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Autore: innocent_wolves    18/08/2016    4 recensioni
Gerard è un abile mago, responsabile di gran parte del successo della famosa nave da crociera Envison Destiny. È anche una di quelle persone... Insomma, una di quelle persone che sembrano assorbire tutto lo spazio che le circonda con la propria arroganza e sicurezza. Non toccheresti la loro personalità neanche con un bastone lungo tre metri, ma la gente le adora comunque.
Questo non riguarda Frank. Lavorando dietro ai banconi dei bar della nave e vedendo Gerard quasi ogni giorno, non riesce a capire cos’abbia di tanto fantastico. D’altro canto, nessun altro deve sopportare i suoi commenti maliziosi o considerazioni strafottenti. Perché se c’è una cosa che Gerard sembra amare, è infastidire continuamente Frank.
[traduzione]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Nuovo personaggio | Coppie: Frank/Gerard
Note: AU, Lime, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Envision the Magic

 

XV 

 
Venti di dicembre, pensò lugubremente Frank. Il fottuto venti di dicembre.
 
Il loro viaggio era arrivato al nono giorno e la nave stava per iniziare la procedura di attracco, ciò che avrebbe segnato la conclusione della crociera natalizia di quell’anno. Il Natale del mondo reale li aspettava a casa, con infinite ore di preparazione di pasti, compere sfrenate, l’incartare i regali, l’innalzamento della pressione del sangue e le riunioni familiari. Una volta a riva i loro clienti si sarebbero ritrovati a dover decorare i propri alberi, riempire le proprie calze e prepararsi i propri drink notturni. Guidare fino a casa per Natale – a tutta velocità.
 
Prima di partire in crociera Frank non aveva nemmeno avuto il tempo di comprare i regali, figuriamoci quello per il compleanno del figlio, a cui tra l’altro mancavano due giorni. Non sembrava più in grado di ritornare alla gioia che prima sentiva verso le vacanze. In realtà, le vacanze potevano anche essere finite e Frank non avrebbe notato la differenza. Voleva solo tornare a casa e dormire per il resto della settimana.
 
I pochi giorni rimasti si era accuratamente premurato di stare alla larga da Gerard, ma Gerard sembrava più occupato del solito. Dopo lo spettacolo, Frank l’aveva visto con l’uomo dai capelli scuri solo una volta. Erano sul terrazzo, a bere caffè e guardare le placide onde turchesi. Gerard aveva parlato e gesticolato riguardo qualcosa che evidentemente lo infastidiva un po’, mentre l’altro annuiva pensoso a qualsiasi argomento importante stessero discutendo. Fu il massimo che Frank colse prima di girarsi velocemente e andare dalla parte opposta. Dopo quello non aveva visto nessuno dei due; non aveva neanche trovato Tara passare del tempo con Gerard. Non ne fu sorpreso. Quell’uomo sconosciuto comunque sembrava consumare tutto il tempo di Gerard.
 
Nel tentativo di ritrovare tutto il suo dimenticato spirito natalizio e anche la quasi gioia, in un incerto e complicato modo, Frank aveva provato a focalizzare tutta la propria attenzione su Caden. Per nessun diavolo di motivo il sorriso quasi sdentato di quel bambino avrebbe smesso di tirarlo su, ma l’effetto era breve. Era quello il problema. Alla fine della crociera provò a non stare troppo con lui perché aveva capito di star trattando il figlio come una sorta di antidolorifico. Stava provando a far affievolire il bruciore nel suo cuore dedicando a lui la propria completa attenzione, e per quanto sembrasse fantastico sul momento, non lo voleva alla lunga. Quindi si scusò dicendo di essere impegnato, anche se aveva promesso che avrebbe trascorso del tempo con lui una volta tornati a casa. Si sentì in colpa perché stava mentendo, ma non poteva permettersi di ossessionarsi con il figlio così. Aveva bisogno di tempo per pensare ed essere giù di morale, il che era una cosa che sapeva Caden non avrebbe capito completamente, pur essendo intelligente per la sua età.
 
***
 
La Destiny avrebbe attraccato in mezz’ora e Frank stava svolgendo i suoi soliti ultimi compiti. Si stava facendo strada tra i clienti che avevano iniziato a riversarsi in sala, provando allo stesso tempo ad essere aggraziato. Mentre attraversava la stanza gli sembrò che la gravità stesse pesando sul suo viso. Gli estremi della bocca erano pesanti, come piombo, e faceva male sorridere di rimando a colleghi e clienti che gli passavano davanti; erano così pieni di gioia e di spirito natalizio che era quasi frustrante. Stava facendo delle smorfie, ecco cosa. Il suo sorriso era grottesco. I muscoli intorno a bocca ed occhi stavano urlando, come rifiutandosi di fare altro che non fosse avvilirsi.
 
