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Autore: Onaila    11/08/2016    5 recensioni
Quanto possono essere diverse due persone dopo dieci anni?
Quanto il passato può influenzare una persona?
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Costia, Lexa, Octavia Blake, Raven Reyes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
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RAVEN

Lei e la signorina Braun non erano grandi amiche, erano socie sì, ma il loro rapporto non si era mai elevato ad altro.
Di certo non era colpa sua, lei ci aveva provato a superare quelle barriere che la circondavano, ma ogni volta che le sembrava di aver fatto un passo in avanti in realtà ne aveva fatti trenta indietro e proprio per quello rimase molto sorpresa di trovare uno schizzo di Lexa sulla sua scrivania.
Posò i fascicoli che le aveva richiesto e prese quel foglio tra le mani.
Che le piacesse disegnare?
<< Che cosa stai facendo? >> si voltò di scatto, imbarazzata per essere stata colta sul fatto << H-ho lasciato i dossier che mi hai richiesto >> era impossibile non notare il foglio che teneva tra le mani << Posalo >> ordinò e Raven si morse un labbro.
Non stava esagerando?
Alla fine sapeva che stava frequentando Lexa << Hai bisogno di altro? >> la vide sedersi sulla sua poltrona nera e nascondere il disegno in un cassetto.
Era in imbarazzo?
<< Sì, è tutto >> si voltò dirigendosi alla porta, ma tornò sui propri passi << Non fateglielo vedere >> l'avvertì e la bionda si accigliò << Il disegno, non mostratelo a Lexa >> << E perché mai? >> Raven si strinse nelle spalle << Perché porterebbe a galla solo brutti ricordi e se davvero tenete a lei, non mostrateglielo >> vide una strana ombra passare sui suoi occhi << La conosci così bene? >> le chiese incrociando le mani sul tavolo << Era la fidanzata di una mia cara amica e una mia amica, ma non so molto di lei, a parte che è evidente che provi ancora qualcosa per Clarke...o mio dio questo forse era meglio se non lo dicevo >> si maledisse per esserselo fatto sfuggire, ma si sorprese ancora di più per la reazione di Costia che sorrise appena << Lo so, sembra che io debba competere con lei >> commentò sarcastica.
Che Lexa gliene avesse parlato?
<< E' tutto? >> Raven vi pensò allungo prima di annuire e uscire dalla stanza, lanciando appena un ultimo sguardo alla donna che sembrò rattristarsi.
Aveva davvero fatto un casino e forse era il caso di avvertire Lexa?

 

