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Autore: mymanga    18/08/2016    4 recensioni
Crescere comporta responsabilità.
Tra ricordi passati e speranze future, Pan ormai giovane donna, capisce che è giunto il momento di prendere decisioni veramente importanti, fondamentali per il proseguimento della sua vita.
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Dal 1° capitolo:
Se la fortuna decide di sorriderti, capisci che l'immenso amore che provi per il tuo compagno... così forte e resistente perché costruito sulle solide fondamenta di rispetto fiducia e collaborazione, ecco quell'amore non è UN punto d'arrivo, ma IL punto di partenza per nuovi progetti, nuove priorità...
Genere: Erotico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Pan, Trunks | Coppie: Pan/Trunks
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Albero della Vita
9 CAPITOLO


 

Per l’ennesima volta dal suo arrivo, si chiese per quale ignoto motivo fosse costretta a trovarsi in quella determinata situazione di cui, fra l’altro, non riusciva ancora a dare un giudizio preciso.
In realtà, il famoso motivo non era nemmeno così tanto ignoto, anzi, aveva pure un nome: la sua amicizia con una certa fata turchina… strega più che altro!

Doveva ammetterlo, era tutto estremamente elegante e raffinato lì.
D’altronde non poteva essere altrimenti visto che si trovavano  nella zona più esclusiva della città: le avevano spiegato che per questo eccezionale evento mondano, era stato addirittura riservato il palazzo storico, d’architettura occidentale, più maestoso e sontuoso, talmente rinomato da essere riconosciuto a livello internazionale.

Sì beh, in effetti… meritava.
La bianca facciata esterna era incastonata da ricche e lavorate decorazioni marmoree di varia natura che incorniciavano la poderosa struttura nella sua totalità, dall’imponente entrata ad arco ai cornicioni del tetto, passando per ogni singola fila di grandi finestre, marcapiani, balconi e tutte le angolature.
Il committente, al tempo, non si era fatto mancare proprio nulla!
Stesso discorso per gli interni: la maestria degli artisti più celebri dell’epoca si era concretizzata attraverso pregiate intarsiature in legno e inestimabili affreschi perfettamente restaurati.
Dal soffitto, poi, svettavano dei pomposissimi lampadari, composti da mille e più pendenti in vetro, in grado di emettere una luce così brillante da illuminare, da soli, l’enorme salone in cui era stato allestito il principesco banchetto nuziale.
La cura e la ricercatezza di ogni singolo particolare evidenziavano un’organizzazione a dir poco meticolosa e certosina: niente era lasciato al caso e niente doveva essere fuori posto! 
Arrivò a chiedersi se a tavola sarebbe stata in grado di utilizzare correttamente tutte quelle posate e i molteplici bicchieri perfettamente apparecchiati per ogni commensale.
Escludendo l’aspetto cerimoniale, le sembrava di visitare un museo o qualcosa di simile: un luogo dove vigeva il rispetto assoluto della forma e del protocollo.
Come se fosse stata in gita scolastica!
Mancava solo che si materializzasse davanti a lei uno dei suoi professori a spiegarle vita morte e miracoli di ogni dettaglio storico presente e sarebbe stata la fine.
Sospirò.

Così si diresse verso il grande atrio interno nella speranza di prendere una boccata d’aria da quella situazione piuttosto asfissiante, ma ciò che vide la lasciò senza parole: delimitato su tutti e quattro i lati da maestosi portici sorretti da innumerevoli robuste colonne, quel cortile era... completamente lastricato!
Nemmeno uno straccio di filo d’erba!
Altro che gita scolastica, le sembrava di essere rinchiusa in una prigione!
Ecco, sì, aveva trovato l’immagine che più si avvicinava al suo stato d’animo: dorata, signorile, lussuosa, ma sempre una prigione rimaneva!

In vita sua non aveva mai visto così tanto marmo lavorato concentrato tutto assieme: sulle pareti, i pavimenti interni, le lastre del cortile, i pilastri e tante, decisamente troppe, statue!
Proprio come una di quelle che si era ritrovata a fissare.
A pensarci bene quella scultura, raffigurante il busto serioso di chissà quale personaggio famoso, era l’esatta rappresentazione del suo pensiero circa tutta la situazione che la stava circondando: perfettamente scolpita, non si poteva negarlo, ma comunque di pietra.
Completamente priva di qualsiasi emozione vivente.
Ecco, quel luogo era come la statua: oggettivamente impeccabile, ma non le trasmetteva alcuna passione!
O chissà, forse, più che il luogo, era probabilmente la sua vitalità che si stava arenando sempre più, ormai se la sentiva fin sotto ai piedi, o meglio, sotto ai tacchi a spillo dei sandali che le aveva rifilato Bra.
Incantevoli pure quelli, ma dannatamente scomodi!

Scocciata alzò gli occhi al cielo e, neanche a farlo apposta, vide alcuni piccoli uccellini intenti a rincorrersi vispi e allegri.
Scosse la testa demoralizzata, era dunque ufficiale: persino la natura si stava divertendo a prendersi gioco di lei! Loro erano, lassù, liberi di esprimere la loro personalità e lei, invece, inchiodata lì a recitare la parte della brava donnina ‘aristocratica’.
Già, perché le veniva bene, poi, recitare!

