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Autore: Ode To Joy    13/08/2016    9 recensioni
REWRITING in Progress
[Kageyama x Hinata]
[Iwaizumi x Oikawa]
[Daichi x Suga]
"Ti racconto una cosa: quando un corvo riesce a trovare il proprio compagno gli rimane accanto per tutta la vita."
In un mondo la cui storia è scritta da continui giochi di potere tra principi e re, due regni continuano a scontrarsi senza che vi sia mai un vincitore.
"C'è una lezione che non devi mai dimenticare: un Re che decide di combattere da solo, è un Re sconfitto in partenza."
In un mondo in cui si può solo perdere o vincere tutto, alle volte è utile ricordare che anche il più grande avversario può divenire il più forte degli alleati.
"Alla fine, il Re più potente è sempre quello con a fianco più compagni disposti a seguirlo fino alla fine."
[Medieval+Fantasy -AU]
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Koushi Sugawara, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama, Tooru Oikawa
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Raven Crown '
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24
Di draghi e salti nel vuoto
 
 
“È stato… Intenso,” disse Tooru mentre gli angoli della sua bocca si sollevavano. “Che ne pensi, Hajime?”
Il Primo Cavaliere di Seijou si era lasciato cadere seduto sul bracciolo del trono nero e poco importava che non fosse rispettoso. Il Re Demone non se la prese, comunque e sorrise divertito di fronte alla luce smarrita degli occhi verdi dell’altro. “Senza parole, eh?” Ridacchiò. “È riuscito ad ammutolire anche me, lo ammetto. Eppure, secondo i piani, quello a rimanere sorpreso doveva essere il piccolo Principe dei Corvi.”
Hajime prese un respiro profondo e si tirò di nuovo in piedi. “Per un lungo momento, l’intera corte è rimasta senza parole,” accennò un sorriso a sua volta. “Il risultato finale ha di gran lunga superato le aspettative…”
“Non le mie,” ammise Tooru guardando i due Principi muoversi a lato della sala del trono, verso le vetrate della balconata. “È esattamente tutto come speravo che fosse.” Rise di nuovo. “Shou-chan è fortunato. Danzare così con un Principe al suo primo ballo di corte… A quindici anni sognavo qualcosa di simile anche io.”
Restò a guardare il suo erede dire qualcosa al Principe dei Corvi e poi dirigersi verso una delle tavole imbandite, mentre il piccoletto usciva sulla balconata.
“Avrei potuto imparare a danzare…”
Tooru sbatté le palpebre un paio di volte, come se non fosse certo di aver udito quelle parole per davvero o essersele solo immaginate. Si voltò e notò che le gote del suo Cavaliere si erano colorate appena. “Non era mio dovere farlo,” aggiunse, “ma avrei potuto imparare a danzare…”
Il Re Demone mascherò la sorpresa di quella confessione con un sorriso. “Non c’è ragione di chiedere scusa.”
“Non lo stavo facendo,” replicò il Cavaliere con orgoglio.
Tooru, tuttavia, continuò a sorridere intenerito. “Lo so, Hajime. Lo so…”
 
 
Kenma aveva avuto il buon cuore di alzarsi dalla sedia che aveva occupato per tutto il tempo dall’inizio del ballo per permettere al Re dei Corvi di accomodarsi, mentre Keiji aveva suggerito a Koutaro di andare a prendergli qualcosa da bere.
“Daichi, mio Re, lascia che ti dica quanto sono orgoglioso di te!” Esclamò Ryuu dando una pacca sulla spalla al sovrano silenzioso. “Hai mantenuto la calma per tutto il tempo! Hai la mia più profonda stima! Ci fosse stata mia figlia a danzare, ancora starebbero ripulendo il sangue dal pavimento!”
Kiyoko afferrò un braccio del marito cercando di farlo tornare al suo posto.
“A Shouyou piace tanto danzare, poi!” Esclamò Yuu con un gran sorriso. “È andata bene che il Principe Demone sia tanto bravo… È stata una sorpresa! Vero, Asahi?”
“S-Sì…” Balbettò il Primo Cavaliere di Karasuno fissando terrorizzato l’espressione del Re dei Corvi che, istante dopo istante, si faceva sempre più inquietante.
Koushi sbuffò. “Daichi, recupera il controllo in fretta,” ordinò. “Tobio ha chiesto a Shouyou di ballare ed è stato meraviglioso da parte sua! Cancellati quell’espressione dal viso, stai spaventando Natsu!”
La Principessa di Karasuno, in realtà, era tanto concentrata ad osservare la folla intorno a lei da non essersi accorta di nulla. Stava cercando qualcosa ma nessuno si preoccupò di chiederle cosa, fino a che non la trovò. “Ehi, tu!” Esclamò con un gran sorriso saltellando tra gli invitati senza temere di perdersi.
Koushi perse immediatamente qualsiasi interesse per l’umore del suo compagno e corse dietro a sua figlia. “Natsu!”
La piccola Principessa, però, non andò lontano fermandosi di fronte ad un ragazzino che vestiva i colori del Regno di Shiratorizawa. “Tu sei un Principe, vero?”
Per un attimo, Tsutomu si guardò intorno, come se quel piccolo indice non stesse indicando proprio lui. Persino il Re dell’Aquila si voltò. Guardò la bambina, poi il suo erede. “È sgarbato non rispondere,” lo rimproverò con la sua solita voce incolore.
“S-Sì…” Rispose, infine, il fanciullo. “Sono il Principe dell’Aquila, erede al trono di Shiratorizawa.” Aggiunse con orgoglio
Natsu riabbassò l’indice soddisfatta, poi prese tra le dita la gonna del suo abitino e fece un inchino perfetto. “Principessa Natsu del Regno di Karasuno,” si presentò.
Tsutomu si fece più attento. “Sei la sorella di Shouyou?” Domandò, come se la somiglianza di quella bambina col Principe dei Corvi non fosse una risposta sufficiente.
“Sì!” Esclamò la piccola. “Il mio fratellone, però, è solo del Principe Demone. Non darò la mia benedizione a nessun altro pretendente alla sua mano!”
Tsutomu inarcò le sopracciglia. “Eh?”
“Tuttavia, ti concedo il permesso per ballare con me,” concluse la Principessa di Karasuno sbattendo le ciglia.
“Natsu!” Koushi riuscì, finalmente, a farsi strada tra la folla e portò le mani sulle spalle della sua bambina. “Non devi allontanarti così!” La rimproverò, poi sollevò gli occhi sul Re dell’Aquila ed il suo erede. “Sono desolato per il disturbo.”
Il Re dell’Aquila scosse appena la testa. “Non c’è alcun bisogno di scusarsi,” disse. “La Principessa non ha fatto nulla di male. È mio figlio che deve acconsentire alla sua richiesta.”
Tsutomu lo guardò come se gli avesse appena chiesto di buttarsi in un burrone. “Cosa?”
Koushi abbassò gli occhi su sua figlia. “Che cosa hai fatto?”
Natsu rivolse al genitore un sorriso trionfante. “Il Principe dell’Aquila ballerà con me!” Esclamò.
“No!” Replicò Tsutomu, le guance rosse. “Io…”
“Non si rifiuta la richiesta di una Principessa,” lo interruppe suo padre.
“E come si presume che debba fare?”
Koushi prese in braccio la sua bambina. “Mi spiace ancora…” Disse con sincerità. Accennò un inchino frettoloso, poi tornò sui suoi passi.
Daichi era ancora seduto in totale silenzio, lo sguardo perso nel vuoto. Koutaro era tornato con un altro calice di vino che stava bevendo da solo, dopo un evidente rifiuto del Re dei Corvi. Keiji fu il primo a vederlo. “Tutto bene?” Domandò, mentre la piccola Keijiko si avvicinava a Natsu e riprendevano a giocare insieme.
Il Consorte di Karasuno sospirò e raccontò quanto era appena successo.
Le sue parole ebbero in terribile potere di attirare l’attenzione di Daichi ma questo non ebbe alcuna influenza sulla sua espressione.
Sia Koutaro che Tetsuro sgranarono gli occhi.
“Io non sono un Mago ma ho appena avuto una chiara visione del futuro,” disse il primo. “Al prossimo ribaltamento dell’equilibrio del potere, quella bambina sarà la Regina che ci dominerà tutti.”
Tetsuro rise. “E nemmeno Tooru potrà fare nulla in proposito.”
Daichi si voltò molto lentamente nella loro direzione.
Entrambi smisero di ridere ed ingoiarono a vuoto.
“Io, però, non sono un Mago!” Esclamò Koutaro.
“Già…” Annuì Tetsuro.
 
