LA
RAGAZZA CHE NON RIUSCIVA A SOGNARE
23/12/1942
Cara Ketty,
manca poco a Natale ormai, e spero che mia madre mi permetta di andare
da
Frank quel giorno, almeno per portargli un po’ di speranza.
Si sono trasferiti
nelle campagne fuori Berlino, proprio l’altro ieri. Ti
racconto come è
andata, perché è
stato così triste lasciarlo andare.
Era notte, stavo dormendo. All’improvviso sentii qualcosa
picchiare contro
la finestra. Mi svegliai di soprassalto e sentii qualcuno chiamare
sottovoce: “Mika!”.
Avrei riconosciuto quella voce anche in capo al mondo. Corsi alla
finestra e il
mio angelo era sotto il ciliegio che stava raccogliendo un sassolino
per
lanciarlo verso di me. Poi mi vide e lo gettò via.
“Finalmente! É un sacco che ti chiamo! Non starai
diventando sorda, vero?”,
ghignò Frank.
“Che vuoi?”, gli chiesi, ancora assonnata.
“Scendi, devo parlarti è
urgente!”, mi bisbiglò per paura di essere sentito.
“Ok, aspetta!”, chiusi la finestra, infilai
pantofole e cappotto e scesi
piano piano per la scala silenziosa. Sgusciai dalla porta della
servitù e corsi
in giardino. Frank mi prese per mano e mi portò dietro il
nostro grande
cespuglio, dove sedetti. Mi guardò coi suoi occhi dolci e
caldi che tanto amo.
E io lo ricambiai, soffermandomi come sempre sulla grande stella gialla
che
portava sul petto. Ma cosa importa? É il mio migliore amico,
non mi interessa
se non é come me, non ha importanza...Mi prese le mani e mi
disse, serio: “Andiamo
via Mika. Domattina presto, tra poche ore. Un fattore ci ha offerto un
nascondiglio in campagna. Non possiamo più stare qui, non
c’é posto per noi...”.
Oh, Ketty, quando disse ciò rimasi senza parole, senza aria,
non potevo,
anzi non posso accetarlo! Alla fine sono riusciti a portarmelo via.
“No! Oh, no Frankie! Come faremo? Come farò a
sopravvivere senza di te?”,
gli risposi agitata. “Non so Mika, é
così complicato. Però ho pensato a una
soluzione. Vicino a quella fattoria il fattore ci ha detto che
c’é una vostra
chiesa, molto frequentata. Potresti venirci da sola la domenica, o
quando vuoi,
così potremmo incontrarci. É l’unico
modo”, sussurrò concitato con le lacrime
agli occhi. Non trovai una risposta sensata, così affermai
con la testa, mentre
calde lacrime scendevano dai miei maledetti occhi azzurri.
“Voglio venire con te! Non ti lascio solo!”,
singhiozzai ancora più forte.
“Shh, calma Mika, non ti agitare, andrà tutto
bene, tutto bene....”, cercò
di consolarmi e mi calmai un po’.
Restammo abbracciati a lungo, poi Frank si alzò e mi
accompagnò alla porta.
Mi diede un lungo bacio sulla fronte e mi accarezzò i
capelli.
“Questo non è
un addio, Mika”,
mi disse, piano.
Lo strinsi più forte che potei, poi rientrai e tornai a
letto. Non dormii
per nulla. Ketty, già mi manca. Mi manca come
l’aria...
Mika