Ripensò giusto alle parole pronunciate qualche ora prima da Bulma, mentre le stava passando lo smalto lucido sulle unghie perfettamente limate per l’occasione.
Era stata fin troppo chiara al riguardo; in netto contrasto con il tono affettuoso e materno utilizzato, l’avvenente turchina aveva snocciolato una serie di precise norme comportamentali da rispettare, categoricamente, senza se e senza ma.

Pan… oggi sei con noi, quindi ricordati che sei riconducibile alla C.C.
Pan… porta pazienza e ricordati di essere gentile ed educata con tutti;
Pan… ricordati che nel mondo degli affari non sono ammessi i NO! Eventualmente declini con stile;

Quelle parole l’avevano lasciata a dir poco basita: ad ogni ‘ricordati’ pronunciato si era sentita il guinzaglio al collo sempre più corto e, soprattutto, sempre più stretto!
Quella canaglia di Trunks, invece, si era divertita un mondo, lasciandosi scappare qualche sorrisino decisamente di troppo! Ma poi Bulma si era rivolta ad entrambi:

Trunks, Pan… avete tutto il tempo per poter stare assieme in tranquillità, ma oggi non è il caso di attirare l’attenzione: i giornalisti si fionderebbero all’istante! Tu, Trunks, forse ci sei abituato, ma Pan sicuramente no!

Lui aveva smesso di ridacchiare, dipingendosi sul viso una smorfia alquanto seccata; lei si era seriamente domandata se fosse stata ancora in tempo a scappare da quegli infausti programmi giornalieri. Purtroppo no.

Se non altro, Bra era stata sincera, non aveva affatto mentito o esagerato.
Quel dannato mezzo saiyan dai capelli viola era davvero super impegnato assieme alla madre in ‘public relations’ con personaggi di ogni genere e provenienza, sia uomini che donne.
Un po’ troppe donne a dire il vero e, soprattutto, troppo sdolcinate con lui!
Non voleva ammetterlo a se stessa, ma la boccata d’aria che era venuta a cercare dipendeva anche da questo spinoso dettaglio: sarcasticamente si chiese se dare corda ad ognuna di loro rientrava nel manuale del ‘perfetto uomo d’affari’!

Sbuffò infastidita, poi, senza farci troppo caso, spostò con fare deciso il peso del proprio corpo da un piede all’altro.
Fu un istante: nelle sue orecchie risuonò sottile e sibilino, un inquietante… Crack!
Colta alla sprovvista perse pure l’equilibrio, ma per sua fortuna riuscì ad appoggiarsi alla colonna vicina:
“Stupidissimo tacco buono a nulla! Dovevi spezzarti proprio adesso!?” sussurrò fra sé davvero irritata.
Ora, sì, che le sarebbe servito il massimo del suo autocontrollo per non sbottare o, peggio ancora, lanciare per direttissima quell’odioso sandalo fuori dal palazzo, rischiando di colpire chissà cosa e chissà chi!
La sua attenzione venne catturata da una voce sconosciuta, ma gentile: “Tutto bene, Signorina?”
S’irrigidì... No, che non andava tutto bene!
Sorreggendosi alla colonna, riacquistò la posizione eretta, poi, nervosa, voltò lo sguardo verso questo misterioso interlocutore, rimanendo completamente spiazzata dall’uomo che si ritrovò di fronte:
“Cos… ehm… lo sposo!?” mormorò fra sé dallo stupore.
Maledizione non le veniva in mente il suo nome! Proprio il suo! Che figure.
E soprattutto non era riuscita a tenere la sua boccaccia chiusa!
Dalla vergogna, avrebbe voluto davvero sprofondare nel terreno, ma le sue guance infiammate stavano già parlando per lei.
“In effetti non mi chiamano mai per nome! Sempre con gli appellativi più ricercati di questo mondo: Signore, Dottore, Ingegnere, Presidente, ma  devo ammettere che ‘Coso’… ecco, sì, mi mancava!” le rispose ironico, ma con tono elegante, dipingendosi in viso un’espressione sinceramente divertita.
“M-mi spiace, davvero! Non era assolutamente mia intenzione mancarle di risp…” provò a scusarsi imbarazzatissima
“Non occorre, a modo suo è simpatico! Migliore di tanti altri” le sorrise, poi continuò, mantenendo la sua cordialità: “Però, se ti va, puoi sempre chiamarmi Will: è il mio vero nome, e tu?”
“Io? Mi chiamo Pan” si presentò timidamente
“Pan?... Pan, Pan, Pan” meditò fra sé: “Sì certo, PAN! Ora ricordo!” si fermò un istante, impegnato a far mente locale su alcune immagini del passato, poi le sorrise, di nuovo, questa volta in modo più allusivo:
“Sei davvero incantevole dal vivo! Ora capisco” 
La giovane saiyan era a dir poco perplessa: era sicura di non averlo mai incontrato prima di quel giorno!
Come faceva a conoscerla?
Ma non ebbe bisogno di chiedere spiegazioni ad alta voce, dal momento che i suoi pensieri l’avevano preceduta, stampandosi direttamente in fronte, neanche fosse stata un libro aperto.
Per un secondo si chiese se la sua trasparenza non fosse più un difetto che un pregio, fatto sta che l’uomo proseguì sciogliendo i suoi dubbi; o forse ne creò di nuovi:
“Capisco perché Trunks, un po’ di tempo fa, standosene comodamente seduto sulla sua poltrona d’ufficio,  sorrideva felice e imbambolato ad un bizzarro volantino”
Già pronunciando il nome del lilla, la piccola Son aveva avuto un attimo di smarrimento, ma era soprattutto il rifermento a quel misterioso ‘foglio’ che la stava facendo impensierire non poco.