LEXA


Stava assistendo ad una delle riunioni più importanti della Natblida, ma non riusciva a togliersi dalla testa le cicatrici di Costia.
Chi mai poteva fare una cosa del genere?
Il suo sguardo era stato così triste e malinconico.
Adesso cominciava a capire il perché delle guardie del corpo.
Quindi questo individuo continuava a perseguitarla?
Che cosa poteva mai volere da lei?
Incrociò le mani sul tavolo inumidendosi le labbra, desiderando essere con lei adesso invece che con quel gruppo di soci.
Avrebbe voluto parlarle, avere delle risposte, ma Costia non poteva fornirgliele, ma sopratutto voleva capire perché le ricordasse Clarke, in ogni movimento, in ogni frase, in ogni gesto le sembrava di vederla.
<< Che cosa ne pensate Signorina Natblida? >> non stava seguendo molto l'incontro, ma Anya le aveva insegnato a rispondere in casi come quelli << Credo che il Signor Hamilton debba finire di esporre la sua idea prima >> la giovane donna che da anni aspirava a salire al suo posto come amministratrice si morse un labbro tornando poi a seguire la riunione.
Erano arpie, non poteva distrarsi un attimo che erano pronte ad attaccarla.
Non ti lascerò più, te lo prometto.
Quanto potevano essere vere quelle parole?
Se davvero qualcuno minacciava la sua vita, come poteva mantenere quella promessa?
Represse un brivido nel ricordarsi il dolore che aveva provato per l'abbandono di Clarke.
Non l'avrebbe sopportato di nuovo, a malapena era riuscita a superarla la prima volta, ma una seconda?
Si passò una mano trai capelli rilassandosi sulla poltrona.
Avrebbe dovuto sopportare ancora un'ora prima di rivederla di nuovo: Costia l'aveva invitata a cena, senza però specificarle dove.
Si era messa d'accordo con il suo autista a sua insaputa, l'aveva definita una sorpresa.
Sorrise per quel suo modo di fare e ciò non passò inosservato agli azionisti << Qualcosa la diverte? >> stavolta aveva anche seguito ciò che si dicevano quindi quella domanda non la prese di sorpresa << Non pensate che l'idea del Signor Hamilton abbia del comico? >> gli uomini compreso quello chiamato in causa si accigliarono << Come può pretendere di aumentare il profitto se diminuisce la manodopera? >> stava per rispondere, ma Lexa si fece avanti con il busto facendoli cenno di stare zitto << Quello che mi sta offrendo è semplicemente la diminuzione dei costi, non l'aumento dei ricavi. Se oggi si fosse presentato con un esempio di manodopera a basso costo, ma che mantenga alto la nostra produzione, avrei acconsentito, ma quest'idea di licenziare non ha alcun valore per me >> concluse facendo cenno al prossimo di esporre la propria idea.
Non le importava che il Signor Hamilton potesse prenderla sul personale, perché tanto l'avrebbero sempre presa sul personale.

La berlina parcheggiò di fronte a “La Vida Mexicana” e Lexa si accigliò per quel nome.
Non che non fosse abituata a frequentare luoghi di quel genere, ma che Costia vi andasse era una completa sorpresa << Eccoti! >> esclamò sorridendo e venendole incontro per poi baciarla << Credevo non ti piacessero i cibi forti >> si morse un labbro << Infatti è così, ma qua hanno il privé, quindi le guardie del corpo possono stare fuori >> Lexa rise ricordandosi come Clarke cercasse in ogni modo di creare dell'intimità fra di loro durante le uscite all'esterno << Però dovrai anche mangiare qualcosa >> entrarono all'interno e la vide togliersi la sciarpa e quasi si innamorò del modo in cui i biondi capelli le ricaddero sul cappotto nero << Io e Marcel siamo grandi amici, cucinerà qualcosa per me, vero? >> quello che sembrava essere lo chef del ristorante annuì, facendole cenno di seguirle.
La vida Mexicana non era un ristorante molto frequentato né di lusso, tant'è che vi erano tavoli in legno ricoperti da una tovaglia rossa e così era allestito anche il privé, solo che le sedie in legno erano state sostituite da un divano nero << O mio dio...non ti ho chiesto se a te piacesse il messicano, ti piace? >> Lexa annuì imitandola e togliendosi il capotto << Come stai? >> le chiese toccandole una guancia con il dorso della mano e trovando la pelle ancora un poco calda << Non dovresti uscire >> l'ammonì e Costia si strinse nelle spalle << Non si abbasserà solo perché ho conosciuto te >> prese il menù e socchiuse leggermente le labbra << E ormai ci ho fatto l'abitudine >> aggiunse stringendo la propria mano nella sua << Come è andata la riunione? >> le fece e Lexa la osservò ancora per qualche minuto preoccupata << Bene, ma ero un po' distratta a dire il vero >> Costia si accigliò chiudendo la lista e guardandola << A cosa pensavi? >> in un primo momento glielo avrebbe voluto dire, ma poi gesticolò con la mano << A niente, vari pensieri, ma niente di importante >> chissà quanto cose aveva dovuto affrontare, non poteva stressarla con la sua curiosità e le sue domande senza risposta << Sei sicura? >> probabilmente aveva capito, ma era del tutto decisa a sorvolare << Sì, sicura. Che hai deciso? >> prese il menù tra le mani cominciando a scorrere la lista e Costia rimase ad osservarla ancora per qualche minuto prima di imitarla.
Entrambe volevano parlare, ma entrambe sapevano di non poterlo fare...

