Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Segui la storia  |       
Autore: _Pulse_    27/04/2009    2 recensioni
Uscì in accappatoio e si asciugò velocemente i capelli con un asciugamano. Era così strana quella situazione… Lei e i Tokio Hotel, in una sola casa, a convivere. Voleva proprio vedere ciò che ne sarebbe uscito fuori.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Jinny scese in taverna, nel locale lavanderia. Dentro c’era Tom.

Era già passata una settimana e aveva imparato ogni giorno a canoscerli un po’ di più. Ormai erano come fratelli, anche se a volte si davano addosso.

Era scesa per prendere la sua roba lavata e pulita, ma vide che Tom guardava una sua maglietta.

«Ma che stai facendo?» gli chiese, andandogli a fianco.

Jinny ebbe un colpo al cuore. C’era la sua roba e la roba di Tom mescolata, in un unico cesto ed era più o meno tutto diventato rosa.

«Scusami Jinny, non l’ho fatto apposta!» disse Tom, cercando un suo perdono.

«Tom!» gli prese il cesto dalle mani e uscì dal locale, tornando nella sala dove c’erano Bill e Georg a giocare a biliardo e Gustav che faceva sollevamento pesi.

«Non ci posso credere!» urlò ancora lei, distraendo Bill e facendolo scivolare con la stecca sul tavolo verde.

Tutti si girarono a guardarla. Lei sbuffò sbattendo i piedi per terra e si mise in ginocchio sul divano, con il cesto in mano.

«Che cos’è successo?» chiese Bill, cercando di vedere dalla sua posizione. Tom scosse la testa e raggiunse Jinny sul divano.

«Dai Jinny, non fare così… Ti ho già chiesto scusa.»

«Ma non mi servono le tue scuse! Qui ci vuole solo un casino di candeggina!» sollevò una sua maglietta allora bianca, diventata completamente rosa.

Bill rise sottovoce, capendo ciò che era successo.

«Tom in una settimana non hai ancora capito che devi dividere i colori?! E perché poi hai mescolato la tua roba alla mia?!»

«Non ci ho fatto nemmeno caso! Ho visto della roba appoggiata lì e l’ho buttata dentro! Cosa vuoi che ne sappia io! Così la prossima volta impari a non lasciare le cose in giro!»

Uffa. Per una volta che voleva fare qualcosa di carino per lei… (guardate in che situazione ridicola si è cacciato!) E magari anche dare una sbirciatina alla sua biancheria… Beh, è pur sempre un maschio, che volevate?

«Ma sì, certo, adesso la colpa sarebbe mia, vero?!»

«Non ho detto questo!» Tom si vide arrivare una sua maglietta in faccia, facendolo stare zitto.

«Guarda poi! Anche la mia roba è diventata rosa, che credi?! Mica solo la tua!» urlò Tom, che iniziava a perdere la pazienza.

«Ma chissene frega della tua!»

«Guarda che l’ho pagata un mucchio di soldi!»

Si ritrovò con addosso tutta la sua roba: magliette, jeans, boxer, che se erano scuri si erano salvati, se no erano diventati rosa.

Jinny non aveva nessun problema a raccattare la loro roba, compresa la biancheria intima, quando capitava. Non si sentiva affatto in imbarazzo, e questo aveva stupito tutti quanti.

Lei prese il cesto, contenente ormai solo e unicamente la sua roba, e si alzò dal divano incazzata, ritornando in lavanderia, per rimettere tutto a lavare con un bel po’ di candeggina.

Tom era rimasto sul divano, che ora sembrava più un appendi abiti. Guardò gli amici che se la sghignazzavano alle sue spalle, che ritornarono subito seri vedendo la sua faccia arrabbiata.

«Bene, no? La giornata inizia che è una meraviglia!» urlò Tom, scrollandosi di dosso tutta la sua roba, che prese e riportò in lavanderia, dove trovò Jinny seduta su una lavatrice inutilizzata, che parlava al cellulare.

Non fece nemmeno caso a lui, era troppo impegnata a fare la sdolcinata con Riky, il suo ragazzo.

«Ciao, come stai? Io uno schifo, sono già incazzata. Quand’è che ci vediamo? Mi manchi tanto. Anch’io. Ti amo, ciao a dopo.»

