voleva dire Kohinata?”, metteva in moto il cervello di Soma “Aveva già discusso con lui e c’era sempre Erina di mezzo, ma perché?”, si domandava ancora. Voleva scacciare Kohinata fuori dai suoi pensieri, ma era difficile. Cosa lo tratteneva dal farlo? Doveva capirlo e si promise di scoprirlo prima di tornare alla Tootsuki.
Il responsabile nonché capo del ristorante ricevette una telefonata da Senzaemon che fu subito passata a Erina per spiegare cosa era successo al matrimonio – Nonno mi dispiace, non siamo stati molto professionali e c’è stato uno spreco di cibo, ma io me ne assumo tutta la colpa. –
- Ahahah, si tranquilla. Lo so cosa è successo, mi ha chiamato Alice poco fa per raccontarmi tutto. –
- Certo, ma perché stai ridendo? – chiese Erina un po’ perplessa dalla reazione esagerata di suo nonno, per nulla arrabbiato.
- Va tutto bene, ho saputo che vi siete divertiti. Tu e i tuoi amici. Sono contento che il mio piano abbia avuto successo. Lo stage doveva aiutare te e i tuoi amici a lavorare insieme, mettere da parte i vostri problemi e collaborare come gruppo. Non potevo sentire una notizia più positiva di questa! E poi non è certo colpa vostra se siete stati coinvolti in una specie di rissa. Ahahah. –
- O-ok. Grazie nonno, effettivamente non è stato male. – fu sincera e sollevata Erina mentre salutava suo nonno.
- Ci vediamo presto nipotina. – chiuse la chiamata Senzaemon, sospirò e sorrise. Qualcosa di buono, in quel viaggio aveva aiutato Erina a reagire e questo era ciò che sperava l’ex direttore della Tootsuki.
Dopo la prova culinaria affrontata con successo, i ragazzi ebbero la possibilità di trascorrere altri due giorni a New York in totale relax prima di ripartire.
Alice aveva programmato tutta la giornata e gli altri ragazzi lasciarono a lei decidere dove andare, perché era l’unica ad avere idee per trascorrere al meglio il soggiorno nella grande mela.
Central Park era la prima tappa. Alice ordinò ai suoi bodygard di procurare delle carrozze a cavallo da trasportare lei e i suoi amici per una buona parte di Central Park. Comprarono tutti un gelato e poi salirono sulle carrozze. I primi furono Ryou e Alice che fremeva, poi fu la volta di Soma e Takumi che erano eccitatissimi di essere trasportati da un cavallo e contagiarono Megumi che li seguì sulla stessa carrozza. Akira partì con Mimasaka che si era già sistemato per gustarsi il suo sorbetto. Erina e Hisako invece partirono per ultime. La biondina si accorse della confidenza reciproca tra Megumi e Yukihira. Non poteva farne a meno, aveva passato un po’ di tempo con il ragazzo e guardandolo da lontano aveva capito quanto lui si divertisse con i suoi amici. Era bello vederlo allegro, ma si domandava se anche con lei si divertisse allo stesso modo. Gli occhi di Erina riuscivano a catturare la spensieratezza che Soma aveva nell’ammirare il paesaggio naturale di Central Park. In qualche modo riusciva a entrare nel suo mondo vivace che lei non vedeva da tempo. Hisako accanto a lei cercava in tutti i modi di trovare le parole per parlare con la sua amica di quello che le era successo, nei giorni in cui non riuscivano a comunicare e chi fosse quel ragazzo Kohinata. Il volto di Erina però era sereno e Hisako non voleva oscurarlo con ricordi spiacevoli perciò si trattenne dal farle domande sconvenienti in quel momento.
Alice era scatenata come al solito e prese di mira Soma che accetto subito la sua idea folle. L’albina prese il comando della carrozza tenendo le redini del cavallo e fece scendere il cocchiere. Yukihira fece lo stesso mentre Takumi e Megumi si preparavano a reggersi forte perché sapevano che sarebbe potuta finire male quella strana corsa che avevano deciso di disputare i loro amici. Soma e Alice guidarono i cavalli più veloci di chiunque altro per vedere chi delle due carrozze fosse la più veloce. Il rosso non aveva mai guidato una carrozza né tantomeno salire su un cavallo però se la cavava con le istruzioni di Takumi che reggendosi forte gli gridava cosa doveva fare. Ryou invece mezzo addormentato scorgeva lo sguardo di sfida nelle pupille di Alice che faceva di tutto per vincere quella sfida.