 
Shouyou si sentiva stranamente leggero, come se stesse volando.
Eppure, aveva entrambi i piedi a terra.
La semi-oscurità ed il silenzio della balconata della sala del trono erano quasi un sollievo dopo tante emozioni vissute sotto gli occhi di un’intera corte di nobili e Cavalieri. Shouyou non ci era abituato, eppure non riusciva a smettere di sorridere mentre se ne stava con le braccia piegate sul parapetto di marmo e gli occhi d’ambra sollevati verso le stelle. Il cielo era limpido, la brezza notturna piacevole e tutto aveva l’euforico sapore della perfezione, se non fosse stato per quella malinconia di fondo di cui non riusciva a liberarsi.
Col sorgere del sole sarebbe finito tutto come un bel sogno e questo Shouyou lo sapeva bene.
“A cosa pensi?”
Gli occhi d’ambra si allontanarono dalle stelle ma il blu di quelli di Tobio non aveva nulla da invidiare al cielo di quella notte d’estate. Un pensiero colse Shouyou all’improvviso. “Da chi hai ereditato i tuoi occhi?”
Tobio sbatté le palpebre un paio di volte, poi fece una smorfia. “Eh?”
Shouyou ridacchiò. “Intendevo…” Si umettò le labbra. “Hai gli occhi più grandi del Primo Cavaliere, anche se alle volte avete lo stesso sguardo. Tuttavia, non sono identici nemmeno a quelli del Re Demone. Hai qualcosa di entrambi ma nessuno dei due ha gli occhi blu.”
Tobio scrollò le spalle. “Mi hanno detto che ho gli occhi della precedente Regina di Seijou.”
“Tua nonna, quindi? La madre del Re Demone.”
“Sì.”
“E hai il nome di tuo nonno, giusto? Il padre del Primo Cavaliere.”
Tobio annuì. “Perché mi fai queste domande adesso?”
“Curiosità…” Shouyou scrollò le spalle. “Io assomiglio più ad uno dei miei nonni che ai miei genitori, lo stesso da cui ho ereditato il nome.”
“Tua sorella somiglia a te.” Disse Tobio.
“Da piccoli eravamo identici!” Esclamò Shouyou. “Yuu e Ryuu, due Cavalieri di mio padre, qualche volta scherzano sul fatto che Natsu sia la mia versione al femminile!” Ridacchiò. Tobio non comprese che cosa ci fosse di tanto divertente e così rimase in silenzio.
“Non è vero, però,” aggiunse il Principe dei Corvi tornando ad osservare le stelle. “Mia sorella avrà un destino molto diverso dal mio…”
Tobio s’imbronciò appena. “Perché ti stai deprimendo, ora?”
Shouyou lo guardò confuso. “Non mi sto deprimendo…”
“Invece, sì!”
Gli occhi d’ambra si abbassarono su ciò che il Principe Demone aveva tra le mani. “Che cos’hai lì?”
C’erano due calici stretti tra le dita di Tobio. Ne appoggiò uno sul bordo del parapetto. “È per te,” disse. “Il Re mi ha detto che è buona educazione prendere da bere dopo aver invitato qualcuno a ballare.”
“Oh…” Mormorò Shouyou prendendo il calice con entrambe le mani. Bevve un sorso del contenuto scuro per assaggiarlo e storse la bocca. “Che cos’è?”
“Vino,” rispose Tobio come se fosse una cosa scontata. “Che c’è? Non ne hai mai bevuto?”
“In realtà no!” Shouyou ne prese un altro sorso ed accennò un timido sorriso. “Di solito, io non… Non sono abituato a tutto questo.”
“Questo cosa?”
Il Principe dei Corvi sorrise nell’osservare la grande sala del trono oltre le alte vetrate. Le danze erano riprese e la festa si era rianimata come se il loro piccolo incidente non si fosse mai verificato. Era meglio così: Shouyou non si trovava completamente a suo agio al centro dell’attenzione e sapeva che nemmeno Tobio era amante di certe cose. Tuttavia, avere gli occhi di tutti su di loro per quell’istante era stato bello… Magico
“Notti d’estate come questa succedono solo nelle storie che raccontano per me,” spiegò il Principe dei Corvi. “Penso che il mio primo compleanno sia stata l’ultima festa organizzata alla corte di Karasuno e solo perché i miei genitori non hanno potuto presentarmi ufficialmente nel nostro Regno. La presentazione di mia sorella è stata molto più sobria. Musica, danze, vino…” Sollevò appena il calice. “Sono tutte cose da favola per me,” concluse con un sorriso un po’ malinconico. “Non so come sia vivere in un mondo dorato come questo…”
Tobio storse la bocca e portò lo sguardo annoiato sulle coppie che continuavano a girare come trottole al centro della sala seguendo le note della musica. “Ti piace tutto questo?”
Shouyou scrollò le spalle ancora una volta. “Non lo so se mi piace,” ammise tornando a guardare l’orizzonte. “So che sognavo di vivere qualcosa di simile e mi è successo. Non credo che riuscirei a reggere atmosfere simili nei panni dell’erede al trono di corte! Con un’entrata in scena come quella che hai fatto tu, sarei inciampato nei miei stessi piedi al centro preciso della sala!”
Gli angoli della bocca di Tobio si sollevarono in un sorrisetto sarcastico. “Quello è sicuro, stupido come sei.”
“Ehi!” Esclamò Shouyou guardandolo storto.
“Alla fine, ci si stanca anche dell’oro,” disse Tobio appoggiando il suo calice sul parapetto e rivolgendo lo sguardo all’orizzonte a sua volta.
Shouyou osservò il suo profilo per un po’ e, per un attimo, ebbe come la sensazione che Tobio volesse dire di più ma, alla fine, rimasero entrambi in silenzio.
Il Principe dei Corvi sospirò. Le stelle sopra di loro brillavano ancora. “Non ha importanza, comunque,” disse. “Al sorgere del sole tutto tornerà come era prima…”
Tobio l’osservò con la coda dell’occhio e fu una fortuna che Shouyou fosse troppo rapito dalle costellazioni sopra di loro per accorgersene.
”Vuoi davvero lasciare il tuo lavoro incompiuto?”
Quella domanda era sbagliata sotto ogni punto di vista. Quel che voleva lui era completamente inutile di fronte alla solida realtà dei fatti: il Re dei Corvi avrebbe riportato il suo erede al trono a Karasuno, dove era il suo posto e chi era lui per impedire che qualcosa di tanto ovvio e ragionevole accadesse? Che potere aveva per impedire che le cose tornassero, semplicemente, come erano sempre state prima di quell’estate?
”Vuoi davvero lasciarlo andare?”
“Maledizione…” Imprecò a denti stretti prendendosi la testa tra le mani con evidente frustrazione.
Shouyou sobbalzò per quella reazione improvvisa. “Tutto bene?” Domandò confuso.
“Sì…” Sibilò Tobio fissando il vuoto sotto la balconata come se fosse la causa di tutti i suoi problemi. “Lasciami in pace…”
Shouyou sbuffò. “Sei proprio antipatico, non c’è niente da fare.”
Il Principe Demone fece per replicare con astio ma l’altro si tolse il mantello di piume di corvo dalle spalle e lo appoggiò sul parapetto, prima di salirvi sopra…
Tobio si sentì mancare il fiato per un istante e si mosse tempestivamente, tanto che entrambi i calici caddero nel vuoto urtati dal suo braccio. “Ehi! Ehi!” Strinse le dita intorno alla cintura del piccolo stupido e si sentì investire da un’ondata di rabbia come quegli occhi d’ambra lo fissarono confusi.
“Che cosa c’è?” Domandò Shouyou.
Tobio lo avrebbe preso a calci se questo non avesse voluto dire farlo cadere nel vuoto, cosa che stava cercando di evitare. “Hai completamente perso la testa?!” Sbottò a voce tanto alta che non si sarebbe sorpreso se qualcuno fosse uscito dalla sala del trono per controllare che cosa stesse succedendo. “Hai i piedi sospesi nel vuoto e mi chiedi che cosa c’è? Sarà un salto di almeno cento metri da qui!”
Shouyou non parve allarmato in alcun modo. Anzi, si sporse in avanti per meglio vedere di sotto e Tobio gli afferrò la cintura anche con l’altra mano. “Cento metri?” Il Principe dei Corvi gli rivolse un sorriso rassicurante. “Tranquillo, non è niente in confronto ai burroni tra le montagne di Karasuno!”
“Se vuoi ammazzarti sulle tue montagne, fai pure!” Esclamò Tobio furioso. “Non lo farai al Castello Nero!”
“Se ti senti più sicuro a tenermi, fai pure,” gli concesse Shouyou dondolando i piedi come se non ci fosse assolutamente nulla di pericoloso in quello che stava facendo. “I salti nel vuoto non mi hanno mai fatto paura…”
Tobio si quietò per un istante soppesando quelle parole con attenzione. Ricordò quella notte d’estate della sua infanzia, durante la sua prima ed unica visita al Regno di Karasuno quando Shouyou lo aveva condotto sul tetto di una torre e si era messo a parlare con euforia di sciocchezze che avevano senso solo per lui. No, il vuoto e l’altezza non gli facevano paura neanche allora.
Per quale ragione?
“Dimmelo…”
Shouyou lo guardò da sopra la propria spalla. “Che cosa dovrei dirti?”
“Il tuo segreto,” disse Tobio con espressione assolutamente seria. “Quello che stai cercando di tenermi nascosto da quando hai vinto quel duello contro di me…”
Il Principe dei Corvi rimase in silenzio, l’espressione immobile. Strinse le labbra e qualcosa molto simile al dispiacere comparve nei suoi occhi. “Tobio, io…” Non andò avanti.
“È così terribile?” Domandò Tobio.
“No,” Shouyou scosse la testa e piegò una gamba sul parapetto di marmo per poter guardare l’altro dritto negli occhi. “Non mi ha mai fatto paura prima di questa estate.”
“Ti riferisci a quello che succede quando la rabbia ha il sopravvento?”
“Sì…”
“Che altro c’è?” Domandò Tobio con voce stranamente tranquilla. “Che cosa ti permette di avere simili poteri? Che cosa sei?”
Shouyou resse il suo sguardo alla perfezione. “Non lo so…” Ammise e la voce gli tremò un poco.
Tobio sbatté le palpebre un paio di volte. “I tuoi genitori…”
“Sanno tutto,” lo interruppe Shouyou. “È per loro che non posso essere sincero con te, capisci?”
“No,” Tobio scosse la testa. “Se capissi non sarei qui.”
Shouyou forzò un sorriso. “Non mi crederesti,” disse infine. “Domani io tornerò a casa e sparirò, mentre tu continuerai ad essere il Principe di cui tutti parlano. Sarà come se questa estate non ci fosse mai stata.” Scese dal parapetto e superò il Principe Demone. “Per questo non ha senso parlarne…”
Shouyou sapeva che era troppo pericoloso restare, andare avanti…
Non furono gentili le dita che gli strinsero il polso per impedirgli di allontanarsi ulteriormente ma nemmeno gli fecero male. Quando si voltò, negli occhi blu di Tobio c’era la determinazione di un Cavaliere incapace di prendere in considerazione la sconfitta come possibilità.
“Mettimi alla prova,” disse il Principe Demone.
Gli occhi d’ambra del Principe dei Corvi si fecero grandi. “Perché?” Domandò. “Perché vuoi saperlo così tanto?” C’era troppa intensità nell’espressione dell’altro perché fosse semplice curiosità.
Tobio strinse le labbra. ”Vuoi davvero lasciarlo andare?” Domandò per l’ennesima volta la voce del Re Demone nella sua testa. “Resteresti?” Domandò a voce troppo bassa perché l’altro potesse udirlo chiaramente.
Shouyou inarcò le sopracciglia. “Cosa hai detto?”
Tobio si umettò le labbra e maledì la sua gola per essersi fatta improvvisamente secca senza motivo. “Se ti fosse concessa l’occasione,” riprovò cercando di non inciampare sulle sue stesse parole, “resteresti qui, al Castello Nero?”
Se possibile, gli occhi di Shouyou si fecero ancora più grandi. Le dita di Tobio erano ancora strette intorno al suo polso e tanto bastava per suggerirgli che non poteva scappare da nessuna parte, l’altro glielo avrebbe impedito e non avrebbe mai accettato il silenzio come risposta. “Perché dovrei restare?” Domandò. Non c’era niente per lui al Castello Nero, dopotutto. Aveva avuto la sua occasione in un grande Regno, aveva duellato, sebbene a modo suo, con il Principe Demone e questi gli aveva chiesto di danzare con lui al suo primo, vero ballo di corte.
Era molto di più di quanto si fosse aspettato durante il viaggio che lo aveva condotto fino al Regno di Seijou.
Che cosa avrebbe potuto chiedere di più?
Tobio pensò a lungo ad una risposta da dare ma la voce del Re Demone non gli fu di alcun aiuto in quel momento. “Vuoi tornare a casa?” Si morse la lingua un istante più tardi. Non solo aveva evitato di rispondere con un’altra domanda ma aveva anche posto la più stupida possibile in quella situazione.
Shouyou dischiuse le labbra: non aveva bisogno di pensare ad una risposta. “Io…”
Le parole, tuttavia, rimasero prigioniere e quello che seguì non fu altro che silenzio. Per la prima volta nella sua vita, Shouyou ebbe difficoltà a comprendere se stesso. Che motivo aveva di esitare? Chi avrebbe mai esitato ad ammettere di voler tornare a casa? Era il desiderio più naturale del mondo, no? Shouyou amava il Regno di Karasuno.
Sì, amava le sue praterie, i suoi boschi e le alte montagne. Amava cavalcare nelle terre di suo padre, conoscerne ogni angolo a memoria e sentirsene padrone, a modo suo. Shouyou amava il cielo di Karasuno. Amava il modo in cui era vivo, sempre in movimento, come il sole d’estate potesse trasformarsi velocemente in una pioggia frizzante.
Sì, Shouyou amava il Regno di Karasuno. Lo aveva sempre amato.
Tuttavia…
“Io…”
Un istante.
”Siate maledetti. Possiate bruciare…”
Fu come se qualcuno avesse sussurrato quelle parole direttamente nel suo orecchio.
Shouyou sentì il respiro venire meno ed un brivido di paura correre lungo la sua schiena. Guardò Tobio per capire se anche lui aveva udito quelle parole sibilate con odio e si accorse che quegli occhi blu non lo guardavano più ma si erano sollevati verso il cielo.
“Hai sentito?” Domandò Shouyou con voce tremante.
Tobio lo lasciò andare e si portò tra lui ed il parapetto della balconata. “No,” rispose il Principe Demone scrutando l’orizzonte buio. “Ho visto qualcosa muoversi…”
“Dove?” Domandò Shouyou avvicinandosi alle sue spalle.
“In alto,” rispose Tobio continuando a far vagare gli occhi in ogni direzione. “Per un istante, le stelle si sono oscurate.”
Shouyou prese a scrutare nell’oscurità a sua volta ma non vide nulla e questo lo spaventò ancora di più. “Tobio…”
“Indietreggia, Shouyou,” disse il Principe Demone portando una mano all’elsa della spada appesa al suo fianco. Shouyou ubbidì stringendo tra le dita la stoffa rossa del mantello dell’altro.
Ancora un passo e sarebbero rientrati nella sala del trono. Tobio, però, si bloccò e così fece Shouyou. “Che cosa succede?” Chiese quest’ultimo.
Il Principe Demone non rispose, gli occhi blu sgranati fissi su qualcosa di fronte a sé che Shouyou non riusciva a vedere.
“Tobio?”
L’altro rimase in silenzio anche allora. Shouyou si sporse da un lato per vedere ma ebbe appena il tempo di scorgere un luccichio nel buio. Tobio lasciò andare la spada. “A terra!” Urlò.
Shouyou chiuse gli occhi nel sentire la terra mancargli sotto i piedi e lasciò andare un gemito di dolore come la sua schiena atterrò sul duro pavimento della sala del trono. L’aria si fece improvvisamente ustionante e Shouyou strinse le palpebre ancor di più aggrappandosi al corpo sopra il suo, quello di Tobio. Non udiva più nessuna musica, solo urla disperate ed il rumore emesso da centinaia di passi frettolosi.
Gli occhi d’ambra si riaprirono solo nel momento in cui due mani gli afferrarono le spalle rimettendolo in piedi. “Stai bene?” Domandò Tobio. Shouyou lo fissò terrorizzato e basta. Il Principe Demone lo scosse con poca gentilezza. “Ehi, rispondimi, stupido!” Sbottò. “Stai bene?”
Shouyou si riscosse e riuscì appena ad annuire tremando.
Si guardò intorno.
La gente correva in ogni direzione alla ricerca di un rifugio. Alcuni tavoli erano stati trabaltati ed il cibo era finito sul pavimento, altri, quelle più vicine alle alte finestre, ardevano e così gli arazzi alle pareti. Le vetrate erano andate completamente in pezzi.
“Che cosa…” Shouyou sentì le lacrime scendere a bagnargli le guance. “Che cosa è successo?”
Tobio non ebbe il tempo di rispondergli: la terra tremo sotto i loro piedi e caddero a terra.
 