Volantino?
NO, non era possibile,
non poteva, non doveva,
le aveva assicurato che…

“Sì, quella caricatura non ti rende affatto giustizia! Ma riconosco che avere una cospicua ‘taglia sulla testa’ dia una certa… soddisfazione! E’ sicuramente un bel ricordo: un parco dei divertimenti, immagino?” rise di gusto per poi bloccarsi improvvisamente, mantenendo però il buon umore:
“Ops! Mi aveva fatto promettere di non farne mai parola con nessuno! Specialmente con la diretta interessata! Pazienza, ormai è troppo tardi” ma in fondo, si ritrovò a pensare, così aveva pareggiato i conti: il nomignolo che il Brief e il suo amico Son gli avevano affibbiato era davvero discutibile!
Solo perché aveva affidato parte dei suoi affari ad una donna davvero determinata, diventata, negli ultimi tempi,  molto più che un’ottima collaboratrice professionale, addirittura la sua attuale moglie.

Pan deglutì il nulla non volendo credere all’evidenza dei fatti: quel somaro di Trunks si era tenuto il suo manifesto da ‘piccola ricercata’ come souvenir del Pianeta dei Mercanti!
E un perfetto sconosciuto lo aveva pure visto! Doppiamente somaro!
Oh sì, dopo avrebbe fatto i conti con lui! Poco ma sicuro!

“Ma torniamo a noi, mia graziosa ospite. Devo assolutamente rimediare a questo increscioso incidente: sia mai che un tacco spezzato rovini il proseguimento della tua giornata! Se me lo lasci un secondo, lo faccio riparare al volo dal personale. Penso che con un po’ di colla si possa sistemare tutto, si è staccato giusto alla base del tallone” si offrì in suo aiuto, poi leggerissimamente imbarazzato ammise:
“… e poi diciamocelo: non ci faccio una bella figura se la mia Compagnia immette sul mercato un modello di calzature così delicato, che Alta Moda sarebbe? A dire il vero, tu indossi un paio di esemplari davvero esclusivi, non ancora lanciati ufficialmente: sei del ramo?”
Piacevolmente colpita dalla gentilezza dello sposo, Pan decise di impegnarsi al massimo per non ridergli proprio in faccia, anche se un paio di buon motivi l’avrebbero fatta sorridere di gusto.
Primo, la presunta scarsa resistenza dei sandali.
D’altronde lui non poteva certo sapere che un misero tacco a spillo non era certo in grado di sostenere la sua ‘regale grazia’ da vivace saiyan.
Il secondo, paradossalmente, era ancor più buffo: lei intenditrice di moda?
Sarebbe stato più facile fronteggiare uno dei suoi scimmioni dai capelli d’oro. 
“No, no! E’ stata BRA a conciarmi così, dalla testa ai piedi! E’ esasperante quando ci si mette” rispose con un cipiglio fra il rassegnato e l’imbronciato, porgendogli sandalo e tacco spezzato.
“Beh… Ti posso assicurare che non ti ha ‘conciato’ poi tanto male! Ora vado a portare a termine la mia missione di salvataggio. Aspettami qui!” e si congedò con un sorrisino divertito sulle labbra: sarebbe tornato a trattare personalmente con la Capsule Corporation, gli mancavano le chiacchierate con il Brief!
A giudicare dalle reazioni della ragazza, la sua simpatia per quella ‘piccola delinquente’ si era rafforzata parecchio.
Pan si era limitata ad annuire con le guance nuovamente accaldate dall’indiretto complimento: non c’era proprio abituata, di solito prendeva del ‘piccolo maschiaccio’.

Poi si soffermò a pensare a quella strana coppia di sposi.
L’incontro con l’uomo aveva confermato la sua iniziale sensazione di sole poche ore prima, quando l’aveva visto per la prima volta durante lo svolgimento della cerimonia: era una persona gradevole, gentile e sinceramente emozionato dall’importante giorno che stava vivendo, com’era giusto che fosse.
Era il primo matrimonio terrestre a cui partecipava, ma in lui rivedeva le autentiche sensazioni dei suoi amici alieni conosciuti su quel lontano pianeta. Sorrise.

La sposa, invece…
Senza rendersene conto, pensando a lei, si era ritrovata con il respiro trattenuto.
Non voleva emettere giudizi troppo marcati, ma era molto lontana dalla figura che si era immaginata.
Cercò nei suoi ricordi, ma l’esempio meno restio che le tornava alla mente era esattamente il luogo in cui si trovava: elegante, magistralmente organizzato e ‘perfetto’.
Perfetto, sì, ma nel senso, però, che niente doveva essere fuori posto, tutto così rigido ed intransigente.
Sarcasticamente pensò a quali nefaste conseguenze si sarebbero potute abbattere, nel caso qualcosa fosse sfuggito al suo meticoloso controllo o avesse urtato la sua sensibilità.
Un impercettibile brivido percorse la sua spina dorsale, ma attribuì la colpa al freddo marmo della colonna contro cui si era appoggiata. 
Dal viso e dal portamento di quella donna non trapelava alcuna emozione naturale, o meglio, lecitamente associabile all’evento di quel giorno: ‘evento’ non per la mondanità della festa, ma perché celebrava la scelta di vita di unirsi all’uomo che avrebbe dovuto… amare.

