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Autore: olivia301203    11/08/2016    0 recensioni
Cherokee è una ragazza comune, spirata in circostanze anomale a soli diciotto anni.
Da quel che ne sa dovrebbe essere morta ormai da centocinquant'anni, ma incredibilmente non lo è più.
Dietro questa novità apparentemente gioiosa, si nasconde però un orribile segreto, che combatte con le unghie e con i denti per essere svelato.
Difatti in questi anni l'umanità si è estinta lasciando la Terra in eredità agli Automi, che incapaci di provare sentimenti hanno distrutto il Pianeta.
Ma perché fanno resuscitare i ragazzi?
Questa è la domanda a cui Cherokee deve rispondere, e ne vale la vita di tutti.
******
«La vita è fatta di scelte.
Io ho scelto di vivere».
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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I.






"Devi promettere che sopravviverai, che non ti
arrenderai qualsiasi cosa accada, per quanto disperata sia la situazione.
Promettimelo adesso Rose, e non dimenticare mai questa promessa."
Leonardo di Caprio, Titanic.





Sono ferma davanti alla porta della mia stanza, una mano tesa a saggiarne la consistenza metallica.
Oggi incontrerò gli altri ragazzi, che come me, sono stati strappati alla morte. Non so di cosa abbia paura. Sono sempre stata una persona solare, incline a nuove amicizie. Ma la morte mi ha cambiata, non so dire se in meglio o in peggio, ma l'ha fatto.
Da quando sono arrivata qua, le giornate sono state scandite da test, esami e spiegazioni. Le cose -che si sono rivelate essere robot- mi hanno spiegato cos'è successo: della mia morte improvvisa, dell'Estinzione, e di come gli Automi abbiano preso in nostro posto sulla Terra.
Sono sempre stata diffidente, sin da subito, nei confronti delle cose. Ascoltavo i loro racconti scettica, fingendo di essere schierata dalla loro parte. Non so da quanto dura la mia messinscena alla "Devo essergli riconoscente a vita", un mese, forse di meno, ma sta diventando sempre più difficile il trattenermi allo sputargli i miei pensieri in faccia. Letteralmente.
Sospiro. Prima o poi, volente o nolente, dovrò uscire allo scoperto. Tanto vale togliermi subito il pensiero.
Spingo la porta, uscendo nel corridoio in cui si affaccia la mia camera. Come il resto delle cose, anch'esso è di un bianco così omogeneo e brillante da farmi male agli occhi. Lì, ad aspettarmi immobile e rigido, c'è un Automa, incaricato di scortarmi nella sala adibita a mensa. Lo seguo in silenzio, contando i passi per tenere la mente occupata.
Un brusio mi avverte della vicinanza al mio obiettivo.
La cosa si ferma di fronte a una porta vetrata a due battenti, la apre e mi fa entrare. Lo spettacolo che mi si presenta davanti è familiare: lungo una parete vi sono vari carrelli e congelatori dove sono riposti bibite e cibo. Nell'altro lato lo spazio è completamente occupato da tavoli singoli. Tutto questo ha un che di nostalgico, mi ricorda la mensa scolastica, dove passavo i tre quarti del tempo a chiacchierare con Benedetta, la mia migliore amica.
Mi giro, in cerca della cosa, ma se n'è già andata, troppo indaffarata per accertarsi che mangiassi davvero. Poco male. Incerta sul da farsi, cammino silenziosa verso i vassoi di cibo. Non mi servo un granché, non ho molta fame. Mi siedo a un tavolo vuoto, il più isolato dal resto degli altri.
Mangio il mio pasto in silenzio, giocherellando col le foglioline di insalata. A un certo punto delle voci parecchio forti e vicine, catturano la mia attenzione accompagnate da un trambusto di sedie che mi costringe ad alzare gli occhi. Un gruppetto di quattro o cinque ragazzi si è seduto al mio tavolo, accerchiandomi.
«...te l'avevo detto che non ti avrebbero lasciato portare l'uva in camera. Oh, tu devi essere quella nuova.»
Una ragazza, dai grandi occhi neri mi sta fissando, in attesa di una mia risposta.
«S-sì»
«Come ti chiami?»
«Cherokee.»
«Io sono Paula, questo è Lucas, lei Sondra, Natasha e lui è Brain.» mi presenta tutti, con un sorriso a trentadue denti.
«Brain?» non posso fare a meno di chiedere. Da quel che ne so in inglese dovrebbe significare -cervello.
«Beh ecco, lui in realtà si chiama Brian, ma a scuola era il secchione della classe, perciò...» spiega Paula.
«E tu cosa preferisci che ti chiami?» azzardo al diretto interessato.
Lui si volta. Il suo viso è celato dietro degli occhiali dalla montatura quadrata troppo grande. Ha l'aria infantile e da intellettuale.
«A-a me va be-bene tutto» mormora timidamente, con un accenno di balbuzie.
Gli sorrido rassicurante, quando uno stridire mi costringe a voltarmi.
Un ragazzo, più grande di me, si è seduto al nostro stesso tavolo ma all'estremo opposto, come a volerci evitare. Mangia in silenzio, senza degnarci di uno sguardo. Qualcosa nella sua postura e nel suo modo di fare, mi trattiene dal parlarci.
«Cherokee, posso chiamarti Cher, giusto?» annuisco a Paula, la quale continua a parlare.
«Allora, come sei morta?» chiede con nonchalance.
Sgrano gli occhi. Sarò io un po'strana, ma non mi sembra molto educato domandarlo.
«Devi scusarla. Paula dice tutto quello che le passa per la testa.» interviene Lucas.
«Il punto è che qua siamo tutti morti, e alla fine è diventata una cosa comune chiederlo.» spiega Natasha.
«Ehi, fa niente se non ti va di dirmelo»
«No, no... beh in realtà è stato un attacco di cuore, morte improvvisa»
Paula soppesa un po' la mia risposta e poi mi sorride incoraggiante.
In quel momento l'altoparlante gracchia un «ventisette» metallico.
«Che succede?» chiedo a nessuno in particolare.
«Ci stanno chiamando» spiega Sondra indicando la ragazza che si è alzata dirigendosi verso la porta, dove una cosa la sta aspettando. «Lo fanno alla fine di ogni pranzo. Ti portano in una sala dove fare dei test, e poi sei libera di tornartene in camera»
«Ma qual'è il mio numero?»
«Hai presente la medaglietta che ti hanno dato il primo giorno? Ecco, prendila. In fondo, sotto il tuo gruppo sanguigno c'è scritto un numero, appena lo chiameranno tu dovrai raggiungere l'Automa all'entrata, lui ti scorterà nell'laboratorio»
Osservo ansiosa il numero 57 impresso nel ferro del ciondolo.
Aspetto che chiamino il mio numero, e in tanto la mensa si svuota. Quando chiamano il 36, Paula si alza e prima di andarsene mi fa l'occhiolino.
Alla fine rimaniamo solo io e il ragazzo dall'aria burbera di prima. Lo osservo ed incontro il suo sguardo gelido.
«Così tu sei la nuova arrivata» la sua voce è profonda, leggermente roca.
«S-sì»
«Sopravvivi» mi raccomanda. In quel momento l'altoparlante annuncia la sua uscita.
Lui si alza, è più alto di quanto pensassi.
«Aspetta!» esclamo, «come ti chiami?»
Lui si volta, un sorrisetto compiaciuto è impresso sulla sua faccia.
«Elihas».
Scompare dietro la porta, ancor prima che possa porgli altre domande.
E mentre aspetto che arrivi il mio turno penso a quello che mi ha detto: sopravvivi.
   
 
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