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Autore: Patronus95    17/08/2016    0 recensioni
Dopo la battaglia di Hogwarts del 1998, tutti i Mangiamorte hanno dovuto costituirsi alle autorità. Alcuni fanatici, tuttavia, decidono di vendicarsi su coloro che hanno causato la caduta del Signore Oscuro. Larry, dopo aver perso i genitori, decide di abbandonare per sempre il Regno Unito e vivere in Italia da Babbano. Un giorno, però, riceve una misteriosa visita da parte degli Auror, che sospettano che sia coinvolto anche lui in una delle recenti stragi di innocenti. Qualcuno si prende gioco di lui? Come se non bastasse, una caccia al tesoro è aperta e da solo dovrà combattere un dispotico Ministero della Magia per dimostrare la propria innocenza e catturare i veri responsabili.
Genere: Introspettivo, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Prologo

Era un giorno come tanti altri e nulla faceva presagire un cambiamento. In città pioveva da ore, ormai, e sembrava che non la smettesse più. Il Tamigi era sul punto di esondare in quella che sarebbe stata 'la piena del secolo', nonostante il continuo lavoro delle barriere artificiali, ridefinite «una macchia scura per l'Inghilterra». L'intero Paese era in stato di allerta e il governo aveva già disposto rifornimenti e uomini dell'ordine in vari punti del territorio, per prevenire un’eventuale emergenza. I catastrofisti non mancarono ai drappelli di persone che intasavano i supermercati per rifornirsi di decine di tipi diversi di alimenti. Ma non tutti stavano facendo affari d’oro; c’era chi subiva gli effetti negativi delle torrenziali piogge e delle piene. Negozi commerciali importanti quali Harrods e attrazioni turistiche famose come London Eye erano stati chiusi per allagamenti, con inevitabili ripercussioni sull’economia locale ed il turismo.
Manipoli di scienziati ed esperti vari si davano il cambio, rapidi come maratoneti, passando da un talk show all’altro, proclamando calamità naturali da ogni dove e l’imminente piaga del cambiamento climatico, sempre più evidente. Con una primavera che proprio non voleva saperne di farsi da parte, Londra sembrava voler far concorrenza a città marine del calibro di Venezia o Amsterdam.
La nostra storia comincia un martedì di agosto in un piccolo borgo alla periferia di Londra, Sliding Door. Niente faceva credere che fosse mutato nel corso degli anni. Le stesse case a pianta quadrata, di mattoni e a un piano tipicamente inglesi avevano cambiato solo proprietari, anche se la maggior parte di esse si tramandava di padre in figlio e così via. Le siepi che delimitavano i giardini di ciascuna proprietà grondavano acqua e le foglie cadevano a sacchi solo a sfiorarle, generando piccole zattere nei rigagnoli di melma ai margini dei vialetti. Quel giorno non c'era una singola persona a zonzo per le strade, non sorprendentemente: dopo l'afflusso di vacanzieri e amanti della bella vita, il borgo aveva fatto presto a spopolarsi a causa del maltempo. I bambini, ritirati in casa dalle mamme, non girovagavano più come prima e, anzi, sembrava che di bambini non ce ne fosse stato nemmeno uno, tant'era il silenzio che regnava, interrotto solo dai cinguettii lontani di alcuni uccelli.
Per la prima volta da quando era cominciata la bella stagione faceva piuttosto freddo. Non che l’Inghilterra sia nota al mondo come meta esotica da far invidia alle Maldive, ma una temperatura oltre i venticinque gradi non avrebbe di certo dato nell’occhio. Una timida brezza tirava tra le casette quando la pioggia dava tregua. L'asfalto aveva quel tipico odore e piccoli sbuffi di vapore acqueo salivano al cielo nei punti dove il sole riusciva ancora a farsi valere.