Si massaggiò gli occhi entrando in casa e cominciò a spogliarsi, completamente esausta da quel giorno così pieno.
Sospirò indossando una camicetta nera che le arrivava fino alle ginocchia e raccolse i lunghi capelli in una coda, ricordando ancora una volta il modo ossessivo di Costia di liberarglieli.
Anche a Clarke piacevano sciolti.
O mio Dio...
Doveva trovare un modo per liberarsene.
Prese un bicchiere di vino sedendosi sul divano e accendendo la televisione.
C'erano così tante somiglianze in lei che era normale le tornasse in mente così spesso.
Il modo in cui arricciava il naso, il suo sorriso e...erano troppe le cose in comune, era impossibile non pensare a Clarke.
Prese un sorso zittendo il televisore, ma lasciando che le figure illuminassero il buio della stanza.
Anche il modo con cui l'aveva amata la notte scorsa, le aveva ricordato lei.
Era Dio che la puniva per qualcosa nella sua vita precedente?
Si grattò la fronte alzando gli occhi al cielo, per bagnarsi nuovamente le labbra con il vino rosso.
Confusione, era in piena confusione.
E se non amava Costia ma solo ciò che le faceva ricordare?
E se una volta che Clarke fosse riapparsa, Costia non avesse avuto più valore per lei?
Si diede della sciocca scuotendo la testa.
Perché mai Clarke sarebbe dovuta riapparire?
E sopratutto perché sarebbe dovuta venire da lei?
Clarke si era dimenticata di lei quel giorno sulla spiaggia.
Clarke non sapeva nemmeno chi fosse Lexa.
Lexa non sapeva nemmeno dov'era o chi fosse diventata Clarke.
Era semplicemente scomparsa in quella notte d'estate senza dirle niente, sconvolgendo la sua vita come non mai.

Dieci anni prima

<< Lexa fermati! >> le gridò Anya seguendola sulla spiaggia << Perché mai? >> << Perché avevi detto che avresti smesso! >> nel sentire quella frase scoppiò a ridere, ma era una risata triste e amara << Ho aspettato che tornasse, l'ho chiamata ininterrottamente per giorni, per poi sentirmi dire che si è trasferita?! Che vada al diavolo! >> alzò le mani al cielo dirigendosi verso la folla << Avevo promesso per lei, per lei e lei soltanto avevo giurato di smettere, ma sai che ti dico? Spero che lo rovini questo volto che lei tanto amava! >> esclamò e Anya la schiaffeggiò << Smettila...ti prego, mi fai paura... >> la trattenne per le braccia impedendole di scappare << Hai il cuore spezzato, ma non devi rovinarti per questo... >> in un primo momento Lexa rimase ad osservarla scoppiando a riderle in faccia << N-non ho il cuore spezzato lei l'ho a distrutto... >> si liberò della stretta abbassando lo sguardo << E' la prima persona a cui ho detto ti amo, è la prima persona con cui mi sono mostrata per quello che ero è la prima persona dopo di te a cui desideravo raccontare tutto! >> alzò le mani al cielo << E lei che cosa ha fatto del nostro rapporto? >> tornò a guardarla << L'ha gettato via, ha gettato via un anno di noi...e... >> Anya l'abbracciò e Lexa si accorse solo allora di star piangendo << Lei...la verità è che mi manca... >> crollarono in ginocchio tutte e due << E se adesso dovesse tornare io giuro che la perdonerei...la perdonerei Anya, capisci? >> si strinse forte intorno all'amica nascondendo il volto nella sua spalla << La perdonerei perché la amo ancora... >> << Lo so..lo so >>.
Le aveva davvero spezzato il cuore sentire il suo numero disconnesso e vedere la sua casa disabitata.
Che fine avevano fatto i Griffin?
Perché non si sapeva più niente di Clarke?