 
Hajime si tolse di dosso il mantello che aveva sulle spalle, poi si fece leva sul bracciolo del trono nero e si tirò in piedi. “Tooru…”
Il Re Demone erano caduto in ginocchio di fronte a lui. Gli occhi scuri resi grandi dalla paura. “Hajime, io…” Provò a dire. Il Primo Cavaliere non aspettò che riuscisse a parlare, gli afferrò le spalle e lo aiutò ad alzarsi. “Sei ferito?” Domandò.
Tooru scosse la testa e Hajime portò la sua attenzione sulla sala del trono: le fiamme stavano divorando tutto ciò che potevano e la gente continuava ad urlare correndo in ogni direzione.
Era il panico, puro caos…
“Dov’è Tobio?” Domandò Hajime perlustrando la sala con lo sguardo col cuore in gola.
Tooru fece lo stesso ma non ebbe più fortuna del suo Cavaliere. “Vai a cercarlo,” ordinò afferrandogli la spalla. “Trovalo, Hajime!”
Il Primo Cavaliere annuì e coprì la mano sulla sua spalla con la propria in un istintivo gesto di rassicurazione. Probabilmente, non si era nemmeno reso conto di averlo fatto ma Tooru sentì il cuore battere più forte per un istante.
Non appena il suo Cavaliere si fu lanciato tra la folla terrorizzata, qualcun altro corse nella sua direzione. Drizzò le spalle immediatamente. “Wakatoshi…”
Per una volta, anche il Re dell’Aquila sembrava avere un’espressione allarmata. “Lo hai visto?” Domandò con voce affaticata.
Tooru scosse la testa. “No ma è quello che temo, vero?”
Wakatoshi annuì.
Il Re Demone abbassò lo sguardo sulla propria mano, ne osservò per un istante le dita tremanti, poi strinse il pugno con astio. “Raduna tutti gli Arcieri che riesci a trovare e portali ai piedi delle scale che portano ai pieni nobili,” ordinò ignorando deliberatamente il fatto che si stesse rivolgendo ad un suo pari. “Tranne Keiji. A lui devi dire di condurre chiunque non possa combattere nelle segrete.”
Wakatoshi annuì e lo guardò mentre lo superava. “E tu dove vai?”
Tooru gli rivolse un sguardo gelido da sopra la spalla. “A prendere il mio arco.”
 
 
“Moccioso, non è proprio il momento adatto per fare lo stupido!” Sbottò Satori cercando di trascinare il suo Principe fuori dalla sala del trono. Peccato che il piccolo idiota non la smettesse di agitare in aria la sua spada ripetendo assurdità. “Ne va del mio onore, Satori!” Esclamò cercando di ritornare al centro della sala. “Devo difendere il mio onore!”
Kenjirou sbuffò, tornò sui suoi passi e tolse la spada di mano al ragazzino. “Finirai per decapitare qualcuno, così!” Esclamò perdendo parte di quella perenne aria calma che lo caratterizzava. “E non difenderai il tuo onore facendoti uccidere!”
Satori inarcò le sopracciglia: non era una cosa da tutti i giorni vedere l’Arciere farsi avanti per qualcosa che non riguardava direttamente il Re dell’Aquila ma fu grato dell’intervento.
Tsutomu, tuttavia, non ne voleva proprio saperne di essere ragionevole. Digrignò i denti e recuperò la sua spada dalle mani di Kenjirou. “Non sei nessuno per parlarmi in questo modo!” Sbottò con arroganza.
Gli occhi dell’Arciere si fecero grandi, sorpresi: non si era aspettato una simile reazione.
Satori afferrò la spalla del Principe con poca grazia e lo tirò all’indietro trattenendo l’improvviso bisogno di prenderlo a schiaffi.
“Tsutomu.” Chiamò una voce gelida ed il Principe dell’Aquila s’irrigidì come vide suo padre comparire tra la folla.
“Vostra Maestà,” Kenjirou chinò la testa con rispetto.
Wakatoshi lo guardò. “Il Re Demone ha convocato tutti gli Arcieri in grado di combattere nell’atrio del castello. Vieni con me.”
Kenjirou annuì prontamente. “Sì, signore.”
Satori alzò gli occhi al cielo: sarebbe stato capace di seguirlo anche tra le fauci della bestia che li stava assediando a giudicare dall’adorazione nei suoi occhi. Tsutomu fece un passo avanti ed il Cavaliere rinnovò la stretta sulla sua spalla. “Vengo anche io!” Esclamò cercando di liberarsi.
“No,” replicò Wakatoshi. “Non sei un Arciere esperto e la spada non serve a nulla contro questo genere di nemico.”
“Ho già affrontato questo mostro e sono sopravvissuto!” Sbottò Tsutomu con determinazione. “Posso farlo ancora!”
“Hai avuto la fortuna di sopravvivere, sì,” Wakatoshi annuì, “ma non perché lo hai affrontato e lo sai bene.”
Tsutomu sgranò gli occhi. “Padre, io posso combattere… Io…”
“Satori, conducilo con te nelle segrete e assicurati che ci resti fino a che non risolviamo questa situazione,” ordinò il Re dell’Aquila al suo Cavaliere.
Satori annuì accennando un sorriso dei suoi, poi tirò il Principe all’indietro. “Andiamo, moccioso…”
“Padre…” Chiamò di nuovo Tsutomu ma Wakatoshi si era già voltato e Kenjirou con lui. “Posso combattere, padre!”
Wakatoshi, però, era già troppo lontano per udirlo.
 
 
Koushi stringeva Natsu a sé con forza mentre Daichi gli circondava le spalle con un braccio per impedire che la gente in fuga li superasse lungo la strada. “Hanno detto di andare nelle segrete,” disse il Re dei Corvi. “Tu conosci questo castello, Koushi. Porta Natsu al sicuro, io vado a cercare Shouyou.”
Gli occhi dorati del consorte reale di Karasuno si fecero grandi per la paura. “No, Daichi! Non puoi andare da solo!”
“Non possiamo riportare Natsu nella sala del trono!” Esclamò Daichi in risposta. “Sta ardendo tutto là dentro!”
Qualcuno lo urtò ed il sovrano strinse entrambe le braccia intorno alla sua famiglia perché non venissero colpiti a loro volta.
“Daichi…”
Il Re dei Corvi sollevò gli occhi e si accorse che l’uomo che gli era venuto addosso altri non era che il Primo Cavaliere di Seijou. “Hajime!” Esclamò. “Hai visto Shouyou?”
Anche Koushi lo guardò speranzoso ma il Cavaliere scosse la testa con espressione preoccupato. “So che era con Tobio prima che scoppiasse l’inferno!” Esclamò quasi nel panico continuando a guardarsi intorno. “Non riesco a trovare neanche lui!”
“Oddio…” Koushi strinse le labbra ed affondò il viso tra i capelli ribelli della sua bambina, mentre Daichi li stringeva entrambi a sé.
“Maledizione!” Imprecò Hajime. “Dove diavolo sono finiti?!”