Di tutto questo, però, Larry se ne fregava altamente. Larry era un ragazzo alto, mingherlino, con gli occhiali che gli rendevano più appariscenti gli occhi azzurro chiaro, in pendant con i capelli inequivocabilmente spettinati. Amava il caldo, soprattutto dopo i gelidi inverni, e non poteva resistere trenta secondi senza bere un bicchiere d'acqua o rinfrescarsi con una bibita dissetante. Ad ogni modo, l’estate di quell’anno sembrava non volergli togliere queste soddisfazioni.
Quel giorno, grazie al cielo, riuscì a ritagliare un po' di tempo libero per rilassarsi in veranda, sotto il gazebo, ascoltando musica e leggendo un buon libro; dopo aver sbrigato le solite commissioni quotidiane, la spesa e la pulizia del giardino dai miliardi di ramoscelli e fango, era sgattaiolato fuori sul terrazzo in pantofole, per attutire i suoi passi, e via via era scattato verso il dondolo che aveva ripulito il giorno prima.
Passò almeno tre quarti d’ora buoni in assoluta tranquillità, coccolato dal movimento costante del dondolo, che gli ricordava la vecchia sedia ricurva su cui sua nonna lo faceva giocare per farlo addormentare. La nostalgia, si sa, a volte è come una brutta malattia: stenta a guarire e vuole sempre la sua parte. Probabilmente era per questo che Larry non aveva mai voluto buttare via quello che ormai era pura ferraglia arrugginita e demodé.
Di colpo tornò a piovere, una pioggerella leggera come quelle tipicamente estive, tuttavia non meno fastidiosa.
«Ci risiamo» bofonchiò Larry, che nel frattempo armeggiò con un sacchetto per raccattare tutte le sue cose e battere ritirata in casa, come un povero soldato che sventola bandiera bianca in gesto di arresa.
Il pianerottolo del numero 2 di Sliding Door aveva il vago aspetto di una biblioteca in cui era scoppiata una bomba atomica: cataste di fogli e rotoli sparsi qua e là, libri impilati quasi a formare un fortino bambinesco, zaini e valigie stracolme di vestiti che troneggiavano lungo le scale. In effetti, la casa sembrava più un rifugio post-bellico i cui abitanti avevano dovuto abbandonare rapidamente, senza avere il tempo di riunire le proprie cianfrusaglie.
Di fronte a tutto quel caos, Larry si accorse di quanto incredibilmente fosse ancora sotto-sopra dopo l’ultimo viaggio. Già, vi era un motivo per tutto quel disordine. Ecco, per dirla tutta, Larry era un pasticcione per indole sua, ma almeno a casa tua tentava di tenere tutto sotto controllo, evidentemente con scarsi successi. Da meno di una settimana aveva fatto ritorno dall’Italia, dopo un soggiorno di tre anni per motivi di studio.
Larry guardò la scrivania, vicino alla finestra, dove un timido raggio di sole, quasi come un segno del destino («Guarda un po’» disse Larry tra sé), illuminava la felpa dell’università che aveva frequentato, le scritte a pennarello dei suoi compagni di corso che sembravano così lontani ora che kilometri e kilometri li separavano.
 «Prima mi decido a mettere ordine, meglio è» con fare solenne, Larry sembrò quasi auto-imporsi di rimettere a posto.
Nell’arco di un’oretta riuscì a disporre correttamente ogni cosa a suo posto. Tra i vestiti rinvenne poi una fotografia polaroid, scattata circa un mese prima. La didascalia riportava “Larry Wicklow, Università degli studi di Pisa”. Un sorridente Larry, in forma smagliante e con una corona d’alloro che gli ricadeva sulla fronte, stringeva tra le mani il diploma di laurea in Chimica, traguardo che aveva raggiunto un po’ più tardi del previsto, ma pur sempre con grande soddisfazione.