Scese dalla lavatrice sorridendo e schivando lo sguardo di Tom. Salì di corsa le scale e sparì.

Tom uscì dal locale lavanderia e guardò il fratello con un espressione triste, camminando a testa bassa.

«Che ti succede Tom?» gli chiese subito lui.

«Niente Bill, proprio niente.» Tom si tuffò sul divano e si lasciò andare, appoggiando la testa allo schienale, chiudendo gli occhi e sbuffando.

Insomma, che gli prendeva? Aveva litigato con Jinny e allora? Capita, no? Invece no, non doveva capitare, non con lei. Si sentiva in colpa, ma non si riusciva a spiegare il motivo. Era tutto talmente confuso… In più c’era la storia del suo ragazzo…

«Ragazzi, io vado al lavoro, ci vediamo dopo» li salutò lei con la mano, sorridendo e risbucando sulle scale per scendere in taverna.

«Ok, ciao» risposero in coro Bill, Gustav e Georg.

Tom non rispose, l’aveva solo guardata, senza dire nulla. Lei lo guardò e ritornò seria, il suo sorriso sparì, come sparì dalle scale salendo di sopra.

 

***

 

Tom guardò il fratello e poi guardò di fronte a sé. Lesse il nome del negozio sull’insegna sopra di lui, togliendosi gli occhiali da sole scuri.

«Allora? Che fai? Entri o no?» gli chiese Bill, accanto a lui.

«Sì, adesso vado.»

Tom non poteva rimanere a casa con le mani in mano, non si sentiva a posto. Doveva andare a chiedere assolutamente scusa a Jinny, che non gli aveva più rivolto la parola da quella mattina, come di solito faceva, quando li chiamava nella pausa per sapere se andava tutto bene a casa.

Entrò nel negozio e andò spedito alla cassa, guardandosi intorno in cerca di Jinny. Guardò la commessa dietro al bancone.

«Ciao, come posso esserti utile?» gli chiese, sorridendo.

Di solito avrebbe iniziato a parlare a non finire e a flirtare, ma aveva qualcun altro a cui pensare.

«Cercavo Jennifer… Jinny.»

«Jinny? Guarda, è lì dietro, che sta mettendo a posto degli scaffali.»

«Ok, grazie.»

«Non c’è di chè.»

Tom si diresse verso il posto che aveva indicato la ragazza e sorrise quando vide la sua Jinny su una scaletta, che metteva a posto dei reggiseni su uno scaffale.

«Ehi, ciao. Che posto strano dove incontrarsi, ne?» disse Tom guardandola dal basso, sorridendo.

«E tu che ci fai qui?!» chiese lei, lasciando i reggiseni e scendendo dalle scalette.

«Sono venuto a chiederti scusa.»

La guardò: aveva una maglietta nera, annodata su un fianco, con il nome del negozio sul petto e un cartoncino al collo.

«Scusa per cosa?»

«Per… i vestiti rosa. Ricordi?»

«Ah, sì.»

«Ecco. Scusami, mi dispiace. Io…»

«Ok, Tom, fa niente. Ora devo scappare.» Sorrise, ma non a lui, verso qualcun altro, che era entrato proprio ora nel negozio.

Lo spostò e corse verso un ragazzo, che abbracciò mettendogli le braccia al collo. Lo baciò sulle labbra, sorridendo.

Tom non poteva credere ai suoi occhi, sentì una fitta al petto, ma così forte che dovette chiudere e stringere gli occhi. Senza guardarli uscì fuori dal negozio, passandoci pure accanto, e raggiunse Bill, che guardava anche lui la coppietta felice.

 

***

 

Jinny entrò in solaio canticchiando, cosa che faceva solo quando era molto felice. Saltellò sul letto e ci si tuffò, guardando il soffitto con le travi di legno, sorridendo e raccogliendosi i capelli in una coda alta. Era in totale rilassamento, ma un rumore, il getto dell’acqua della doccia, la distrasse dal relax. Si alzò corrugando la fronte, chiedendosi chi fosse sotto la sua doccia, anche se un’idea ce l’aveva già.

Riconobbe subito il tono grave di Tom, che si lamentava sotto la doccia, per una ragazza sembrava.

«Tom? Ma che cazzo ci fai nella mia doccia?!»