 
***
 
 
Shouyou non sapeva quando Tobio gli aveva preso la mano ma cominciava a perdere sensibilità alle dita.
“Dove stiamo andando?” Domandò tirando su col naso. I corridoi che stavano attraversando erano più stretti di quelli che aveva imparato a conoscere. Non poteva nemmeno udire le voci della gente in fuga. “Ma dove siamo?” Aveva smesso di piangere lungo la strada ma non riusciva ancora a smettere di tremare.
“Sono passaggi secondari,” spiegò Tobio senza voltarsi, “per la servitù o per sistemare cose che non sarebbe buona educazione mettere accanto alla camera di un nobile.”
“Che cosa significa?”
Tobio si fermò di fronte ad una porta dalla maniglia arrugginita. La aprì e Shouyou riuscì a vedere nella semi oscurità una grande quantità di armi buttate più o meno alla rinfusa. “È questa l’armeria?” Chiese con una smorfia delusa.
“No, certo che no, idiota,” rispose Tobio addentrandosi nella stanza semi-buia e cercando qualcosa appeso alla parete. “Qui è dove tengono le armi troppo vecchie per essere usate in battaglia ma ancora utili per addestramenti, duelli amichevoli o cose del genere. È da qui che ho recuperato l’arco con cui hai lanciato la tua prima freccia.”
Shouyou si guardò intorno. “Siamo vicino ai giardini?”
“Sì…” Tobio tornò indietro con una faretra piena di frecce appesa alla spalla ed un arco alla mano.
Shouyou sgranò gli occhi. “Vuoi affrontare qualsiasi cosa ci sia là fuori con un vecchio arco che non è nemmeno il tuo?”
“Fin tanto che è integro, non è l’arco a fare la differenza nelle capacità di un Arciere,” replicò Tobio, poi gli afferrò il braccio con poca gentilezza.
“Ahia!” Si lamentò Shouyou guardandolo storto. “Mi fai male!”
“Ascoltami bene!” Esclamò Tobio portandosi di fronte a lui. “Riesci a ripercorrere questi corridoi al contrario?”
“S-Sì… Credo di sì…”
“Bene, arrivato in fondo, troverai una porta e dietro di essa delle scale. Scendila e sarai nelle segrete, sarai al sicuro lì.”
Shouyou sgranò gli occhi d’ambra. “Un momento!” Esclamò. “Mi lasci qui?”
Tobio sbuffò. “Se ti perdi, mettiti seduto per terra ed aspetta che questo inferno finisca. Se al mio ritorno nessuno ti avrà visto, verrò a riprenderti!”
“Non mi riferivo a quello!” Esclamò Shouyou con rabbia. “Non voglio andare a nascondermi come un codardo mentre tu vai a rischiare la vita là fuori!”
Tobio fece una smorfia. “Non essere stupido…” Riprese a camminare lungo il corridoio ma una piccola mano gli afferrò il polso inducendolo a fermarsi.
“Lascia che ti aiuti!” Shouyou si portò davanti a lui e lo guardò con l’espressione di chi non ha alcuna intenzione di cambiare idea a breve e per nessuna ragione. “Non puoi andare da solo là fuori!”
Tobio strinse i pugni. “Possibile che tu non capisca?!” Sbottò. “C’è un drago, lì fuori! Un drago!”
Gli occhi del Principe dei Corvi si fecero grandi, spaventati. “Sì, dal fuoco lo avevo immaginato…” Disse forzandosi di non far tremare la voce.
“Solo un Arciere può qualcosa contro un drago!” Continuò Tobio con rabbia. “E tu non lo sei! A meno che tu non sappia volare, non c’è nessun modo in cui tu possa aiutarmi! Fatti da parte!” Le piccole dita, però, non fecero che stringergli il polso con più forza.
“Volare…” Ripeté Shouyou con un filo di voce e, per un momento, Tobio pensò seriamente di sbatterlo contro il muro e toglierselo dai piedi. “Posso aiutarti!” Esclamò il Principe dei Corvi con sicurezza. “Posso combattere con te, Tobio!”
Tobio inarcò le sopracciglia. “Che follia è mai questa?”
“Perché, vedi, io…” Shouyou fece per confessare l’inconfessabile, poi abbassò lo sguardo.
Il Principe Demone fece per perdere la pazienza ma un pensiero improvviso lo costrinse a mantenere la calma. “È per via del tuo segreto che ti stai offrendo di aiutarmi?”
Le guance del Principe dei Corvi si colorarono appena e tenne lo sguardo basso.
Tobio sospirò. “Nemmeno in un momento come questo mi vuoi dire che cosa sei, Shouyou?”
Shouyou strinse le labbra e lo guardò dritto negli occhi. “Fidati di me.” Disse come se stesse impartendo un ordine.
“Nessuno può fidarsi di un altro basandosi sul niente!” Sbottò Tobio esasperato.
“Io posso volare per te!” Esclamò Shouyou. “Ti basti sapere questo…”
Gli occhi blu del Principe Demone si fecero grandi. “Non ha alcun senso quello che dici! E…”
Shouyou premette l’indice contro le sue labbra. “Ho bisogno di una prova di fiducia da te!” Confessò a cuore aperto. “È egoistico, lo so! Tu, però, sei il Principe più potente che ci sia nei Regni liberi ed io…” Esitò. “Io non sono nessuno…” Aggiunse con voce decisamente più malinconica. “Fidati di me adesso e non avrò più nulla da nasconderti!”
Era un giuramento enorme, troppo perché Shouyou fosse completamente preparato a mantenerlo ma non aveva altra scelta: Tobio non poteva andare lì fuori completamente da solo e l’unico modo per sconfiggere un nemico con le ali era avere il potere di non temere un salto nel vuoto. Shouyou era l’unico che lo possedesse lì.
Il Principe Demone strinse le labbra, poi la sua espressione si rilassò di colpo. “Andiamo…”
Shouyou sorrise.
 
 
***
 
 
“La terra ha tremato subito dopo l’attacco,” disse Tooru. “Forse, è atterrato da qualche parte.” Si mise la faretra in spalla e strinse l’arco nel pugno mentre ripercorreva quasi correndo il corridoio dei piani nobili. Si era liberato degli abiti da Re ed era tornato ad essere l’Arciere più grande dei Regni liberi, mentre Wakatoshi aveva radunato al piano di sotto tutti i giovani capaci armati di arco e frecce.
“Koutaro e Tetsuro sono dei nostri,” lo informò Wakatoshi mentre scendevano insieme le scale.
Tooru lo guardò sorpreso. “Davvero?”
“Hanno detto di non volersene stare con le mani in mano.”
“Incapaci di farsi da parte, eh?” Replicò Tooru con un sorrisetto. “Poco male. Sono qui per chi amano e questo li rende forti. Spero che il tuo Arciere abbia migliorato la mira negli ultimi anni,” aggiunse ricordando come Kenjirou li aveva fatti quasi ammazzare durante la loro prima impresa con un drago.
“Kenjirou non sbaglia mai,” disse Wakatoshi. “Te lo posso garantire…”
Tooru fece una smorfia. “Lo dico sempre anche io ma so che non è vero,” sospirò. “E lo dice anche Tobio ma quella è un’altra storia…”
Chissà dov’era? Chissà se Hajime era riuscito a trovarlo e lo aveva messo al sicuro?
Che quel moccioso non si azzardasse a fare di testa sua in una situazione di emergenza come quella!
“Come vuoi attaccare?” Domandò Wakatoshi.
Tooru strinse le labbra e rifletté velocemente. “Passiamo dal cortile interno, saliamo sulla prima cinta di mura. È la più alta e da lì potremo vedere dove…”
“Non lo fate, mio signore!”
Entrambi i Re si bloccarono e si voltarono. Affacciato dal pianerottolo sopra di loro c’era Kaname con una faretra in spalla ed un arco stretto nel pugno. “Ho visto tutto dalle finestre della biblioteca e non ci potevo credere,” disse scendendo lentamente le scale. “Per un attimo, ho pensato che foste tutti morti.”
Tooru piegò le labbra in un’espressione quasi divertita. “Dove credi di andare vestito così?” Domandò. “Deve essere arrivata la fine del mondo se ti decidi ad uscire dalla biblioteca.”
Kaname arrossì un poco, poi prese coraggio. “Ero un Arciere oltre ad un Re, mio signore. La mia gente ora vive in terre che appartengono a voi ed i miei ragazzi vivono qui, al Castello Nero, proprio come i vostri Cavalieri. È mio dovere e diritto fare tutto ciò che è in mio potere per difenderli quanto voi.”
Le sfumature dell’espressione di Tooru cambiarono notevolmente. “Ho sempre provato del rispetto per te, Kaname,” ammise. “L’amore dei tuoi uomini per te è completamente giustificato.”
Tooru era fortunato che l’uomo che era stato il Re di Dateko fosse un tipo docile perché, in caso contrario, sarebbe stato molto difficile toccarlo senza rischiare un qualche tipo di ribellione da parte dei suoi Cavalieri. “Che cosa hai visto dalle tue finestre che possa esserci utile?”
“Il drago è sul tetto dell’edificio principale,” rispose Kaname.
Tooru guardò Wakatoshi. “Ecco perché sembrava ci fosse un terremoto nella sala del trono…”
“Guarda la Capitale…”
Il Re Demone inarcò le sopracciglia. “Che cosa vorrebbe dire?”
“Quello che ho detto,” rispose Kaname. “Se ne sta immobile e guarda la Capitale, come se stesse aspettando qualcosa.”
Tooru si morse il labbro inferiore. “Ha una strategia…”
Wakatoshi gli afferrò una spalla. “Tooru, aspetta…”
“Satori te lo ha detto!” Lo interruppe il Re Demone. “Ti ha detto che si sentiva come se quel mostro stesse inseguendo lui e tuo figlio, come se li avesse lasciati vivere a posta perché potessero tornare qui… Come una dichiarazione di guerra.”
Kaname sospirò. “Appare come un comportamento intelligente, mio signore,” commentò. “Il cortile interno è l’unica eventuale via di fuga dal Castello Nero. Andare nella direzione opposta porterebbe ai giardini e alla torre e non ci sarebbe scampo contro un nemico simile.”
“Chiunque metta piede fuori dal Castello Nero diviene cenere ancor prima di arrivare al cancello…” Disse Tooru come se stesse pensando ad alta voce. “Succede altrettanto per chiunque decide d’intervenire dall’esterno.”
Kaname annuì. “Non attaccate dal cortile interno,” ripeté. “Sarebbe una condanna a morte certa.”
“Dove allora?” Domandò il Re dell’Aquila rivolgendosi al Demone.
Tooru sapeva di avere pochi istanti per riflettere. “I giardini…” Mormorò infine. “Passiamo dai giardini. Salgo sulla torre e ci inventiamo qualcosa per attirare la sua attenzione. Mirerò all’occhio e che io sia maledetto se questa volta non gli trapasso il cervello!”
Kaname sgranò gli occhi. “È un suicidio!”
“Ha ragione,” intervenne Wakatoshi. “Se sali su quella torre con un drago contro ti ritrovi intrappolato tra un mostro ed un salto nel vuoto.”
“Appunto,” disse Tooru. “Non c’è niente lì dietro. Concentriamo la sua attenzione verso quel vuoto e la Capitale sarà salva.” Fece per scendere le scale ma Wakatoshi lo afferrò per le spalle.
“Non c’è via di scampo da questo tuo piano,” concluse il Re dell’Aquila con voce glaciale. 
Tooru ghignò. “Vorrà dire che voleremo…”
Per un istante, uno solo, Wakatoshi sgranò gli occhi.
Tooru si liberò dalla sua presa. “Non è che tu possa fare molto altro con quell’inutile spada che hai, dopotutto!” Esclamò con tono sarcastico.
Si sentiva vittorioso anche se non avrebbe saputo spiegare il perché.
 
