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Autore: Happazza    27/04/2009    7 recensioni
Fato. Una parola tanto breve con un potere tanto grande. Akane Tendo aveva tentato di ignorarlo. Ma può il destino essere trascurato così facilmente?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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A Madre



Scesi dall'autobus. Avevo una strana sensazione, come quella di un pericolo imminente e interpretai ciò come un simbolo di infinita stanchezza. Avevo lavorato senza sosta per una settimana e pensai che davvero meritavo un bel riposo: forse avrei fatto un salto alle terme. Improvvisamente il cellulare che avevo in mano mi scivolò e, nel raccoglierlo, mi voltai. Il marciapiede era pieno di persone che tornavano a casa dando a quella parte della città il suo naturale aspetto caotico.

Fu allora che lo vidi. Osservando le persone intorno a me il mio sguardo cadde su due occhi blu cobalto puntati su di me. Rividi dopo cinque anni il mio dolce incubo. Ranma, il mio ex fidanzato mi fissava con uno sguardo indecifrabile, forse simbolo di tutta la confusione che quell'incontro fortuito gli aveva provocato nel cuore. Sorrisi per un attimo, voltandomi e imboccando la via che mi avrebbe condotto a casa. “Speriamo che mi segua” sussurrò una vocina proveniente del mio cuore, ma scossi subito la testa, come a scacciare quell'assurdo pensiero. In meno di dieci minuti mi ritrovai distesa sul mio divano con un peso sul cuore che non riuscivo ad interpretare. Pensavo e ripensavo in continuazione a quell'attimo. I nostri occhi si erano incrociati e la pelle mi si era accapponata. Perchè il passato era venuto a trovarmi quando lo credevo morto e sepolto? Che strano il destino! Rivissi i cinque anni trascorsi e una lacrima scese giù per la mia guancia.


Era iniziato tutto dopo la cerimonia del diploma. Eravamo entrambi felicissimi: avevamo raggiunto un importante traguardo. I nostri genitori, però, avevano stabilito che avremmo dovuto sposarci non appena avessimo finito le scuole. Ma non volevo che la mia vita scolastica si fermasse lì:

-Voglio andare all'Università- dissi un giorno durante il pranzo.

Inutile dire che mio padre iniziò a frignare, Ranma stava per strozzarsi , mentre Nabiki esclamava impassibile:- Ve l'avevo detto!-

Dopo tre giorni di inferno in cui mio padre ri rifiutava di parlarmi, acconsentì alla mia richiesta, a patto che fossi rimasta nei paraggi e che non avessi cambiato nulla nei miei rapporti con Ranma. Accettai senza obbiettare: faceva comodo anche a me. Non volevo stare lontana dal mio fidanzato e lasciarlo nelle mani di quelle arpie di Ukyo, Shampoo e Kodachi: in fondo ne ero innamorata.

L'estate passò in fretta ed io ero felice per due motivi: stavo per iniziare l'Università e Ranma si era avvicinato a me come mai aveva fatto prima. Credevo che finalmente avessimo stabilito un rapporto serio e e che stesse per accadere qualcosa che avrebbe cambiato le nostre vite. Ma mi sbagliavo. Una sera tornavo a casa dopo aver trascorso la giornata in piscina con la mia amica Yuka. La mia pelle aveva assunto una bella colorazione dorata: chissà cosa mi avrebbe detto Ranma! L'avrebbe notato? Persa in pensieri di questo genere, mi ritrovai a passare nel parco-giochi a pochi passi da casa.

Lì tutti i miei sogni naufragarono come una barchetta di carta nel mare burrascoso.

Vidi Ranma e Shampoo.

Avvinghiati.

La baciava con trasporto stringendola a sé possessivamente.

