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Autore: Yuyo    17/08/2016    0 recensioni
La prima cosa che fece fu sfilarsi il mantello con pacata lentezza. Senza, perdeva buona parte della sua imponenza ma il suo carisma era comunque percepibile. Le sue azioni lente e studiate sembravano una danza e tenevano col fiato sospeso i presenti per quanto rozzi e abbruttiti dalla guerra.
Una storia di fantasy classico, ancora non ho ben in mente la trama ma ci sto lavorando!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mentre il vento cominciava ad alzarsi, Hector era nel cortile del forte Braga ad affilare la spada. Le nuvole erano già dense e compatte sopra al Crinale Colcaprile, la striscia di terra che univa i due monti Boscogrande e Boscominore. Mentre terminava di far sprizzare scintille dalla mola, alzò lo sguardo pensando semplicemente "Che tempaccio". Hector non era una persona particolarmente sveglia: le sue funzioni cerebrali erano abbastanza semplici da renderlo un soldato modello. Non faceva domande, ma era abbastanza sveglio da tenersi fuori dai guai. Prese la spada e mentre usciva dal cortile del forte, venne investito da una potente raffica di vento che riuscì a sbilaciare i suoi cento e passa chili. Poi, di nuovo calma assoluta. Continuò per la strada che passava sulla cima del crinale, da est a ovest. Qualche centinaia di metri più avanti erano le tende schierate del battaglione. Aveva fatto qualche passo quando sentì il vento che si alzava nuovamente mentre una pioggerellina fina iniziava a cadere. Cominciò a correre all'impazzata, pulendosi in continuazione gli occhi dall'acqua per non rimanere accecato e cercando di non bagnarsi ma quando entrò nell'accampamento ormai cadevano delle gocce davvero enormi e lui era completamente zuppo. L'acqua gelida gli scorreva sotto i vestiti ruscellando attraverso il colletto. Si tuffò letteralmente nella sua tenda mentre il compagno Federich gli teneva aperto l'ingresso.
Si ritrovò sdraiato sugli zaini dei suoi sette compagni che dormivano insieme a lui in quella tenda da una settimana. Federich lo tirò su per le braccia mentre Lawrence entrava allo stesso modo. Sanguinava copiosamente da una mano ed era pallido in volto. Lo aiutammo a sedersi su di un sacco a pelo, disinfettando le ferite e fasciandole velocemente. Lawrence continuava a balbettare frasi senza senso mentre gli scoprivamo il braccio dalla manica squarciata. Un lungo taglio aveva strappato la pelle dal polso al gomito. Federich corse di fuori sotto la pioggia per cercare un medico mentre Hector continuava a stringere le fasciature cercando di fermare l'emorragia. Poco dopo il compagno rientrò fradicio insieme al medico del gruppo. Si presentò mentre apriva freneticamente la cassetta degli attrezzi. "Mi chiamo Marie Claire. Ecco, metti questo in bocca. E voi due tenetelo fermo, sarà doloroso." Gli passò un pannozzo imbevuto di essenze, pulendo la ferita e disinfettandola mentre Hector e Federich gli reggevano gambe e braccia. Lawrence urlava e tentava di dimenarsi, sotto i bruciori dell'antisettico. Appena smise di agitarsi, Marie Claire estrasse un ago di sutura e lentamente iniziò a cucire i due lembi di pelle, annodando ogni volta il filo che li univa. Quando ebbe finito, bagnò nuovamente la sutura ricoprendola con una fasciatura. "Ora è a posto. Ma dovrà riposarsi vari giorni. Lasciatelo dormire un pò, il sedativo lo aiuterà" mormorò pulendo gli strumenti per rimetterli nella cassetta.