Tom chiuse il getto dell’acqua e sbucò fuori con la testa dalle tende blu.

«Ah, ciao Jinny, come va? Sei qui da molto?», sembrava quasi preoccupato che avesse sentito qualcosa.

Stava parlando proprio di Jinny e Ricky, di quanto gli dava sui nervi vederli assieme come una vera coppietta felice.

«No, sono appena arrivata. Adesso mi dici che ci fai nella mia doccia sì o no?!»

La sua risposta sollevò Tom: Jinny non aveva sentito niente.

«Ma niente… tu hai il bagno più grande, perciò lo sfrutto.»

«Nessuno ti ha dato il permesso.»

«E dai Jinny, quante storie. Ho fatto solo la doccia, nulla di così…»

«Mi dà fastidio comunque.»

«Uffa… Allora non lo farò più, giuro.»

Quando ci si mette è davvero una rompi coglioni.

Si rimise sotto la doccia e finì, mentre lei ritornava nella camera da letto per scegliersi i vestiti per uscire quella sera.

«Tom, dammi un consiglio: meglio il bianco o il nero?»

«Che cosa?»

«Tu dimmi se è meglio il bianco o il nero.»

«Bianco.»

«Ok, grazie mille. Hai finito?»

«Sì, sì, ho finito, rompina

Tom uscì dal bagno con un asciugamano in vita e uno appoggiato intorno al collo. Lei rimase un attimo a guardarlo, completamente rapita, poi scosse la testa e andò in bagno.

«Grazie per avermi prestato il bagno» disse Tom, scendendo le scale per raggiungere la sua camera.

Jinny rimase in solaio fino a sera. Cosa aveva fatto in tutto quel tempo? Si era fatta la doccia, si era vestita, truccata, fatta i capelli… eccetera. Quella sera era speciale, tutto doveva essere perfetto e così pure lei doveva essere perfetta.

«Dove andiamo così carine?» chiese Bill, sorridendo a Jinny, che scendeva come una diva dalle scale, facendo rumore con i tacchi. Bill le prese la mano e le fece scendere gli ultimi scalini.

«Esco con Riky.»

Tom era sdraiato sul divano, che guardavala la tv, e per poco non si strozzò con la Coca Cola sentendo quelle parole.

Bill gli corse affianco e lo prese ancora a pacche sulla schiena. «Tom! Quante volte ti ho detto che devi fare una cosa per volta?! O bevi o parli, non puoi fare tutte e due le cose!» gli disse Bill, mentre Tom riprendeva aria.

Tom si girò e guardò Jinny alla fine delle scale, poco lontana da dov’era lui. Era stupenda: indossava una canottiera bianca a spalle fini, lunga, con una scritta e dei brillantini, poi una minigonna in jeans e in mano aveva una giacchetta, sempre in jeans. Nell’altra mano, invece, teneva una piccola borsa, anch’essa bianca. Un vero angelo sceso dal cielo, con i capelli perfettamente lisci che le cadevano leggeri sulle spalle e le arrivavano in fondo alla schiena, al polso un braccialetto e al collo una collana con un cuore.

Tom era da un po’ che la guardava, senza fiato, senza riuscire a dire niente.

«Tom, forza, dì qualcosa» lo incitò Bill, punzecchiandogli il braccio.

«Carina» disse, girandosi sul divano a braccia incrociate.

«Scusalo, è geloso» disse Bill, coprendosi la bocca di lato.

«Non sono affatto geloso!»

«Ok, sì Tom, hai ragione tu. Dove andate di bello?»

Tom ringraziò il cielo perché Bill le avesse fatto quella domanda. Almeno lui doveva fargli scoprire un po’ di più sulla sua serata.

«Andiamo… Sai che non me l’ha detto? Sarà una sopresa delle sue.»

«Ah. E quando torni?»

«Ehi, questo non lo so… Vedremo… Ma non mi aspettate svegli, farò tardi… mooolto tardi!» disse, arrossendo un po’ e ridacchiando.

Sentirono un clacson. Lei sorrise e salutò i gemelli, raccomandandogli di salurtare per lei pure Gustav e Georg, e di fare i bravi in sua assenza.

«Si, mammina…» scherzò Bill. «Divertiti.»

«Puoi scommeterci» disse lei, salendo i due scalini prima di uscire.