- Sembrano dei bambini. – disse Hisako che sperava non facessero male alle persone che volevano godersi la passeggiata, ma in fondo non andavano molto veloci. Alice sapeva che Soma non poteva certo governare al meglio una carrozza trainata da un cavallo e manteneva una velocità bassa per permettere al rosso di avere qualche vantaggio in più.
- A me sembra che si stiano divertendo tanto. Piuttosto non credevo che Alice voglia far vincere Yukihira. Con quell’andatura verrebbe superata subito. – commentò Erina divertita.
Hisako percepì una strana calma nelle parole dell’amica e la vide più contenta del solito.
- Sì, hai ragione. – sorrise Hisako felice che Erina si stesse godendo tranquillamente quella giornata senza irritarsi con Alice o Soma. Le persone che senza dubbio avevano quel carattere capace di farti cambiare idea su ogni cosa e rallegrarsi per tutto ciò che decidevano di fare. Erano forse le sole persone che davano quella scarica positiva a Erina per reagire alla sua condizione famigliare.
Quel lungo parco che presentava un miscuglio di colori e vegetazione viva rendeva la giornata più bella.
Mimasaka si godeva con una pace mai provata prima tutto quello che lo circondava dai fiori alle voci dei passanti, si accorse anche di Akira che ad un certo punto saltò dalla loro carrozza.
- Scusami, non è per te. – disse Hayama che vide Mimasaka aprire i suoi occhi semiaperti – Voglio fare una passeggiata per conto mio. – finì la frase sbrigativo e l’amico ritornò al suo sonnellino.
Hisako vide Akira allontanarsi e seguì lo sguardo che il ragazzo le ricambiò.
- Che succede? Come mai Hayama sta andando via? – domandò Erina incuriosita.
- Chi lo sa. Non mi interessa. – girò la testa da un’altra parte Hisako.
- E’ successo qualcosa fra di voi? – chiese ancora la biondina.
- No. –
- Forse è a causa della vostra battaglia. Certamente ci sei rimasta male per aver perso contro di lui. –
- Sì, è così. Ma non ho il diritto di lamentarmi. Devo solo cercare di fare meglio la prossima volta. –
Erina guardò la sua amica attentamente. Hisako si era sempre confidata con lei e parlavano molto di ogni cosa, però l’argomento di quella battaglia culinaria non era mai oggetto di conversazione. Nemmeno quando era ritornata al suo fianco. Aveva sempre taciuto quel discorso e forse si sentiva parte della colpa. Lei era sempre la numero uno e Hisako voleva essere a tutti i costi la sua segretaria, aiutarla per ogni minima cosa. Hisako non le chiedeva mai nulla e si sacrificava tanto per lei. Erina avendo sempre i riflettori puntati godeva di molte cose, ma Hisako restava sempre in ombra anche quando non era necessario.
- Non devi essere arrabbiata con Hayama, la colpa è mia che ti ho scaricato troppe aspettative e che ti do sempre molto da fare. –
- Ma no. Non è vero. La colpa è solo mia per essere stata sempre dietro di te e mai al tuo fianco. Avevo il timore di sminuirti se ti fossi stata accanto. In fondo io non sono al tuo livello, però Yukihira mi ha fatto capire che devo almeno provarci a starti vicino. –
- Yukihira? – era perplessa la biondina a sentire il suo nome.
- Sì, durante lo stagiaire Yukihira mi ha aiutato a capire come affrontare il blocco che non mi permetteva di vederti. – disse con un largo sorriso.
Da quella conversazione Erina capì come Soma e Hisako fossero diventati amici. Tutto merito di Yukihira se Hisako era tornata; ancora una volta Soma le aveva fatto un grande favore. Come avrebbe potuto ricambiare tutte le volte che il rosso l’aveva aiutata?
