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Autore: Leonhard    11/08/2016    7 recensioni
"Wilde, hai una zampa rotta". "Dimmi qualcosa che non so, Savage". La volpe era in ginocchio nella polvere, con le zampe rivolte verso il cielo; impressa negli occhi ancora la sagoma di Alopex e l'espressione sul muso di Judy. Terrore. "Per esempio da che parte stai: quanto ti paga Bellwether per ammazzarci tutti?".
il tanto atteso (spero) seguito di THE WILDE CASE
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Distopian Zootopia'
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4. Assurdo, no?

Se Judy avesse negato il sordo nervosismo che provava in quel momento, nella sala controllo dello stabilimento con un agente come Jack Savage come sola compagnia, sarebbe automaticamente stata inserita in lista per il trofeo ‘Bugiardo dell’anno’. La lepre studiava gli schermi con occhi freddi e lei non poté non pensare che era quantomeno ironico il fatto che un tipo così calmo e concentrato si sentisse in dovere di punzecchiare Nick ogni volta che la distanza fra i due andava sotto i…diciamo sei metri.

Scoprì nuovamente il nome del collega rimbalzarle nel cervello: assurdo che si preoccupasse di lui in quel modo anche se era stato assegnato ad un compito così facile. Aveva sospirato e roteato gli occhi quando Jack gli aveva detto di sorvegliare Bellwether da vicino: devi essere la sua ombra, gli aveva detto, e lui si era attaccato alla pecora senza preoccuparsi di sembrare invadente. La seguiva nel magazzino, controllava che pulisse bene i pavimenti, ispezionava le scatole che sistemava sugli scaffali, la aspettava persino fuori dal gabinetto.

E poi c’era Alopex, la cui espressione delusa era stata talmente malcelata da farle pensare che non poteva esistere al mondo una coniglietta tanto ottusa da non accorgersi che avrebbe dato metà del suo cervello per lavorare con lui. La guardava in quel momento, seria e concentrata davanti ad una serie di dati e grafici come se fosse nel suo ambiente di competenza.

“Io quei grafici non saprei nemmeno da che parte leggerli…” commentò. Jack ridacchiò.

“Già: nemmeno io” confessò. “Però agente Hopps, adesso c’è una cosa che vorrei chiederti”.

“Judy andrà benissimo, Jack” ridacchiò la coniglietta. Lui sorrise.

“Molto bene” annuì. “Dimmi Judy: tu ti fidi di Wilde?”.

Non fu sicura di aver capito la domanda. O meglio, quella l’aveva capita: era il rapporto con l’operazione che le sfuggiva. Come poteva la sua fiducia nei confronti del suo collega compromettere o anche solo riguardare la sorveglianza di Bellwether? Curvò le orecchie di lato, incuriosita.

“Certamente” rispose infine. “Gli affiderei la mia vita. E sono più che sicura che anche lui farebbe lo stesso con me”.

“La tua vita…” ripeté lui, tornando con lo sguardo sul monitor. “La tua vita…”. Judy lo guardò incuriosita, mentre una domanda faceva capolino nella sua mente e si posava sulla sua lingua.

“C’è qualcosa che non va?” chiese. “Cos’hai contro Nick? Nemmeno lo conosci e lo tratti così male”.

“Male, Judy?” commentò lui, tornando a guardarla. Quegli occhi di ghiaccio parvero scandagliarla all’interno. “Se volessi trattarlo male ve ne accorgereste tutti quanti. E poi, sembra che lui sia lieto di essere trattato così”.

“Lo vedi?” obiettò lei. “Non lo conosci nemmeno e già…”.

“Conoscerlo?” replicò lui. La voce era calma, ma una sottile nota vibrante di rabbia la costrinse a chiudere la bocca. “Pensi che non lo conosca? È un truffatore, un ladro ed un bugiardo! E quel che è peggio”. Si avvicinò a lei, paralizzandola con gli occhi. “È dannatamente bravo ad ingannare la gente”.

“Tu conosci il vecchio Nick” replicò lei, dopo qualche secondo di smarrimento. “Nick è il mio collega più fidato: mi fido ciecamente di lui”.