Rimasi immobile, mentre sentivo il mio cuore andare in frantumi. Non ricordo cosa accadde dopo, ma credo di essere tornata a casa in fretta a preparare le valige: non volevo vivere in un luogo dove chiunque mi prendeva in giro. Il giorno successivo all'alba partii per Osaka. In quella grande città sconosciuta trascorsi i successivi cinque anni. All'inizio fu molto difficile, ma poi incontrai Guill, un ragazzo che frequentava i miei stessi corsi. Era bravo in tutto ciò che facesse. Mi presentò ai suoi amici ed iniziai ad avere una vita sociale. Dimenticai Ranma. Sentivo di rado la mia famiglia, tranne che per Kasumi, che rimaneva il mio filo conduttore con il passato. Guill diventò il mio ragazzo e tutto ciò che avevo sognato accadesse con Ranma, avvenne con lui. Lì frequentai l'Università e mi laureai a pieni voti, iniziando subito a lavorare in un'azienda in cui ero pagata profumatamente. Sapevo che i Saotome avevano lasciato casa Tendo tre giorni dopo la mia partenza, ma che continuavano a rimanere in contatto sperando che un giorno tutto cambiasse. Invano.

Squillò il cellulare, interrompendo quel doloroso viaggio nel mio passato. Guill mi chiedeva se fossi pronta per andare a cena. Accidenti! L'avevo completamente dimenticato! Corsi a prepararmi e in men che non si dica seppellii di nuovo Ranma, Nerima e il mio passato doloroso.


Guill si alzò un attimo per andare alla toilette e, dopo aver osservato per un po' la sua figura aitante allontanarsi iniziai a guardarmi intorno. Il ristorante era molto carino: poche coppiette stavano largamente distribuite in un'ampia sala illuminata da molte candele. Sistemai il tubino nero, facendolo aderire perfettamente al mio corpo. Sentii il campanello della porta e vidi entrare due persone. Non distinguevo bene le due figure, data la scarsa luminosità, ma nel momento in cui il cameriere li fece accomodare al tavolo più vicino al nostro, raggelai. Di nuovo lui! Ranma e una bionda prorompente stavano per consumare la cena a tre passi da me! Presi il cellulare ed iniziai ad armeggiare con esso fingendomi indaffarata, sperando di non attirare attenzione e che quindi non si accorgesse di me. Quando una mano si posò sulla mia spalla, però, spaventata, feci cadere il cellulare facendo girare tutta la sala nella mia direzione, Ranma compreso.

Mi sentii andare a fuoco e percepivo il suo sguardo posato prepotentemente su di me.

-Cara, tutto bene?- Disse Guill premuroso prendendomi una mano -Mi dispiace per averti spaventata!-

-Il caso non esiste!- dissi a voce troppo alta, arrossendo maggiormente.

-Cosa?- domandò ancora Guill

-Vengo subito. Devo correre alla toilette. Sai, Kasumi mi sta telefonando...- dissi abbassando di nuovo il tono di voce.

Corsi in bagno e rimasi lì a riflettere sul da farsi. Come agire? Decisi per la via più sicura: avrei indossato di nuovo la mia maschera di freddezza ed impassibilità, consumando in fretta la cena e chiudendo di nuovo la porta in faccia a quella parte della mia vita. Presi il cellulare ed iniziai a scrivere un messaggio a Kasumi in cui le raccontavo tutti gli avvenimenti della giornata, tralasciando accuratamente Ranma. Feci un ultimo sospiro e rientrai in scena, recitando perfettamente la mia parte. La cena proseguì in fretta, evitando i nostri vicini di tavolo e prestando tutta la mia attenzione al mio Guill. Dopo circa un'ora ci allontanammo dal ristorante, confessai al mio fidanzato di essere molto stanca e me ne tornai nel mio appartamento. Dopo aver fatto una doccia, aprii la finestra della mia stanza e, al buio iniziai a fumare una sigaretta, immersa nei miei pensieri.

-Non sapevo che fumassi!- esclamò una voce. Sobbalzai. Ranma era seduto comodamente sul davanzale della mia finestra. Rimasi a bocca aperta, troppo sorpresa per proferire parola.

-Tranquilla, non lo dirò a tuo padre! Non dà fastidio al tuo ragazzo?- domandò ancora. Feci un grosso respiro e mi preparai a rispondere come se nulla fosse.

