Storie originali > Avventura
Segui la storia  |       
Autore: Pascal76    19/08/2016    1 recensioni
"A volte i nostri mostri possono salvarci da una morte dolorosa. Tu ne sei la prova".
"Quando l'ho scoperto non sapevo che il mio mondo si sarebbe rovesciato; tutto ha un prezzo e niente deve essere dato per scontato, sapevo. Ma un conto è sapere una brutta realtà, un conto è viverla. E Lui mi sta aiutando a sopravvivere".
A volte il nostro istinto ci aiuta a vivere, altre volte ci distrugge.
Ma io non ho avuto questa fortuna.
Genere: Avventura, Fluff, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Mi svegliai stravolta.

Domenica era un bel giorno se non avevi nulla da fare. Potevi dormire fino a tardi, uscire con gli amici oppure leggere un libro in mansarda, la luce del sole che penetrava dalle finestre e illuminava tutto, oppure invitare gli amici in casa e fare una maratona di serie tv.

Ma quella domenica andò diversamente.

Dovevo raggiungere Carlos e Amy – e Finn – al campo di football per completare le interviste ad Alycia Edwards – capo cheerleader, chissà perché va a genio a tutti, ma non a me – e alcuni suoi amici di cui non ricordavo il nome. Non che m'importasse, poi.

Misi le cose più comode che potessi trovare e scesi di corsa le scale, presi una barretta dallo scaffale della cucina e uscii di casa, lasciando le chiavi dentro al vaso dei gerani, in un buco che mi ero tanto impegnata a creare.

Giunsi a scuola di corsa.

Carlos mi stava aspettando all'ingresso impaziente.

« Cristo, avevo cominciato a preoccuparmi! » disse non appena lo raggiunsi. Mi piegai sulle ginocchia e presi fiato.

« Non mi è suona … suonata la sveglia » dissi col fiatone.

« Dici così tutte le volte. E sai una cosa? Lo sappiamo tutti che la sveglia non la imposti mai! »

« Arrabbiato Carlito? »

« No, Black. E adesso muoviti che quei due ci stanno aspettando. » mi aiutò a tirarmi su e si incamminò per le tribune del campo di football a passo svelto. Io andai un po' più lentamente ma riuscii comunque a raggiungerlo.

Amy era seduta sulla tribuna più in alto, i capelli legati in una coda molle e l'espressione concentrata che assumeva sempre quando prendeva appunti. Finn era poco più giù e stava intervistando Alycia. Quando ci avvicinammo, Alycia si irrigidì e mi guardò con disprezzo, sistemandosi la gonna della divisa da cheerleader – cortissima appena sopra la coscia – e lanciando occhiatine provocanti a Finn, il quale sembrava ignorarla.

Passai oltre e raggiunsi Amy.

« Come va? » chiesi sussurrando.

« Non ora Jenny. Non. Ora. » fu la sua risposta. La sua mano fece uno scatto e la matita le scivolò sotto le tribune, cadendo per terra. Sbuffò e sbatté il plico di fogli accanto a sé, facendo un rumore assordante che richiamò l'attenzione degli altri, i quali ci guardarono preoccupati, Finn in particolare. Si girò di scatto e puntò lo sguardo su di me, un po' come faceva mio fratello quando ero piccola e mi ficcavo nei guai.

Il solo pensiero di Ethan mi aprì una voragine di vergogna e senso di colpa.

« Tutto bene? » chiese Finn, allarmato.

« Perché? Come dovremmo stare ? » risposi scettica. C'era qualcosa che non andava in lui. Avevo un brutto presentimento, ma dopo l'incidente di ieri avevo cominciato a non fidarmi più delle mie sensazioni. Lui però era la tremenda ed inspiegabile eccezione che mi spingeva ad arrovellarmi il cervello su chi avesse ragione o meno : i sentimenti o la realtà delle cose?

« Sapessi come sto io … » sentii borbottare Amy da sotto le tribune.

Finn riprese a fare le sue domande ad Alycia, la quale continuava a guardarmi e sistemarsi la gonna, e io mi preoccupai invece di Amy. La raggiunsi mentre cercava a tastoni la penna nel prato verde. « Cosa c'è? »

« Niente » fu la sua risposta secca. Okay, se è così arrabbiata allora è successo qualcosa di grosso.

« Problemi con Chris? » azzardai. Lei si irrigidì e alzò lo sguardo verso di me.

