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Autore: elleonora    14/08/2016    1 recensioni
Virginia, da poco laureata in psicologia, decide di trascorrere l'estate in compagnia dei suoi amici di sempre. Una sera in discoteca vede un ragazzo dagli occhi ipnotici che la stregano, ma purtroppo viene trascinato via da un amico. Riuscirà la dolce Virginia a rivedere quegli smeraldi che tanto l'hanno colpita? Ma soprattutto, lui si sarà accorto di lei?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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INASPETTATAMENTE_cap7


I’m Yours – Capitolo 7

 

 

21 Gennaio.
 
Ore 12:41
 
 
M’s POV.
 
 
«Dato che il pranzo con Marco non c’è, se tu hai da fare io tornerei a casa…» dice tutta d’un fiato quella meravigliosa creatura.
Quella voce non può dire davvero che vuole andarsene via.
No, ti prego no.
Per favore, no.
Non adesso, non ora.
E’ sbagliato se te ne vai.
Non può, ma soprattutto, non deve andarsene.
Devo trovare un qualsiasi futile pretesto per farla rimanere qui. Qui con me. Magari il riscaldamento globale, la religione, un consulto psichiatrico, qualunque cosa. Basta che lei rimanga qui.
«Virginia…» la chiamo con il suo nome anche se ho il permesso di chiamarla Vi. Preferisco di gran lunga il suo nome intero, è decisamente perfetto e non mi va di toglierne la grazia e la dolcezza abbreviandolo. E poi, diciamocelo, l’effetto della frase è decisamente da figo con il suo nome intero. «Se per te va bene io andrei a pranzo comunque.»
Mi guarda, interrompendomi e sussurra un «Ah…» prima di una brevissima pausa. «Si certo. Vai pure. Io…»
Non deve terminare quella frase, non deve.
O meglio, non voglio che la termini.
Io so già come potrebbe proseguire quella frase: “Io ho un fidanzato che mi aspetta per il pranzo”, oppure “Io non ho intenzione di andare a pranzo con uno sconosciuto”. E a favore suo, ha anche ragione. Cavolo se ha ragione.
Devo trovare un modo per fermarla.
Una scusa qualsiasi.
Un futile pretesto.
Bene, è arrivato il tuo momento Matteo. Tento il tutto per tutto, non ho intenzione di lasciare che lei scappi via, corra via, oppure sparisca. E’ già sparita dalla mia vita troppe volte senza che io potessi fare mai un qualcosa di “attivo” per farla rimanere.
Ti prego rimani con me.
Resta con me.
Rimani qui.
Con me.
Matteo, devi parlare però.
Ah, sì, giusto.
Parla.
«Rimani, non andare a casa. Resta con me. Vieni a pranzo con me…»
 
Gliel’ho detto.
Cazzo, se gliel’ho detto.
Gliel’ho detto cercando di essere il più dolce possibile. Cercando anche di non sembrare troppo disperato. Anche se lo sono. Dio mio, ho una voglia irresistibile di rimanere qui con lei. Virginia, facciamo così, anche se non vuoi andare a pranzo, rimaniamo qui lo stesso, ti va? Se vuoi posso tenere la borsa e il tuo ombrello blu per tutto il pomeriggio. Così, giusto per fare un po’ di sport. Ma rimani qua con me. Non andartene.
 
Matteo, finiscila di comportarti come un bambino.
Sii realista.
Ora arriva la parte difficile, accettare il suo rifiuto e tornare a casa.
Ecco.
Posso accettare un no?
Certo che sì.
Potrei accettare un no da lei?
Non saprei.
Potrei sopportare il suo no?
Non vorrei.
Ecco, ci siamo.
Alza quei due meravigliosi occhi verso di me e sorride. Sta sorridendo. E, signori, che sorriso spettacolare. Schiude le labbra e dice con una voce che sfiora l’estrema dolcezza «Andiamo!»
Fermi tutti.
Ha detto “Andiamo”?
Ha davvero detto “Andiamo”?
Forse non dovevo obbligarla e insistere così tanto per farla venire a pranzo con me, però…
Dio che sensazione.
E’ stato proprio meraviglioso.
 