-In effetti non lo sa. Piuttosto, tu non dovresti essere con quella ragazza?- Lui mi sorrise e rispose

-Avevo di meglio da fare. Lei è una delle tante sgualdrinelle che pagherebbero pur di passare mezz'ora con me. Tante... eppure nessuna che si avvicini alla mia lei...- disse sospirando e rivolgendomi un'occhiata eloquente.

Rimasi fredda e finsi di non cogliere l'allusione. Dunque feci la domanda strategica:

-Cosa ci fai qui?- Ranma tornò serio e, fissandomi con uno sguardo penetrante sussurrò:

-Il caso non esiste...-Scese dal davanzale e si fiondò su di me, baciandomi con tanta passione che non potei fare a meno di mandare tutte le mie facoltà razionali a quel paese e di rispondergli, dando sfogo a tutto ciò che per tanto tempo avevo soppresso.


Aprii gli occhi: avevo bisogno urgentemente di una sigaretta. Mi accorsi di non potermi muovere e, girando il capo, notai quale fosse l'ostacolo: il braccio di Ranma che continuava a stringermi possessivamente, nonostante fosse beatamente addormentato. Tutti gli avvenimenti delle ultime ore mi tornarono in mente in un flash. Ero. Andata. A. Letto. Con. Ranma. Soffocai a malapena un grido e scansai il braccio di Ranma, mentre questi mugugnava nel sonno il mio nome. Mi rivestii in fretta e corsi in cucina dove fumai tre sigarette di fila. Lì la mia coscienza venne finalmente a trovarmi dopo un breve periodo di vacanza, torturandomi. Cosa diavolo mi era accaduto? Non mi ero mai abbadonata a simili frivolezze, né potevo essere considerata una ragazza dai “facili costumi”. E allora perchè avevo fatto una cosa del genere?

Mi stavo facendo del male.

Avevo tradito Guill.

Cosa avrei dovuto fare? Cosa comandava il mio povero cuore?

Una mano passata dolcemente lungo la mia schiena mi riscosse dai miei funesti pensieri.

-Vattene...- sussurrai

-Cosa?- mi disse Ranma stiracchiandosi. Mi diede un veloce bacio sulla guancia e si sedette accanto a me. Feci un bel respiro profondo e dissi:

-Ho detto di andartene. Sparisci dalla mia vita.-

-Stai scherzando, vero? Simpatica!- rispose ridendo.

-No. Hai avuto quello che volevi. Ora vai via.- rimase in silenzio, poi mi disse:

-Non sembrava che tu fossi tanto contrariata... Credevo lo volessi anche tu.-

-Beh, non so cosa mi sia preso, ma ne sono pentita. Sei stato un errore! Vuoi capire che io ho una vita qui ? Ho lavorato sodo per costruirmela e ora arrivi tu e vuoi distruggerla? Non ti permetterò di farlo ancora!- urlai infervorandomi. Alzai lo sguardo e l'ira che lessi nei suoi occhi mi lasciò senza fiato. Poi, tentando di calmarsi, scandì piano:

-Mi piacerebbe capire cosa diavolo ti ho fatto per meritare di essere scaricato due volte. Certo, ne è passato di tempo, ma tu sei sempre la stessa. Non sei davvero innamorata di quel damerino so-tutto-io: te lo si legge negli occhi...-

-E tu cosa diavolo ne sai di quello che provo? Ti sei mai preoccupato dei miei sentimenti? No. Cinque anni fa credevo che qualcosa stesse cambiando tra di noi e che fossimo arrivati al punto di rendere seria la nostra storia o qualunque cosa fosse. Ma quando ti ho visto fare la sanguisuga con quella stupida oca cinese ho capito finalmente di essermi immaginata tutto. Mi hai presa in giro! Sono scappata: mi vergognavo dell'Akane che ero e ne ho costruita una nuova. Ma quando tutto sembrava essersi sistemato ecco che torni come un ciclone nella mia vita per scombussolarla come se nulla fosse! Chi ti credi di essere? Un dio, forse? Ma certo! Anzi! Tu credi di essere meglio di un Dio! E poi non dovrei farmi schifo? Mi faccio schifo perchè sono stata debole di nuovo: mi sono concessa ad uno stupido mezz'uomo come te!- strillai prendendo finalmente fiato.