 

CLARKE


Stava facendo jogging mattutino quando rientrò in casa e togliendosi gli auricolari sentì la notizia alla televisione << Clarke... >> la chiamò la madre vedendo il suo sguardo sconvolto.
Conosceva quel piano, l'avevano ideato i primi anni dopo la loro scompara, ma perché attuarlo ora?
L'avevano fatto per lei e per ciò che stava facendo?
<< P-perché? >> si ritrovò a chiedere e sentì chiaramente le due guardie pararsi dietro di lei << Dovevamo farlo cara... >> << Perché? >> odiava quegli attacchi gli odiava con tutta se stessa << Perché... >> con il fiato corto si diresse all'uscita della cucina prima che potessero fermarla e montò sulla macchina del padre ancora parcheggiata sul vialetto, ignorando le voci dei suoi genitori.
Non era giusto.
Non era giusto!
Accelerò quando le fu possibile fino a raggiungere il suo appartamento e fu devastante ciò che vi trovò: la porta era spalancata e Lexa era in ginocchio tra le braccia di Anya di fronte al notiziario che stava dando ancora la notizia.
<< Non è giusto... >> le sentì dire e il cuore le si chiuse in una morsa nel sentire la sua voce così straziante << Perché... >> Clarke si ritrovò a piangere di riflesso per il dolore che stava provando Lexa.

Si avvicinò con cautela, ma quando sembrò notarla le rivolse uno sguardo freddo << Vattene >> Clarke la guardò per niente sorpresa da quella reazione, era normale che non la volesse lì, era normale che non volesse Costia << Vattene! >> gridò stavolta, ma si avvicinò ugualmente desiderando abbracciarla come non mai << Ti prego Costia... >> Anya le si parò davanti e avrebbe voluto ignorarla, avrebbe voluto dirle di farsi da parte, ma Costia non l'avrebbe mai voluto dire, Costia non poteva dirlo, così tornò sui propri passi, chiudendo la porta alle sue spalle giusto in tempo per vedere le sue ombre salire le scale insieme a suo padre << Che diavolo volevi fare? >> avrebbe perso tutto, stavolta avrebbe davvero perso tutto.
L'avrebbe persa << Io...devo...vado... >> suo padre le si avvicinò abbracciandola, ma era troppo tardi, era troppo tardi.
Lo scostò << Vado a correre >> << Clarke.. >> sapeva che aveva fatto cenno alle guardie di affiancarla subito non appena uscita dall'edificio e ciò la innervosì ancora di più così cominciò a correre, senza fermarsi, senza prendere fiato.
Avrebbe perso di nuovo tutto!
Adesso l'avrebbe persa di nuovo...
Corse fino a Central park e cominciò a rallentare una volta raggiunto il ponte sospeso dove si piegò in due per riprendere fiato.
Dio mio...che cosa aveva fatto di male?
Strizzò gli occhi mentre piangeva, sedendosi sull'asfalto stringendosi le ginocchia al petto.
Che cosa aveva fatto di male?!
Pianse, pianse perché non poteva fare altro.
Non poteva andare da lei e dirle che non era vero, non poteva e anche se avesse voluto non poteva!

 