Akira passeggiava solo nei vialetti alberati e i suoi occhi potevano scorgere tante famiglie, turisti che si divertivano insieme. Non potevano mancare gli innamorati e la gente che era sola a rilassarsi nel parco più grande che esisteva. Quella passeggiata serviva per riflettere sulle parole che il ragazzo aveva sentito al matrimonio.
Due ragazzi chiacchieravano di un loro amico che si era innamorato di una donna con il doppio dei suoi anni e che sarebbe stata perciò una relazione impossibile per la loro differenza d’età. Akira ci pensava perché in fondo era una situazione uguale alla sua. Lui provava qualcosa di forte per Jun, ma sapeva anche che, nonostante l’aspetto della donna, aveva molti anni in più. Poteva avere una chance? Lui era confuso e rifletterci gli avrebbe dato solo speranze inutili. L’unica opzione possibile che la sua mente concepì fu di confessare quello che provava a Jun e capire se lei fosse interessata a lui. Sebbene il ragazzo fosse concentrato sui suoi pensieri notò distintamente Alice e Soma che, esausti, si risposavano al centro del parco. Decise quindi di accodarsi a loro per uscire da Central Park e sapere quali fossero le altre tappe da vedere.
L’albina chiamò Erina e Hisako per riunirsi. Mimasaka era già arrivato alla fine della sua corsa e aspettava i suoi amici per andare tutti a Rockefeller Center. L’edificio altissimo li aspettava imponente e pieno di gente.
Avevano un tavolo prenotato al ristorante Rainbow Room al 65° piano. Dopo quasi un’intera mattina al parco avevano una fame tale da spendere un patrimonio di cibo. Poi si munirono di macchine fotografiche pronti a salire altri piani per godersi il panorama speciale che quel grattacielo regalava.
Soma iniziò a scattare foto da tutte le angolazioni possibili senza darsi tregua e Takumi fece lo stesso, sembrava che stessero facendo a gara chi fotografava in pochi minuti tanti scorci di New York. Yukihira però non aveva quel fine lui fotografava perché era elettrizzato da quell’altezza e dal panorama che vedevano i suoi occhi dorati. Aveva già collezionato ben trenta foto, ma le sue dita si fermarono prima di scattare qualsiasi altro pezzo di città. L’obiettivo si era fermato a individuare Erina che, invece di scattare fotografie, guardava dritto verso un punto preciso. Soma le scattò una foto e la ragazza si accorse subito di lui.
- Mi hai forse fotografata? – era infastidita Erina.
- Si, colpa mia. Cosa guardavi? Sembravi triste. –
- No, al contrario. Sono felice di visitare New York con tutti voi. Mi aiuta a non pensare a mio padre. –
- Beh, l’idea è venuta da Alice. –
- Sì, lo so. Eppure tu hai fatto molto di più, per me. – non sapeva come continuare. Voleva ringraziarlo, ma riuscirci era faticoso.
- Non devi dire nulla. – sembrò leggerle la mente, Soma – Non c’è bisogno che mi ringrazi. Siamo amici, giusto? Fare l’eroe mi riesce bene, vero? –
Erina sperò di pronunciare una parola di ringraziamento, ma quello che uscì fu solo una frase che non centrava affatto – Questa vista sembra qualcosa di comune, ma non lo è. Ogni volta che vedo un panorama dall’alto, il cielo mi sembra così vicino che mi viene voglia di volare. –
- Sì, anche a me piacerebbe. Volare è sempre stato un mio desiderio, ma credo impossibile. – scherzò il rosso.
- Cosa fai? Mi prendi in giro? – s’imbronciò Erina.
- Ahahah, mi sembravi un po’ giù perciò una risata era l’ideale. –
- Devi sempre rovinare tutto. – sorrise anche lei mentre cercava di riportare la serietà nella mente di Soma, senza riuscirci ovviamente.
Hisako fu sorpresa di vedere Erina e Soma scherzare perché li vedeva sempre come cane e gatto, ma quel cambiamento ammise che era una cosa positiva per la sua amica. Li lasciò soli e si accodò a Takumi e Megumi.