Silenzio. Senza fiatare Ranma si alzò. I suoi occhi esprimevano tutto il tumulto e la rabbia che stavano avendo luogo nel suo cuore e, prima di ammettere a me stessa di essermi pentita di ciò che avevo detto, si era già rivestito ed era andato via sbattendo la porta. Confusa tornai nella mia stanza, ancora impregnata del dolce profumo della pelle di Ranma. Come se fossi stata proiettata in una dimensione onirica iniziai a piangere calde lacrime. Cosa avrei dovuto fare? Per ore rimasi a rimuginare, fino a quando il trillo del telefono mi riscosse dai miei pensieri.

-Ciao dolcezza, sono Guill. Come va? Stai meglio?-

-Si, certo. Sto bene! Mi sono appena svegliata...- Mentii.

-E allora preparati: sto venendo a prenderti.- Riattaccò. Avevo già fatto la mia scelta: avrei continuato tranquillamente a vivere la mia vita e dimenticando Ranma.

Ancora.


Passò un mese e avevo trovato un ottimo rimedio per combattere le mie paure: gettarmi a capofitto nel lavoro. E funzionava! Tuttavia, quando mi ritrovavo sola, nella mia stanza i vecchi fantasmi tornavano a prendermi e mi ritrovavo vittima di me stessa. Una mattina mi svegliai con un brutto mal di testa: proprio non ce la facevo ad andare a lavoro e per la prima volta nella mia carriera mi presi un giorno di vacanza. Mi preparai un supercaffè e, mentre lo gustavo con piacere sentii un rumore provenire dalla mia stanza: qualcuno si stava intrufolando in casa! Mi armai di un oggetto contundente qualsiasi e mi fiondai in camera mia. Non c'era nessuno: forse era stato il vento, visto che la finesra era rimasta aperta. Poi notai un foglio di carta sul cuscino e capii. Chi altri, se non Ranma, entrava ed usciva a proprio piacimento dalle finestre delle case altrui? Sorrisi mestamente e presi in mano la lettera, indecisa sul da farsi. Immaginai tutti i possibili insulti che potesse contenere e iniziai ad aprirla lentamente, mentre avevo il cuore che batteva a mille e le mani mi tremavano convulsamente. Ciò che vi lessi mi lasciò senza fiato.



Akane,

probabilmente avrai strappato la lettera non appena avrai riconosciuto la mia pessima grafia. Voglio comunque pregare la sorte e sperare che tu sappia cosa ho da dirti.

Sei la mia ossessione.

Il tuo ricordo non vuole abbandonarmi: mi tiene legato e mi tortura come se fossi un prigioniero di guerra. Forse sto impazzendo. Forse no. O forse sei tu.

Sai bene come sono impacciato con le parole, quindi è stata dura farmi coraggio.

La nostra non è stata una stupida avventura. Il destino ci ha fatto incontrare per ben due volte nello stesso pomeriggio e quando ti ho vista andare via da quel ristorante evitando il mio sguardo, ho capito che dovevo fare qualcosa. Sono letteralmente fuggito dietro di te. Non sapevo cosa sarebbe successo, quindi sono rimasto ad osservarti fuori dalla tua finestra, facendo in modo che tu non ti accorgessi di me. Poi...poi ho perso la testa. Quando ti ho vista chiudere gli occhi per il piacere momentaneo che il fumo di quella sigaretta ti provocava, ho dimenticato persino il mio nome e mi sono ritrovato a essere una marionetta nelle mani del mio istinto.