Salì sulla macchina di Ricky e sparì dalla vista di Tom, che era corso alla porta per vederla andar via.

 

***

 

«Tomi, vieni a dormire, è tardi.»

Tom era ancora davanti alla televisione, in sala. Era quasi mezzanotte e mezza e di Jinny ancora niente, nulla. Era la decima volta che Bill lo chiamava per farlo andare a letto, ma lui non voleva sentire ragioni.

«Bill, vai a dormire tu. Io non ho sonno.»

«Se, come no. Tu non vieni perché aspetti che torni Jinny, altro che non hai sonno. Smettila va’.»

Bill sembrava anche un po’ incazzato, sta storia di Jinny ormai era diventata una specie di ossessione per Tom.

«Non è vero. Quando ho sonno dormo, ok? E poi che te ne frega? Non posso aspettarla?»

«Sì, sì, ok, fai come vuoi…»

Bill salì le scale arreso, andando in camera sua.

Passarono i minuti, passarono le ore, passò la notte e il sole era ormai già alto nel cielo quando Bill scese giù dalle scale e vide il fratello addormentato sul divano, con una mano per terra, il telecomando sul petto e la televisione ancora accesa. Se Tom era ancora lì voleva dire che probabilmente Jinny non era tornata quella notte.

Corse dal fratello, un po’ preoccupato, e lo scosse, cercando di svegliarlo. Tom sobbalzò e si trovò per terra, sdraiato a pancia in su sul tappeto, di fianco al tavolino di vetro.

«Che c’è Bill?» mugugnò, stropicciandosi gli occhi.

«Tom, Jinny?»

Tom si alzò subito in piedi e si guardò attorno, poi guardò il fratello, seriamente preoccupato in volto. Si passò le mani sulla faccia.

«Cazzo, Jinny… Mi sono addormentato Bill!»

«Questo l’ho visto. Dici che non è ancora tornata?»

Si guardarono preoccupati e si precipitarono in solaio, salendo le scale di corsa. Guardarono in stanza, ma il letto di Jinny non era disfatto, non ci aveva dormito nessuno.

Sentirono la porta di sotto aprirsi, poi chiudersi. Scesero di nuovo di corsa le scale, facendo un casino infernale. Videro Jinny attraversare la sala a testa bassa, togliendosi i tacchi, passare in mezzo a loro due e salire le scale, senza guardarli in faccia.

Tom la raggiunse: «Jinny. Jinny, dove sei stata tutta la notte? Ci hai fatti preoccupare.» Si piazzò davanti a lei, prendendole un braccio.

Lei non accennava a guardarlo in faccia e nemmeno a dargli una risposta. Le prese il mento fra le dita e le fece guardare i suoi occhi. Vide il trucco sbavato, gli occhi lucidi, gonfi da quanto avevano pianto.

Lei si scostò da lui con un movimento del capo e, dopo essersi liberata dalla sua dolce stretta sul braccio, salì le scale, in perfetto silenzio.

Tom si girò e la guardò allontanarsi, mentre si toglieva la giacca tenendo le scarpe in una mano.

Tom e Bill si guardarono, con una sensazione di disagio e la tristezza nel cuore per una Jinny che non avevano mai visto così.

Tom salì in fretta le scale e vide che la porta del solaio era chiusa. Provò ad aprirla, ma era chiusa a chiave. Non l’aveva mai chiusa a chiave prima d’allora, voleva dire che era successo qualcosa di veramente grave. Bussò alla porta un paio di volte.

«Jinny… Jinny ti prego apri, sono io.»

Nessuna risposta. Provò ancora per due volte, ma la risposta di Jinny era sempre la stessa: silenzio. Silenzio assoluto.

Tom scese le scale demoralizzato, incontrando alla fine il fratello.

«Che cos’ha?»

«Si è chiusa in camera e non mi vuole parlare, non risponde neppure.»

Jinny si tuffò sotto una doccia gelata, poi si mise nel suo letto, sotto le coperte, in silenzio, non vedendo e non sentendo niente, il nulla. Nascose la faccia dentro al cuscino, strinse forte i pugni e lasciò scivolare le lacrime, ancora, per l’ennesima volta, come quella notte insonne passata a casa della sua amica Camilla.