 
***
 
 
Kei non seppe mai come arrivarono fino alle segrete del Castello Nero.
A stento aveva compreso ciò che era successo nella sala del trono. Tutto quello che aveva percepito con chiarezza era stato il rumore delle vetrate mentre andavano in frantumi e, in un gesto istintivo, aveva afferrato il braccio di Tadashi e lo aveva tirato verso il basso. Aveva chiuso gli occhi nel sentire la sala divenire improvvisamente calda e, quando aveva sollevato le palpebre di nuovo, il fuoco aveva già cominciato a divorare ogni cosa e la gente aveva preso a correre in ogni direzione, mossa dal panico.
L’unica cosa che Kei era riuscito a pensare era che non potevano rimanere lì. Tadashi era scoppiato in lacrime per la paura ma lo aveva ignorato e se lo era tirato dietro di forza cercando di non perdere la presa sul suo braccio nel fiume di gente che si era riversata nel corridoio. Non aveva fatto altro che seguire la folla, a quel punto.
Erano in quelle segrete da abbastanza tempo da riuscire a scrutare facilmente in quella semi-oscurità quando Kei realizzò di avere ancora la mano stretta intorno al braccio di Tadashi. L’altro se ne stava praticamente appoggiato alla sua spalla piangendo quasi silenziosamente. Non era il solo.
I bambini non si preoccupavano di nascondere le loro emozioni ed era difficile per dei genitori altrettanto spaventati consolarli. Kei non sapeva dove fossero gli altri ma non lo chiese ad alta voce: non c’era alcun bisogno di dare a Tadashi un’altra ragione per piangere.
Quello che davvero non riusciva a smettere di chiedersi era che diavolo fosse successo.
Ero certo di aver sentito qualcuno gridare: ”drago! È un drago!”. Tuttavia, Kei sapeva che la mente delle persone poteva giocare brutti scherzi quando dominata dal terrore. La cosa veramente assurda era che quella del drago era l’unica risposta che potesse giustificare tutto quel fuoco piovuto dal cielo. Fece una smorfia e decise di non perdersi in altri ragionamenti che potessero offendere la sua intelligenza. Personalmente, non aveva mai creduto nemmeno alla storia del drago accecato dal Principe Demone, sebbene almeno quattro Re potessero sostenere di aver assistito alla scena.
Nel Regno di Karasuno si viveva di quelle grandi ed epiche storie per rendere la tediosa quotidianità del Castello dei Corvi un po’ più sopportabile ma Kei non aveva mai vissuto esperienze così eccessivamente da favola e non avrebbe cominciato a credere nelle fate solo perché qualche idiota raccontava di averle viste.
”E allora io?” Domandò la petulante voce di Shouyou nella sua testa. ”Dici di non credere alle grandi storie degli altri Regni ma io sono qui, davanti ai tuoi occhi. Io esisto!”
Kei non lo aveva mai sopportato ma arrivava quasi ad odiarlo quando i suoi ragionamenti improvvisamente acquisivano un senso.
Per arrivare a credere all’esistenza di un drago, però, avrebbe dovuto vederne uno.
“Kei…” Lo chiamò una vocina gentile e tremante.
Il giovane Cavaliere sbatté le palpebre un paio di volte nell’abbassare lo sguardo alla sua destra. “Hitoka…” Riconobbe assottigliando le palpebre.
La fanciulla annuì sorridendo sollevata.
“Hitoka…” Mormorò Tadashi tornando in sé dalla prima volta dopo l’attacco.
“Che bello vedere che state bene,” disse lei con le lacrime agli occhi. “Si teme il peggio per chi non si riesce a trovare…”
“Dove sono gli altri?” Domandò Kei. Hitoka si voltò e fece per indicare un punto nel buio, poi abbassò la mano ed afferrò il polso del Cavaliere. “Seguitemi,” disse.
Il resto della corte di Karasuno era radunato dalla parte opposta della grande stanza. Asahi e Yuu gli si avvicinarono preoccupandosi di chiedere come stava, mentre Ryuu diede qualche pacca troppo forte sulla schiena di Tadashi per cercare di tirarlo su di morale.
“Kei…”
Il giovane Cavaliere riconobbe i capelli chiari del consorte reale anche in tutto quel buio. “Maestà…” Mormorò con rispetto. Notò che la Principessa era attaccata alla sua vita con il faccino nascosto contro il fianco: probabilmente, stava piangendo.
Koushi si avvicinò ancora di un passo e gli posò una mano sulla spalla con gentilezza quasi materna. “Kei…” Mormorò con la voce di chi sta per mettersi a piangere. “Hai visto Shouyou per caso?”
Per un istante, un solo, Kei si fece immobile. Come tutti gli altri aveva visto il Principe dei Corvi ballare con il Principe Demone ma non aveva posto nessuna attenzione ai movimenti di Shouyou quando gli applausi erano cessati e la musica era ripresa. Non aveva preso in considerazione neppure per un istante che Shouyou potesse essere in pericolo. La corte di Karasuno era tutta lì, intorno a lui, dopotutto. Dove diavolo si era cacciato quell’idiota per non essere lì con tutti loro?
“No, mio signore,” rispose. “Mi dispiace.” Era da un po’ che non gli capitava di essere così sincero.
Koushi allontanò la mano dal suo viso ed abbassò lo sguardo. “Capisco…” Mormorò. “Il Re è di sopra con il Primo Cavaliere di Seijou. Shouyou e Tobio non si trovano.”
Kei strinse le labbra. Certo, Shouyou non era con il resto della sua corte perché era stato troppo occupato a seguire il Principe Demone come un cagnolino scodinzolante che aspetta un premio del suo padrone. Che stupido!
“Vado a cercarlo,” disse voltandosi.
Qualcuno gli afferrò il polso. Sollevò gli occhi: era Tadashi.
“Non puoi tornare di sopra da solo,” disse come se fosse sul punto di mettersi in ginocchio e pregarlo di restare. “C’è un drago lassù, Kei. È qualcosa di troppo grande e pericoloso per noi!”
“Non resterò qui a credere a queste sciocchezze,” replicò annoiato cercando di liberarsi dalla stretta dell’altro.
“Devi, invece, ragazzo.”
Kei non conosceva quella voce ma si bloccò comunque e scrutò nella semi-oscurità cercando d’individuare chi aveva parlato. Lo sconosciuto si fece avanti e lo riconobbe: nessuno li aveva mai ufficialmente presentati ma Kei sapeva che, un tempo, quell’uomo era stato il consorte reale del Regno di Fukorodani, Keiji.
Stringeva tra le braccia una bambina ancor più piccola di Natsu e aveva l’espressione stanca di chi aveva già vissuto quell’esperienza per troppe volte. “Sono nato nell’ultimo Regno di cacciatore di draghi,” disse a bassa voce, come se non volessi farsi udire da altri. “Sento storie su quelle creature da quando ho memoria. Per molti territori del sud si tratta solo di materiale da leggenda per spaventare i bambini ma ti posso giurare che il mondo a cui appartenevo è finito in cenere a causa loro. Ho perso qualcosa di molto prezioso per cercare di abbattere quello che minacciava la mia casa. Non credere di salire lassù impugnando una spada come nelle grandi leggende. Non è così che funziona…”
“So tirare con l’arco,” replicò Kei ripensando alla storia del Principe Demone che aveva reso il suo nome conosciuto in tutti i Regni liberi.
“Io ero il Primo Arciere del mio Regno,” replicò Keiji. “Sono vivo per miracolo… Il Re Demone è il più grande Arciere dei Regni liberi ed è quasi morto per compiere una simile impresa. È stato Tobio a salvarlo, come chiunque altro fosse presente quel giorno.”
L’eco di decine e decine di passi li avvisò che qualcun altro aveva trovato la strada per quel rifugio sotterraneo. “Maledizione…” Imprecò tra i denti Satori scendendo gli ultimi gradini di pietra con il resto dei Cavalieri di Shiratorizawa al seguito. “Maledizione… Maledizione…”
“Chiedi a lui se non credi a me,” aggiunse Keiji. “Ha guardato uno di quei mostri negli occhi.”
Kei non replicò, gli occhi fissi sul Cavaliere di Shiratorizawa che continuava ad imprecare a bassa voce ma era possibile non udirlo con tutto quell’eco. Un energumeno gli passò accanto. Non lo conosceva ma vide che aveva sulle spalle il mantello violaceo dei Cavalieri di Shiratorizawa.
“Satori…”
“Reon!” Esclamò il Cavaliere dai capelli rossi. “Ti prego, dimmi che il moccioso è qui!”
“Il moccioso?” Domandò l’energumeno.
Kei tese le orecchie per cercare di capire di chi stessero parlando.
“Sì! Quella creatura ingrata che dovevamo prendere a calci appena nato così magari rigava dritto fin dal principio!” Sbottò Satori.
L’altro sembrò non capire. “Ma chi…?”
“Tsutomu!” Esclamò Satori esasperato. “Il Principe dell’Aquila dei miei stivali ha approfittato di un istante di distrazione da parte mia e si è dato alla fuga!”
 
 
***
 
 
Tsutomu non aveva la minima idea di dove fosse finito ma non sarebbe certo stato questo a fermarlo. “Come se io fossi una Principessa da difendere!” Continuò a borbottare tra sé e sé percorrendo quello stretto corridoio sconosciuto a passo di marcia. “O un bambino incapace di combattere, assurdo! Io sono il Principe dell’Aquila, erede al trono di Shiratorizawa e non c’è nulla che… Aaah!”
Tsutomu fece aderire la schiena alla parete di pietra cercando alla cieca l’elsa della sua spada e non trovandola. Al contrario, il giovane che era sbucato da dietro l’angolo senza preavviso non esitò un istante ad incoccare una freccia e puntargliela contro. Impiegarono una manciata di secondi per riconoscersi.
Tobio fece una smorfia ed abbassò l’arco. “Che diavolo ci fai qui?”
Tsutomu prese un respiro profondo obbligandosi a recuperare il controllo di sé. “Potrei dirti la stessa cosa!” Sbottò.
Tobio inarcò un sopracciglio. “Davvero?”
Il Principe dell’Aquila dischiuse le labbra, poi si fermò a riflettere per un istante. Sbuffò. “Certo,” disse con evidente astio. “La minaccia di un drago incombe su di noi ed il Principe Demone corre a prendere arco e frecce per risollevare la situazione e salvare il suo Regno. È già leggenda prima ancora che accada, no?”
Tobio, però, si era già voltato per proseguire la sua marcia. “Andiamo, Shouyou.”
Tsutomu non fece caso al fatto che si era rivolto ad una terza persona. Tutto quello a cui riuscì a dare importanza fu il fatto che lo aveva superato come se fosse nessuno. “Ehi!” Sbottò puntando un indice accusatorio contro il Principe Demone. “Dove credi di andare?” Qualcuno andò a sbattere contro la sua spalla.
“Oh!” Esclamò un piccoletto dai capelli di un colore acceso. “Domando scusa! Tobio, aspetta!”
Tsutomu sbatté le palpebre un paio di volte. “Shouyou?”
Il fanciullo si fermò un paio di passi dopo e si voltò a guardarlo. “Tsutomu!” Esclamò con un sorriso. “Stai bene? Non ti è successo nulla di male?”
Il Principe dell’Aquila scosse la testa. Poco più avanti, Tobio sbuffò e tornò sui suoi passi. “Non fare lo stupido, Shouyou. Non c’è tempo di fare conversazione!”
Tsutomu passò lo sguardo da un Principe all’altro. “Tu…” Provò a parlare rivolgendosi all’erede al trono di Seijou. “Tu stai portando lui con te, contro il drago?!” Sbottò, infine.
“Sì!” Esclamò Shouyou con un’euforia completamente fuori luogo. “Io posso aiutare!”
Tsutomu sgranò gli occhi e guardò il Principe Demone. “Sei completamente impazzito?”
Shouyou smise di sorridere. “Perché?” Domandò imbronciandosi.
Tobio sbuffò ancora ed afferrò il polso del Principe dei Corvi. “Muoviti o ti lascio qui!”
“Sei completamente impazzito, Tobio?” Tsutomu non riusciva a credere alle sue orecchie. “Non è né un Cavaliere né un Arciere! Lo farai ammazzare!”
Shouyou si liberò dalla stretta dell’altro. “Io posso combattere!” Esclamò.
“Tsutomu, non ti mettere in mezzo,” disse Tobio con voce gelida. “Stiamo facendo una prova di fiducia qui e non ti riguarda!”
Il Principe dell’Aquila inarcò le sopracciglia. “Prova di fidu… Oh, andiamo! È un’idiozia!”
Tobio afferrò di nuovo il braccio di Shouyou e riprese a camminare. “Non gli serve il tuo permesso per fare lo stupido!”
Shouyou annuì. “Esatto, non mi serve il tuo permesso per…” Si bloccò e guardò Tobio di traverso. “Cosa?!”
“Vengo anche io!” Esclamò Tsutomu con aria solenne. “Io sono il Principe dell’Aquila! Io sono…”
Shouyou lo guardò confuso. “Lo sappiamo chi sei. Perché ce lo ripeti?”
Il Principe dell’Aquila aprì di nuovo la bocca, poi fece un gesto seccato con la mano. “Aspetta…” Venne interrotto da un ruggito tanto forte che ebbe il potere di far tremare le pareti di pietra.
 