Accidenti, Akane, anche se fa male ripensare a tutto ciò, io non sono pentito. Credo sinceramente che sia stata la notte più bella della mia esistenza e che porterò il tuo ricordo per sempre per tutta la mia vita, anche quando avremo due famiglie diverse e sapremo che non ci incontreremo mai più. Io, Ranma Saotome, l'artista marziale numero uno di tutto il Giappone sono schiavo di te.

Ma le parole fanno male. Quando ti sei sfogata, quella mattina, ho capito che l'odio mi ha dipinto ai tuoi occhi come una femminuccia indecisa e senza onore. È così che mi ricordi? O è come sono veramente? Mi sono fatto questa domanda per tutto questo tempo mentre ti osservavo di nascosto. Ti ho seguita, sai e non ho perso neanche un momento delle tue giornate da quel giorno. Ti sembrerò un maniaco, lo so, ma non posso farci nulla. Non riesco a credere che ancora una volta uno stupido equivoco abbia rovinato ciò che di più bello c'è stato tra di noi. Proprio come quando non eravamo altro che stupidi ragazzini...

Dici di essere cambiata, o semplicemente cerchi di imporlo a te stessa, ma sai bene che non è così: sei sempre la solita, forse ferita, ma sempre la mia Akane Tendo, così fiera, orgogliosa e gelosa. Vedi, quel giorno di cinque anni fa era un giorno speciale: avevo parlato con Shampoo e l'avevo lasciata una volta per tutte. Volevo dichiararmi a te. Tuttavia, lei mi chiese con il cuore spezzato un ricordo e la baciai. Era uno stupido bacio di addio. Tu probabilmente avrai assistito solo a quest'ultima parte e, come al solito, avrai frainteso tutto. Fuggisti. Da me, da te e dai tuoi sentimenti. All'inizio, lo ammetto, avevo paura di venirti a cercare, perchè ancora non avevo capito cosa avesse scatenato la tua collera. Inizialmente pensavo, infatti, che avessi capito che volevo dichiararmi e che fossi scappata perchè non sapessi come rifiutarmi. Poi grazie a Kasumi ho compreso. Mi sono sentito il Re degli Sciocchi. Ho iniziato a cercarti, ma nessuno sapeva dove fossi, tranne che Kasumi, ma non ha mai voluto dirmelo, confidandomi soltanto che ti aveva promesso di non aiutarmi. Volevi stare sola. Sono passati anni e avevo perso la speranza di ritrovarti. Circa un mese fa ebbi un'idea. Entrai di soppiatto nella stanza di tua sorella e le sottrassi il cellulare. Era acceso. Potevo avere liberamente accesso a tutti i messaggi che vi scambiavate e da cui era facilmente carpire i segreti della tua nuova vita. Finalmente i Kami mi stavano aiutando! Partii immediatamente. Non appena uscii dalla fermata della metropolitana di Osaka ti vidi.

Non è questo il segno più palese dell'esistenza del destino? Tu ci credi al destino, Akane? Io credo di si. E allora perchè continui a sottrarti a esso? Il mio cuore mi sussurra che se leggerai questa lettera ti troverai ad un bivio che sancirà il corso della tua vita: rimanere lì ad Osaka con quel tipo o tornare a Nerima per stare insieme a me. Se sceglierai di nuovo la tua nuova vita sappi che ti lascerò vivere in pace e non ti disturberò mai più. Spero tanto che il nostro non sarà un addio, ma un arrivederci.

Che i Kami ti assistano sempre.

Ranma


Rilessi la lettera decine di volte fino a quando non ne memorizzai ogni parola. Quando la richiusi, mi accorsi di aver pianto a lungo. Cosa fare? Mi affacciai alla finestra dove su un grosso cartellone pubblicitario c'era scritto: “Segui il tuo cuore”.

Il mio cuore mancò un battito. Il destino, certo. Dovevo seguire il mio cuore. In quel momento tutto mi fu chiaro. Riposi la lettera in un cassetto.


Guardai ancora una volta quel portone, incerta. Poi contai mentalmente fino a tre e suonai il campanello. Una piccola figura venne ad aprirmi.