Insomma, dov’erano le sue emozioni?
I sorrisi imbarazzati, i luccichii agli occhi se non addirittura i lacrimoni, il groppo alla gola e la voce traballante nello scambiarsi le proprie promesse, il battito del cuore a mille, le farfalle nello stomaco o le dita delle mani tremanti sotto il peso simbolico di quel macigno in miniatura travestito da fede nuziale e, chissà… chissà cos’altro ancora poteva provare una donna innamorata il giorno del suo matrimonio!

Quel giorno era davvero alla pari di un qualsiasi altro meeting lavorativo, costellato da sorrisi forzati e atteggiamenti secondo il perfetto bon ton d’alta imprenditoria!?
Diamine! Persino Trunks nel recitare la sua parte da finta sposa ci aveva messo più ardore!
Certo il suo scopo era quello di raggirare il lucertolone, ma addirittura lui, nella sua farsa, era riuscito a trasmettere… un po’ più di calore!
Senza volerlo con lo sguardo incrociò ancora la stessa statua di prima. Ecco! Sembrava proprio come quella sposa: bella senz’anima.

I suoi cupi pensieri vennero interrotti dal ritorno del festeggiato con la calzatura perfettamente sistemata.
Dopo averlo ringraziato di cuore l’indossò immediatamente con un certo sollievo: fortuna che il brav’uomo aveva risolto la questione nel massimo riserbo, altrimenti sarebbe stata una seccatura non indifferente doversi sorbire le lagne di Bra.
“Felice di averti conosciuto, Pan! Ora devo andare, ti auguro un buon proseguimento!” si congedò cordialmente con un perfetto baciamano.
Imbarazzata gli rispose con un semplice sorriso, sperando di essere riuscita comunque a trasmettere il messaggio di sincera gratitudine nei suoi confronti. Poi si staccò dalla colonna per guardarlo sparire tra la folla, chiedendosi se davvero fosse felice, glielo augurava di cuore.


Chissà a cosa stava pensando di così importante?
Era talmente concentrata altrove, che lei non si era neanche accorta della sua presenza.
E sì che le era piuttosto vicino, ormai solo pochi passi li dividevano.
Tipico! Quante volte le aveva detto di non abbassare mai completamente la guardia, infinite!
Testarda e testona! Non lo ascoltava mai!
O forse gli tornava comodo pensarla così.
Probabilmente ad irritarlo veramente era il semplice fatto che lei non l’avesse notato al volo.
Così immerso nei suoi stessi pensieri, pure Trunks non si era reso conto dell’avvicinamento di un altro perfetto esemplare femminile appartenente a questa categoria di gran cocciuti.
Giunta silenziosamente al suo fianco, era stata proprio la nuova arrivata ad esordire la conversazione con tono suadente:
“Non mi dirai che sei geloso?” gli sussurrò divertita la piccola turchina, sicura del contrario: “Dimmi la verità: sono stata brava con lei, vero? Guarda che mi sono impegnata un sacco!”
“Ah lo vedo! Anche troppo!” rispose acido.
“Ma come? Non sei contento del risultato?” replicò lei con un sorrisetto davvero malizioso sulle sue labbra:
“Io, molto! Non passa di certo inosservata la tua bella! Ci sono parecchi uomini a cui scappa l’occhio” continuò a punzecchiarlo.
“Ecco, appunto! Diciamo che non mi sarebbe dispiaciuto poterla ammirare… per conto mio!” arrivò diretto al succo della questione, ma tanto la sua amorevole sorellina lo aveva già capito da un pezzo:
“Ma che egoista che sei! Cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno: gli altri al massimo possono solo guardarla, tu sei l’unico che può… coccolarsela” e lo salutò con un bacetto sulla guancia di discutibile sincerità, senza farsi mancare un’ultima frecciatina: “Sai, sarebbe stato il mio asso nella manica, perché ti accorgessi di lei, ma a quanto pare, stanotte è bastato il mio bel pigiamino”
“Sparisci Strega!” troncò la conversazione, secco e indispettito.