Quanto le parole possono rendere felici le persone?
Soprattutto quali parole.
A me ne è bastata solo una.
Una semplice parola, un verbo coniugato.
Andiamo.
E allora andiamo, Virginia.
Ma dove ti porto?
A casa tua.
Coscienza non è il momento di scherzare.
Ma ti piacerebbe.
E anche se fosse?
Ammettilo, ti piacerebbe eccome.
Colpito e affondato.
Devo trovare una soluzione che non sia passare tutto il pomeriggio con un ombrello sotto la pioggia al freddo e al gelo oppure mangiare qualcosa di corsa o direttamente non mangiare e andare a casa mia. Toglietelo dalla testa Matteo, subito.
 
Ok, ormai il tutto per tutto l’ho tentato poco fa e mi è andata bene.
Lei ha accettato di venire a pranzo con me.
Chissà, forse è il mio giorno fortunato?
Ma ora dove la porto?
Dove?
Inventati qualcosa Matteo, immediatamente.
Non puoi permetterti di sprecare altro tempo fantasticando.
 
La guardo, mi perdo per un istante in quegli occhi meravigliosi e le dico cercando di ostentare almeno un minimo di sicurezza: «Allora, dove… Dove ti piacerebbe andare?» meravigliosa creatura, continuo nella mia testa.
Matteo, non riesci neanche a parlare eh? Un minimo di sicurezza “un bel par de balle”. Dai Matteo, che finito il pranzo ti porti a casa il premio per l’idiota dell’anno oltre a uno splendido due di picche. Ma quello è già contemplato nel pacchetto “pranzo con uno splendore”!
Ricordatelo Matteo, ha un fidanzato.
O potrebbe avere un fidanzato?
Bhe, chissenefrega.
Voglio che lei mi conosca oggi.
Voglio solo passare qualche ora con lei.
Qualche ora può bastare.
Forse.
 
Sorride, e quando sorride il mio cuore decide di accelerare, mi dice «In realtà, non… Non saprei proprio. Tu non conosci un posticino carino?»
Casa mia? Quella può andare?
Oh, Matteo, smettila.
Ritorno lucido, o meglio, provo a tornare padrone di me stesso anche perché devo esserlo almeno un po’.
«Sicura che per te vada bene se scelgo io?» chiedo io, insomma meglio essere sicuri, no? Cosa potrei scegliere? Un qualcosa di semplice... Il mio primo pensiero scatta subito alla pizza. Avevo già voglia di pizza prima. Ma… Non so neanche se a lei piace, o se preferisce mangiare cinese, o giapponese, o… un’insalata? Meglio schiarirsi i dubbi, alla svelta. «Ad esempio, pizza?»
«Io adoro la pizza!» e io adoro lei che adora la pizza. Si può essere più cretini? Basta Matteo, basta.
«Allora andiamo. Conosco un’ottima pizzeria qui vicino!» dico facendo mente locale. Ho intenzione di portarla nel posto più carino della zona dove la pizza è davvero ottima. Ho deciso, la porto da Mario.
 
Abbiamo camminato per un quarto d’ora circa. Ma il tempo è decisamente volato. Lei mi ha guardato spesso e ogni volta che lo faceva, io sorridevo e lei poi sorrideva.
«Mi spiace averti fatto camminare sotto la pioggia per così tanto.» mi sono scusato svariate volte.
«Ma va figurati!» mi ha sorriso e ha aggiunto «In ogni caso avrei passato il pomeriggio vagando per negozi con Marco!»
“Avrebbe passato il pomeriggio…” Bene. Molto molto bene. Forse dopo il pranzo non scapperà via e potremmo addirittura passare il pomeriggio insieme… Matteo non farti illusioni.
«Ma non mi dire! Ti costringe a pomeriggi di shopping full immersion?» le chiedo con un sorriso.
E ride, ride ed è come se tutto il mondo si fermasse.
Per lei.
Tutto il mio mondo si ferma, non sento nient’altro oltre alla sua risata bellissima e coinvolgente.
«Esatto! Mi hai decisamente salvata!» mi dice.
L’ho salvata? Davvero?
E’ una cosa meravigliosa.
«Eccoci arrivati…» le dico fermandomi davanti alla pizzeria dove vado spesso. «Prego, prima le signore…» le dico aprendo la porta da vero gentleman, ringrazio mentalmente mia madre che mi ha insegnato le buone maniere per pura educazione e anche un po’ per impressionare le ragazze.
«Uh, grazie…» dice arrossendo. Signori e signore, le buone maniere e Matteo segnano un piccolo punticino! Le guance rosse sul suo viso chiaro la rendono ancora più bella. Sì, mi sono decisamente rincoglionito.
 
Dio mio, che cosa mi hai fatto Virginia?
 
 
 
V’s POV.
 