Lei lo sapeva, lo aveva sempre saputo, ma non per questo si era tirata indietro. Aveva rischiato, aveva giocato correttamente le sue carte, ma qualcun altro aveva vinto, rompendole il cuore in mille minuscoli pezzi.

Ora era lì, a piangere per un ragazzo che non meritava nemmeno le sue lacrime, che la stava facendo morire dentro, pian piano, corrodendo la poca forza rimasta in lei.

E così, a rimuginare su quella storia finita male, su quel ragazzo che aveva amato alla follia, che credeva fosse l’unico e per sempre, una bellissima favola, passarono le ore, e di scendere, e di dare un segno di vita ai ragazzi che erano preoccupati di sotto, non ne voleva sapere. Stava nel letto, ferma immobile, nel suo dolore, senza più forze ormai. Pure quando Bill, Tom, Gustav e Georg si misero a suonare “rumorosamente”, come diceva lei, nella stanza proprio sotto alla sua, non battè ciglio, non si mosse di un millimetro. Di solito quando suonavano mentre lei riposava si incazzava e scendeva di corsa le scale, urlando contro Tom, soprattutto, perché non ne poteva più di “sentirlo strimpellare ad ogni ora del giorno e della notte” (quando Bill aveva qualche ispirazione erano capaci di suonare nel cuore della notte). Ma questa volta non fece niente, non la sentirono scendere le scale e urlargli contro, non la videro diventare rossa dallo sforzo che faceva con la sua voce troppo flebile forse.

Bill smise di cantare e si tolse le grandi cuffie, tenendole fra le mani, chiuse gli occhi e sospirò.

«Ragazzi non ce la faccio, non ce la faccio a cantare e a non vedere Jinny che ci urla contro. Ma che è successo? Vorrei solo avere la Jinny di prima…»

La mano di Tom strinse la spalla del fratello, incoraggiandolo.

«Adesso ci provo io, voglio vedere che fa.»

Bill uscì dalla specie di studio che avevano creato per suonare e salì le scale per raggiungere il solaio. Bussò alla porta.

«Jinny, ciao, sono io, Bill. Mi apri, per favore?»

Rimase un po’ in silenzio, davanti alla porta chiusa, ad aspettare una sua risposta, ma fu tutto inutile, la voce di Jinny non raggiunse le sue orecchie.

«Jinny, ti prego… ma che cos’hai? Che cos’è successo? Lo sai che a noi puoi dire tutto. Possiamo aiutarti in qualche modo? Parla, ti prego…» Nessuna risposta pure sta volta.

Bill si girò sconfitto, a testa bassa, e scese le scale, ritornò dai ragazzi.

«Allora? Ha detto qualcosa?» chiese subito Tom, togliendosi la chitarra dal collo.

«No, nulla.»

Tom, Gustav e Georg si guardarono e poi guardarono il viso triste di Bill, si intristirono pure loro. In quello stato non potevano più continuare a suonare. Scesero giù in cucina e con enorme sorpresa videro Jinny, appoggiata al lavello, con una tazza in mano.

«Jinny!» disse subito Tom, andandole accanto, accarezzandole il braccio vicino alla spalla e guardandola in faccia. «Cos’è successo? Eravamo tutti in pensiero…»

Jinny continava a non rispondere, a schivare lo sguardo di Tom, guardando in basso, tenendo tra le mani quella tazza calda, come se volesse riscaldarle, anche se era piena estate.

«Jinny non posso vederti così, non possiamo tutti. Parla, sfogati con noi» disse ancora Tom, prendendole il mento tra le dita.

Lei continuò a guardare dall’altra parte, di lato, senza aprire bocca.

«Ok. Ragazzi…» Tom si girò verso Bill, Gustav e Georg e continuò: «Potete lasciarci soli un momento?»

Bill annuì e andò in sala, sedendosi sul divano. Gustav esitò, ma poi seguì il frontman, e così fece Georg, lasciando soli Jinny e Tom in cucina.

Tom guardò Jinny negli occhi, per la prima volta anche lei lo stava facendo.

«Riky mi ha lasciata» sussurrò lei, sull’orlo del pianto, gli occhi pieni di lacrime, di dolore, di rabbia.

«Perché?» le chiese Tom, quasi duro.

