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Autore: KittyPryde    30/03/2005    13 recensioni
Sconclusionato, folle, isterico… si. Nessuno vi ha detto che le commedie a volte fanno piangere?
Il teatro dell’assurdo, sul bordo di un palcoscenico o sul limite del paradiso
[Sirius Black, Remus Lupin]
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Siamo quasi un paradosso, non trovi? tu, con quell’anima da fantasma trasparente, quell’odore di corteccia e acqua salata che mi ricorda ancora le nostre divagazioni sotto la luna piena… siamo quasi un paradosso; fantasmi vestiti a festa che buttano sassi giù dal palcoscenico senza sapere dove andranno a cadere, tumuli come piccole tombe sconsacrate, fantasmi vestiti a lutto che vogliono avere l’ultima parola.
Sappiamo solo che siamo morti.

James alza la testa, guarda oltre senza curarsi di quanto questo oltre sia lontano, allarga la bocca in risate scomposte, dietro alle quali soltanto io riesco a sentire l’amarezza.
Il ciglio della strada è come il limite del paradiso, come il bordo di questo palcoscenico… palcoscenico?
Ci hanno scritturati per uno spettacolo… spettacolo?
Non ci hanno dato nessun copione, ma le imprese disperate sono sempre state il nostro punto di forza, e l’egocentrismo ostinato uno dei nostri scopi di vita;
“cosa aspetti?” l’improvvisazione è un’arte, e nella sua giacca marrone come una foglia appassita, James mi ricorda inspiegabilmente Remus; parla senza scopo e io rispondo, altrettanto indifferente
“che la mia barchetta di carta venga affondata”
“affonderà?” lo chiede con candore angosciante
“non c’è nessuna barchetta di carta” rispondo, sentendomi colpevole di una bugia
“allora cosa aspetti?”
“non ci vediamo da tanto, James” un nome! Che forza misteriosa c’è in un nome? James si illumina, ride disgustato nel capire a chi appartiene la voce del fantasma che gli parla, nel vedermi presente all’appello così, troppo, presto… come sono cambiato, eh fratello?
“Sirius! Dove sei stato tutto questo tempo?” recitare è l’arte di chi sa nascondere, dietro un sorriso sfacciato, la voglia prorompente di piangere.
Sembra tutto così comico; il pubblico ride, lo senti che il pubblico ride? Allora perché mi scoppiano le vene e mi tremano le mani? Non ricordo più la mia parte in tutto questo
“mah… ho fatto una vacanza ad Azkaban” affondo le mani nelle tasche, sformando la giacca come un ragazzino il giorno della comunione, a disagio davanti ai parenti che ti vogliono fotografare, a disagio davanti ad un pubblico, forse per la prima volta “bel posticino, camere con vista sul mare, ma devo dire che sono un po’ scadenti nel servizio in camera…” come sei bravo a riderti addosso, Sirius Black; non ti eri mai preso in giro così bene quando eri vivo
“sei sempre un gran bastardo…” James ride, non l’ho mai sentito ridere così tanto; mi chiedo cosa ci sia di tanto divertente, ma lui tiene gli occhi chiusi e non mi lascia sbirciare
“sono sempre un gran bastardo…” ribatto noncurante, cercando un altro sasso da buttare nel baratro che si apre sotto al proscenio “e tu stai per piangere - ma, invece, lui ride - e hai cominciato a vestirti come uno straccione”
“la giacca è di Remus… gliela devo aver rubata tempo fa… ma non ricordo perché”
“ah… Remus” penso con intensità indegna; le mie domande non hanno senso apparente, ma fanno divertire gli spettatori e piangere me “secondo te… se i ricordi si perdono e non ricordano la strada, non torneranno più?”
“che ne so? io l’ho dimenticata la strada” ha la voce da giullare, il fratello cuor di leone, ma dentro sta marcendo un po’
“quindi non tornerai più…”

Con le gambe che dondolano giù dal palcoscenico guardiamo la voragine dove stiamo lanciando sassi, questa volta il pubblico non ride, non ride neanche James, c’è tanto silenzio che riusciamo a distinguere il rumore dei sassi che cadono
“cosa ci sarà in fondo?” me lo chiede senza staccare gli occhi da terra, fin dove gli occhi possono arrivare
“cosa ti importa?”
“mi importa; su cosa stiamo lanciando sassi?” assassino premuroso che non sei altro, ti interessa di chi è steso a terra anche se lo hai già ucciso?
“non ti è mai importato…”
“cosa ci sarà in fondo?” la voce è di donna e stento a riconoscerla; aspra e stravolta, si alza e si abbassa, si nasconde e si scopre, veloce come una libellula
Ophelia la folle, vestita di bianco, vestita di primule, in una nuvola di capelli rossi; danza sulle unghie dei piedi come su carboni ardenti, sorride, perché lei non si brucia
“chi è?” il mio fratello cieco continua a guardare nel baratro, la donna si sporca i piedi di polvere e sparge petali secchi; Lily è diventata pazza per gioco, non le hanno dato un copione e lei non vuole improvvisare sul suo dolore
“ha il capelli rossi…” mi volto appena
“…ha il nome di un fiore” conclude il fratello mentre negli occhi si intravede l’ombra di un rimpianto; con queste parole ha crocefisso la sua voglia di ridere “chiedile tu sa cosa c’è sul fondo… io non ho voce”
Ophelia la folle ha finito i fiori in un istante, li ha lanciati a manciate tirandoli fuori dalle tasche, ma ora li ha finiti e li raccoglie da terra per lanciarli di nuovo; mi alzo riluttante, asfissiato dal dolore
“Lily…” un nome! Che forza misteriosa c’è in un nome? La sfioro appena, la nostra Ophelia…
trema come un bambino, con le spalle piccole e doloranti che, così nude, mi fanno tenerezza; scoppia a piangere come un bambino, con le unghie rotte sulle assi del palcoscenico mentre cerca di raccogliere i fiori che ha gettato a terra.
James il cieco, con gli occhi immersi nello strapiombo; James il muto, davanti al dolore delle parole barcollanti di Lily, James il sordo la sente piangere…
E’ come un padre, la accarezza, la coccola; in un angolo al limite del paradiso o sulle assi del palcoscenico. Resto solo