«Esatto! Mi hai decisamente salvata!» brava Virginia, prosegui questa strada verso l’autodistruzione.
 
Mi ha salvata dal pomeriggio di shopping con Marco.
Inventa un’altra bugia, Virginia.
Mi ha salvata. Salvata… In tutti i sensi.
Ogni volta che lui mi guarda, io sorrido.
Non ci posso fare nulla.
Sorrido.
Sorrido come una perfetta idiota.
Mi fa sentire al sicuro.
Mi fa sentire serena.
Mi fa sentire leggera.
Basta.
Lui ha la ragazza.
Una ragazza che è molto, molto bella.
L’hai vista anche tu, cara Virginia, è bellissima.
Però
C’è un grosso però.
Ammettilo a te stessa Virginia, almeno a te stessa.
E’ qui con te.
Con te, Virginia.
Non con la super bionda.
Magari non è la sua ragazza?
Sì certo, credici Virginia.
Si sono abbracciati…
Li hai anche visti.
Toglietelo dalla testa, subito.
Lui non potrà essere tuo.
Ok, non potrà essere mio, ma è a pranzo con me.
Con me.
Passeremo del tempo insieme.
Spero che staremo bene, ma già lo posso immaginare.
Anche se è per poco tempo, anche se è solo un pranzo, un semplice pranzo.
Virginia, devi essere il più naturale possibile.
Lascia che lui ti conosca per quella che sei davvero e non con “la psicologa amica di Marco”.
 
«Eccoci arrivati…» dice Matteo riportandomi alla realtà fermandosi davanti a una porta in legno con i vetri vecchio stile, sembra di essere in un castello. Come prima impressione il posto mi sembra davvero bello. «Prego, prima le signore…»
Mi sta tenendo la porta?
Dio mio.
Mi tiene la porta e dice come nelle fiabe “prima le signore”.
E’ un gentiluomo. Un perfetto gentiluomo.
Potrebbe davvero essere quello giusto.
Arrossisco, non posso fare altro che arrossire.
Merda Virginia, arrossisci?
Magari non se n’è accorto… Spero, almeno.
«Uh, grazie…» gli dico quasi sussurrando in un imbarazzo allucinante.
Entriamo in questo posto molto bello e vengo subito invasa dal profumo di pizza. Lasciamo gli ombrelli all’ingresso e vedo che ci aspetta sorridendo un uomo di mezz’età, con tutta probabilità il proprietario di questa pizzeria.
«Siete solo in due?» chiede il signore con un largo sorriso.
Matteo lo guarda e gli sorride «Esatto, siamo solo in due Mario!»
Credo proprio che lo conosca, dato che ha chiamato il ristoratore per nome. Chissà se viene qui spesso e chissà se avrà portato anche…
Eh no, Virginia. No, no e ancora no.
Non ci pensare ora.
Pensa come ha detto “solo in due”.
Il modo, il tono, la voce calma e calda allo stesso tempo.
Virginia, forse stai fantasticando tutto.
Sì ma il fatto che lui sia voluto venire a pranzo con te, non cambia.
Vocina speranzosa smettila di saltare fuori inutilmente.
 
«Prego allora, seguitemi» dice Mario.
 
Ci porta nella sala da pranzo che si trova subito dopo il corridoio d’ingresso. Ed è... Cavolo, è come piace a me. Non è uno di quei posti enormi e asettici, dove la gente parla ad altissima voce e c’è trambusto. E’ una saletta molto carina, intima mi verrebbe da dire. Molto intima.
 