-Akane?- chiese Nabiki incredula.

-Ciao Nabiki.- dissi sorridendo. Durante i cinque anni trascorsi non l'avevo mai contattata direttamente. Troppo pericoloso: avrebbe potuto vendere informazioni sul mio conto. Tuttavia, tramite Kasumi, le lasciavo messaggi e mi informavo sulla sua vita. Dopo un abbraccio che durò un'eternità, mi fece entrare, aiutandomi a portare dentro le valige.

-Nabiki! Chi era alla porta?- domandò mio padre dal giardino. Corsi dalla sua parte e lo trovai insieme al signor Genma, mentre giocavano a Shoji. Quei due erano inseparabili! Anche se dormivano in case diverse, passavano gran parte della giornata insieme! Mio padre, non appena mi vide sgranò gli occhi, si alzò lentamente e, mentre iniziava a frignare mi abbracciò. Non credeva ai suoi occhi. Il signor Genma, invece, dopo aver mosso un paio di pedine di mio padre per assicurarsi la vittoria, venne ad abbracciarmi felice.

-Akaneeee! Mi sei mancata!- urlava tra i singhiozzi mio padre.

-Akane! Sapevo che saresti tornata!- disse Kasumi entrando a salutarmi con il suo solito modo di fare dolce e pacato.

-Ehi Kasumi!- riuscii solamente a dire mentre mi sottraevo con difficoltà dalla stretta soffocante di mio padre. Dopo aver salutato tutti e inventato un po' di bugie dissi di voler andare nella mia stanza. Mentre mi congedavo la voce del signor Genma disse:

-Ranma sa che sei qui?- Il sorriso morì sulle mie labbra.

-No. Non deve assolutamente saperlo. Se qualcuno di voi apre bocca andrò di nuovo via.-

Tutti promisero contemporaneamente che sarebbero rimasti muti, ma Nabiki ghignando disse:

-Tra poco verrà qui, lo sai?-

-Semplicemente fingete che io non ci sia...- dissi tranquilla. Kasumi mi fece l'occhiolino, come segno di intesa e le sorrisi grata.


-Kasumi! Nabiki! Dove siete?- esclamò una voce nota. Ranma era appena entrato in salotto.

-In cucina!!!- rispose Kasumi. Nascosta al buio nella mia stanza, feci un grosso sospiro per infondermi coraggio: stava per cominciare la farsa.

-Ranma!- disse Kasumi- Hai detto alla zia Nodoka che è invitata a cena? Non vorrei che te ne fossi dimenticato!-

-Tranquilla! Sta quasi per arrivare. A proposito, perchè tanta impazienza per una normalissima cena? Forse è successo qualcosa?- chiese sospettoso alzando un sopracciglio.

-Ma cosa vai a pensare? Ho semplicemente preparato un piatto speciale: una nuova ricetta.- sorrise convincente.

-Ah... posso aiutarti?- Disse avvicinandosi.

-Ora che ci penso... potresti andare nella stanza di Akane? Dovrebbe esserci una tovaglia da tavola. Sai, l'ho lasciata lì per sbaglio quando è squillato il telefono. Che sbadata!-

-Nessun problema.- disse allontanandosi.

Lo sentii salire piano. Ormai avevo paura che il battito furioso del mio cuore potesse rovinare i miei piani. Ma mi sbagliavo. Immerso in chissà quali pensieri, aprì la porta ed accese la luce. Non appena fu dentro, con uno scatto fulineo uscii dal mio nascondiglio, spensi la luce prima che potesse vedermi e chiusi a chiave la porta.

-Che diavolo succede?- disse impreparato. Sorrisi al buio mentre mi avvicinavo a lui.

-Nabiki! Ti giuro che se si tratta di un'altra delle tu..-si bloccò non appena avvertì il contatto delle mie mani sui suoi occhi. Si irrigidì. Poi sorridendo sussurrò:

-Sei tornata...-

-Si...- riuscii a dire soltanto, emozionata.




  
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