 
***
 
 
Durò non più di qualche secondo ma il silenzio che seguì fu terribile.
Tetsuro allontanò le mani dalle orecchie molto lentamente, gli occhi rivolti verso l’alto. “Ti ricorda qualcosa?” Domandò rivolgendosi all’amico con la schiena premuta contro la sua.
Anche gli occhi di Koutaro erano rivolti verso l’alto soffitto. “Sì…” Rispose con voce terribilmente seria. “Sì e non mi piace…”
L’eco di una serie di passi frettolosi fece sobbalzare tutti. Kenjirou fu il primo a sospirare nel riconoscere il suo Re scendere le scale dei piani nobili. “Mio signore…”
Tooru lo ignorò completamente e si avvicinò a Koutaro e Tetsuro. “Hajime è con voi?”
Entrambi scossero la testa. “Non lo vediamo dal ballo,” aggiunse Tetsuro.
Il Re Demone annuì. “Bene. Meglio così.”
Koutaro inarcò le sopracciglia. “Hai un piano?”
“Sì,” rispose Tooru. “Ce l’ho.”
Tetsuro incrociò le braccia contro il petto. “Un piano che a Hajime non piacerebbe, immagino.”
Tooru gli rivolse un sorriso sarcastico. “Non me la ricordo nemmeno l’ultima volta che io ed il mio Cavalieri siamo stati d’accordo su di un piano,” replicò.
“Vostra Maestà…”
Il Re Demone si voltò e vide che Kaname si era avvicinato ai suoi uomini. Futakuchi aveva l’espressione di chi, alla fine, vedeva con i propri occhi qualcosa che aveva solo osato sperare in silenzio. L’uomo che era stato il Re di Dateko gli sorrise amichevolmente e gli posò una mano sulla spalla. “Sono onorato di poter combattere di nuovo al tuo fianco.”
Futakuchi sembrava sul punto di mettersi a piangere per l’emozione. “Non dovreste…”
“Non dimenticare chi ti ha insegnato a tirare con l’arco, Kenji,” lo interruppe Kaname con gentilezza. “Takanobu e gli altri sono al sicuro?”
Futakuchi annuì. “Ho dovuto minacciarli ma si sono tolti dai piedi, alla fine.”
Kaname sorrise. “Va bene così.”
“Già…” Intervenne Tooru interrompendo quella scenetta fin troppo commuovente per i suoi gusti. “Non ci serve nessun altro qui. Solo uno può abbattere questo drago.”
Tetsuro ghignò. “Hai un candidato?” Mormorò.
Koutaro storse la bocca. “Non saprei…”
 
 
***
 
 
Daichi strinse le labbra e scosse la testa. “Non l’ho mai toccato in vita mia, lo giuro” sibilò camminando stancamente lungo l’ennesimo corridoio semi-buio e completamente vuoto. “Non appena lo trovo, però… Lo prendo a schiaffi. Sì, tutti gli schiaffi che non gli ho dato in quindici anni di vita!”
“Non lo fare,” replicò Hajime. “Io ne ho dati pochi e ti giuro che mi brucia ancora la mano, mentre Tobio ha continuato a fare di testa sua come se non lo avessi mai toccato.”
“Li avremmo cresciuti troppo liberi?” Si domandò Daichi e gli vennero subito in mente una o due risposte saccate che Koushi avrebbe potuto dargli.
Hajime scrollò le spalle. “Beh… Alla loro età abbiamo combattuto per la nostra di libertà, in un certo senso,” portò lo sguardo sulla finestra e gli mancò il respiro per un istante. “Daichi…”
Il Re dei Corvi si avvicinò. “Cosa?”
Sotto di loro vi erano i giardini reali e, nonostante l’oscurità, fu impossibile non distinguere il mantello rosso di Tobio o il colore dei capelli di Shouyou. Daichi lasciò andare un sospiro di sollievo. “Maledizione…” No, non avrebbe mai toccato suo figlio nemmeno se lo avesse fatto completamente uscire di senno dalla rabbia, ora lo sapeva. “Come usciamo di qui?”
Hajime fece un cenno col capo verso la sua destra. “Vieni, passiamo per…”
Qualcosa di enorme passò davanti alle finestre. Fu un istante, una sagoma nera nel buio e nulla di più ma sia il Re che il Cavaliere scattarono all’indietro ritrovandosi con la schiena premuta contro il muro di pietra. “Maledizione!” Sbottò Hajime. “Maledizione! Maledizione! Maledizione!”
“Che diavolo era?” Domandò Daichi completamente in panico.
“Non lo so… Una coda?” Hajime scosse la testa. “Non ha importanza! Andiamo a prendere i ragazzi, seguimi!”
 
 
***
 
“Esattamente quale è il piano?” Domandò Tsutomu entrando per ultimo nella torre.
Tobio era in testa al piccolo gruppo, Shouyou solo un paio di passi dietro di lui.
“Sei con noi da dieci minuti e hai parlato più di questo stupido qui in tre settimane!” Esclamò il Re Demone annoiato.
Shouyou s’imbronciò. “Ma perché mi devi insultare anche quando ce l’hai con lui?”
Tobio non si preoccupò di rispondere e continuò a salire le scale due a due. Sentiva le dita di Shouyou strette intorno alla stoffa del suo mantello e questo gli assicurò che era proprio dietro di lui, mentre Tsutomu continuava a lamentarsi a qualche passo di distanza.
Raggiunsero il pianerottolo della stanza delle corone. Tobio lanciò un’occhiata veloce alla porta chiusa ed andò avanti. Shouyou fece lo stesso, poi sollevò gli occhi sulla nuca del Principe Demone. “Che cosa c’è più su?”
“Il sottotetto,” rispose Tobio. “C’è una botola per uscire all’esterno.”
Tre gradini più in basso, Tsutomu sgranò gli occhi. “Vuoi uscire sul tetto?” Domandò a voce troppo alta. “Vuoi metterti in posa per morire carbonizzato?”
“Dovrei prima assicurarmi di avere un buon equilibrio,” replicò Tobio.
Tsutomu sollevò le braccia esasperato. “Allora vuoi fare un salto nel vuoto!”
Tobio si fermò e lanciò un’occhiata al piccoletto dietro di lui da sopra la sua spalla. “Non ho paura del vuoto…” Mormorò e Shouyou gli rispose con un sorriso sicuro.
“Qui sono tutti pazzi…” Borbottò il Principe dell’Aquila ma questo non gli impedì di andare avanti.
Shouyou lasciò andare il mantello di Tobio non appena riuscì a distinguere le travi del tetto e vide la botola quadrata proprio sopra al punto in cui terminavano le scale. “Ci siamo…” Mormorò Tobio guardandolo. “Se ho ben capito, tu puoi impedirmi di cadere nel vuoto.”
Shouyou annuì.
“Ma non puoi dirmi come hai intenzione di fare.”
Il Principe dei Corvi lanciò una breve occhiata a Tsutomu, poi scosse la testa. Tobio guardò l’erede al trono di Shiratorizawa con espressione astiosa e l’altro rispose con una smorfia. “Cosa vuoi?” Domandò irritato. “Col cavolo che ti lascio compiere un’altra grande impresa con un drago mentre io me ne sto in un sotterraneo come l’ultimo dei codardi!” Esclamò, anche se aveva la netta sensazione di essere di troppo.
Tobio si tolse il mantello da sopra le spalle e lo lasciò cadere a terra. “Se le cose si mettono male,” disse guardando Shouyou dritto negli occhi, “corri…”
Shouyou s’imbronciò. “Io non scappo.”
“Non ti ho chiesto di scappare,” replicò Tobio. “Ti ho ordinato di correre. È la stessa differenza tra coraggio e stupidità, cerca di tenerlo a mente…”
“Questa è stupidità,” intervenne Tsutomu.
Tobio lo ignorò, prese un respiro profondo e portò la mano sulla maniglia della botola. “Bene…”
Shouyou rabbrividì quando l’aria della notte lo investì. Tobio appese l’arco alla spalla ed uscì all’esterno facendosi leva sulle braccia. Rimase accovacciato sul tetto cercando l’equilibrio, gli occhi blu rivolti verso il Castello Nero.
“Tobio,” Shouyou si portò sotto la botola. “Vedi qualcosa?”
Il Principe Demone rimase in silenzio per un lungo istante.
“Ehi, idiota, ti sei mangiato la lingua?” Domandò Tsutomu con aria strafottente.
Shouyou lo guardò storto. “Fai silenzio!” Esclamò, poi tornò a rivolgersi al Principe Demone. “Tobio?”
Gli occhi blu del Principe Demone erano divenuti grandi per quella che avrebbe potuto essere paura.
“Tobio?” Chiamò ancora una volta.
Il Principe Demone riportò la sua attenzione su di lui. “Devi giurarmi che non urlerai.”
Shouyou scosse la testa. “Non ho paura.” Mentiva.
“Non essere stupido,” replicò Tobio. “Avrai paura e ne avrai tanta ma non devi urlare per nessuna ragione al mondo.”
Shouyou strinse le labbra ed annuì. “Lo giuro…”
Il Principe Demone lo scrutò per un istante ancora, poi allungò una mano. “Vieni…”
Shouyou la strinse e lasciò che l’altro lo aiutasse a salire sul tetto. Chiuse gli occhi per un istante nel sentire l’aria fredda contro il viso, poi si ritrovò a fissare un orizzonte sconfinato, come quello che era abituato a vedere dall’alto delle torri del suo castello sulle montagne.
Sentì una mano afferrargli la spalla. “Da questa parte…” Mormorò Tobio.
Shouyou si voltò ma lo fece troppo velocemente. Pur nell’oscurità riuscì a vedere molto bene quello da cui Tobio lo aveva messo in guardia. Sentì il respiro morirgli in gola e questo gli impedì di gridare, anche se avrebbe tanto voluto farlo. Indietreggiò in un gesto istintivo.
“Stupido…” Sibilò Tobio circondandogli le spalle con un braccio.
Shouyou guardò oltre la sua spalla e si accorse di essere quasi ricaduto dentro la botola.
“Sei hai paura vattene ora,” disse Tobio vicino al suo orecchio.
Il Principe dei Corvi lo guardò dritto negli occhi, poi rivolse la sua attenzione alla creatura che se ne stava sul tetto del Castello Nero. Era scura, non poteva essere certo del suo colore ma era enorme, con la testa rivolta verso la Capitale come se stesse aspettando qualcosa. Muoveva la lunga coda ritmicamente, come un pendolo gigantesco.
Shouyou non osava immaginare come sarebbe stato se avesse deciso di aprire le ali.
Tobio si alzò in piedi e gli diede una mano a fare lo stesso. Dietro di loro, Tsutomu si mise in punta di piedi cercando di sbirciare la scena all’esterno. “Che cosa succede?” Domandò.
“Fa silenzio, Tsutomu,” replicò Tobio. Si tolse la faretra dalla spalla, ne prese una freccia e gettò le altre dentro la botola colpendo il Principe dell’Aquila dritto in testa. Shouyou lo guardò confuso per quel gesto. “Tengo meglio l’equilibrio con le spalle libere,” spiegò il Principe Demone. “Non avrò possibilità di tirare un secondo colpo comunque.”
Shouyou non riusciva proprio a spiegarsi come facesse a restare così calmo. “Sei tanto sicuro di vincere?” Non voleva suonare arrogante ma Tobio lo guardò in modo gelido. “Devo,” rispose. “Se fallisco qui, la mia casa verrà distrutta e la mia gente uccisa.”
Il Principe dei Corvi accennò un sorriso. “Proprio come un Re…” Mormorò.
Tobio lo guardò ma non replicò. “Devo attirare la sua attenzione.”
“Ma sì! Mettiamoci a fare i fuochi d’artificio già che ci siamo!” Sbottò Tsutomu dall’interno della botola.
“Puoi sempre andartene,” gli ricordò Tobio senza voltarsi a guardarlo.
Tsutomu si arrampicò in modo da starsene con le braccia incrociate sul bordo della botola. “E perdermi la tua disfatta?” Domandò. “Giammai!”
Shouyou inarcò le sopracciglia. “So che sei antipatico per natura ma a lui in particolare che cosa hai fatto?”
“Niente,” rispose Tobio.
“Niente?”
“Niente…”
“Esisti!” Esclamò il Principe dell’Aquila per fare luce sulla questione.
”Siate maledetti…”
Shouyou si sentì mancare il fiato e si portò una mano al petto.
Tobio se ne accorse. “Ehi…”
Il Principe dei Corvi ricambiò lo sguardo e fece per rassicurare l’altro sulle sue condizioni.
”Possiate morire tutti bruciati!”
Sentì un dolore lancinante al petto e poggiò un ginocchio a terra prima di perdere l’equilibrio.
“Ehi,” Tobio gli afferrò un braccio. “Che ti prendo, adesso?”
Shouyou riuscì a sollevare lo sguardo e non fu solo terrore quello che il Principe Demone vide nei suoi occhi: le iridi si erano fatte dorate, brillanti e la pupilla verticale.
“Shouyou, che stai facendo?” Domandò di nuovo.
“Io non sto facendo niente…” Rispose il Principe dei Corvi con voce tremante.
“Lo senti anche tu, vero?” Domandò Tsutomu. “Senti la sua voce nella tua testa, Shouyou?”
Tobio nemmeno si voltò cercando di sollevare l’altro di peso. “Avanti, stupido, non puoi farti venire le gambe molli proprio ora!” Se lo strinse contro il petto e Shouyou non si ribellò in alcun modo, poi sentì che anche il respiro del Principe Demone veniva meno per un istante. “Tobio…”
Sollevò gli occhi ma Tobio continuò a fissare dritto di fronte a sé. Shouyou riportò l’attenzione sul tetto del Castello Nero e sentì la paura stringergli il petto in una morsa come vide un singolo occhio dorato rispondere al suo sguardo. “Ci ha visto…” Mormorò.
“Che vorrebbe dire che ci ha visto?!” Sbottò Tsutomu alle loro spalle. “E come ha fatto?!”
“Ha sentito me…” Sussurrò Shouyou guardando il Principe Demone. “Ha sentito me come io ho sentito lui.”
Il drago si mosse putando l’unico occhio nella loro direzione.
Ci fu un attimo d’immobilità totale, poi il mostro spalancò la bocca ed un ruggito ancor più spaventoso del primo infranse il silenzio della notte.
Per coprirsi le orecchie, Tobio lasciò andare Shouyou ed il fanciullo cadde in ginocchio scivolando pericolosamente più in basso. Il Principe Demone tornò subito in sé, lo afferrò e sollevò di nuovo prima che finisse troppo lontano dalla sua portata. Cercò d’incoccare la freccia ma si rese conto che per farlo avrebbe dovuto mollare di nuovo la presa su Shouyou.
“Maledizione…” Sibilò tra i denti, poi chiuse gli occhi e pensò, pensò… Pensò più velocemente che poteva. Prima che il grido del mostro si fosse dissolto nella notte, Tobio seppe che cosa doveva fare.
 