« Ieri mi ha detto che non poteva venire a casa mia perché aveva da studiare. E indovina un po' dove l'ho trovato? A casa di Sam! E a fare cosa? Arrivaci da sola! »

« Okay, avrei voluto non arrivarci ma va bene così. Sono felice che tu ti sia sfogata. C'è dell'altro? »

« Stamattina sono arrivata qua a scuola e quel tipo là Finn ha cominciato ad assillarmi di domande su di te, chiedendomi quali fossero le tue passioni e se ultimamente ti sentissi strana. In perfetto orario anche, dato che stavo seriamente considerando di fare una scenata a Chris! »

« Finn ti ha chiesto di me? » domandai stupita.

« È quello che ho detto » ribatté Amy acidamente alzandosi da terra con la penna in mano.

« E tu cosa hai risposto? »

« Gli ho detto che se deve venire a chiedere a me che tipo di persona sei, può comodamente provare a capirlo da solo. » e fece per andarsene. La bloccai tenendola per un braccio. Improvvisamente sentii un ronzio, come di un oggetto in tensione. Lo ignorai.

« Amy, non puoi fartene una colpa se quel mezzo pezzo di ignorante ti delude. Non è quello per te. Se ci tenesse veramente non ti avrebbe mentito. »

« E credi che io non lo sappia? » si divincolò e liberò il braccio dalla mia stretta. Quando lo guardai, aveva un segno rosso nel punto in cui l'avevo toccata.

« Tu sei intelligente. Meriti qualcuno che sia almeno la metà di ciò che sei te. » dissi cercando di convincerla a rimanere.

« Super frase fatta presa da Internet. Senti, adesso non rompere che ho da finire quelle cavolo di interviste. Se hai qualcosa da dirmi me lo dici dopo. » e se ne andò.

Rimasi impalata per alcuni istanti ripetendo mentalmente quei secondi in cui Amy non era per niente sembrata Amy. All'ultimo me ne andai, incapace di credere a ciò che avevo visto, seppur era effettivamente successo.

Quando mi girai, sentii ancora il ronzio nelle orecchie, ma stavolta più insistente, come di una zanzara che continua a girare in tondo vicino all'orecchio. Scossi la testa istintivamente, ma non cambiò nulla. Mi incamminai verso la gradinata delle tribune, quando qualcosa mi colpì violentemente alla testa e caddi perdendo i sensi.

 

 

Sembrava un sogno. Tutto era sfocato e le immagini sembravano muoversi come la superficie dell'acqua che si increspa. Mossi una mano e dal palmo di quest'ultima ne uscì una scintilla color blu azzurrino pallido che si fece grande, sempre più grande, finché non si staccò dalla mia pelle come una foglia che si stacca dal proprio albero e, tra mille acrobazie, cade a terra. Ma la pallina di luce non cadde a terra; volò lontano da me e si schiantò contro qualcosa di imponente, dissolvendosi in una miriade di scintille azzurrine. Udii qualcuno cadere a terra pesantemente e disperatamente boccheggiare alla ricerca d'aria. Poi sentii un'esplosione e a pochi centimetri da me vidi un lampo schiantarsi al suolo. Ce ne fu un secondo, un terzo, un altro e un altro ancora, ma nessuno di essi mi colpì, come se attorno a me si fosse formato un campo di forza inespugnabile.

Si alzò il vento, un vento forte ed impetuoso carico di qualcosa che sembrò guarire le ferite del mio corpo e darmi la forza necessaria per alzarmi e riprendere ciò che stavo precedentemente facendo, seppure non ricordassi cosa.

Mi alzai in piedi e mi guardai attorno, studiando con attenzione ogni particolare di quel paesaggio irrealistico. Il cielo era color verde e le montagne all'orizzonte sembravano vittime di uno scrupoloso pittore con il pallino della vernice nera.

Sembrava un deserto, un luogo dimenticato da tutto e tutti. Il posto perfetto per un conflitto.