Accorgersi di Lei? Persino un cieco l’avrebbe notata!
Alta e slanciata già di suo, con quei tacchi a spillo affusolati e fasciata da quel lungo abito da cerimonia bordeaux, elegante e seducente, era da togliere il fiato.
La scollatura per fortuna non era troppo esagerata, ma le spalline finivano per intrecciarsi dietro al collo sorreggendo il vestito in modo tale da lasciare completamente scoperte braccia, spalle e praticamente tutta la schiena, libere di mostrarsi in tutta la loro straripante sensualità, dal momento che i lunghi capelli corvini erano stati raccolti in un’acconciatura, semplice ma ben curata; se non altro, Pan era riuscita ad imporsi nel bandire, categoricamente, qualsiasi tipo di perline, farfalline, fiorellini o brillantini vari.
Come se non bastasse, quella piccola reincarnazione del diavolo di Bra, aveva aggiunto un accessorio davvero inutile, quanto altamente malefico: allacciato al collo scendeva lungo tutta la spina dorsale un sottile, ma diabolico, pendente che ad ogni minimo movimento si divertiva ad oscillare di qua e di là, ipnotizzando lo sguardo di qualsiasi curioso.
Come se andasse meglio quando lei era ferma!? Perfettamente dritta, la minuscola gemma che fungeva da terminale, puntava giusto al suo meraviglioso fondoschiena.         
Ah, giusto! Come ogni signor abito che si rispetti, poi, era dotato di un profondo spacco che ad ogni suo passo evidenziava l’incedere delle sue lunghissime gambe perfette.
Si meravigliò non poco che lei fosse, tutto sommato, in grado di camminare con un certo portamento, anche se era evidente il suo disagio.
Già disagio: almeno fosse stata una terribile femme fatale, in grado di calpestare l’iniziativa di qualsiasi incosciente che osava anche solo avvicinarsi, e invece, no.
Era pure timida e imbarazzata in quel contesto, decisamente fuori dal suo ambiente naturale, ovvio che attirasse ancora di più l’attenzione.   
Già si immaginava le grasse risate che si sarebbe fatto Goten ai suoi danni, rinfacciandogli spudoratamente di essersi dedicato ai suoi affari professionali, mentre altri uomini erano impegnati a mangiarsi con gli occhi la sua bella saiyan! Sicuro che sarebbe andata a finire così! E avrebbe pure dovuto dargli ragione!  
Sbuffò forte, maledicendo tutta quella situazione.
Ora i casi erano due: o coprirla con la propria giaccia per toglierla dalla visuale di qualsiasi altro esemplare maschile, oppure, portarla lontano da lì e... strapparglielo definitivamente di dosso, quell’abito!
Potendo scegliere liberamente non ci avrebbe pensato su due volte: la seconda opzione, sicuramente.
Gli toccò, invece, optare per una terza, sbiadita, soluzione di riserva: avvicinarsi a lei e farsi bastare la sua compagnia! Sperando, tra l’altro, che non fosse troppo seccata dalle, purtroppo scarse, attenzioni che era riuscito a donarle fino a quel momento, a causa di quell’ammasso di gente a cui dover rendere conto. 
Nelle speranza che gradisse il gesto, si armò di un paio di flute di pregiato champagne e le arrivò alle spalle sussurrandole allusivo:
“Non dirmi che d’ora in poi dovrò chiamarti Cenerentola?” e le porse il suo bicchiere, accettato senza esitazioni.
“Forse dovresti, sei il Principe Azzurro più scarso della storia!” provò a fare l’offesa, ma voltandosi verso di lui, i suoi brillanti occhioni tradivano la sua sincera gioia di averlo finalmente vicino.
Trunks sorrise, la sua piccola peste era adorabilmente incapace di mentire.
Poi si concesse alcuni istanti per osservarla meglio, arrivando alla triste conclusione che era una vera tortura non poterla quasi sfiorare: sul suo visino angelico svettavano un paio di meravigliose labbra rosso fuoco, sulle quali si sarebbe bruciato più che volentieri.
Per il resto il trucco era molto naturale, Bra aveva mirato a valorizzare l’espressività dei suoi occhi, oltre ovviamente a mandarlo giù di testa con tutto il resto.
Cosa aveva mai fatto di male, poi, per meritarsi una sorella del genere!? 
“Scusami, faccende di… lavoro” rispose sovra pensiero, spettinandole delicatamente la frangetta e arrotolandosi fra le dita una delle due sottili ciocche escluse dall’acconciatura per essere lasciate libere di ricadere fino alle clavicole.
“Sì certo!” lo freddò decisa, ripensando a quello sciame di vespe che continuava a ruotargli attorno.
“Gelosa?” ironizzò
“E tu? Cenerentola? Sei geloso dello sposo? E’ stato gentile, sai… se aspettavo te!” replicò imbronciata, poi ripercorrendo velocemente la conversazione avuta poco prima, si ricordò della sua colossale frottola:
“A proposito! Lui mi ha detto che sono più carina ‘dal vero’: ti dice niente?”
“Ehm…”
“Ehm… un tubo, Trunks! Sei proprio un bugiardo! Mi avevi promesso che quei tre volantini non avrebbero mai messo piede sulla Terra! E TU fai pure vedere il MIO, ad un perfetto sconosciuto?”
“Tecnicamente, c’è colpa ma non dolo, questo vale?” ripensando a quanto fosse stato ingenuo a farsi beccare, nel suo ufficio, con in mano proprio il suo volantino.
“Trunks!” la ragazza si stava un po’ innervosendo, ma in realtà aveva sfruttato il primo valido motivo che le era venuto in mente, per poter sfogare contro di lui tutta la frustrazione accumulata fino a quel momento.
Conscio di essere tremendamente in torto con lei per più di un motivo, primo fra tutti aver permesso che quel giorno si annoiasse a morte a quel dannato matrimonio, il ragazzo cambiò tattica: intrecciò le proprie mani alle sue, stringendole forte, e si avvicinò al suo orecchio sussurrandole la sua proposta di pace
“Hai ragione, scusami… Posso cercare di rimediare, invitandoti fuori a cena? Stasera, solo tu ed io! Te lo prometto” e le diede un leggerissimo bacio sulla guancia, fregandosene altamente se nei paraggi ci fossero stati o meno dei giornalisti inopportuni.
“Vuol dire che te ne devi già andare?” domandò lei, mogia, ottenendo come risposta un semplice cenno di capo affermativo.
Seguì un sospiro deciso e prolungato, probabilmente il più seccato di tutta la sua vita, poi rispose:
“Eh va bene! Ma guai a te se diventa una promessa da marinaio!”
“Grazie infinite per l’immensa comprensione! Il tuo buon cuore non ha davvero limiti!” rispose scherzoso a quelle pepate parole che sapevano più di bizzarra minaccia, anziché gentile accoglimento del suo invito; poi continuò:
“Comunque guarda che ci vediamo ancora: siamo tutti qui!”
“Vai via!” sbottò la moretta, lasciando le sue mani per incrociarle al petto: quel somaro aveva pure il coraggio di fare dello spirito!
Il visino alterato di Pan era davvero buffo, così Trunks decise di proseguire sempre più divertito:
“Farai la brava?”
“Assolutamente NO”
“Ottimo! Non avevo dubbi! Ora però devo andare… Ciao Amore Mio!” la canzonò all’inverosimile, ottenendo di rimando un borbottio incomprensibile che mal celava una colorata imprecazione.
“Ah, dimenticavo… Sei bellissima!” si congedò sulla stessa falsariga, anche se in realtà, sebbene stesse scherzando, quelle parole le pensava veramente.
“Vai all’inferno!”   