Sembra una vecchia stanza di un castello medievale, con le pareti color crema miste a vecchi muri con mattoni scuri, ampie volte e travi in legno a fare da soffitto. Quattro ampie finestre danno su un giardino meraviglioso che ha nel centro un bellissimo pozzo. Che meraviglia! Mi affascina molto questo posto. Ha un non so che di romantico e antico. I miei occhi tornano alla sala, su ogni tavolino c’è una meravigliosa tovaglia bianca lunga ed è accesa una candela. Non è una di quelle sale illuminate da mille luci al neon, la stanza è comunque illuminata da luci soffuse e fissate alle pareti color crema. Evidentemente hanno preferito lasciare che la luce naturale entrasse dalle finestre. E’ così bello qui... E Matteo ha avuto un ottimo gusto nel portarmi qui. Non che un semplice trancio di pizza seduta sul ciglio della strada con lui mi sarebbe dispiaciuto, sia chiaro, ma qui… Bhe, è tutta un’altra storia. Forse dovrei tornare alla realtà e smetterla di sorridere come una perfetta cretina.
«Sceglie la signorina dove preferisce sedersi.» dice un sorridente Matteo al proprietario con un cenno del capo.
Credo di essermi persa la domanda precedente. Mi fa scegliere dove mi voglio sedere nella sala quasi vuota… I miei occhi vagano in quella meravigliosa sala e decido in tempo zero. Indico un tavolo vicino alla vecchia parete del castello che è quasi davanti a una delle grosse finestre.
«Lì può andare?» chiedo sorridendo a Matteo.
Lui si apre in un sorriso che mi fa cercare altro ossigeno, altra aria da incanalare nei polmoni. «Certamente.» e poi si gira verso Mario e dice «Ci sediamo là.»
«Certo Matteo, passo dopo con le liste e per le ordinazioni» risponde Mario.
Cavolo, ma allora si conoscono davvero.
Ci avviciniamo al tavolo prescelto, Matteo toglie il suo giubbotto, mi tolgo il mio ma lui aspetta a sedersi. Prima che io possa anche solo realizzare cosa, o meglio chi, stia aspettando, sposta la sedia da sotto il tavolo, la mia sedia, mi fa segno di sedermi sorridendo e mi avvicina al tavolo.
Oh mio Dio.
E’ la prima volta che mi succede una cosa del genere con un ragazzo.
E’ come se fossi in una fiaba.
Allora la cavalleria non è morta e sepolta.
Virginia, dì qualcosa.
E’ l’uomo più galante e attraente che tu abbia mai incontrato.
Voglio conoscerlo, voglio capirlo, voglio…
Lo voglio per me.
Voglio che sia mio.
Dio mio, è l’uomo della mia vita.
Così…
Così tutto quello che vorrei.
 
«Gr.., Grazie Matteo.» non so che altro dirgli, e soprattutto lo dico balbettando e arrossendo. Bingo!
«Non mi ringraziare Virginia. Non è nulla e l’ho fatto con molto piacere.» mi dice lui.
«Bhe non è una cosa da tutti i giorni.» mi escono queste parole spontaneamente senza collegare la mia area della parola con il resto del cervello.
Stupide sinapsi! Dovreste lavorare efficientemente.
E lui sorride.
Non fa altro che sorridere e guardami negli occhi per un tempo che mi sembra infinito.
Possibile che riesca a farmi stare bene ogni suo sorriso?
E’ possibile sì.
Lui ne è capace.
Mi scalda il cuore.
E’ dotato di qualche potere soprannaturale, ne sono sicura.
 
Completamente sicura.
 
 
M’s POV.
 
Credo di essermi comportato da perfetto idiota. O come qualcuno potrebbe obbiettare “all’antica” o meglio “da vecchio”. Che ci posso fare? Assolutamente nulla. Mi piacciono queste galanterie e con lei, con questo splendore che siede di fronte a me in questo momento, viene tutto così spontaneo. Mi è venuto istintivo l’averle aperto la porta all’ingresso, il fare scegliere a lei il posto dove si voleva sedere, tra l’altro ha scelto uno dei miei posti preferiti del ristorante di Mario, un punto in più per lei, ed è stato naturale farla sedere sulla sedia e poi avvicinarla al tavolo. E’ tutto così naturale e spontaneo con lei. E’ fatta per essere amata, adorata, e persino venerata. Dio mio Matteo, che ti succede? Non ne ho idea. Non ne ho proprio idea ma va benissimo così. Non me ne frega nulla.
 