Jinny lo abbracciò all’improvviso, stringendo i pugni sulla sua schiena, nascondendo la faccia nel suo petto, incominciando di nuovo a piangere e a singhiozzare.

Bill si girò un attimo e vide la scena, con accanto gli amici. Tom e Jinny erano come cane e gatto a volte, si azzuffavano, una volta si stavano persino per picchiare, ma c’era un legame fortissimo fra i due. Per questo in quel momento Jinny aveva voluto dire tutto solo a Tom. Era l’unico che potesse confortarla in una situazione come quella.

Tom le accarezzò i capelli, stringendola a sé.

«Jinny, non piangere ti prego… non credi di aver pianto abbastanza?»

Singhiozzi, solo singhiozzi e lacrime da parte di Jinny.

«Dimenticatelo, gira pagina.»

«Credi che sia tutto così semplice? Come posso dimenticare un intero anno della mia vita? Come posso? Stavamo insieme da un anno… e lui… mi ha tradita… mi ha lasciata per un’altra… Mi ha lasciata il giorno del nostro anniversario… Ti rendi conto, Tom? Tom…»

«Mi dispiace Jinny, mi dispiace tanto.»

Ovvio che non era vero, cioè sì… insomma, da una parte era contento che la sua storia con Riky fosse finita, dall’altra, però, era triste perché ora Jinny stava male, e tanto.

La rivide poco dopo, in spiaggia. La raggiunse e si mise seduto accanto a lei, sulla sabbia. Lei stava passando la cera sulla sua tavola da surf, tenendola sulle gambe. Guardò Tom per un attimo, poi continuò il suo lavoro.

Il sole stava per tramontare, era di quel bell’arancione e tra poco avrebbe dato il cambio alla luna. Tom guardava il mare, i riflessi del sole sull’acqua, le onde infrangersi sulla sabbia, per poi tornare indietro e ricominciare tutto da capo.

«L’amore è come un’onda» disse Tom, rimanendo a fissare quel ciclo continuo.

Jinny lasciò la cera e la tavola e lo guardò, mettendosi  seduta meglio sulla sabbia.

«Pian piano nasce, cresce, sembra stupenda, alta, forte, indistruttibile, ma prima o poi si rompe, ma non per questo si arrende. Ricomincia, senza guardarsi indietro» disse muovendo la mano come per indicare il percorso dell’onda, guardando il mare.

Tom la guardò e le fece un mezzo sorriso, con gli occhi lucidi, per cosa non si sapeva, lei non l’avrebbe mai saputo.

Lui, proprio lui, era a consolarla a causa di un altro. Strana la vita.

Jinny si sistemò una ciocca dietro l’orecchio, guardò il mare, anche lei con gli occhi lucidi. Era solo in costume, con dei pantaloncini corti.

«Jinny, stai tremando.»

Tom la prese tra le sue gambe e la fece appoggiare con la testa al suo petto, di lato. La strinse tra le sue braccia, donandole il calore del suo corpo, facendola stare meglio. Jinny chiuse gli occhi e si lasciò andare all’abbraccio di Tom.

«E sai qual è la prima cosa che devi fare? Toglierti quell’anello. È il primo passo per dimenticare» disse ancora Tom, guardando la mano di Jinny.

Anche lei la guardò e guardò l’anello che le aveva regalato Riky: argento, con dei piccoli diamanti incastonati in mezzo. Nascose la mano alla sua vista, abbracciando Tom, mettendogli le mani sulla schiena.

«Grazie Tom.»

«Prego piccola. Non mi piace vederti triste, lo sai, no? E non mi piace vederti sconfitta, come se la vita fosse finita qui. La vita va avanti, con o senza Riky. Non puoi abbatterti per uno così, pensa a quello che ti ha fatto… ti ha tradita… è da codardi. E non vorrai mica buttarti giù così per un codardo, vero?»

Lei scosse la testa sul petto di Tom.

«Bene. E ora, me lo fai un sorriso?» chiese Tom, guardandola in faccia, piegando la testa di lato.

Jinny sorrise e gli mise le braccia intorno al collo, abbracciandolo affettuosamente, mettendosi in ginocchio di fronte a lui.

«Grazie Tom… ti voglio bene.»

«Anch’io.»

Non sai quanto…

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: _Pulse_