 
***
 
 
“Maledetto…” Sibilò Hajime allontanando le mani dalle proprie orecchie.
“Dove sono i ragazzi?” Daichi prese a guardarsi disperatamente intorno ma era come se fosse scomparsi nel nulla.
“Hajime!” Tooru scese le scale del castello di corsa seguito dal Re dell’Aquila e dai loro uomini. “Daichi…” Aggiunse nel riconoscere il Re dei Corvi.
“Shouyou non si trova,” spiegò subito il Cavaliere. “Crediamo che sia insieme a Tobio.”
“Non li avete ancora trovati?” Domandò Tooru allarmato.
“Erano qui!” Esclamò Daichi girando su se stesso. “Non possono essere spariti…”
“Tooru…” Chiamò Wakatoshi.
“Cosa?” Domandò il Re Demone guardandolo.
“La torre…”
Gli occhi di tutti si sollevarono ma Tooru fu il primo a reagire. “No…” Disse con un filo di voce. “No, questo no…”
“Veloci!” Ordinò Hajime prendendo a correre tra i corridoi di siepi dei giardini, Daichi al suo fianco. Gli altri guerrieri lo seguirono senza esitare. Tooru non era riuscito a muovere un passo, congelato dalla vista di Tobio e Shouyou in bilico sul vuoto. Bastava un passo falso e…
Il Principe dei Corvi poteva pur avere delle ali ma il Principe Demone era solo un essere umano!
Doveva arrivare lassù e doveva farlo in fretta.
“Wakatoshi!” Tooru si voltò.
Kenjirou era ancora lì ma il Re dell’Aquila non c’era più.
 
 
***
 
 
“Shouyou, incocca la freccia…” Ordinò.
Il Principe dei Corvi non comprese immediatamente, poi Tobio lo costrinse con la schiena contro il suo petto. Shouyou si ritrovò con le dita stretta sulla freccia e l’arco, le mani del Principe Demone coprivano le sue. “Che cosa stai facendo?” Domandò terrorizzato. “Che intenzioni hai, Tobio?”
“Smettila subito di tremare!” Esclamò Tobio. “Tu non devi fare nulla, solo restare fermo e penso a tutto io. Non ti reggi in piedi, idiota. Non posso sorreggerti e lanciare contemporaneamente.”
“È una follia!” Urlò Tsutomu alle loro spalle. “Tobio, scendi subito! È una follia!”
Tobio riuscì a vedere chiaramente il drago tendere i muscoli delle zampe un istante prima di aprire le ali. Shouyou si morse il labbro inferiore per evitare di gridare. “Tobio…”
“Stai zitto!” Esclamò il Principe Demone. “Volevi una prova di fiducia? Bene, io non ho altra scelta che fidarmi di te e tu sei nella stessa identica posizione!”
“Come fai a sapere dove colpire?” Domandò Shouyou. “È troppo buio…”
“Appunto,” Tobio fissò lo sguardo sull’unico occhio dorato. “Il bersaglio è l’unico punto visibile.”
Shouyou non replicò. Una lacrima gli solcò la guancia ma non cedette e non abbassò lo sguardo neanche per un istante.
Accadde tutto in un istante.
Sia Shouyou che Tobio, però, avrebbero potuto descrivere ogni respiro nel minimo dettaglio.
La bestia si staccò dal tetto del castello con le fauci spalancate ed entrambi i Principi riuscirono a vedere lo scintillio delle fiamme in fondo alla sua gola. Il bersaglio, però, era ancora troppo lontano.
“Non ancora, non ancora,” continuava a sussurrare Tobio all’orecchio di Shouyou. “Fidati di me, non ancora…”
Tsutomu continuava ad urlare frasi sconnesse.
Tutto durò un istante, solo un istante… Sembrò un’eternità.
“Ora!” Ordinò il Principe Demone ed il Principe dei Corvi ubbidì.
Fu un movimento minimo. Perfetto.
L’occhio dorato del drago venne inghiottito dal buio della notte e la fauci si richiusero. Le ali si ripiegarono su loro stesse e la bestia perse quota.
Tobio e Shouyou ebbero appena il tempo di capire quello che stava per accadere.
Il corpo del drago si schiantò contro la torre e questa crollò come se fosse fatta di carta.
Quello che seguì fu un salto nel vuoto.
 
 
***
 
 
Tooru riprese conoscenza all’alba.
Si ritrovò ad osservare le ultime stelle visibili per alcuni istanti, prima che il sole comparisse all’orizzonte. Ci volle un po’ perché si riuscisse a parlare. “Sono ancora vivo?” Non lo credeva possibile, non dopo aver visto il drago cadere e quella torre crollargli praticamente addosso. Cercò di muovere le dita di mani e piedi: fece male ma almeno seppe di avere ancora sensibilità agli arti.
“Sì, sei vivo…” Mormorò una voce stanca accanto a lui.
Tooru allontanò gli occhi scuri dal cielo ormai azzurrognolo. “Koushi…”
Il consorte reale del Regno di Karasuno era pallido ed aveva gli occhi stanchi e gonfi di chi ha passato troppo tempo a piangere. “Stanno soccorrendo i feriti più gravi. Non hanno ancora avuto tempo di portarti in camera tua.”
Tooru strinse le labbra e tentò di sollevarsi a sedere e Koushi gli circondò le spalle con un braccio per aiutarlo. Lo aveva depositato su una di quelle barelle che usavano sui campi di battaglia. Si portò una mano alla testa e si rese conto che era fasciata. “Ci sono molti feriti?” Domandò.
Koushi scosse la testa. “No, per fortuna. Qualcuno è ridotto peggio di altri ma nessuno sembra essere in pericolo di vita.”
“Hajime?”
“Sta bene,” lo tranquillizzò Koushi. “Lui è Daichi hanno visto la torre cadere in pezzi sopra di loro ma non sono stati colpiti da detriti.”
Tooru chiuse gli occhi e prese un respiro profondo: poco importava che la testa sembrasse scoppiargli, fin tanto che il suo Cavaliere si reggeva sulle proprie gambe andava tutto bene.
Fu allora che si ricordò del resto...
“Tobio?” Domandò sollevando le palpebre. Guardò Koushi e vide che gli occhi dell’altro erano pieni di lacrime. “Koushi…” Mormorò il Re Demone con evidente timore. “Dove sono Tobio e Shouyou?”
Koushi strinse le labbra e tirò su col naso. “Daichi e Hajime sono andati a cercarli nella foresta…” Rispose con voce tremante. Era evidente che temeva il peggio.
Tooru si morse il labbro inferiore e si guardò intorno: i giardini reali erano un cimitero di macerie e ciò che rimaneva della torre copriva l’orizzonte. “Stanno bene,” dichiarò e non si sarebbe permesso di pensarla diversamente fino a che non gli avrebbero portato il cadavere di suo figlio. “Sono insieme, quindi stanno bene.”
“Mi hanno detto che erano sul tetto di quella torre, Tooru,” disse Koushi chinando la testa.
“Lo so…”
“Chi può sopravvivere ad una caduta del genere?”
Il Re Demone lo guardò. “Qualcuno in grado di volare…”
Koushi sollevò lo sguardo ed i suoi occhi parvero pieni di speranza per un istante, uno solo. “Questo può valere per Shouyou ma…”
“Tobio sta bene,” concluse Tooru con tono di chi non ammette repliche. “Erano insieme su quella torre. Stanno bene.”
Koushi strinse le labbra e si costrinse ad annuire e crederci.
“La tua bambina?” Domandò Tooru.
“Piange,” rispose il consorte reale. “Vuole suo fratello. L’ho lasciata con le mie dame. Il resto della mia gente sta bene. Alcuni di loro hanno seguito Daichi e Hajime.”
“Ti ringrazio…”
“Non devi, anche i tuoi Cavalieri sono nella foresta in questo momento,” disse Koushi. “E quelli di Shiratorizawa.”
Tooru inarcò le sopracciglia e si guardò intorno. “Dove è Wakatoshi?”
“Insieme a Daichi e Hajime.”
“Perché?”
“Tsutomu non si trova,” disse Koushi. “Satori dice che gli è sfuggito durante il caos della notte scorsa.”
Tooru sgranò gli occhi. “Era su quella torre?”
“Pensiamo di sì…”
Il Re Demone strinse gli occhi e si passò una mano tra i capelli con frustrazione. “Maledizione…”
 