Mi guarda e le sue guance diventano più rosee «Gr.., Grazie Matteo.» dice.
Forse l’ho messa in imbarazzo, forse ho osato troppo, forse non dovevo portarla in questo posto... Ma questo è un posto a me caro dove ogni tanto la mia famiglia ed io veniamo a festeggiare i vari compleanni o le varie feste tutti insieme, i proprietari mi hanno visto crescere e sono anche amici dei miei genitori. Mi tranquillizza questo posto. E volevo che lei lo vedesse, voglio che lei passi il miglior pranzo di sempre.
«Non mi ringraziare Virginia. Non è nulla e l’ho fatto con molto piacere.» le dico.
«Bhe non è una cosa da tutti i giorni.» mi risponde al volo.
E io sorrido. Chissà, forse sono riuscito a sorprenderla almeno un po’. Matteo, non essere così stupido o scontato.
Virginia, non è una cosa da tutti i giorni incontrare te per puro caso… Matteo, per lo meno hai avuto il buon gusto di non dirglielo. Sei ancora dotato di un filtro nel tuo cervello. Come minimo si sarebbe alzata e sarebbe andata via. Non hai alcun diritto di pensare certe cose. Quindi smettila e contieniti. Ti è solo andata bene, per il momento almeno.
«Ecco a voi le liste. Ripasso tra poco.» Dice Mario consegnando il menù a Virginia e a me, infine si allontana sorridendo verso gli altri tavoli ancora pieni.
Vedo Virginia intenta a sfogliare il menù e si ferma alla pagine delle pizze.
Alzo gli occhi verso di lei e le chiedo «Che pizza prendi?»
Mi guarda fisso negli occhi «Non lo so. Forse una prosciutto e funghi.»
Abbiamo anche gli stessi gusti? Per lo meno non prende un’ “insalatina senza formaggio o tonno, possibilmente vegan con tanti semini” come prendeva Monica. E’ il momento adatto per fare dei paragoni, Matteo? Non credo proprio, anche perché non c’è paragone, Virginia batte Monica mille a zero. Punto e basta.
«E tu? Hai già scelto?” mi chiede con occhi curiosi.
«Credo proprio che ti copierò. Qui è davvero molto buona quella pizza.» dico il più sincero possibile.
«Conosci da tanto questo posto?» chiede lei sempre più curiosa. Come si dice spesso la curiosità è donna. E il fatto che queste domande non m’infastidiscano è quasi preoccupante. Anzi, mi preoccupo e basta.
«Sì, ci vengo spesso, soprattutto con i miei» ma è la prima volta che porto una ragazza qui, aggiungo mentalmente. Ma questo lei non lo deve sapere. Almeno, non ora e non così.
Veniamo interrotti da Mario che non facendosi vedere da Virginia mi fa l’occhiolino.
«Avete già scelto?» chiede lui con la solita voce accomodante.
«Si certo…» gli rispondo io «…prima la signorina però.»
«Allora…» inizia lei con aria seria e decisa «per me una pizza prosciutto e funghi e una coca cola.»
«E per me, lo stesso!» concludo infine.
Sorridiamo entrambi con aria complice. Posso dire “complice”? Non lo so, però mi piace.
Sarà interessante vederla mangiare… Generalmente dicono che chi mangia con gusto, faccia anche “altro” con molto gusto.
Matteo, ti sembra il momento adatto pensare a queste cose? Sì, ovviamente lei in un letto è sempre un’immagine invitante. Smettila Matteo, subito.
 