Mise la polaroid sul comodino accanto al letto, dove un dito di polvere era divenuto il terreno di combattimento tra gang di ragni, in competizione per l’angolino buio della camera. Larry provò un tuffo al cuore nel mettere via la fotografia, sapendo di aver appena chiuso a chiave un altro capitolo della sua vita. Ormai più che ventenne, con un briciolo di indipendenza in più, sentiva il peso degli anni crollargli improvvisamente addosso. Si afferrò i capelli con le mani e, sdraiato sul letto, contemplò il soffitto. Il lampadario aveva una forma che un essere umano qualunque non avrebbe potuto descrivere se non come “bizzarro”. Al di sotto di ogni finta candela elettrica si trovavano oggetti simili a palle o palline, di varie dimensioni e forme. Una di esse aveva un aspetto particolarmente “frizzante”, infondeva gioia con quel suo colore oro brillante e le piccole ali che gli pendevano ai fianchi. Accanto ad esso si ergeva minacciosa sul soffitto una palla un po’ sgonfia e sotto le altre candele, invece, si trovavano una scopa da strega in miniatura e un piccolo fischietto da arbitro di calcio.
«Ma quale calcio» mormorò Larry quasi impercettibilmente, gli occhi che fissavano il lampadario attraverso le lenti sporche.
Fu sorpreso di se stesso per aver solo pensato una cosa simile. Il punto è che la vita di Larry non era come quella di un qualunque altro ragazzo della sua età. Dopo aver sospirato, Larry distese un braccio sotto al letto e, tastando alla cieca, strinse le dita attorno ad un oggetto legnoso, affusolato e molto familiare. La bacchetta magica non ebbe bisogno di altro. La sola vicinanza del suo legittimo proprietario le infuse come un alito di vita, facendola scivolare fino al comodino e poi balzare dritta nelle mani di Larry.
Se solo il ficcanaso vicino di casa di Larry, il signor Anselm, avesse potuto assistere alla scena, di certo avrebbe chiamato la polizia, bisbetico com’era. Larry ammirò la sua bacchetta magica come se fosse l’ultimo artefatto del genere sulla terra. Legno d’acero, piuma di fenice, rigida come un bastoncino di liquirizia. Appena Larry la impugnò a dovere, dalla punta scaturì un fiotto di scintille cerulee, ineguagliabile segno che persino la bacchetta era felice di rivedere il padrone.
«È la bacchetta che sceglie il mago».
Dall’armadio di fronte a Larry sventolava un ritaglio di giornale, anch’esso piuttosto fuori dal comune. Niente tecnologia, niente inganno: le immagini stampate si muovevano come frammenti di un film. Da quell’immagine, un sorridente ragazzo con una singolare cicatrice sulla fronte veniva illuminato dai flash dei giornalisti. Tra varie note a margine scritte da Larry e seminascosto da una pila di calzini sporchi, appariva e scompariva l’intestazione “Colui che è sopravvissuto… due volte”: Harry Potter.
«Mi sei mancata anche tu» Larry si rivolse alla bacchetta come ad un’amica fidata. Questa, per tutta risposta, gettò un altro fiotto di scintille, stavolta rossastre.
Larry abbozzò un sorriso, senza troppo entusiasmo. Come per porgere le proprie scuse alla bacchetta, raccontò la sua storia, forse per ricordare a se stesso (e non ad un oggetto inanimato… o forse no?) le motivazioni per cui si era allontanato, anche se temporaneamente, dal suo Paese.
Larry era un mago. Non particolarmente brillante, tant’era la sua goffaggine. Il nostro mondo, in effetti, non è esattamente come crediamo di vederlo. C’è un sottile velo che avvolge gli occhi dei cosiddetti Babbani, ovvero gli umani completamente ignari del mondo magico e delle creature straordinarie che lo abitano. A causa di dissapori storici, maghi e non maghi si tengono alla larga da secoli, evitando ogni forma di contatto salvo motivi speciali. Fino alla seconda metà del Novecento, la stragrande maggioranza dei maghi e delle streghe britanniche preferiva vivere “alla macchia”, come latitanti che sfuggono alle forze dell’ordine. Piccole comunità magiche ruotavano intorno ai villaggi sperduti del nord dell’Inghilterra, dove le vaste pianure e le colline rigogliose sono un ottimo nascondiglio da occhi indiscreti. Nel terzo millennio, maghi e streghe camminano in mezzo alla gente comune, completamente indistinguibili dalla massa, ma sempre all’erta in caso di pericolo. Come ogni comunità che sia degna dell’appellativo “democratica”, anche quella magica è sottoposta ad un, seppur dispotico, Ministero della Magia, con sede a Londra, tra l’altro, quindi nel cuore di una metropoli babbana.