Da quel saluto fugace capì che le era mancato parecchio, forse troppo, in proporzione al reale tempo passato, e, a dire il vero, questa sensazione di ‘dipendenza’ da lui un po’ la spaventava.
La Pan del giorno prima, avrebbe riempito le ore con gli argomenti più disparati, non si sarebbe fossilizzata pensando in buona parte a lui; ma è vero anche, che nemmeno nelle sue più rosee aspettative, la Pan del giorno prima, poteva immaginarselo così vicino, le sarebbe sembrato di chiedere l’impossibile.
E invece, lei, la Pan del presente, quel giorno si era ritrovata a ricordare tutto quello che avevano vissuto realmente, molto più di quell’astratto ‘impossibile’ su cui aveva fantasticato, trovando quelle irritanti scocciature del suo lavoro, tremendamente pesanti da sopportare.
Sospirò ancora, sempre più frustrata.
Di una cosa era certa: sebbene quei ragionamenti ingarbugliati le togliessero la spensieratezza, non avrebbe mai barattato il vecchio ruolo di ‘amica’ con… questo nuovo... qualsiasi nome avesse di preciso.


In qualche modo il tempo stava passando.
In compagnia di Bra o Goten poteva rilassarsi, quando invece rimaneva da sola e doveva recitare la sua parte, viveva sempre una certa tensione che, tutto sommato, più o meno riusciva a gestire.
Però era davvero faticoso comportarsi secondo gli standard richiesti in nome del profondo legame che, in quel momento più che unire, l’INCATENAVA, nel vero senso della parola, ai vari esponenti riconducibili alla C.C.      
D’altronde se persino Vegeta si era scomodato a presenziare, un minimo di sforzo era costretta a farlo pure lei. A essere pignoli, però, non trovava propriamente corretto che lei fosse lì a impegnarsi all’inverosimile, mentre, Mr. Principe dei Saiyan, fosse libero di agire a proprio piacimento! Tradotto:
‘essere lasciato in pace da chiunque o, la Pace Eterna, al disturbatore gliel’avrebbe trovata fuori lui!’