Le due pizze prosciutto e funghi sono arrivate, avevano un aspetto davvero ottimo ed erano buonissime come sempre, oggi persino di più. La mia l’ho mangiata tutta, avevo una fame allucinante. Virginia ed io tra un boccone e l’altro abbiamo parlato di alcune cose, soprattutto di come abbiamo conosciuto Marco, di Alessandro, di come loro siano una coppia fantastica ed entrambi siamo molto felici per loro. Siamo entrati in sintonia, come se ci conoscessimo da tempo e questa non fosse la prima volta che pranziamo insieme. Non le ho chiesto molto di lei, non mi va di passare per l’invadente cafone che le fa il terzo grado su ogni singola cosa anche se sono curioso, molto curioso. Ho così voglia di conoscerla…
E’ come se fossimo entrati in confidenza, l’aria che si respira è quasi elettrica. Elettrica ed eccitante. A proposito di eccitante, Virginia è veramente troppo sensuale mentre mangia, come sta mangiando ora…
Merda.
Non ti risvegliare ora… Per favore.
Troppo tardi.
E’ possibile che io sia messo così male?
Eccitarmi per come mangia.
E pensa se…
Matteo contieniti, contieniti per favore.
Pensa ad altro.
Sì certo, come se fosse facile.
«Matteo, mi stai ascoltando?» torno alla dolcissima realtà nel giro di un secondo con le sue parole.  Merda.
«No, scusami. Ero un attimo assorto nei miei pensieri» le confesso in imbarazzo. In pensieri sconci e zozzi. Che figura di merda. Sembro un ragazzino.
«Ho notato...» dice quasi divertita. Ovvio, è psicologa. «Mi spiace disturbarti dal mondo dei pensieri.» Si scusa lei? E perché mai?
«No scusami tu. Sono stato davvero maleducato. Non me ne sono accorto.»
«Non fa nulla. Si vede che era qualcosa di importante» mi dice. Tu, nuda? Molto importante ma non come averti qui, ora.
«Scusa ancora. Stavi dicendo?»
«Spero che tu non ti offenda…» ecco, signori e signore ci siamo «... ma preferirei…» non terminare la frase, ti prego non farlo perché proseguirebbe con “scappare via da questo pranzo” «...non continuare a mangiare la pizza ma assaggiare un dolce.»
Sbam.
Il mio cuore è diventato leggero in un secondo.
Mi ha sorpreso. Davvero molto.
Matteo, riprenditi subito.
Parla.
«Spiegami una cosa… Ti stai scusando per non aver finito la pizza, perché vuoi mangiare un dolce?» chiedo con aria mista tra l’incredulo e il divertito.
«Bhe, sì. Non vorrei che tu pensassi che non mi sia piaciuta» mi risponde concentratissima.
«Stai scherzando, vero?» chiedo ancora più incredulo.
«No no!» dice lei convinta.
E rido, rido di gusto perché riesce a sorprendermi per cose così banali. Lei si unisce a me nella risata, si ferma e con aria titubante chiede tutto d’un fiato «Senti, ma fai metà dolce con me? La pizza era davvero ottima ma non l’ho finita. E il dolce lo vorrei solo assaggiare, non riuscirei a mangiarlo tutto…»
Oh, che bellezza. Vuole che dividiamo il dolce. Posso essere eccitato da questa cosa? Lo sei Matteo, sei un uomo e come uomo ti ecciti anche a dividere un dessert con una bellissima ragazza. Sai cosa sei anche? Un completo e patentato cretino, questo pranzo ti sta sfuggendo di mano.
La guardo in quegli occhi scurissimi e meravigliosi e le dico «Tutto quello che vuoi. Scegli tu o scelgo io?»
«Scegli tu dai! Già ti obbligo a mangiarne metà.» risponde lei con un timido sorriso. Ah, fossero così tutti gli obblighi.
E ora? Cosa scelgo?
Mi salva un sorridente Mario che arriva e toglie i piatti delle pizze e le posate, e prima che io dica qualcosa mi anticipa con «Il solito, Matteo?» ci penso su un secondo ed annuisco.
Si rivolge successivamente a Virginia e chiede «Uno o due del solito?»
Lei sorride e risponde trionfante «Uno solo, ma con due cucchiaini!»
Aspettate un attimo. Si è davvero fidata del “mio solito” senza chiedere cosa fosse? Sono felicemente sorpreso, ad ogni azione e parola che lei dice. Mi piace molto questa audacia. Soprattutto se si parla di dolci.
 
«Ecco a voi il dessert!» dice Mario qualche minuto dopo portando un piatto gigante. Virginia si apre in un sorriso vedendo la porzione extra del buonissimo tiramisù di questo posto.
«Spero… Spero proprio che ti piaccia!» le dico con una lievissima ansia da prestazione.
«Scherzi? E’ uno dei miei dolci preferiti!» risponde sorridendo.
«Allora a te l’onore del primo morso!» concludo spostando leggermente verso di lei il piatto.
Prende un cucchiaino, lo avvicina al dolce in mezzo al tavolo, se lo porta alla bocca, apre le labbra e…
«Mmmh…»
Cazzo.
E no.
Non si può.
Sì che si può.
La mia mente bacata in tempo zero pensa chiaramente ad altro mentre lei esegue quel leggero gemito. Mi piacerebbe che fossi io a farle fare quell’ “Mmmh”.
Credo di essere rimasto a bocca semiaperta godendomi questo spettacolo.
Un perfetto idiota, sì, se ve lo state chiedendo.
«Scusami… Io… Ecco… Io adoro i dolci e questo è davvero buonissimo.»
Si sta scusando un’altra volta. Si scusa per cose che non capisco, che sia un’abitudine delle psicologhe?
«Ma va, figurati. Mi fa solo piacere che ti piaccia» le dico tentando di togliermi dalla mente quel “Mmmh”.
Tra un sorriso e un altro finiamo il dolce. E adesso? Dovrei obbligarla o trovare qualche pretesto per farla rimanere con me? Passerà con me il pomeriggio?
 