“Fai male, Judy” commentò.

“E tu che ne sai?” sbottò riottosa. “Com’è che sai così tante cose di lui da etichettarlo come marcio in partenza?”.

“Perché ci ho avuto a che fare in passato” replicò lui. La voce era tornata atona e gli occhi si posarono nuovamente sugli schermi. Fece una breve carrellata nel cortile esterno poi si collegò alla telecamera del magazzino e si fermò.

Regnò il silenzio per qualche minuto. Sul piccolo monitor era comparso Nick, appoggiato ad uno scaffale, a scrutare attentamente Bellwether riporre dei barattoli sullo scaffale. Judy si ritrovò a fissarlo: lo guardava senza un particolare motivo, ma allo stesso tempo si sentiva incapace di rivolgere la sua attenzione a qualunque altra cosa fosse inquadrata in quella stanzetta.

“Nicolas Wilde” mormorò Jack. “È l’unica nota rossa sul mio curriculum da agente; dovevo dargli la caccia, ma non sono riuscito a trovare nessun valido motivo per metterlo in gabbia dove dovrebbe stare”.

(A no? Hai pensato di controllare la sua dichiarazione dei redditi, coniglio ottuso?) pensò, sognando di poterglielo dire di persona. “E come avrebbe fatto a scappare?”.

“Ci siamo arrivati grazie ad Alopex” borbottò lui. “Un giro contorto dei tunnel sotto Zootropolis: allora non conoscevo questa città e prima che avessi modo di rintracciarlo era scomparsi al suo interno. È poi ricomparso un’altra volta”. Strinse i pugni e digrignò i denti, come se fosse quell’ultima volta il fattore scatenante del suo odio nei confronti della volpe. Ringhiò. “Per salvarmi la vita”.



“Assurdo, non pensi?” disse improvvisamente Dawn, rompendo il silenzio che per tutto quel tempo aveva riempito lo spazio tra lei e Nick.

“Che tu stia facendo servizio civile proprio qui?” replicò lui. “Effettivamente, ti avrei visto meglio in un maglificio”.

“Hai mai letto la storia, Wilde?” chiese lei, incurante. “Lo sapevi com’eravamo prima? Eh? Lo sapevi?”. Rimase vagamente sorpreso che la pecora lo chiamasse per nome: non l’aveva mai fatto e durante il processo l’aveva semplicemente definito ‘la volpe di Hopps’, come fosse

la nemica naturale per eccellenza dei conigli

un cagnolino da compagnia, una sorta di John Watshawk accanto a Sherfox Holmes. Ricordava di aver contemporaneamente abbassato le orecchie e stretto a pugno le zampe, pungendosi i cuscinetti con gli artigli al sentire quella definizione. Ma quella volta accanto a lui c’era Judy e si era dichiarato disposta ad ingoiare quel rospo; quello che tuttavia sospettava era che in quel momento, in quella circostanza e con quei pensieri nella testa, un secondo rospo come quello sarebbe stato semplicemente troppo amaro da ingoiare.

“Certo che lo so” annuì lui. “E so anche che tu non saresti in cima alla catena alimentare, sai?”.

“Lo saresti tu, certo” annuì lei. “Ma sarebbe meno assurdo: dove si è mai visto un coniglio innamorato di una volpe?”.

“Nello stesso posto in cui si è vista una pecora lavorare per un leone, Dumbwether” ridacchiò lui. “E poi, è realmente assurdo che un coniglio si innamori di una volpe: dovresti farlo presente al tuo amico nonché presentargli qualcuno della sua stessa razza”.

“Hai conosciuto Alopex no?” osservò lei. “E l’agente Hopps ha incontrato Savage. E tu hai mai conosciuto l’ebbrezza della natura? Della bella, sincera, spietata natura? L’hanno provata i mammiferi sai? Oh si: mi vorranno sicuramente ringraziare perché è scritto che ogni predatore o preda che sia ami quello che dovrebbe essere in realtà”.

Gli era piaciuto.

“Non so di cosa tu stia parlando” borbottò.