Ci fu un tuono e poi un'altra esplosione, seguita da un terremoto molto forte, che sentii anche dentro al mio corpo. Poi una voce familiare mi chiamò, in tono supplichevole e carico di disperazione. Qualcosa mi spingeva a non fidarmi di quella persona che mi chiamava, ma fu più forte di me. Mi girai e vidi qualcosa di luccicante volare vorticosamente in mia direzione. Alzai una mano …

 

Mi svegliai di colpo, tirandomi su di scatto. Avevo caldo e freddo insieme, i capelli appiccicati al collo a causa dal sudore e un dolore sordo al petto. Ero sdraiata sul lettino dell'infermeria. Le tapparelle erano abbassate, seppure qualche spiraglio di luce riuscisse a farsi strada in quella cortina di alluminio e posarsi sul pavimento in piccole chiazze di chiarore.

« Non muoverti, sei ferita » Finn era in piedi accanto a me, come una sentinella che vigila su un tesoro di inestimabile importanza. Era ferito e aveva un segno violaceo sulla mascella, segno che aveva avuto uno scontro corpo a corpo con qualcuno. Non osai immaginare come fosse conciato il suo rivale.

Provai il desiderio di guarirgli la ferita e privarlo del dolore che molto probabilmente sentiva a causa del livido. Alzai una mano e involontariamente feci per accarezzargli il viso, ma lui si scostò infastidito. Subito mi ritrassi pentendomi di ciò che avevo fatto : che mi era saltato per la testa? Da quando mi importava se lui stesse male o meno? Io non lo sopportavo e lui non sopportava me, e così sarebbe dovuto continuare.

« Cos'è successo? » chiesi rompendo il silenzio carico di imbarazzo che era sceso tra di noi.

« Hai la brutta passione per le cose lanciate in testa, lo sai vero? » disse Finn facendosi beffe di me. Ed eccolo che ricomincia a fare l'antipatico.

« La smetti di prendermi in giro e mi dici cos'è successo? O devo estorcertele con la forza certe informazioni? » dissi seccata.

« Sei svenuta. »

« Ma va?! »

Finn mi lanciò un'occhiataccia e poi sembrò farsi improvvisamente serio. « Hai subito un attacco da parte di una Sanguisuga Meccanica. Niente di grave, dato che ce ne siamo accorti subito e ti ho tolto quell'affare di dosso. Resta da capire chi te l'abbia sparata e come mai abbia deciso di farlo proprio in pieno mattino, alla vista di chiunque. »

Calò il silenzio.

Lo fissai cercando qualsiasi sintomo di cedimento, tipo una risata isterica o un sorrisetto trattenuto, ma Finn rimaneva impassibile sotto il mio sguardo. Era terribilmente serio, eppure non gli credevo.

« Senti, non so di che cosa tu stia parlando, ma ti conviene smettere di drogarti prima che anche l'unico neurone che hai si bruci. » feci per alzarmi, ma una fitta di dolore mi bloccò sul posto. Con uno scatto, Finn mi prese al volo prima che potessi cadere dal lettino. Mi aggrappai alla sua maglietta e per sbaglio sfiorai la pelle nuda del collo. Il contatto mi mandò brividi su tutto il corpo.

« Ti ho detto di non muoverti per un motivo » disse a denti stretti. Mi aiutò a sistemarmi sul lettino e prese un paio di bende e del disinfettante dall'armadietto in vetro dei medicinali, sistemandoli molto delicatamente sull'unica ferita aperta che avevo : un taglietto sul collo molto superficiale, ma che faceva un male cane.

Mentre mi passava il disinfettante sulla ferita, provai a ricordare dove avessi già visto ciò che avevo sognato in quei terribili istanti di incoscienza, giungendo alla conclusione che per me era un paesaggio completamente nuovo, frutto della mia sempre più bizzarra fantasia. Eppure la voce non sembrava così distante come tutto il resto, invece. Mi era apparsa incredibilmente familiare, ma al tempo stessa nemica, come se nonostante la vicinanza il mio istinto mi suggerisse di tenermi alla larga da quella persona perché pericolosa.

« Pensi di farcela ad alzarti? » mi chiese Finn come infastidito. Annuii e riprovai ad alzarmi. Stavolta, se fossi caduta, non ci sarebbero stati gli addominali d'acciaio e i pettorali di Finn a reggermi : sarei caduta di faccia sul pavimento e lì ci sarei rimasta, conoscendomi.

Con molta cautela mi misi seduta sul lettino e allungai un piede al pavimento; quel semplice gesto mi provocò una fitta di dolore al ginocchio che mi attraversò la coscia come un fulmine. Mi bloccai ed inspirai.