Hayama aveva un carattere che gli imponeva di stare per conto suo e con i suoi occhi verde smeraldo entrava nel panorama cogliendo il più piccolo difetto, poi immortalava tutto con una foto. Ogni tanto però dava uno sguardo agli altri, ma solo Hisako lo faceva riflettere. Pensava a quello che aveva detto il padre di lei. L’aveva già accompagnata a casa sua tempo fa, ma non ricordava proprio nulla, anche sforzandosi.
Ryou invece scattava tutte le foto possibili ad Alice che faceva da modella. Il panorama di Rockefeller non era la loro principale attrazione e Alice iperattiva sperava di poter visitare tanto altro di New York, così convinse i suoi amici a farsi una foto insieme e poi andare in città per negozi.
Ognuno di loro sperava di acquistare dei souvenir per ricordo di quella vacanza e magari anche per comprare dei regali. Erina vide Hisako e Megumi vicino ad un negozio che vendeva palle di vetro con la neve, alcune erano bellissime di tutte le dimensioni che ritraevano monumenti o scorci di New York. C’era anche una statua della libertà grande, avrebbe voluto prenderla, ma si rese conto che trasportarla non era facile. Le cartoline non mancavano e Hisako ne prese molte per i suoi genitori. Takumi era in cerca di qualche regalo per suo fratello e la sua famiglia lontana. Mimasaka invece si provava ogni tipo di abito che gli sembrava adatto a lui. Alice accompagnata da Ryou spendeva migliaia di soldi solo per lei e alla fine decise anche di fare regali per i suoi genitori, convinta dal ragazzo.
Soma era l’unico indeciso. Vicino al negozio di gioielleria, era costoso, ma sperava davvero di comprare qualcosa. Pensava a una persona, era lontana e la vedeva raramente però non poteva scordarla facilmente. Akira era accanto al rosso e pure lui cercava un bel gioiello per Jun, ma si poteva permettere poco così entrambi si recarono alle bancarelle poco distanti dai negozi dove erano entrati gli altri amici.
Yukihira comprò subito un braccialetto elegante e luminoso adatto per la persona a cui voleva regalarlo. Hayama invece vide una collana con un punto luce, semplice, ma carina. Si accorse inoltre di un'altra collana, ma non sapeva se prenderla o meno. Aveva una pietra rossa che ricordava gli occhi di Hisako. Akira non capiva il perché l’avesse attratta tanto quella pietra, ma continuò a fissarla finché il venditore lo avvertì di una cosa – E’ molto bello quel rubino vero? Devi sapere però che se regali un gioiello a una donna allora significa che provi dei forti sentimenti per lei. –
- Davvero? – pensò il ragazzo, guardando la collana che voleva dare a Jun. Se avesse dato una collana a Shiomi forse lei si sarebbe accorta dei suoi sentimenti. Poi riguardò il gioiello con il rubino - E’ vero rubino, quello? –
- Sì, per questo te lo sto dicendo. – confermò l’uomo.
- Come fa a capire che voglio regalarlo a qualcuno? – domandò Akira.
- So riconoscere una persona indecisa e interessata a qualcosa della mia bancarella. – rispose con un sorriso enigmatico il signore.
Akira non poteva comprare una collana con una pietra preziosa a caso e certamente non l’avrebbe regalata a Hisako solo perché quel rubino gliela ricordava. Così comprò solo la collana per Jun senza perdere altro tempo.
Alice vagava senza meta seguita dal suo fidato assistente che pareva annoiarsi molto, ma non lo dava a vedere perché voleva evitare di bisticciare con la sua signora.
I due sembravano attirare molto l’attenzione dei passanti, infatti un ragazzo si avvicinò ad Alice. La trovava molto bella e attraente così sperava di chiederle un appuntamento. Ryou non l’aveva nemmeno notato perché camminava dietro la ragazza come da suo comando e non appena quel ragazzo si avvicinò ad Alice, l’assistente annoiato assunse uno sguardo minaccioso che faceva paura a chilometri di distanza.
Non aveva neanche il fazzoletto rosso in testa, eppure quella situazione lo infastidiva parecchio perciò senza il minimo scrupolo colpì, con un calcio, lo stomaco del giovane che stava cercando di flirtare con Alice.