LEXA


Alla fine si era addormentata sul divano e fu il suono del televisore a svegliarla << Finalmente si dirada la nebbia sui Griffin >> il telecomando era caduto sul pavimento togliendo il muto, ma non fu quello a destarla dal sonno, ma il nome di cui era protagonista la notizia << Come ha ottenuto queste informazioni Signor Smith? >> si alzò a sedere pensando che fosse un nome strano e troppo comune per un giornalista << Ho dovuto indagare molto e sono sconvolto quanto voi della notizia >> sentì bussare alla porta, ma la ignorò << Non potevamo immaginare che la famiglia più amata di New York avesse un passato così oscuro >> << Lexa sono io dannazione apri questa porta! >> si alzò dirigendosi al'uscio senza smettere di ascoltare << Adesso cominciamo a capire il perché della loro scomparsa >> fece la cronista << Il dossier che ho diffuso in rete dichiara chiaramente la morte dei coniugi seguiti subito dopo da quella della figlia >> sentì l'intero mondo crollarle addosso a quella frase pronunciata con una naturalezza che metteva i brividi << L-lexa... >> la chiamò Anya << E' sconvolgente scoprire del suo rapimento a solo...diciott'anni, giusto? Mi corregga se mi sbaglio >> ignorò l'amica avvicinandosi allo schermo << No, non si sbaglia affatto. La defunta Clarke Griffin fu rapita all'età di diciott'anni e dopo mesi in prigionia il suo cadavere è stato ritrovato in mezzo al bosco >> si portò una mano alla bocca crollando in ginocchio.
E-era morta?
Sentì l'aria nei polmoni prosciugarsi << Che atroce fine...come mai hanno tenuto nascosto tutto questo? >> il giovane giornalista si inumidì le labbra << Per proteggere i coniugi Griffin, ma sono morti solo qualche anno fa, per causa sconosciuta, ma le persone che mi hanno rivelato queste informazioni dicono che si sia trattato di omicidio >>.
Non poteva essere vero...
Lei non poteva essere morta!
Con una mano colpì il pavimento, allontanando la rabbia che provava per se stessa per averla odiata così tanto in quei dieci anni << Lexa calmati >> << Sognavo che tornasse... >> sentì Anya abbracciarla << Non è giusto... >> si strinse forte a lei aggrappandosi alla sua amica come se fosse la sua ancora di salvezza << Perché... >> quando vide Anya alzarsi notò Costia avvicinarsi a lei, con il volto rigato dalle lacrime.
Perché piangeva?
Non la conosceva!
Lei non sapeva niente di Clarke!
Piangeva per compassione?
<< Vattene >> non voleva che fosse lì, non voleva ricordarla, non voleva maledirsi ancora per quello che aveva pensato << Vattene! >> gridò alzandosi in piedi anche lei, ma Costia si avvicinò palesemente desiderosa di volerla confortare << Ti prego Costia... >>.
Voleva solo che se ne andasse, che stesse il più lontana possibile da lei.
Sapeva di ferirla così, lo sapeva, ma non le importava, perché non sarebbe riuscita a vederla finché le ricordava Clarke...
Non l'avrebbe sopportato.

 

CLARKE


Si stava osservando le mani, stringendo forte a lei il ricordo di Lexa tra le sue braccia << Come è stato per lei vedere la sua reazione? >> << Normale >> mentiva, tanto non era quello che volevano?
<< Normale? >> il dottor Sinclair accavallò le gambe annotando qualcosa << Non è forse questo che vorrebbe sentirsi dire? >> << Non c'è qualcosa che voglia sentirmi dire signorina Braun, mi dica ciò che lei voglia che io senta >> sorrise nervosamente inumidendosi poi le labbra << La sessione scorsa mi ha chiesto se ho istinti suicidi, beh, le ho mentito >> l'uomo si accigliò vedendola alzarsi << Le ho mentito perché...non lo so il perché, ma l'ho fatto. Quindi, sì, ho avuto istinti suicidi, ma non sono mai riuscita ad andare fino in fondo. Vuole sapere il perché? >> si passo una mano trai capelli voltandosi verso di lui << Perché avevo sempre la sciocca speranza di poter incontrare Lexa >> sussurrò quel nome quasi non fosse degna di pronunciarlo << E quando l'ho vista, quando ho avuto l'occasione di parlarle, di poterle stare vicino e di poterla amare di nuovo, mi sono sentita di nuovo viva. Dopo dieci anni ho potuto risentire di nuovo l'aria nei polmoni, il cibo riprendere sapore e i colori tornare ad essere tali, dopo dieci lunghi anni sono tornata di nuovo a vivere...ma ha idea di che effetto faccia alla mente tutto ciò e vederselo strappato via ancora e ancora e ancora, senza mai fine? >> si divertì nel vedere l'uomo non trovare risposta alla sua domanda << Non ne ha idea perché non lo può sapere...vede magari lei e quelli della CIA pensate che facendo così, voi mi stiate aiutando, mi stiate proteggendo, ma la verità è che mi sembra di non essere mai uscita da quella prigione >> sentì il proprio fiato svanire e i ricordi farsi sempre più vivi, un susseguirsi di immagini d'orrori senza fine passare per la sua mente << Voi e i miei genitori mi uccidete ogni giorno senza rendervene minimamente conto... >> si trovò a piangere, ma sapeva per certo che aveva terrorizzato il Dottor Sinclair con il suo sguardo perché lo vide deglutire a fatica << C-credo che sia il caso che io torni domani >> aggiunse prendendo poi la sciarpa e il proprio capotto << Arrivederci dottore >>.