Nonostante agli occhi innocenti di un bambino la magia possa risultare come un mero strumento di divertimento, la soluzione immediata a molti problemi quotidiani, in realtà vivere da mago o strega comporta più pericoli di quanti un domatore di leoni possa immaginare. Essere speciali, e questa lezione Larry l’aveva amaramente imparata sulla propria pelle, a volte è una maledizione.
Un brivido gli percorse la schiena mentre ricordava l’ultima volta che si era adagiato su quel letto. Erano passati cinque anni. Al momento della partenza era poco più che diciassettenne, il che significava essere maggiorenni nella comunità magica, poter prendere in piena autonomia delle decisioni, fare le proprie scelte. Conclusi gli studi ad Hogwarts, obbligatori, e conseguiti gli esami finali M.A.G.O., Larry aveva deciso di abbandonare per sempre il suo mondo. Tornato da scuola, infatti, aveva scoperto con un tuffo al cuore che casa sua era andata a pezzi e i suoi genitori, così come molti abitanti del quartiere (anche dei Babbani) erano stati uccisi e la strage rivendicata da alcuni fanatici. Già. L’ultima battaglia magica risaliva al 1998, quando Lord Voldemort era stato definitivamente sconfitto da Harry Potter. Da allora ogni Mangiamorte aveva dovuto costituirsi alle autorità ed alcuni furono lo stesso spediti ad Azkaban, la prigione di massima sicurezza sperduta su un’isola presso il Polo Nord, dalla posizione non precisata. Qualcuno, eppure, l’aveva fatta franca sotto il naso del Ministero e nessun Auror riuscì ad impedire che questi si vendicassero contro coloro che avevano combattuto per la caduta del Signore Oscuro. Tra questi, membri di un comitato di resistenza diffusosi a macchia d’olio tra il Surrey e il Kent, figuravano i genitori di Larry: Caesar e Laura.
Devastato da quanto accaduto, Larry decise di troncare i ponti con tutto ciò che sfuggisse dal concetto di “normale” e, abbandonato ogni reperto magico, dopo qualche Confundus lanciato a birbanti e puntigliosi impiegati burocratici, riuscì a procurarsi dei documenti falsi per inserirsi appieno nel mondo babbano e proseguire una vita tranquilla all’estero, in Italia. Scaduti i permessi di soggiorno per motivi di studio, Larry aveva fatto ritorno in Inghilterra, conscio di voler trascorrere meno tempo possibile in quel quartiere, così pieno di ricordi. Nessuno dei suoi amici viveva più nei dintorni e, stanco ed annoiato, decise di cacciare via quei pensieri malinconici e di riordinare la stanza, per un minimo di decoro. Istintivamente iniziò a radunare tutto ciò che trovava sparso per il pavimento ma poi la bacchetta fu come se gli vibrasse nella tasca ed un'irrefrenabile voglia di maneggiarla di nuovo si impossessò di Larry. Il ragazzo estrasse la bacchetta e, agitandola in aria con fare incerto, quasi come se avesse scordato come fare, sussurrò Flipendo. Istantaneamente tutti gli oggetti finirono ammassati alle pareti e fu più facile raccoglierli ed ordinarli. Il suono del campanello fece sobbalzare Larry. Chi mai poteva sapere del suo ritorno? Forse era di nuovo il vicino, stizzito per il trambusto?
   
 
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