Stava andando verso il ristorante ed era più o meno perso nei propri pensieri quando alzò lo sguardo e vide Gerard. Era stato appena avvicinato da un gruppo di donne di mezza età che stavano evidentemente chiedendo il suo autografo. Si stavano ondeggiando nei loro vestiti e giocherellavano con i propri capelli, ridacchiando ad ogni parola che diceva. Gerard sembrò accogliere la loro attenzione con la sua solita aria disinteressata, e quando gli chiesero se avesse voluto posare per una foto semplicemente fece un sorriso sarcastico ed annuì.
 
Frank si infilò pesantemente le mani in tasca, provando con tutte le sue forze a diventare invisibile e restringersi il più possibile. Li superò velocemente e provò ad evitare qualsiasi contatto visivo, ma Gerard lo vide subito. I loro sguardi si incrociarono, direttamente ed inevitabilmente, e anche se Frank lo distolse il più velocemente possibile non sembrò rilevante. Sentì Gerard scusarsi, prima che i suoi passi attutiti lo raggiunsero.
 
“Frank – ehi, Frank, aspetta un attimo.”
 
Gli afferrò saldamente il braccio, non lasciandogli altra scelta che fermarsi e girarsi.
 
Frank provò a racimolare il sottile strato di rabbia ed irritazione che gli erano rimasti e in qualche modo scaricarli nella propria voce. “Che vuoi?” scattò.
 
“Okay…” rispose cautamente Gerard, accigliatosi. “Che succede? In questi giorni ti ho cercato, ma tu –”
 
Frank lo interruppe con un profondo sospiro. Guardando Gerard ora poteva sentire quanto incredibilmente stanco fosse stato di lui; era impossibile anche solo da immaginare. Era stanco di voler lasciare il proprio lavoro a causa sua. Era stanco e stufo di quanto ancora gli importasse e pensasse a lui, ed era stanco di rimpiangere tutte le energie sprecate per lui. Era stanco di pensare a lui tutto il dannato tempo, ma soprattutto era stanco di rimanerci così. Il dolore era già pessimo di suo, ma diventava un milione di volte peggio quando l’unico responsabile era qualcuno che si voleva seriamente odiare ma che semplicemente non si poteva – almeno non al cento per cento.
 
“Sì, sono stato un po’ male” disse bruscamente, l’irritazione che cresceva. “Ma sai, non era niente – era solo un mal di testa passeggero” aggiunse, e ora il sarcasmo stava finalmente avvelenando le sue parole.
 
Il cipiglio sul viso di Gerard rimase per un po’. Poi scomparì gradualmente quando realizzò di cosa stesse parlando.
 
“Oh…” disse, formando il suono molto lentamente, come se sulle proprie labbra stesse formando una parola vera che necessitava di una seria riflessione.
 
Per Frank, probabilmente quella fu una delle cose peggiori con cui avrebbe potuto iniziare la risposta. Era il tipo di reazione che nel proprio sottile modo confermava che sapesse esattamente cosa avesse inteso. Era qualcosa che si diceva quando si veniva colti con le mani nel sacco a ravanare nel barattolo dei biscotti, o con il cazzo in una torta alle mele. Si rimaneva bloccati sul posto, lì con gli occhi spalancati e la bocca con la forma di quella stupida ‘O’. Era proprio quel suono in particolare che si faceva quando nient’altro nel proprio vocabolario poteva descrivere meglio la situazione. Era scontato, ingiusto e faceva male.
 
“Oh. Uhm, io…” continuò, all’apparenza incerto. “Be’, su quello… non volevo che suonasse così… voglio dire, non sapevo neanche stessi ascoltando quella parte dello spettacolo. Mi dispiace, non sapevo fossi lì.” Frank non l’aveva mai sentito balbettare così. “Ma posso spiegare! È che non sai tutto quello che –”
“Già” biascicò Frank, incapace di reprimere il bisogno di lasciarsi sfuggire una breve risata. “Su quello hai sicuramente ragione. Io non so assolutamente niente quando si tratta di questo casino.”
“È perché non sai, Frank” insistette Gerard, fissandolo. “Ascoltami – quel giorno avevo provato a spiegare a Tara di non essere più interessato a lei, ma non è esattamente la persona più facile da convincere. Voglio dire, hai visto com’è. È abituata a fare le cose a modo suo. Penso di essere stato così preso da averlo incorporato nel mio spettacolo o altro. Non lo so, ci ero stato molto a pensare, ma quello che ho detto… non era diretto a te, se è ciò che pensi. Non era per niente rivolto a te.”
 