Dieci anni prima

Sarebbe impazzita.
Ormai ne era sicura.
Sarebbe impazzita e morta e nessuno se ne sarebbe accorto.
Guardò lo sporco sotto le unghie, desiderando solo potersi lavare le mani, sentendosi lurida e viscida.
Voleva solo sentirsi rivolgere una parola...dolce
Ormai erano giorni che non mangiava qualcosa e probabilmente lo facevano apposta, così come quando lasciavano il rubinetto fuori dalla gabbia a malapena aperto così che la goccia costante risuonasse sulla ceramica del lavabo impedendole di dormire o quella dannatissima luce.
Voleva solo tornare a casa...
Si appoggiò alla porta di ferro e con immensa sorpresa la sentì spostarsi un poco.
L'avevano lasciata aperta?
Si alzò immediatamente o meglio si mise in ginocchio visto che la prigione non le permetteva di alzarsi in piedi per quanto era bassa e con gioia e stupore la trovò veramente aperta.
Non era uno dei suoi soliti sogni...non lo era vero?
Si diede un pizzicotto e assaporò il dolore che provenne da quel gesto, catapultandosi silenziosamente all'esterno, dirigendosi alla piccola finestra che sapeva essere aperta.
Non le importava se vi sarebbe passata, perché si sarebbe costretta a passarci, del resto era dimagrita molto.
Assaporò l'odore di terra bagnata e di aria fresca.
Aveva piovuto?
In Estate?
Quanto era passato?
Salì sul piccolo sgabello e trattene il respiro cercando allo stesso tempo di schivare il chiodo che fuoriusciva dal bordo della finestra.
Sorrise quando si trovò con mezzo busto fuori e con i gomiti poté toccare l'erba bagnata, ma il sorriso le morì in gola quando sentì la voce di uno di loro e le sue mani afferrarle le caviglie.
Il primo dolore che sentì fu il chiodo conficcarsi sul fianco e tirarle la carne per poi fermarsi grazie al ferretto del reggiseno.
Il secondo dolore che sentì fu la sua testa e il suo corpo colpire il pavimento con una tale violenza che pensò ne sarebbe morta.
Il terzo dolore e forse quello più acuto fu la violenza con cui il piede dell'enorme uomo colpì il suo ginocchio e il suo addome.
Le gridò contro qualcosa che lei non comprese mentre si contorceva dal dolore e lui la trascinava di nuovo nella cella.
Cercò di mettersi a sedere, ma il dolore al fianco e al ginocchio gli impedirono anche solo di inarcare la schiena.
Faceva schifo, si sentiva uno schifo...tutto era uno schifo.
La vista cominciava ad appannarsi.
Sarebbe morta o stava semplicemente per svenire?
Il sangue iniziava ad imbrattare quella che una volta era stata la sua camicia preferita e si maledisse per averla messa quel giorno.
Avrebbe preferito morire...avrebbe davvero preferito morire.

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NA: Ecco il nuovo capitolo e scusate per il ritardo :) Spero vi sia piaciuto e sopratutto che cosa ne pensate? Vi ha emozionato? Lasciatemi una recensione di cosa ne pensate ;) Sopratutto dell'ultima parte, mi interessa sapere che cosa avete provato e pensato ;) Allora prossima :D!



 

   
 
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