 
***
 
 
Le dita di Tobio erano ancora strette intorno all’arco quando recuperò i sensi.
La prima cosa che vide fu il cielo terso del primo mattino e solo dopo si rese conto di essere completamente bagnato. Si sollevò ingoiando aria come se avesse appena rischiato di annegare ma l’acqua del laghetto a stento arrivava all’altezza delle sue ginocchia.
Gli occhi blu erano sgranati, il fiato corto ed il cuore galoppante.
Per un attimo, Tobio credette che le gambe non lo avrebbero retto e si sedette sulla sponda del laghetto lasciando cadere l’arco sull’erba. Prese un paio di respiri profondi nel tentativo di calmare il battito impazzito nel suo petto. Si portò una mano alla scollatura della camicia e restò immobile a sentire la cassa toracica vibrare sotto il palmo della sua mano.
Prese a tremare senza rendersene conto, le lacrime scesero spontanee dagli occhi blu ed il Principe non fece nulla per fermarle. Abbassò il viso prendendosi la testa tra le mani e singhiozzando senza vergogna. “Maledizione!” Imprecò. “Maledizione! Maledizione!”
A chi si stesse rivolgendo non era chiaro neppure a lui. Semplicemente, sentiva qualcosa di pesante nel petto e sapeva di doverlo tirare fuori in qualche modo o sarebbe impazzito.
Era morto…
Per un attimo, quando aveva sentito la terra mancargli sotto i piedi, aveva creduto che sarebbe morto. Dopo, però, gli era parso di volare
Si asciugò il viso con la manica della camicia in un movimento rabbioso, poi afferrò il suo arco e si sollevò in piedi. Tremava ancora ma decise d’ignorarlo.
Sollevò lo sguardo dove le chiome degli alberi non coprivano completamente il cielo: riusciva a vedere l’altura del Castello Nero sopra di lui e questo gli permise di orientarsi un poco. Doveva essere caduto nella parte più folta della foresta ma almeno era ancora vicino a casa.
Tobio si guardò intorno ed una macchia rossa attirò immediatamente la sua attenzione.
Sospirò. “Non ci posso credere…” Sibilò quasi scocciato nel vedere il mantello scarlatto degli eredi al trono di Seijou appeso al ramo di un albero. Ne afferrò l’orlo e tirò. La faretra di cui si era liberato sulla cima della torre gli cadde in testa ed imprecò ad alta voce. “Non ci posso proprio credere…” Aggiunse mettendosi la faretra in spalla. Un’intera costruzione era andata distrutta a causa di un drago e, dopo un salto nel vuoto, le gambe reggevano ancora, aveva ancora quello stupido mantello ed un arco perfettamente funzionante.
Si mise il mantello sulle spalle per combattere un brivido di freddo. Se l’avesse raccontato, nessuno ci avrebbe creduto.
Forse, solo Shouyou…
Tobio sentì il fiato morirgli in gola per un istante. Prese a guardarsi intorno con urgenza e capire di essere completamente da solo non fece che peggiorare il senso di panico che sentiva stringergli il petto istante dopo istante. “Shouyou!” Tuonò con quanto fiato aveva in gola. “Shouyou!”
Era fuori di sé dalla rabbia.
“Shouyou!”
Qualcosa si mosse di colpo da qualche parte. Tobio scattò all’indietro facendo aderire la schiena al tronco di un albero. Tremava di nuovo e si odiò per questo. Sapeva di aver colpito l’occhio del drago e questo lo aveva sicuramente privato della vista ma lo aveva ucciso? La freccia avrebbe dovuto penetrargli il cranio e non era certo di aver messo tanta forza nel colpo.
Una bestia dolorante ed acciecata non era il genere di creatura di cui volesse attirare l’attenzione. Non fu facile recuperare una freccia dalla faretra a causa delle dita tremanti ma strinse i denti e riuscì ad incoccarla. Per un lungo momento, Tobio riuscì solo ad udire il proprio respiro accelerato.
“Stai calmo,” mormorò a se stesso. “Stai calmo…”
Non ci riuscì e la rabbia che seguì non fu d’aiuto ai suoi nervi.
Qualcosa si mosse alla sua destra. Riuscì a vederla solo con la coda dell’occhio ma si spostò fulmineamente e tirò la freccia senza riflettere.
Tobio vide chiaramente il corvo solo dopo averlo colpito. Ebbe appena il tempo di scorgere la piccola figura scura cadere a terra a poca distanza da lui, tra i cespugli.
Prese un respiro profondo e rilassò le spalle. “Idiota…” Disse a se stesso. Fece per voltarsi, per tornare al laghetto e decidere quale fosse la direzione più giusta da prendere per tornare a casa il più presto possibile e cercare aiuto. Se Shouyou era in quella foresta non lo avrebbe mai trovato da solo.
Uno strano suono lo fermò.
Tobio riportò lo sguardo sui cespugli dietro a cui era caduto il corvo e tese le orecchie. Udì un altro suono identico al primo, come il singhiozzo di un bambino in lacrime. Allungò una mano alle sue spalle e recuperò un’altra freccia. Si mosse in avanti lentamente.
Era un cacciatore ed era nella sua natura muoversi senza far rumore.
Forse, era solo il corvo ferito che si lamentava. Forse, le sue dita avevano tremato troppo e la freccia non aveva colpito un punto vitale.
Se fosse stato più onesto con se stesso, Tobio avrebbe semplicemente ammesso che aveva paura.
Superò i cespugli e sollevò l’arco ancor prima di vedere chiaramente contro cosa lo stava puntando.
Se la sua mano fosse stata ferma come lo era di solito, Tobio avrebbe abbattuto la preda e le sue mani si sarebbe sporcate di sangue in modo indelebile.
Per un attimo, Tobio provò lo stesso senso di vertigine che gli aveva spezzato il respiro quando aveva sentito la torre crollare sotto i suoi piedi e si era ritrovato ad agitarsi nel vuoto, senza via di scampo. Ricordava di aver cercato gli occhi di Shouyou e di non averli trovati.
Ora, però, aveva entrambi i piedi a terra e le iridi d’ambra del Principe dei Corvi erano tanti grandi e vive da sembrare che brillassero di luce propria.
“To-Tobio…”
Udire la voce di Shouyou fu per Tobio la conferma che non stava sognando ma questo non fu sufficiente a dare una spiegazione a tutto il resto.
La freccia aveva colpito il tronco dell’albero contro cui Shouyou era raggomitolato. Non aveva alcun vestito addosso e le piccole spalle erano scosse violentemente dai singhiozzi. Era pallido come non lo era mai stato.
Tobio lasciò andare l’arco e cadde in ginocchio, schiacciato dalla forza di una stanchezza che non aveva percepito prima di quel momento. Aveva gli occhi sgranati e non riusciva a respirare. “Shouyou…” Disse con un filo di voce.
Il Principe dei Corvi piangeva disperatamente rannicchiato in posizione fetale. Allontanò gli occhi dai suoi e nascose il viso tra le braccia. Solo allora, Tobio vide lo squarcio sulla sua spalla.
“Sei ferito!” Esclamò ed allungò una mano.
Gli occhi di Shouyou erano rabbiosi quando tornò a guardarlo. “Non mi toccare!” Urlò, come se l’altro l’avesse minacciato in qualche modo.
La mano di Tobio rimase bloccata a mezz’aria. “Sto solo cercando di aiutarti, stupido!” Replicò duramente.
“Non mi toccare…” Singhiozzò Shouyou nascondendosi di nuovo dall’altro. “Non mi toccare…”
Tobio riadagiò il braccio lungo il fianco e provò a mettere insieme gli ultimi avvenimenti in modo che assumessero un senso, uno qualunque. Doveva o sapeva che sarebbe impazzito. Si prese la testa tra le mani, chiuse gli occhi e cercò di pensare razionalmente: aveva tirato la freccia ad un corvo, lo aveva colpito ed ora Shouyou era ferito.
La risposta che cercava era tanto semplice da essere incredibile.
Tobio sollevò lo sguardo: Shouyou piangeva ancora e non aveva la minima idea di cosa fare per calmarlo. Sapeva come farlo smettere di tremare, però. Si tolse il mantello rosso dalle spalle e si sporse in avanti per coprirci il fanciullo completamente nudo.
Shouyou smise di singhiozzare di colpo e sollevò gli occhi d’ambra su quelli dell’altro. La rabbia si era dissolta lasciando il posto allo smarrimento. “Copriti…” disse Tobio. “Stai tremando.”
Shouyou si mosse lentamente avvolgendosi il mantello rosso intorno alle spalle. “Grazie…” Sussurrò.
Tobio non rispose e si alzò in piedi, slacciò velocemente i bottoni della camicia e se la tolse di dosso. Non si accorse di come gli occhi di Shouyou divennero grandi a quel gesto. “Che stai facendo?” Domandò.
Il Principe Demone si portò la stoffa alla guancia: era ancora umida ma se la sarebbero fatta bastare. Afferrò l’orlo e ne strappò un lungo lembo, poi tornò accanto all’altro fanciullo. “Scopri la spalla ferita.”
Shouyou ubbidì ma fece attenzione a tenere il mantello stretto al petto con la mano libera.
Tobio analizzò la ferita velocemente. “Ti ho preso di striscio,” disse sollevato.
Gli occhi d’ambra lo guardarono confusi.
“Sono stato io, no?” Tobio cercò di non guardarlo in faccia di proposito. “Per questo non volevi che ti toccassi…”
Shouyou continuò a rimanere in silenzio. Strinse appena le labbra quando Tobio passò la camicia sulla ferita per pulirla. “Stai fermo!” Esclamò il Principe Demone irritato. Shouyou lo guardò storto ma non replicò.
Tobio recuperò il lembo di stoffa che aveva strappato. “Dovrò stringere e farà un po’ male,” avvertì.
Shouyou annuì. Le dita di Tobio erano calde sulla sua pelle ed era piacevole dopo tutto quel freddo. Fu insolitamente gentile ed il fastidio fu sopportabile. “Ecco fatto,” disse il Principe Demone annodando gli orli della stoffa lacerata per tenere ferma la fasciatura. “Fino al castello dovrebbe bastare.” Si sforzò a guadarlo negli occhi. “Stai meglio?”
Shouyou annuì e tornò a raggomitolarsi sotto il mantello e contro il tronco dell’albero.
Tobio si umettò le labbra e si guardò intorno. “Pensi di riuscire a camminare?”
Shouyou scosse la testa senza guardarlo.
“Hai perso la lingua per caso?” Domandò Tobio irritato. Shouyou lo guardò storto, gli occhi grandi ancora pieni di lacrime. “Lo stai facendo a posta?” Domandò.
“A fare cosa, stupido?”
“A non parlarne!” Esclamò il Principe dei Corvi. “A fare finta di niente…” Aggiunse, mentre le lacrime gli rigavano di nuovo le guance.
Tobio lo guardò fisso. “È per colpa mia che stai piangendo?”
“S-Sì…”
“La ferita fa così male?”
“N-No…”
“Allora cos’hai?!” Sbottò Tobio esasperato.
Shouyou prese un respiro profondo e cercò di calmarsi. “Volevi uccidermi…” Mormorò con voce tremante.
Il Principe Demone dischiuse le labbra ma poi si fece immobile e si voltò in preda alla frustrazione. “Maledizione…” Sibilò. Chiuse gli occhi e s’impose di mantenere il controllo. “Mi disp… Mi disf… Mi dip…”
“Ti dispiace?”
Tobio sobbalzò, sebbene Shouyou avesse parlato a bassa voce.
Il Principe dei Corvi si era tirato in piedi ma il suo viso era decisamente pallido e Tobio sapeva che non sarebbe arrivato lontano. Sembrava ancor più piccolo avvolto nel suo mantello.
“Possiamo parlarne?” Domandò il Principe Demone.
“Ora?” Chiese Shouyou abbassando gli occhi su di sé ed arrossendo.
Tobio scosse appena la testa. “No…” Non avrebbe accettato nessuna verità nello stato in cui versava ora. Doveva prima smettere di tremare. “Dobbiamo tornare al castello… Dobbiamo tornare dai nostri genitori.”
“Sì, hai ragione,” Shouyou fece un passo in avanti ma la testa gli girò, perse l’equilibrio e non sentì più la terra sotto i piedi per un istante. Due braccia forti lo afferrarono prima che cadesse.
“Stupido…” Udì mormorare Tobio.
Le stesse braccia che lo avevano sorretto lo sollevarono da terra senza sforzo.
“Dovevi dirmelo che non riesci a camminare.”
Shouyou sollevò gli occhi d’ambra su quelli blu del Principe Demone. “Te l’ho detto,” replicò ma non era arrabbiato. “Tu, però, non mi ascolti mai.”
Tobio s’imbronciò. “Non sei proprio nella posizione per dirmi una cosa del genere.”
Per un attimo, Shouyou fece per dargli dell’antipatico per l’ennesima volta da quando si conoscevano ma si calmò subito e sorrise. Tobio se ne accorse solo qualche passo dopo. “Cosa c’è?” Domandò.
Il Principe dei Corvi scosse la testa. “Niente…”
“Ancora segreti?” Chiese il Principe Demone. “Non è troppo tardi, ormai?”
“Sì, è troppo tardi davvero…” Mormorò Shouyou in risposta. “Per questo sorrido.”
Tobio lo guardò senza comprendere ma decise che avrebbe rimandato anche quella verità a più tardi. “Torniamo a casa…”



 

 
   
 
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