“Come vuoi, risparmiamela” disse Frank stancamente, si strofinò la fronte con le nocche e chiuse gli occhi per un momento. “Non si tratta nemmeno di Tara, non me ne frega niente di lei. Non voglio sapere ‘tutto’ perché in realtà non mi interessa. Me ne vado.”
 
Gerard esternò un grugnito impaziente, un’insolita ombra di disperazione gli fendeva le iridi.
 
Frank, potresti –” iniziò irritato, ma Frank scosse solo la testa, interrompendolo ancora.
“No. Seriamente, Gerard – non devi dirmelo” disse, scuotendo le spalle con poco entusiasmo mentre gli sfuggì un’altra risata rassegnata. “Non voglio che tu mi dica niente. Non importa perché la metà delle cose che dici neanche è vera. Solo, fammi un favore e non parlarmi più.”
Alzò le mani, i palmi verso l’esterno nel tentativo di lasciar passare il messaggio di Rimani lì; non seguirmi, cazzo. Gerard aprì la bocca per parlare, ma la chiuse di nuovo quando Frank alzò le braccia. Lo fissò, e c’era qualcosa di comico e triste nella sua testa inclinata e i capelli arruffati. Frank non vi prestò neanche un briciolo della propria attenzione e si girò di scatto, andandosene in fretta.
 
Non andò molto lontano prima che Gerard lo afferrasse ancora per il braccio. Vorticò sul posto, liberandosi violentemente dalla sua presa. Poteva sentire la propria mascella serrarsi, come se fosse improvvisamente pronto a scattare in avanti e dargli un pugno. Si trattava di qualcosa che avrebbe anche fatto che se Gerard non avesse proceduto a tenergli il viso tra le mani. Fu una cosa inaspettata, e fu compiuta senza una singola parola. In un unico movimento repentino i suoi palmi si appoggiarono alle sue guance, i pollici che carezzarono per un attimo gli angoli della sua bocca e le punte delle dita che si unirono ai suoi capelli.
 
Per un confuso momento Frank non capì cosa stesse succedendo. Poi, come un disco rotto, una parte del suo cervello iniziò a ripetere un messaggio familiare; Che cazzo, non farti ancora questo, non lasciarti ingannare dai suoi trucchi. Girava e girava, fino a quando non si manifestò nel resto del suo cervello, e presto fu tutto quello che riuscì a sentire. Ma nonostante tutto, si ritrovò incapace di compiere qualsiasi azione. Non riusciva a liberarsi. Gli sarebbe piaciuto poter alzare le braccia e strapparsi via le sue mani dal viso ma i muscoli delle braccia non rispondevano. Rimase semplicemente immobilizzato lì, con il viso tra le mani di Gerard e a fissare i suoi occhi verdi.
“Va bene” disse Gerard. “Non devo parlare. Ma se sto zitto un minuto, allora mi ascolteresti?” Più che una domanda era una supplica. “Arriveresti persino a credermi?”
 
Non più di un secondo dopo, si tirò il suo viso più vicino e si avvicinò per baciarlo.
 
La frazione di secondo prima che gli occhi di Frank si chiudessero, mandando via la sala, la nave ed il mondo, poté sentire una scossa farsi strada tra le persone vicine. Fu come un’onda andata da una parte all’altra, come uno sciame di api sfrecciate sopra le loro teste. Poteva sentire i clienti parlottare tra loro e sussultare, come se stessero assistendo ad un succulento pezzo di gossip della nave. Il mago ed il cameriere; tutto materiale da prima pagina.
 
“È qualcosa che puoi credere?” Chiese ancora Gerard dopo che si furono separati. “O per te è stata solo un’altra bugia?” I suoi occhi gli analizzarono il viso attentamente, in cerca di una risposta.
 
