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Autore: Lady_Sticklethwait    11/08/2016    2 recensioni
-AL MOMENTO SOSPESA-
Penelope si alzò di scatto quando sentì la finestra alzarsi e poi riabbassarsi magicamente.
All'inizio pensò fosse un sogno e richiuse gli occhi, memore di aver addosso ben dieci ore di sonno arretrato, ma lo scricchiolio del pavimento parlava chiaro: c'era qualcuno lì dentro. [...]
Spense la candela con un soffio delicato ed un braccio solido le cinse la vita mentre, un’altra mano, soffocò le urla che sarebbero da lì a poco uscite.
- Sono estremamente affranto, signorina - una voce roca e determinata dall’accento perfettamente inglese le carezzò le orecchie - ma non sarei qui se non mi fossi trovato in condizioni estreme -[...]
- Signore - sbottò, aggrappandosi disperatamente alla sua razionalità - questa situazione… Ora… non è decente -
L’uomo sembrò riflettere per qualche secondo e poi eccolo sorridere di nuovo ed inclinare il capo verso destra, come se stesse dicendo la cosa più ovvia del mondo- Non ho mai detto che io fossi decente -
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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                                                                     Capitolo 3.
 


 
 Allora, io NON pensavo che fosse possibile trovare un uomo realmente esistente che assomigliasse in tutto e per tutto a come ho immaginato che fosse Christopher, il personaggio di questa storia, ed invece... L'ho trovato! Hugh Dancy, sei il mio Christopher Anderson!
Adoro, adoro, adoro.
Ottimo, ora vi lascio al capitolo.




«Per tutte le prigioni e le catene d'Inghilterra!» urlò Françoise, camminando avanti e dietro lungo tutto il perimetro della stanza.
«Penelope! Santi numi, santissimi numi, perché non mi hai avvertita? Dannazione, dannazione! Dannazione a te, ragazza, e a chi la notte non resterà sveglio con una candela vicino alla finestra pronto a maledirti!»
Penelope si accasciò sulla sedia, i vestiti di Lady Crane completamente bruciacchiati ed irreparabili.
«Allora?» sbraitò l'altra, fermandosi a pochi metri di distanza dalla sedia «Com'è potuto accadere?»
Penelope fece spallucce non osando alzare da terra lo sguardo; dopo tante ore trascorse nella stessa posizione la testa incominciava a dolerle, le ossa della schiena erano particolarmente pesanti ed indolenzite e gli occhi... Cielo, com'era difficile tenerli aperti!
«Françoise, giuro, non è stata mia intenzione, io... « inspirò, e poi parlò tutto d'un fiato «Dopo tante ore ho ceduto al sonno e solo poco dopo mi sono accorta che la candela sul tavolo era caduta» ammise, liberandosi da quell'enorme macigno che era il senso di colpa.
«Santi numi, santi numi! Ti ucciderà, ci ucciderà!» imprecò Françoise mangiucchiandosi le unghie.
Penelope decise di non averla mai sentita così disperata. Di solito la sua voce era simile all’aspetto: raffinata, cupa, inflessibile. Aveva un accento interessante, non proprio inglese, con le vocali un po’ aperte e la ‘r’ leggermente marcata, ma ora tutti quei piccoli difetti sembravano invisibili se paragonati al rancore che Françoise nutriva nei suoi confronti.
Non che Penelope volesse biasimarla, ma la sua collaboratrice era particolarmente spaventata dalle punizioni che Madame Moreau era solita infliggerle.
Una volta, infatti, per essersi presentata con ben due ore di ritardo al lavoro, Madame Moreau le aveva sottratto più di duecento sterline dal suo misero stipendio.
E Françoise non poteva tollerarlo.
Penelope, d'altro canto, era abituata ai soprusi dei più potenti verso gli umili (dato che era sempre lei la prevaricata), per cui le terribili punizioni della sarta più famosa d'Inghilterra non la spaventavano più di tanto.
«Cosa faremo, cosa diremo a Madame Moreau?» chiese Françoise, più a se stessa che a Penelope.
Quest'ultima si alzò dalla sedia con non poche difficoltà: il dolore lancinante alla schiena persisteva e la testa le turbinava come se avesse ballato cento volte la giga.
Nonostante l'evidente malessere esteriore, Penelope si fece coraggio e mosse qualche passo in direzione del suo scrigno; ove, infatti, aveva intenzione di prelevare qualche spicciolo (frutto di minuziosi risparmi) per ricomprare la pregiata stoffa di Lady Crane.
Françoise, intanto, continuava a blaterare da sola senza neanche accorgersene che la compagna, armata di mantello e pochi spiccioli, si stava dirigendosi verso la porta.
«Io...Vado a fare compere» decise di comunicarle sull'uscio della porta.
«Compere?» Françoise si girò con gli occhi sgranati «Ora?»
Penelope annuì «ho intenzione di riparare il danno, Françoise, e ti sarei davvero grata se non proferissi parola con Madame Moreau»
«Ma...Io...Lei...» balbettò «Lei sa tutto, vede tutto! Lady Crane si accorgerà dello scambio, mi scoprirà ed io finirò dritta sulla forca!»
«Tu!» tuonò «sei una sciocca se pensi che io possa attribuirti tutta la colpa dell'incidente! E sei ancora più sciocca se pensi che la prospettiva migliore sia...» un giramento di capo la fece barcollare, e dovette appoggiarsi con la mano al muro per non cadere «sia... Oh, non importa» disse, chiudendo gli occhi «ora ho solo bisogno di placare i miei sensi di colpa, Françoise. Ti prego»
La donna si morse un labbro, troppo presa dalla battaglia interiore per notare l'instabilità fisica di Penelope.
Guardò per terra, poi gli abiti... No... Madame Moreau l'avrebbe scoperta, ed avrebbe licenziato lei e Penelope. Non poteva permettersi un lusso del genere, la sua vita si era sempre basata sulla certezza ed era impossibile che Madame Moreau non incolpasse anche lei dell'accaduto.
«Penelope, io...» alzò lo sguardo giusto in tempo per vedere la porta richiudersi con un tonfo.
 