- Ryou! Cattivo! – lo colpì con pugni a raffica che non gli facevano niente – Perché l’hai fatto? –
Alice si scusò con il ragazzo e poi trascinò via il suo assistente con la folla che si riuniva per capire come fossero andate le cose.
Ryou non fiatava, sapeva di aver commesso una stupidaggine, ma non voleva ammetterlo. Dentro di sé capiva che non poteva scusarsi perché semplicemente non voleva. Il suo compito era di proteggere la lady, non era un segretario comune eppure non concepiva il suo comportamento di prima. Poteva allontanare il ragazzo con la forza del suo fazzoletto rosso, ma aveva deciso di non ricorrere a quella personalità. Aveva rinunciato alla violenza brutale per un altro tipo di scontro. La personalità che esce quando indossa la bandana rossa in fondo faceva pur sempre parte di lui e la poteva usare anche senza travestimento.
- Allora? Mi dici perché ti sei comportato così? Voleva solo rimorchiarmi. Uffa, sei sempre così avventato. Chiedi scusa. –
- No, non lo farò. – disse schiettamente Ryou.
Alice lo fissò per un po’ di tempo prima di fermare la sua collera verso di lui. Aveva capito che il ragazzo stava solo cercando di salvarla da una situazione che poteva mettersi anche male e per questo non riprese più quell’argomento. Poi si ricordò che Ryou non aveva il fazzoletto rosso per la “modalità Berserk”, come lei la chiamava, e rise. Ryou si era preoccupato per lei e Alice apprezzò il gesto.
- Ho fatto bene a scegliere te, come assistente. – disse a bassa voce, apposta. Sperava che lui non lo sentisse perché in quelle parole c’era del vero sentimento. Un’emozione dettata dal momento? Cos’era? Domandava a se stessa, senza avere risposta. L’aveva già provato prima, ma non ricordava bene quando.
Ryou, però, aveva sentito e anche senza cogliere quel sentimento lui ne fu felice. Camminare distante dalla sua signora non gli piaceva, così senza il suo consenso si avvicinò mettendosi di fianco. Alice, colse stranamente il ragazzo, non protestò, ma continuò a camminare vicino a Ryou come se niente fosse.
L’ultima tappa era partecipare a una mega festa in riva al mare. Una spiaggia piena di gente che si diverte, giochi sportivi, il cibo e le bevande da gustare in riva al mare tutti insieme. Normalmente a queste occasioni di festa si fanno incontri interessanti e magari si trova l’anima gemella. Nulla di tutto questo, però, era nei programmi di Soma e dei suoi amici.
Il mare di sera, quando il sole era ormai tramontato, faceva tutti più malinconici.
Un momento di risate e follia riaffiorò nei pensieri di Yukihira mentre sorseggiava un tè. Era il bagno che aveva fatto un giorno prima. Erano tutti contenti e quell’avventura sembrava proprio un miraggio perché già pensava al ritorno in Accademia. Megumi si sedette accanto a lui, sulla sabbia fredda, con una sola domanda per la mente – Cosa provi per Nakiri? – la rivolse a Soma lì vicino.
- DI che parli? Anche tu mi chiedi cose come questa. È a causa del bacio? – rise Soma, ma un po’ irritato. Sembrava come se tutti si volessero intromettere nella sua mente e sperare di ricevere risposte che nemmeno lui conosceva.
- Scusami, solo che mi sembrava tu provassi qualcosa di importante per lei. Ti sei fiondato da lei a New York per aiutarla. –
- Non avrei dovuto? Insomma, non mi piace Nakiri in quel senso. Non so neanche che significa fidanzarsi. Ho aiutato Nakiri perché lo sentivo e basta. – continuò Soma, ma poi si pentì di aver detto certe cose e di essersi quasi arrabbiato con Megumi. Perciò la voce si fece più dolce – Scusa, volevo solo spiegare come mi sento. Ultimamente non so cosa rispondere quando mi fate domande come questa.–
- Tranquillo, ti capisco benissimo. Ho sbagliato io a farti quella domanda così indiscreta. – senza toccare più quel tasto, Tadokoro rimase in silenzio a fissare il mare.