Sorrise con una certa ammirazione, forse innocente invidia, dal momento che avrebbe tanto voluto liberarsi pure lei dall’ennesimo pinguino che stava cercando di socializzare con lei, chiedendosi, fra l’altro, se argomenti di alta finanza o politica internazionale fossero proprio gli esempi migliori per sostenere un’amabile conversazione: aveva fortissimi dubbi in merito.
Neanche a farlo apposta avendo parlato del diavolo, erano giusto spuntate le corna: Vegeta si era materializzato al suo fianco.
Poi con un’energica pacca sulla spalla, accompagnata da un’inquietante sadica espressione sul volto, invitò l’individuo a levarsi di torno, subito.
“Oh sì certo! M-mi scusi Signore! Ha una figlia davvero affascinante… Non volevo disturbare” disse parecchio turbato quel tizio, cercando istintivamente di ‘salvarsi’ la pelle: era talmente scosso da aver, clamorosamente, frainteso i loro comuni tratti distintivi da tipici saiyan!
Divertita Pan ipotizzò che, probabilmente, per quell’uomo in quel momento il loro colore di occhi e capelli, si era fatto più nero delle tenebre: se ne era andato immediatamente.
Per un attimo Vegeta aveva sgranato gli occhi e trattenuto il respiro; squadrò Pan e dopo aver pensato chissà cosa, scosse il capo in segno di negazione: decisamente no!
“Che hai da ridacchiare, mocciosa?” esordì scontroso come sempre, ma la ragazza faticava a tornare seria.
“Oh niente di che! Sai, sei stato il mio ‘salvatore’! Stavo solo ammirando la tua… ‘regale grazia’ nell’arte di convincere le persone!” mordendosi le labbra per cercare, inutilmente, di trattenere l’ennesimo sorrisino.
“Regale grazia? Ma senti chi parla! Se tutta questa gente ti conoscesse per davvero!” rispedì al mittente il discutibile complimento, ma in fondo non gli dispiaceva affatto la compagnia della mora: una gattina graffiante in mezzo a quell’esercito di galline starnazzanti che inchiodavano al muro quell’asino di suo figlio!
“EHI! Guarda che oggi sto ottenendo un discreto successo! Quindi la mia ‘grazia’ non dev’essere tanto male!” poi in modo ironico estrasse dalla piccola pochette alcuni biglietti da visita ricevuti, sfogliandoli come carte da gioco:
“Guarda qua! Abbiamo un certo Responsabile Marketing, o un Direttore Commerciale, o un Ingegnere Capo di chissà cosa! Come se dovessi inviare il mio curriculum proprio oggi!? Visto la mia ‘grazia’?” gli rispose allegra mantenendo il tono scherzoso.
“Voglio ben sperare che tu non abbia un intero mazzo di carte lì dentro?” poi si soffermò un attimo, incerto se continuare o meno, incuriosendo non poco la giovane Son: “A cosa stai pensando?” chiese lei.
“A niente! Beh se proprio vuoi saperlo, anche sul mio pianeta di origine… avresti riscosso un certo ‘successo’!” ghignò malizioso
“Davvero? Tipo una dama di corte?” chiese lusingata
“Non proprio, ma a corte ci saresti arrivata sicuramente. Non posso aggiungere altro” rispose misterioso
“Dai, su, dimmelo! In questa zona della Terra sei libero di esprimere il tuo parere, sai!”
“Beh, sarò pure libero di tenere per me, i miei pensieri privati, no?”
Pan sbuffò rumorosamente incuriosendo il Saiyan maggiore: se questa era la sua reazione, chissà come avrebbe reagito scoprendo la verità sui suoi lontani ricordi.
In fondo era lei che voleva saperlo, no?
“Avresti bazzicato per la corte della Famiglia Reale, questo sì” incominciò rimanendo sul vago.
“Addirittura! Una nobile!? Tipo una principessa?” azzardò la corvina, sapendo di esagerare.
Un ghigno diabolicamente divertito illuminò il viso del Principe, poi guardandola dritta negli occhi sentenziò:
“NO! Saresti stata una ricercatissima… Schiava personale! E in fondo, vedi, alla mia corte ci sei arrivata lo stesso... alla fine” ecco perché la figura di figlia, proprio, non le si addiceva.
Pan sentì ribollire il sangue nelle sue vene con un indescrivibile desiderio di massacrarlo di botte, ma per lo stesso stramaledettissimo motivo che la teneva soffocata da tutto il santo giorno, con uno sforzo immane, cercò di contenere e infine reprimere la sua bruciante rabbia: non si era mai sentita così offesa!
“Sta buona, mocciosa! Non penserai mica che i reali si abbassino a delle semplici sgualdrine! Diventavano ‘schiave’ le prigioniere di guerra particolarmente intelligenti e belle che anziché essere date in pasto all’esercito venivano dirottate alla corte reale per… un reciproco scambio di favori!” cercò di rabbonirla, a quanto pare la fantasia della ragazzina stava galoppando più del dovuto, poi proseguì:
“Infatti abbiamo ottenuto molte informazioni utili dalle ‘culture conquistate’ e che tu ci creda o no, quelle donne venivano in un certo modo rispettate, se collaboravano. Diciamo che in caso di ipotetica conquista della Terra, avresti fatto compagnia a quella pazza scatenata di Bulma! Lo stesso discorso valeva anche per le donne delle classi inferiori: sbaglio o sei la nipote di quell’odioso terza classe di tuo nonno? Vedi… terrestre e terza classe! Ma a quanto pare sul tuo pianeta hai fatto carriera: non sei la donna del figlio del principe?”
“Beh, se è per questo, allora anche Bulma ha fatto carriera! Evidentemente la mela non cade mai lontano dall’albero!” rispose asciutta e ancora piuttosto risentita, ma decisamente più tranquilla, poi continuò:
“Comunque a cosa devo l’onore della tua ‘regale’ presenza? Qui, proprio da me!”
“Bulma mi ha mandato a chiamarti! E conoscendo la mia ‘regale grazia’ ha pensato bene che nessuno avesse avuto da ridire, nel caso fossi stata… impegnata”
 

- - - -

Erano già diverse ore che i due saiyan si stavano affrontando senza esclusioni di colpi: calci, pugni, ginocchiate, gomitate e prese di ogni genere.
Aveva proibito i colpi energetici, altrimenti era sicuro che del Palazzo non sarebbe rimasta in piedi nemmeno una pietra.
Ciò nonostante, ad ogni loro scontro veniva sprigionata un’energia paurosa con un eco a dir poco assordante, sia che l’impatto finisse vincente contro il possente fisico dell’avversario o a vuoto contro le lastre di marmo della pavimentazione, ridotta ormai ad un ammaccato colabrodo per le ampie e numerose voragini createsi.
Tantissimi attacchi andati a segno, ma altrettanti prontamente parati o agilmente schivati dalle perfette tecniche di combattimento di entrambi.
Lo spettacolo a cui stava assistendo era l’eccellenza nel campo della lotta e quella in corso, poi… corpo a corpo… era da sempre avvolta da un fascino particolare: un’arte millenaria che univa la forza distruttrice della potenza fisica alla raffinatezza dell’abilità intellettuale, forgiando combattenti di altissimo livello.
Per il suo spirito guerriero, tra l’altro, era come se li stesse affrontando personalmente; poteva notare ogni singolo dettaglio: i muscoli tesi, la pelle madida di sudore, il rimbombante battito cardiaco nelle orecchie, ma soprattutto la determinazione nel loro sguardo.