Poi successe qualcosa di strano : mentre cercavo di spingermi un po' più in là nonostante il dolore, una delle luci dell'infermeria esplose in una cascata di scintille e vidi una luce azzurrina, come quella del sogno, guizzare dalla lampada alla mia mano, per poi spegnersi come risucchiata dalla pelle.

« È già cominciato? » disse Finn perplesso. Con una sicurezza che mi colse alla sprovvista, mi prese la mano sulla quale la luce si era spenta e la esaminò scrupolosamente. Rimasi pietrificata da tal gesto, ma non mi ritrassi. In un certo senso mi piaceva che lui si preoccupasse per me, anche se da lì a non poco avrebbe sparato un'altra cazzata simile alla prima che mi aveva raccontato. Era … gratificante.

« Da quanto succede questo? » mi chiese, teso.

« Questo cosa? » chiesi, confusa e intontita. Stavo rivivendo con la mente quei secondi in cui Finn era stato iperprotettivo con me.

« Da quando sai assimilare energia e sottrarla agli oggetti? » i suoi occhi nocciola erano puntati sui miei e mi fissavano duramente. Come diamine faceva a dire stronzate del genere e sembrare comunque serio?

« Di che cavolo stai parlando scusa? Ripeto : di che droghe ti sei fatto prima di venire … » e accadde di nuovo. Stavolta non ci fu un'esplosione di scintille come la precedente, ma vidi con chiarezza lo schermo del computer sul tavolo, spegnersi e la stessa debole luce azzurra saettare dal dispositivo al palmo della mia mano. Lanciai un urlo e guardai la mia stessa mano come se fosse aliena al mio corpo. Forse Finn poteva anche star dando i numeri, ma stavolta non avevo dubbi : era successo davvero.

O forse anche io stavo impazzendo come lui.

Quest'ultimo pensiero mi preoccupò.

Senza badare al dolore al ginocchio, me ne andai frettolosamente dall'infermeria, lasciandomi alle spalle Finn e le strane luci blu. Attraversai il corridoio principale di fretta, senza badare a dove mettevo i piedi o alla direzione che stessi prendendo : volevo allontanarmi il più possibile da lì. Al terzo incrocio andai a sbattere contro qualcuno, rovesciando a terra una miriade di attrezzi che produssero uno sferragliare metallico assordante. Uno di essi mi punse al dito.

« Gi! Non ti trovavamo più! » esclamò Carlos, aiutandomi ad alzarmi da terra.

« Andiamo via, andiamo via » dissi e a passo svelto andai verso l'uscita della scuola. Nella fretta di uscire da scuola, non notai che dietro a Carlos c'erano due figure, una magra e bionda, l'altra un poco più alta : Amy e Chris; ero talmente terrorizzata, da aver dimenticato per un attimo che il mio peggior nemico era di fronte a me.

Spalancai le porte a vetri e uscii dall'edificio, scesi le scale saltellando velocemente e cominciai a correre fino a casa. Udii Carlos gridare il mio nome solo una volta, dopodiché qualsiasi suono fu coperto dal rumore del traffico cittadino e dal battito sordo del mio cuore che mi rimbombava nelle orecchie. Ero terrorizzata.

A metà strada ricominciai a sentire il ronzio che avevo udito alle tribune del campo da football. Mi coprii le orecchie e corsi più velocemente, rischiando di farmi investire da un automobilista infuriato.

Volevo inspiegabilmente tornare a casa a tutti i costi. L'istinto mi suggeriva che quello era il posto più sicuro dove rifugiarsi, ma la vera domanda era : da cosa? Da chi stavo scappando, se nessuno mi aveva fatto nulla? Perché sentivo che una parte di me credeva in ciò che aveva visto?

Quando arrivai di fronte alla porta non mi presi nemmeno la briga di suonare, riempiendola di pugni finché mio padre non l'aprì, seccato. Gli passai accanto e corsi in camera, sbattendomi la porta alle spalle. Mi buttai sul letto e mi rannicchiai con il cuscino stretto in grembo, ripetendomi mentalmente “Non è vero. È tutta immaginazione”, ma più andavo avanti così, più i ricordi del sogno che avevo fatto ritornavano indietro come tanti piccoli e taglienti boomerang.

Poi mi ritornò in un flash l'immagine dell'ombra nera che mi studiava, mi osservava come un animale dello zoo. Mi tappai le orecchie e gridai, incapace di sopportare il peso del suo sguardo. 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Avventura / Vai alla pagina dell'autore: Pascal76