Yukihira avrebbe voluto capire qualcosa di più sui suoi sentimenti, su cosa provava ogni volta che guardava Erina e del perché non provava lo stesso con nessun’altra. Incrociò lo sguardo di Nakiri, sembrava serena. Si limitò ad accennare un saluto alzando di poco la bevanda che aveva in mano. Erina fece lo stesso, ripetendo il gesto con la sua aranciata, ma in quel momento avrebbe voluto essere vicino a lui. È stato il suo primo pensiero, vedendolo con Megumi si sentiva triste, ma il sorriso di Soma era così contagioso che anche da lontano poteva percepire il suo calore.
Hisako fu trascinata da Alice che cercava di formare una squadra per giocare a beach volley. Reclutò anche Takumi e insieme a Ryou formò la sua squadra per sfidare Soma, Megumi, Erina, Akira e Mimasaka.
Alice credeva di essere nella squadra più forte, con Hisako e Ryou fortissimi negli sport e più Takumi che dava sempre il meglio per battere Soma in tutto, ma l’altro gruppo fece sul serio. Erina, campionessa in tutto e Akira, per la sua statura, erano due pallavolisti fantastici; il lavoro di squadra tra Megumi e Soma poi era incredibile. Mimasaka, però, era quello più sorprendente perché, anche se cicciottello, si dimostrò agile e faceva schiacciate da paura tanto da far vincere la sua squadra.
Takumi pianse per la sconfitta e ovviamente Alice si sentì ferita nel profondo, era ancora di più in competizione con la cugina dopo quell’affronto.
Hisako non s’interessò dell’aver perso, invece si complimentò con Erina e gli altri a parte Akira che ignorò a priori.
Erina vide quell’atteggiamento distaccato tra la sua amica e Hayama perciò si avvicinò ad Akira, nel frattempo che Hisako le prendeva una bibita per rinfrescarsi dopo quella partita.
- Non sottovalutare Hisako, capito? – disse severamente Nakiri ad Hayama che la guardava stranito.
- Ti riferisci a quello che è successo mesi fa? –
- Si, ma non farla facile. Hisako c’è rimasta male e io pure. A causa tua ho rischiato di non vederla più. –
Akira cercò le parole giuste, ma non aveva intenzione di chiedere scusa. Perlomeno non ad Erina – Ho detto certe cose solo perché… - non finì Akira poiché Erina lo interruppe all’istante.
- So perché l’hai fatto, ma quello che voglio dirti è che tu non la conosci meglio di me. ti posso assicurare che quando s’impegna è davvero strepitosa e ti supererà senza problemi. Molto presto. – continuò seriamente la biondina senza essere interrotta. Akira capì la predica e si allontanò prima che arrivasse Hisako. Sarebbe stato troppo imbarazzante. Non era ferito dalle parole di Erina, ma aveva capito che Arato ricordava ancora bene quello che le aveva detto e doveva chiarire con lei, per mettere fine a quell’atteggiamento di indifferenza che Hisako aveva eretto come un muro visibile solo da loro due.
Quella sera non c’erano guardie del corpo così Alice approfittò di lasciare gli altri amici e seguire il suo istinto. Aveva un conto in sospeso.
- Dove stiamo andando, mia signora? – chiese Ryou che sapeva già la risposta.
- All’albergo dove alloggia mio zio. Devo dirgli due paroline. – camminava a passo spedito Alice.
- Non credo che sia una buona idea, ma lei farà comunque di testa sua. Vero? –
Alice si fermò di colpo e lo guardò dritto negli occhi. A quella distanza Ryou si sentiva a disagio, ma non perse la calma mentre la sua lady parlava con occhi di fuoco – Infatti. Ho preso la mia decisione. Prima di tornare alla Tootsuki voglio chiarire delle cose con Azami. Odio la sua morale e voglio farglielo sapere al più presto. Perciò ora seguimi senza fermarmi. –
Il ragazzo non si mosse – Come desidera. – disse soltanto.