 


 
Penelope sapeva che era giunto il momento di ritornare alla sartoria, ma non poteva.
Qualcosa le impediva di distogliere gli occhi dalla folla che si era venuta a creare nelle vicinanze di Hyde Park.
Erano le sette del mattino e Madame Moreau non si sarebbe fatta viva se non dopo le nove, ma Penelope aveva del lavoro da svolgere; doveva ricucire gli abiti di Lady Crane e dubitava che ci sarebbe riuscita in meno di due ore.
Scosse la testa e si girò, pronta a ritornare il più velocemente possibile sui suoi passi, ma un grido seguito da epiteti scandalosi catturò la sua attenzione
«In piedi, in piedi!»
La folla sembrava stringersi sempre di più non lasciando intravedere nulla se non un vago movimento di braccia.
Una rissa? Sulla via più importante di Londra?
Per un momento fu tentata di andarsene, non era mai stata una forte sostenitrice della boxe, ma poi un pensiero si fece largo nella sua mente: cosa c'era di male nel dare una sola occhiatina?
Era del parere che la curiosità andava sempre soddisfatta – se ciò non lesionava la persona – per cui si strinse al petto la borsa contenente la stoffa e si avvicinò con circospezione.
«Scandaloso! E' davvero scandaloso!» commentarono alcune vecchie signore ad alta voce, lanciando occhiatine colme di disapprovazione. Penelope si morse un labbro e dovette alzarsi sulle punte per riuscire, quantomeno, a capire chi fossero i due contendenti.
Christopher Anderson si alzò in piedi a fatica, ansimando per lo sforzo ma sorridendo trionfante: ce l'aveva fatta!
Pur rimediando un occhio nero, aveva steso quel buffone di un Chersher con quattro colpi ben assestati.
Stephan Wilson si fece spazio tra la folla con la stessa allegria di un condannato che sta per salire sul patibolo «Cos'è accaduto qui?» chiese osservando la camicia di Christopher completamente a brandelli e Mr. Chersher steso a terra.
Christopher lanciò un occhiatina maliziosa alle signore che avevano assistito allo spettacolo e che, con tutte le probabilità, erano rimaste letteralmente scandalizzate.
«Fornisco alle conversazioni salottiere argomenti più interessanti della moda e del clima» sorrise, riprendendosi la giacca da terra.
«Non c'è più nulla da guardare, qui. Andate via» disse il marchese di Garham, agitando le mani come un contadino eccitato che scaccia via le galline.
«Christopher, per l'amor del cielo» iniziò Stephen con aria affranta «avevi promesso che...»
L'uomo alzò una mano «Ti prego, non continuare.»
«Ma...» sospirò sonoramente, e guardò Mr. Chersher con circospezione. L'uomo, ora, sembrava aver ripreso coscienza, anche se aveva l'aria di essere più di là che di qua.
«Tutto bene?» gli chiese Stephan tendendogli la mano.
Christopher sbuffò ed indossò la giacca con disinteresse; lo zigomo destro gli dava fastidio, eccome, ma era ancora troppo carico di adrenalina per accorgersi della ferita.
Inarcò un sopracciglio, infastidito, quando vide il marchese di Garham e Stephan trattare Mr Chersher con molta premura.
Il bastardo se l'era meritato, certo che sì!
Come osava un così semplice aristocratico arricchito accusarlo di avere barato a carte? Certo, quella nottata aveva avuto una fortuna così sfacciata da sorprendere pure lui stesso, ma barare… Quello no, non lo avrebbe mai fatto.
In pubblico.
Sogghignò guardando il bastardo che giaceva dolorante per terra ed un sorrisino di soddisfazione gli si disegnò sulle labbra.
Gli spettatori stavano già iniziando a disperdersi lungo il parco, mormorando parole poco lusinghevoli sul suo conto.
Bhè, pazienza, pensò Christopher passandosi una mano tra i capelli castani e scombinati. Cosa poteva fare per domare la sua natura focosa?
C'era una cura, per caso?
Bhé, allora avrebbero dovuto inventarla, ed anche subito, dannazione!
«Christopher, tu farai meglio a ritornare a casa e ad applicare del ghiaccio sull'occhio e lo zigomo...» gli suggerì Stephan, aiutando il bastardo ad alzarsi in piedi.
Christopher annuì gravemente, poi si avvicinò a Mr. Chersher e gli diede un buffetto sulla guancia «Buona giornata, Sir» esordì un inchino perfetto e si allontanò, non prima di aver sentito la risposta.
«Vai....Al diavolo, Anderson»
Christopher sorrise.
Forse se l'era meritato.
 
 
 
 
 Il prossimo capitolo sia di questa storia, sia di ‘Cuori d’inverno’ saranno postati la settimana prossima.
Buon fine settimana a tutte!

Lady Sticklethwait.
   
 
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