Frank poté sentire i propri occhi vagare, in cerca di altre scuse; si rese conto del fatto che tutti li stessero guardando inebetiti e si sentì in imbarazzo. Poteva sentire le persone parlare e mormorare, ed arrossì perché non sapeva cosa stessero dicendo. Voleva andare lì a dire loro di farsi gli affari loro, ma le mani di Gerard non si erano mosse. Gli stavano tenendo ferma la testa con cura, forzandolo silenziosamente a rimanere lì.
 
“Ehi, non fare caso a loro” disse. Frank tornò a guardarlo, la sua attenzione irresistibilmente colta dal suono della sua voce. Vagamente, nei meandri della propria mente, sperò che non si trattasse di nessun tipo di ipnosi.
 
“Se dicessi che questa volta non ho assi nella manica,” iniziò Gerard “ti calmeresti un po’ e mi crederesti? O penseresti solo che stia mentendo ancora?”
 
Frank non rispose. Era difficile trovare le parole, difficile radunare i pensieri o organizzarli o anche solo concentrarsi su qualcosa. Si sentì di nuovo la bocca asciutta. Succedeva quasi sempre quando Gerard era vicino; bocca asciutta. Era come se fosse diventato una specie di sintomo.
 
“Questo è il primo vero lavoro che abbia mai avuto, Gerard” riuscì ad ammettere alla fine. “Questo è il primo vero lavoro che abbia mai avuto e che mi sia mai piaciuto.”
 
Per Gerard, sembrò essere una risposta inaspettata. Si accigliò e ritirò le mani. Fu un processo lento; le sue dita lasciarono con prudenza i suoi capelli e sfiorarono la pelle del collo di Frank, fino a quando non raggiunsero le spalle. Alla fine lo lasciò andare, riluttante, e il peso delle sue mani scomparì.
 
“In realtà, adoro questo lavoro” continuò Frank, trovando più facile ricomporsi ora che il contatto fisico tra loro era finito e la sua testa non era più bloccata tra i palmi di Gerard. “Ma non lo so più. In questi giorni ho provato a pensare ad un po’ di cose stupide da fare, qualcosa che non avrebbe lasciato al capo altra scelta che licenziarmi. Più che altro ho pensato di farmi un tatuaggio sul collo, abbastanza alto da non essere nascosto dal colletto. Voglio dire, devo ancora farmi un tatuaggio per Caden da qualche parte, quindi perché non sul collo? Come ho detto, amo lavorare per l’Envision ma sai cosa? Non penso neanche di voler stare nella tua stessa compagnia. E non credo che tu capisca quanto le cose stiano andando di merda ultimamente. Il problema è, non ho il fegato di licenziarmi, quindi dovrei essere forzato a fare una stupidaggine del genere. L’ho preso seriamente in considerazione fino a quando non ho realizzato che comunque nessun’altra compagnia mi assumerebbe con un tatuaggio sul collo, quindi sì, non so cosa fare. Ma probabilmente me ne andrò. Devo solo trovare qualcos’altro che mi farà cacciare.”
 
Gerard per un paio di lunghi secondi non fece nulla a parte fissarlo. Sembrava che avesse ascoltato qualcuno dire qualcosa in una lingua che non conosceva.
 
“Non devi farlo” disse alla fine, scuotendo piano la testa. “Non sarebbe giusto. Se qui parliamo di licenziarsi, allora… allora me ne andrò io” offrì a sorpresa. Fece un tipo triste di alzata di spalle e il suo tono calò. “Comunque era da un po’ che pensavo di lasciare l’Envision” aggiunse sommessamente. “Ti renderebbe le cose più facili.”
 
Fece una pausa, guardando assente il pavimento per un istante. Quando alla fine alzò lo sguardo, fu con una minuscola scintilla di speranza negli occhi. “Solo che prima mi piacerebbe davvero che potessimo parlarne” ammise.
 
Frank scosse la testa. “Non c’è poi molto di cui parlare” disse, diede una veloce occhiata all’atrio. Cercava ispirazione, parole, qualsiasi cosa che avrebbe potuto aiutarlo, ma tutto ciò che vide furono le coppie di eccentrici spettatori che li stavano ancora fissando. “È che non ne vedo il senso. Semplicemente… non so mai se fai qualcosa perché vuoi veramente farla, o se c’è qualche altro motivo egoista che ti spinge a farlo. Come adesso; voglio dire, mi hai baciato. Cos’ha anche a che fare con tutto il resto? Non puoi pensare che baciarmi mi farà crederti. E credere cosa, di preciso? Che sei bravo a baciare, questo? Okay, bene; sei bravo a baciare. Ora dimmi come questo può dimostrare o cambiare qualcosa. Non giustifica niente di quello che mi hai fatto o detto, non rende niente giusto. Baciarmi per sistemare le cose sarebbe comunque tipico per te, quindi non stai proprio facendo qualcosa in tuo favore. Non è un cazzo di film, Gerard” aggiunse rabbiosamente. “Non funziona così.”
 