Erina girò lo sguardo e vide Alice e Ryou andare verso la strada. Forse volevano tornare in albergo? No, pensò dopo la ragazza, riflettendoci su. Quando Alice si mette in testa qualcosa di illogico non lo dice a nessuno e parte in quarta. Così, invece di aspettare che Hiskao ritornasse con le bevande, corse incontro ad Alice e il suo assistente.
- Vengo anche io, Alice! – gridò Erina, ma sua cugina la sentì perfettamente.
- Vai via. Non seguirmi. –
- Perché sei sempre così avventata e testarda! – continuò a gridare la biondina avvicinandosi sempre di più all’altra.
Alice rallentò – Perché vuoi venire? Per stare ancora male? –
- No, per fermarti. Non serve che tu faccia l’eroina. –
- Invece voglio farlo, ok? – gridò anche Alice, esasperata – Lascia che mi occupi di tuo padre. Voglio aiutarti e non mi fermerai. – disse ferma nei suoi propositi.
Erina la guardò scioccata. Non riusciva a controbattere, perché pur volendo sapeva che Alice avrebbe fatto tutto il contrario. Alice ci teneva a lei e voleva dimostrarlo.
Azami era in piedi, vicino alla finestra del suo studio. Forse in cerca di qualcuno o forse sperava di vedere ritornare da lui sua figlia. Intanto le sue orecchie potevano udire perfettamente la voce della donna che era alle sue spalle e che imperterrita cercava di farlo ragionare.
Uno degli uomini di Azami, tuttavia, bussò alla porta semiaperta della stanza per avvertire della presenza di sua figlia insieme a sua nipote. La donna che era con Azami fu presa da un sentimento malinconico e speranzosa aspettava le due ragazze.
Alice entrò per prima, arrabbiata e al tempo stesso furiosa tanto da distruggere tutto quello che vedeva nella stanza con la forza del pensiero, ma si fermò di colpo. Si fermò vedendo la donna che era lì. La conosceva, non benissimo, ma sapeva chi fosse.
Erina si presentò subito dopo Ryou e anche lei si congelò nel vedere quella figura così familiare eppure così nostalgica che le veniva da piangere.
Non aveva mai pianto, non trovava mai stimoli abbastanza forti da provocarle una simile emozione.
Quel momento però era diverso, avrebbe voluto gridare, arrabbiarsi e buttare tutto all’aria, ma le sue gambe agirono da sole. Scappò immediatamente da quella stanza e uscì da quell’albergo di incubo.
Credeva quasi di svenire, le lacrime uscivano spontanee e senza comandi. Alice seguì sua cugina senza fermarsi e Ryou era con lei.
Cominciò a piovere, piano. Poi molto forte, era un vero e proprio diluvio. Sembrava quasi che il tempo si fosse collegato emotivamente alla ragazza. Erina si stava bagnando tutta, ma le importava meno di zero. Un dolore immenso cercava di venire fuori da dove era stato sepolto anni prima. Voleva solo sfogarsi in quel momento e Alice arrivò da lei per quel motivo. Per starle vicino. La abbracciò forte e la sentì piangere come se non l’avesse mai fatto prima di allora. Era più di uno sfogo. Erina non accennava a calmarsi, era impossibile da consolare. L’unica cosa che poteva fare Alice era di stringerla forte e ripararsi sotto un balcone.
L’acqua si mescolava alle sue lacrime, Erina vedeva solo questo.
Mentre sua cugina le accarezzava la testa e i capelli zuppi, il suo assistente chiamò i bodyguard per soccorrerli, portare coperte e ombrelloni. La macchina fortunatamente arrivò in pochi minuti e i tre salirono confortati dal caldo della limousine.
In spiaggia Hisako, si riparò velocemente sotto la tenda enorme che avevano reso disponibile e si preoccupò che non trovava Erina, ma Akira si avvicinò per dirle che l’aveva vista con sua cugina.
- Dove sono? Ho portato la bevanda che piace a Erina. - cercò con gli occhi la sua mica tra la gente. Intanto la pioggia diventava sempre più forte.
- Non credo siano più in spiaggia. Le ho viste che andavano via, prima di quest’acquazzone. – la informò il ragazzo.
- Capito. – era delusa Hisako.