Prima di farle qualche proposta o solo pensare a qualcosa sento una dolce melodia che proviene da un cellulare, dal cellulare di Virginia. Guarda il nome sul display e accenna a un mezzo sorriso.
«Puoi scusarmi due minuti? Faccio in fretta!» mi dice.
Puff. Ed ecco che la magia è finita. Con la suoneria di un cellulare. Matteo devi tornare alla realtà.
«Sì certo, non ti preoccupare» le rispondo.
Afferra il cellulare e risponde «Pronto?», lo so che non è buona educazione ascoltare le telefonate altrui ma…
«Ciao Ma! Dimmi tutto.» Ecco, “Ma” sarà il nome del suo fidanzato, Manuel o Emanuele o Manuele o Marco… Il “Ma” potrebbe essere anche di Matteo? Basta Matteo, smettila subito.
«Sì, ora ho da fare…» ha da fare con me, sorriso ebete vattene subito dalla mia faccia.
«Sono impegnata ancora un po’» mi piace quell’ “ancora un po’”.
«Ma no, non con Marco…» non con Marco, prevedo una sfuriata.
«No, non ti preoccupare!» di cosa si dovrebbe preoccupare?
«Quando poi torno a casa ci prendiamo un the o una cioccolata se ti va…» geloso, sono geloso, anzi gelosissimo.
«Ci vediamo dopo allora. Ciao mamma!» Cazzo. Matteo quanto sei stupido da uno a dieci? Ottanta? Era sua madre, non Manuel, Emanuele o Manuele! Anche se sembrava che stesse parlando con un’amica o il suo ragazzo.
Mi guarda con un’aria divertita e si scusa ancora «Scusami, mia madre si preoccupa se non mi sente.»
«Non ti preoccupare, Virginia.» cerco di rassicurarla il più possibile.
«Dimmi Matteo, hai da fare nel pomeriggio?» mi chiede prendendomi completamente alla sprovvista, sorprendendomi totalmente.
«Nulla signorina Virginia, la seguirò per tutti i negozi…» le dico osando molto e scherzando un po’ su uno degli argomenti che abbiamo trattato durante il pranzo come se dovessi essere io il sostituto di Marco per lo shopping pomeridiano.
Lei ride e mi chiede «Allora andiamo?»
Vuole andare via? La seguirei ovunque.
«Certo che sì, andiamo! Spero che il pranzo sia stato di tuo gradimento.»
«Scherzi? Era tutto buonissimo! Prima di uscire ti spiacerebbe se andassi un attimo in bagno?»
«Ma va figurati, è lì a sinistra. Ti aspetto all’entrata.»
Sorridendo va in bagno, la seguo con lo sguardo ammirando le sue anche e il suo lato b che si muovono in modo molto sexy fino alla porta della toilette.
 
Prendo il mio giubbotto e vado da Mario che mi aspetta davanti alla cassa.
«Finalmente ti fai vedere qua con una ragazza!» esordisce così il mio ristoratore di fiducia.
«Magari fosse la mia!» rispondo quasi sospirando.
«Dipende tutto da te, lo sai questo?»
«Sempre, Mario. Tutto da me. Quanto ti devo per il pranzo?»
«Aspetta che vado a chiedere alla moglie...» e strizzandomi l’occhio va alla ricerca della sua metà.
 
Mentre aspetto, le noti dolci di una canzone risuonano nell’ingresso del castello/ristorante.
 
Well open up your mind
and see like me
Open up your plans
and damn, you're free
Look into your heart
and you'll find love love love love


So I won't hesitate
no more, no more
It cannot wait I'm sure

There's no need to complicate
Our time is short
This is our fate, I'm yours
 
Cara Virginia, non esiterò più, sono tuo. Non so come tu ci sia riuscita ma mi hai ammaliato, stregato completamente in tempo zero. Mi sono letteralmente rincoglionito, non c’è altra spiegazione.
 
Dato che non voglio più esitare ma voglio osare, un’idea mi passa per la mente.
E se stessi più vicino a lei nel pomeriggio?
Voglio stare in contatto con lei…
 
Prendo il mio ombrello già asciutto, lo piego e lo metto dentro allo zaino.
 
 
V’s POV.
 
Bagno, bagno, bagno, devo assolutamente fare pipì. Entro nel bagno e mi specchio.
Dio mio, guance rosse e occhi lucidi.
Che mi è successo?
Nulla, sono solo una perfetta idiota.
 