Smise di parlare e guardò l’uomo in piedi di fronte a lui. Si accorse vagamente di una dolorosa tensione che si era irradiata per le sue braccia e realizzò di aver tenuto le mani strette in pugni da un po’ di tempo. Sembrava che Gerard non sapesse cosa dire; inspirò ed aprì la bocca un po’ di volte, intenzionato a rispondergli, ma ogni volta pareva cambiare idea.
 
“Okay, mi… mi dispiace che tu l’abbia interpretato così, non volevo dire quello, per niente, solo…” si interruppe subito, prima di venire trascinato via dal proprio farneticare. “Ma quello che ho detto sul lasciare l’Envision…” aggiunse lentamente “Dicevo sul serio. Quindi se non vuoi parlare o altro…” si fermò, scuotendo le spalle poco convinto. “Immagino sia tutto? È finita?”
 
“È finita” confermò Frank con aria di sfida, anche se le sue parole suonarono stranamente distanti. “Non ho bisogno che mi spieghi o dica niente, e non mi interessa quello che fai fin quando mi lasci in pace. Non so neanche perché ti sei preso la briga di corrermi dietro” borbottò. “È evidente che tu abbia già trovato di meglio.”
 
Gerard si accigliò, un po’ confuso. “Frank” iniziò alla fine, chinando la testa per provare ad incontrare il suo sguardo “se parli di Mikey –”
 
“No, Gerard, non mi interessa!” scoppiò Frank, interrompendolo. Il suo viso bruciava e le orecchie erano diventate roventi. Non sapeva cos’avesse provocato quell’improvviso impeto; il fatto che Gerard non sembrasse in grado di smettere di parlare, o che Mikey fosse una palese abbreviazione di Michael, rendendo chiaro che fossero già abbastanza a loro agio da darsi nomignoli. “Cosa cazzo non ti è chiaro? Non mi interessa se puoi spiegare o altro. Non voglio saperlo.”
 
“Ma –”
 
“Dimenticalo e basta, cazzo” lo interruppe ancora. “Per favore. Non voglio saperlo. Non sono interessato.”
 
Gerard chiuse la bocca, riluttante, la mascella in movimento; era come se le parole fossero incastrate da qualche parte sotto la sua lingua e stessero seriamente combattendo per uscire. Continuò a guardarlo disperatamente per qualche lungo secondo. Poi rivolse lo sguardo al pavimento.
 
“Okay, bene” sospirò e alzò lo sguardo. Non disse “bene” nel modo acido, arrabbiato, dove si obbligava le parole ad uscire tra denti digrignati. Lasciò andare il suo semplice “bene” in un tono di arresa. Stava riconoscendo la sconfitta. “Se non sei più interessato allora va… va bene. Non ho intenzione di forzarti se hai già deciso. Dopo… Uh, dopo chiederò alla compagnia di scogliere il contratto. Non lavorerò più per l’Envision. E… non ti sarà necessario lasciare il tuo lavoro.”
 
“Bene” rispose Frank ispidamente, con gli arti intorpiditi. “Grazie.”
 
Gerard lo guardò silenziosamente, con la testa ancora inclinata in un modo triste e confuso. “Mi piacerebbe vederti andare via, però” disse, la sua voce si ruppe un pochino. “Non c’è altro modo di convincermi che volevi davvero intendere ciò che hai appena detto, quindi… va’ pure.”
 
Frank esitò, spostando a disagio il peso da una gamba all’altra.
 
“Guardami” riuscì a dire alla fine. La sua voce non era diventata più di un asciutto, flebile, suono, tuttavia continuò. “Buona fortuna con la tua vita, Gerard.”
 
Con ciò si girò, lasciandoselo velocemente alle spalle. Guardò determinato in avanti ed ignorò il bisogno di guardarsi alle spalle. È una cosa positiva, pensò, continuando a ripeterselo. È proprio quello che voglio.
 
 
 
Be’, ciao…
Giuro che non è colpa mia.

   
 
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