- Ascolta, voglio parlarti di una cosa. – prese il discorso Hayama.
- Sinceramente, credo che andrò via anche io. –
- Se non c’è la tua signora non ti diverti, eh? –
- Non è per questo. Forse si, ma non è questo il punto. Non ho intenzione di stare qui con te. –
Akira stava ricevendo, ancora una volta, solo disprezzo e lo capiva. Se lo meritava, così arrivò al dunque – Quando ti ho detto che la tua cucina era limitata volevo solo farti capire che tu vali molto, ma non ti impegni come dovresti. Avevi bisogno di una sconfitta per farti capire che non ti devi accontentare solo di piacere a Nakiri, ma affinare di più le tue capacità per starle vicino e non essere considerata solo la numero due. –
Hisako ascoltò ogni parola e si rese conto di essere stata troppo dura nei suoi confronti – Lo so benissimo quello che volevi dirmi. Forse ti ho dato l’impressione di odiarti, ma in realtà io odio me stessa perché avevi ragione e Yukihira mi ha fatto capire in tempo quello che mi volevi trasmettere da quelle dure parole. Certo che però tu potevi anche andarci piano quella volta. – disse tutto d’un fiato.
- Se non mi odi, allora perché mi eviti? – voleva una risposta, Akira.
- Il perché non lo so! Forse perché mi sembrava più facile odiare te anziché me stessa. – si agitò la ragazza. Dopo una breve pausa, si calmò e disse un po’ a disagio – Scusa. –
- Lascia stare. – disse subito il ragazzo, per evitare l’imbarazzo.
La telefonata di Alice, comunque, non tardò ad arrivare dal cellulare di Hisako che rispose pensando fosse una chiamata di Erina.
- Non ti agitare, ok? Io e Ryou siamo con Erina. Erina mi ha chiesto di partire subito quindi vorrebbe andarsene al più presto. – fece concisa, Alice.
- Cosa? Perché? È successo qualcosa? – iniziò ad agitarsi la ragazza.
- Ti dirò tutto non appena tu e il resto del gruppo tornerete in albergo. Vi aspettiamo. Stanno arrivando le guardie del corpo con ombrelloni e macchine per farvi tornare prima. Ci vediamo dopo. – terminò con la voce più rassicurante che poteva avere in quel momento.
Hisako guardò Akira con preoccupazione, ma lui la rassicurò che non fosse accaduto nulla di grave. Soma e gli altri furono avvisati dopo, ma anche loro si allarmarono per il tempismo di quella telefonata. Nemmeno la guardia del corpo, Sai, accennò qualcosa.
Erina aveva il volto distrutto e il mal di testa per aver pianto tanto. Non aveva dimenticato nulla ed era sempre più convinta che tornare in Accademia fosse la soluzione migliore. Più lontana sarebbe andata meglio era. Quell’impulso di scappare lontano, in una terra sconosciuta dove nessuno poteva raggiungerla. Quel pianto liberatorio sembrava averla pulita da un sentimento importante, ma non era finita. Le lacrime erano state ricoperte, ma come una profonda ferita aspettavano il momento adatto per tornare a rigarle il viso. Tutto a causa sua, pensò la ragazza distesa sul letto. Non faceva altro che rivedere quella persona nella sua mente, scolpita nel suo cuore. E le faceva male.
Soma e i suoi amici furono messi al corrente della vicenda ed erano disposti ad aiutare Erina in qualunque momento.
Yukihira la vide stare male e per empatia sembrava provare il suo stesso dolore. Non voleva vederla così, non poteva lasciarla disperarsi ancora. Una delle sue brillanti idee si fecero largo nella testa e una soluzione fu trovata presto.
- Ho trovato! – disse a voce alta, il ragazzo, che riuscì ad arrivare anche alle orecchie di Erina confortata dalla voce di Soma – Andiamo nella mia città. Sono sicuro che la mia tavola calda vi piacerà! – annunciò con allegria. Un’allegria che Erina credette di non provare mai più, ma con Yukihira tutto era possibile e l’aveva sperimentato di persona. Una piccola speranza trovò luce nei suoi occhi.
   
 
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