Un pranzo così emozionante, credo sia la parola che meglio descriva il pasto che c’è stato tra me e Matteo, non mi era mai capitato. Non sono riuscita a finire la pizza, lui continuava a guardarmi e il mio stomaco faceva la capriole. Mai successo di non riuscire a finire una pizza ad un appuntamento. E poi abbiamo mangiato il tiramisù. Era così buono… Mi è anche uscito involontariamente un “Mmmh.” E poi, ci siamo addirittura divisi a metà il dolce come fanno le coppiette innamorate.
Forza Virginia, è il momento di sfoderare la parte migliore di te, diamoci una bella sistemata e torniamo di là. C’è Matteo che ti aspetta e certamente devi essere al tuo meglio per “conquistarlo”.
Non so neanche come ho fatto ad essere così spudorata e chiedergli “Dimmi Matteo, hai da fare nel pomeriggio?”. Ma mi sono buttata e per una volta mi è andata bene.
 
Esco dal bagno, percorro la stessa strada e arrivo all’ingresso dove Matteo parla con Mario, si volta verso di me e sorride.
«Quanto ti devo Matteo?» chiedo avvicinandomi a quel bellissimo ragazzo che è davanti a me.
«Stai scherzando vero?» mi chiede divertito alzando un sopracciglio.
Uff, per lui scherzo sempre.
«Assolutamente no! Quanto ti devo?» insisto.
Non può essere, non può offrirmi il pranzo.
«Sei stata mia ospite Virginia! Tu volevi andare a casa e io ti ho praticamente obbligata a rimanere! Il pranzo offerto è il minimo che potessi fare.»
Non ci credo, deve essere impazzito.
Provo ad insistere ancora con un «Ma…»
«Ma, nulla!» mi dice lui fermo e irremovibile sulla sua posizione «Offro io e non si discute. Però c’è un qualcosa che potresti fare…»
Che cosa? Sono decisamente curiosissima.
«Dimmi tutto!» affermo con un sorriso.
«Non trovo più il mio ombrello, dovresti quindi ospitarmi sotto al tuo per tutto il pomeriggio.» afferma con aria dispiaciuta.
Aspettate, ha detto tutto il pomeriggio?
Il mio cuore accelera di qualche battito, quasi impazzito.
«Nessun problema.» gli dico sorridendo.
 
Passare il pomeriggio con lui sotto al mio piccolo piccolissimo ombrello?
Insieme, sotto al mio ombrello?
Che viaggi mentali ti stai facendo Virginia?
Non lo so, ma l’idea di stare così vicino a lui mi piace troppo!
 
Afferro il mio ombrello blu, mi apre la porta come da gentilissimo e perfetto gentleman, apro l’ombrello e lo aspetto sotto l’acqua scosciante.
Lo fisso negli occhi verdi che all’aperto sono ancora più belli e brillanti; «Allora che si fa?» gli chiedo.
I suoi occhi continuano ad essere fissi nei miei e io quasi quasi mi perdo in tutto quel verde. «Shopping?» chiede scherzando e successivamente abbassa impercettibilmente la voce «Tanto il pomeriggio è lungo…»
 
Ed è tutto nostro, aggiungo nella mia mente.
 
Oh sì, nostro.
 
 
 
**
 
Buona sera e buon agosto! Mi dovete davvero perdonare per non essere riuscita a pubblicare prima ma sono stata davvero super impegnata (chi mi segue su instagram su citty_ o su twitter o su snapchat su eleonorcitterio già sa dei miei milioni di kg di marmellate e poi la partenza e poi mille altre cose, in caso contrario, siete obbligati a seguirmi). Eccomi qui in questa vigilia di Ferragosto che io sto passando solo a un piumone a Selva di Val Gardena sorseggiando una tisana. Ebbene, non si sa bene come, ma sono arrivata al capitolo sette di “Schiffy”. Capitolo sette, il pranzo. Finalmente questo pranzo ha preso forma, ho scritto davvero tanto, quindi come primissima cosa vi ringrazio per la pazienza e anche per l’attesa. Vi ringrazio perché perdete un po’ del vostro tempo (e questa volta vi ringrazio il doppio) per leggere questa storia. Spero di non essere stata banale, di avervi raccontato la maggior parte del loro pranzo, le loro emozioni, e soprattutto i loro pensieri... Spero che tutto questo sia arrivato a voi. La canzone che Matteo sente mentre sta aspettando Mario è “I’m Yours” di Jason Mraz, che è bellissima davvero e mi fa battere tanto il cuoricino.
 
Grazie a chi legge, e a chi legge me. Per me è un po’ come mettersi a nudo, ed è una cosa difficilissima da fare. Buon ferragosto a tutti, passatelo nel migliori dei modi possibili. Amando chi vi sta affianco e soprattutto, noi stesse, che ce lo meritiamo.
 
Un abbraccio e a presto!
E.
   
 
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