Il medico uscì stringendo l'impermeabile, facendo entrare qualche spruzzo di pioggia dall'apertura. I due soldati rimasti trascinarono faticosamente Lawrence sotto la sua coperta prima di sedersi a riflettere. "Cosa può averlo ferito in quel modo?" "Non solo ferito, era proprio traumatizzato, non riusciva a dire una parola..." Avrebbero voluto svegliarlo per sapere altro ma le indicazioni di Marie Claire erano state chiare. Si sentirono dei passi ed entrarono altri due compagni, Poole e Francis. Il primo era magro e riccioluto, il secondo robusto e gioviale. "Marie ci ha detto di Lawrence, siamo passati a salutarlo" salutò Francis. Ma visto che dormiva, si sedettero a chiacchierare lì con loro. Dopo almeno un'ora passò un messo che, bagnato fino al midollo, faceva il giro dell'accampamento per portare ovunque gli ordini degli ufficiali. Gli offrirono un caffè mentre Hector sosteneva il palo della tenda contro l'ennesima onda di vento che minacciava di smontare tutto quanto. "Porto gli ordini del sergente Agnes. Ogni tenda cenerà per sé, poi Poole Hector e Francis sono attesi dal gruppo di comando"
Quando il paggio se ne fu andato, si accesero le discussioni sulla motivazione di quella chiamata improvvisa. Che avesse a che fare con ciò che era successo a Lawrence? Il loro compagno dormiva ma l'odore del disinfettante impregnava ancora l'aria dell'abside. Cenarono silenziosamente, al lume delle braci che avevano acceso tra i giacigli cercando di non dare fuoco all'abitacolo. Poole e Francis erano tornati alla loro tenda ma li rincontrarono sulla strada per il forte. Ora aveva smesso di piovere e anche il vento si era placato ma le nubi erano ancora fitte e nascondevano la luna. In più, ogni pochi secondi un fulmine ad alta quota sbiancava il cielo senza riuscire ad illuminare il terreno. Hector individuò i due compagni solo quando la loro lanterna fu distante poco più di una ventina di metri e li chiamò facendosi aspettare. Mentre li raggiungeva, un'altro soldato gli passò accanto a passo svelto ma non riuscirono a riconoscerlo: non portava lanterna e il mantello con le mostrine dell'armata aveva il largo cappuccio calato sugli occhi. 
Arrivati nel cortile del castello, i tre trovarono la porta della sala comune socchiusa. Dalla stretta apertura filtrava una sottile lama di luce che fendeva il buio riflettendosi sul muro opposto. Aprirono quanto bastava per far entrare i tre per poi richiudere subito. All'interno, un lungo tavolo su cavalletti era cosparso di mappe della zona. A parlare con il gruppo di comando formato da due sergenti e un comandante c'era l'uomo che avevano visto prima, con il suo mantello scuro. Ora che non aveva il cappuccio, lo riconobbero bene. Non lo conoscevano di persona, ma tutti sapevano chi era. Aveva capelli castani lunghi raccolti in una coda e un volto magro. Nonostante la sua giovane età, era capitano come dimostravano le sue mostrine. Si parlava spesso delle sue azioni in cui guidava le sue truppe con ingegno e intelligenza. Nonostante risolvesse sempre i problemi con l'astuzia, si vociferava che avesse una forza notevole nascosta nel suo corpo magro e agile. 
Quando furono entrati anche loro, scese il silenzio e la sergente Agnes prese la parola. Accanto a lei stavano gli altri due di quel gruppo di comando, i comandanti Valerius e Christine. In un angolo in disparte, stava un altro gruppo di comando. Umber osservava tutto dalla parte opposta del salone. "Siamo sotto attacco" esordì semplicemente. Poole, Francis e Hector rimasero di stucco, mentre gli altri non fecero una piega, probabilmente già ne erano informati. "Un esercito di cinghiali sta venendo verso di noi, da nord lungo il versante est del crinale". Il versante est era quello meno battuto dato che era sempre freddo a causa dei venti provenienti dalle montagne quindi tutto il campo era montato dall'altro lato, protetto anche da una striscia di fitta boscaglia. 
"Quella che abbiamo incontrato oggi è solo una piccola avanguardia, stimiamo il loro numero sulle cinquanta unità. Più che sufficienti a distruggere questo avamposto se glie lo concediamo." "Il vostro compito è semplice. Una truppa d'assalto leggera, per ricognizione e non per combattere. Andate avanti e portate informazioni su di loro, tutto ciò che riuscirete a scoprire." "Se vi capita... uccidete. Ma senza farvi scoprire. Abbiamo bisogno di voi." Per parlare, si erano alternati i tre capi. "Va bene, qual'è il piano?" chiese immediatamente Poole. Il suo spirito euforico era ben conosciuto in tutto l'accampamento. "Calma, orsetto gasato". A parlare era stato Umber, che si era messo accanto a loro senza che nessuno se ne fosse accorto. "D'ora in poi comando io. Voi siete la mia truppa, adesso. Grazie Agnes, ci penso io a loro". Era la prima volta che vedevano un gruppo di comando congedato in quel modo da un semplice capitano. "Sono tutti tuoi" concluse la sergente prima di uscire nella notte seguita dagli altri cinque comandanti.
  
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