La scena è mia? Presuntuoso, maledetto, protagonista… resto solo, mentre i miei amici muoiono di nuovo; ma l’improvvisazione è un arte, no?
Nel silenzio si sente solo il pianto di Ophelia, e sembra quasi una ninna nanna
“non ride più nessuno?” la platea è muta, come la mano quieta di James che accarezza i capelli di Lily; e tu non hai parole Sirius Black, figlio di puttana disconosciuto… sei un genio? Inventa, racconta bugie come nessun’altro sa fare, ingannali!
diglielo… dì loro che non dovevano ridere, fin dall’inizio, non dovevano ridere…
“non ride più… nessuno?” la mia voce suona stranamente matura, fremono la rabbia e il desiderio, la vendetta ed il rancore “lo sentite questo rumore? Sottile, così sottile che sembra quasi… il pianto di una donna; e nessuno ride davanti al pianto di una donna… non è vero?” il sorriso si piega sul mio volto come una barchetta di carta, e affonda “…ma forse non è tutto come sembra, la nostra realtà, pensata, interpretata, ingannevole… a volte non esiste; lo sentite ancora questo suono? Sottile, così sottile che sembra quasi… una ninna nanna; e chi piangerebbe davanti ad una ninna nanna?”mi fermo, il ghigno bastardo del Marauder che sono stato si infila, subdolo, a testimoniare la gioia della vittoria; la platea di ottusi ammutolisce davanti all’assassino spietato del loro buonumore.
“Qualcuno di voi se lo starà chiedendo, immagino… dove sono finiti i fiori di Lily? Dov’è caduta la voce di James? che cosa c’è sul fondo?” srotolo parole insensate per catturare l’attenzione degli stolti, che vedono talento nella mia sofferenza, a loro così impudicamente esposta; sono un pagliaccio che ride, l’Amleto che si ribella…
“che cosa c’è sul fondo?” mi fa eco il fratello che ha ritrovato la parola, mentre Lily si allontana dopo aver versato troppo dolore
“se ci fossero i nostri sogni, li avremmo uccisi a sassate” rispondo, come se la cosa non mi importasse davvero; la parentesi folleggiante del pianto cantato di Lily e dei suoi fiori calpestati si ripiega su se stessa, come una barchetta di carta. Sediamo di nuovo, l’uno accanto all’altro con l’inconcludenza al nostro fianco e le gambe che dondolano giù dal palcoscenico, mentre continuo l’elenco dei nostri peccati impulsivi “se ci fosse una strada l’avremmo chiusa”
“forse… era la strada per tornare, quella che non ricordavamo più?”
“non esiste una strada per tornare, James” il tonfo, lugubre, dell’ultima pietra lanciata arriva in ritardo, lo spirito dolente di James non ha più ricominciato a ridere e l’odore di corteccia e acqua salata svanisce nell’atmosfera azzurrina dei fantasmi
“per questo… Lily piangeva?” il filo della sua voce è come un lamento; ho finito i sassi e getto nel baratro il sorriso delinquente che firma la mia arroganza, ma non so se questo arriverà mai arrivato sul fondo
“Lily piangeva, perché sapeva che noi non lo avremmo fatto” ancora muta la platea, a contemplare le confessioni immorali di due incoscienti peccatori

“Azkaban… ha portato lontano il mio migliore amico” se ne accorge anche lui?
“avevi poco più di vent’anni”
“quando sono morto?” la commedia si è consumata in un dramma inconsapevole; la nostra Ophelia balla dietro le quinte e non si sa se stia piangendo o cantando
“si, quando sei morto”
“il nostro tempo sta finendo”
“no…” eludo gli sguardi, schivo ogni desiderio di riso folle e pianto disperato “il nostro tempo è già finito” hai perso, Sirius Black. Parlavi come un dio quando avevi vent’anni… ora dove hai lasciato l’arroganza?
“allora buttiamoci, e andiamo a vedere cosa c’è sul fondo!” lo propone con lo slancio di chi non sa cosa sta facendo, di chi non sa cosa fare e inventa scuse per abbattere la noia
“vuoi davvero buttarti?” la prudenza! questa splendida sconosciuta, ho sempre fatto l’amore con l’imprevisto e ora lo tradisco così?
“vorrei… ma se poi non riusciamo a risalire?”
“restiamo là…” in silenzio, per la frazione di un attimo “James, se ci buttiamo, non potremo più aspettare”
“aspettare cosa?”
“…devi restituirla, quella giacca” sospira, rilassa la schiena, sorride… anche lui ha finito i sassi
“si, devo restituirla” la platea è rimasta vuota; gli spettatori che non gradivano più la malinconia dello spettacolo hanno lasciato la sala, Lily ha smesso di cantare e i petali sparsi sulle assi del palcoscenico stanno fiorendo. Mi alzo con fatica, saltando di un metro, o poco più, nel baratro che fino ad ora ci siamo inventati;
“…non esistono strade per tornare” siamo diavoli incapaci, che non continuano lo spettacolo se non c’è qualcuno ad adorarli
“abbiamo perso Sirius?” l’attore squattrinato, protagonista di uno slancio creativo da tre soldi spegne le luci sulla ribalta
“abbiamo perso…”

sipario
   
 
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