Erano anni che quei due non si allenavano così intensamente, si ritrovò a pensare Junior, soprattutto Gohan.
Lassù in aria, dopo aver stordito il padre con una ginocchiata ben assestata allo stomaco, lo aveva fatto precipitare al suolo con un colpo da manuale: incrociate le mani e caricate le braccia fin sopra la testa, lo aveva colpito sul dorso, secco e potente, spedendolo alla velocità della luce contro il pavimento, dopo un volo di almeno una cinquantina di metri.
Il risultato di quello schianto fragoroso era stata l’ennesima colossale spaccatura di quello che, solo poche ore prima, era un maestoso cortile perfettamente lastricato.

Poi… assoluto silenzio.
I due guerrieri si erano concessi alcuni attimi di pausa per riprendersi.
Sul viso trafelato del più giovane si rincorrevano emozioni contrastanti, una sorta di agitata fermezza; quello del padre, invece, smaltita la botta, si era illuminato di un’impagabile soddisfazione: il piacere della sfida mescolato a tanto, tanto orgoglio.
Orgoglio per il proprio Figlio, diventato ormai uomo.

Lo vide sorridere e ripartire all’attacco.

Non c’era che dire: in quel momento gli teneva perfettamente testa ed era, effettivamente, da tempo immemore che non lo si vedeva così carico.
D’altronde, per curiosità, si era sempre chiesto, lui che era il suo maestro, fin dove sarebbe potuto arrivare il suo pacifico allievo con la sua incalcolabile forza se si fosse ‘applicato’ a dovere, ma alla faccia di suo padre e di tutti gli amanti del puro combattimento fine a se stesso, a Gohan era sempre servito un motivo, assolutamente personale, per… ‘lasciarsi andare’.
Fortuna che i ‘motivi personali’ la maggior parte delle volte erano di riconosciuta importanza universale.
Sorrise fra sé.  
Per Goku, invece, ogni occasione era buona per esercitarsi e in questo, doveva ammetterlo, ci metteva sempre il massimo impegno.
Ma quella volta era diversa dalle altre, c’era un’attenzione speciale: sapeva che il figlio, a modo suo, aveva bisogno di lui e di conseguenza ci stava davvero mettendo anima e corpo, oltre ad un notevole entusiasmo, nel fargli scaricare per bene la tensione accumulata nelle ultime ore e, chissà, forse in tutta la sua vita, visto che pure il padre non era esente da qualche tiro mancino.
 
Veramente strano a dirsi, quasi bonariamente ‘inquietante’, ma in quel momento lui e Goku la pensavano allo stesso modo: una volta sfogatosi dal punto di vista fisico, Gohan sarebbe stato in grado di ragionare in maniera più lucida e saggia, o almeno era questo il loro buon proposito.
Al saiyan maggiore, quindi, l’arduo compito di doversi sacrificare per questa nobile causa.
Che poi ‘sacrificarsi’ era un parolone: lo sapevano anche le pietre che in realtà, per lui, non era affatto un dovere, ma anzi, un vero e proprio piacere.

Alla luce di tutti questi pensieri ma, soprattutto, a causa del notevole polverone che in misura sempre maggiore rimaneva intrappolato sotto al portico, Junior, decise finalmente di spostarsi da lì per prendere una boccata d’aria fresca.
Continuò a godersi lo scontro dal limitare del grande piazzale circolare, all’ombra di una palma rimasta miracolosamente in piedi.
Dopo aver dato un’accurata occhiata tutt’attorno, inesorabilmente avvilito per l’immane lavoro di risistemazione che sarebbe seguito dopo, borbottò fra sé una colorata frecciata ai danni dei due diretti colpevoli: “Tsk! Saiyan!... Raffinatezza intellettuale, un corno! Solo un branco di scimmioni senza cervello!”

Detto questo si sedette in malo modo a terra con gambe e braccia incrociate, poi chiuse gli occhi: almeno lì sarebbe stato più libero di concentrarsi sui fatti della Terra.
 

- - - -

Dicono che la stretta di mano di una persona non sia solo un semplice gesto di convenzione sociale utilizzato in fase di presentazione, può indicare qualcosa di molto più profondo, persino alcuni lati nascosti del carattere della persona che sia ha di fronte, una sorta di biglietto da visita.

Allora Pan come avrebbe dovuto interpretare quel misero contatto fra la sua mano, offerta istintivamente in modo verticale in segno di amichevole parità e rispetto, e quella della Sposa che si era limitata a porgerle le punta delle dita in una stretta davvero debole, troppo debole, desiderosa di liberarsi di lei al più presto: non le era piaciuta per niente.
Se prima nutriva solo discutibili considerazioni su di lei, ora quella sgradevole presa fredda e molliccia, abbinata allo sguardo inquisitore dei suoi occhi, puntati contro di lei in cerca di chissà quali risposte, le avevano dato sufficiente convinzione per emettere il suo personale giudizio mentale: altezzosa e opportunista, avrebbe quasi detto ‘pericolosa’.

“Piacere di averti conosciuto, PAN” asettiche e false, quelle parole erano risuonate secche e pungenti come lo sparo di un proiettile, soprattutto il suo nome.

 


Angolo Autrice:
Ciao a tutti!
Scusate se anche questo capitolo mi è risultato un po’ lunghetto, ma volevo rendere subito l’idea di situazione e personaggi senza far passare troppe ‘puntate’.
Ringrazio come sempre tutti i lettori che decideranno di leggere e in particolare chi vorrà lasciarmi il suo parere.
Sperando di avervi tenuto un po’ di compagnia, vi saluto e alla prossima!
CIAO!

   
 
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