“BUGIARDO!” ruggì la pecora, voltandosi di scatto verso di lui. Gli occhi sbarrati e pregni di un odio incoerente, fuori luogo, ma vivo e pulsante, presente e vero. “Bugiardo” ripeté, con la sua solita voce melliflua. “Lo sai eccome di cosa sto parlando, Wilde”.

Improvvisamente espresse il desiderio di non essere lasciato da solo con lei. Sollevò tutti i suoi muri e di riflesso il suo solito sorrisetto comparve sul muso.

“Anche se lo sapessi” disse. “Non potresti capirlo, batuffolo”.

È la mia parola contro la tua

“Lo capirò” replicò lei, sistemando le casse sugli scaffali. “E quando scenderai a patti con te stesso capirai anche tu. Capirai che non è corretto andare contro natura: questa non può essere considerata evoluzione. Questa…”.

Nick smise di ascoltarla. Possibile che lei sapesse? Sentì nuovamente sulla lingua il sapore rosso del rame e la zampa ingessata smise di prudere. Tornò con la mente al sogno, al ricordo, al laboratorio sotterraneo. Accanto al corpo senza vita di Clawhauser ed al successivo buio pesto da cui si sarebbe risvegliato tornato nella civiltà, tornato in sé

Ma perché non tornarci nel caos della natura? Era pura e bella e giusta…

ma con quella sensazione strana, che sembrava arrivata con il gesso alla zampa. Non sapeva dargli un nome eppure sentiva che l’aveva e doveva solo trovarlo.

“…e poi quel Savage. Ah quanto non mi piace, Wilde…” diceva Dawn scuotendo la testa. “Però un po’ ti capisco…essere discriminato così solo perché sei una volpe…”. Stava saltando da un discorso all’altro senza un’apparente logica e Nick desiderò molto più intensamente la compagnia di un collega, magari qualcuno che avesse le conoscenze necessarie per gestire una pecora diventata pazza.

“Io? Discriminato?” commentò. “Ha! Cerchi di conquistarmi con le battute?”.

“Sai…” osservò lei. “Credevo che mentissi meglio”.

“Questa mi sa di uscita razzista…” osservò lui, con un ghigno. Dawn ridacchiò assieme a lui.

“Beh, sono state queste uscite razziste a far fare a tuo padre la fine che ha fatto” disse. Il sorriso di Nick si congelò sul posto. Suo padre? Come poteva sapere di suo padre? Nessuno sapeva nulla di quello che era successo.

“Di che stai parlando?” borbottò.

“Lo sai perfettamente di che sto parlando” replicò la pecora. E lo sapeva: Nick lo sentiva che Dawn non stava solo dando aria alla bocca. Parlava perché sapeva.

“Dovrai essere più convincente per sconvolgermi, batuffolo” disse, sentendo il suo muro farsi pericolosamente sottile.

“Allora senti qua, volpe ottusa” sbottò lei, voltandosi a guardarlo. Gli occhi erano sbarrati e pulsanti di capillari, ma che tuttavia condivano con la sicurezza quell’espressione trionfante sul suo muso. “Tuo padre è scomparso dalla circolazione quando tu eri cucciolo. Il suo sogno era fondare il più grande parco giochi di Zootropolis, ma nessuno gli concedeva dei finanziamenti perché, ovviamente, era una volpe.

“Ad un certo punto saluta la moglie ed il cucciolo e sparisce dalla circolazione finché non viene ritrovato a Savana Centrale, dentro un tombino beh…troppo stretto per una volpe”. Concluse il racconto con un risolino simile ad un belato che fece istantaneamente ribollire il sangue del poliziotto.

“Beh…sei informata” borbottò, trattenendo con i denti il ringhio di rabbia che sentiva annidato al fondo della gola.

“Mi sei simpatico Wilde”osservò lei. “Sei l’unico predatore della città che può vantarsi di questo”.

“Lusingato…” borbottò lui.

“Quindi, in simpatia, ti dirò che a fare quel lavoretto a tuo padre…” continuò. Fece una pausa, probabilmente mimando qualche stupido quiz televisivo che aveva visto in cella. “…è stato Jack Savage”.
   
 
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