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Autore: _Cthylla_    21/08/2016    3 recensioni
| Golden Age | Young Kozmotis Pitchiner (soprattutto nel primo capitolo) | AU | OCs
L'epoca in cui era la Casa Lunanoff a governare si è distinta per la prosperità presente in ogni parte del regno. La Golden Age è stata un florilegio di grandi eroi dorati e di Case nobiliari, note come "Costellazioni", i cui componenti erano nobili di sangue quanto di cuore.
Ciò è quanto è passato alla storia, quel che la maggioranza dei pochi superstiti è in grado di ricordare. Ma se quei ricordi riguardassero soltanto la parte conosciuta della storia in questione? Se ci fosse stata una parte oscura che quasi nessuno ha potuto o voluto vedere?
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner, Nuovo personaggio
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Luna Dorata'
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= Amandoti =






«il motto della tua Casa avrebbe dovuto essere “qui si muore di freddo”, altro che».

 
Lord Taurus alzò gli occhi al soffitto, anche se non provava reale fastidio: era una vita che si sentiva rivolgere frasi di quel genere almeno una volta ad ogni visita.
Di solito la prendeva leggermente in giro per questo, ma in verità poteva capirla: la temperatura nei territori della sua famiglia era oggettivamente fredda sino all’estremo, tanto che nei secoli -anzi, millenni- era stata tra le loro principali armi di difesa contro invasori i quali, non abituati a un simile gelo, avevano sempre finito per morire come mosche. «invece quello della tua Casa avrebbe dovuto essere “arrostiti fino alla morte”. Comunque sia è sempre meglio il freddo del caldo, ci sono più soluzioni per ovviare al problema…prima tra tutte evitare di stare in terrazza lasciando il padrone di casa a letto da solo come un deficiente».

 
Avrebbe preferito evitare di dire qualcosa che avrebbe potuto dare inizio a un’altra possibile discussione, ma non era proprio riuscito a farne a meno.
Parte dell’Armata Dorata era temporaneamente a riposo, e Nahema dunque aveva lasciato il fronte dopo aver trascorso più di un anno -escluso un altro momento di congedo- a far finta di essere un’altra persona, tale “Silk”.
L’aveva fatto per entrare nell’armata dell’High General of the Galaxies senza essere riconosciuta, e tutto perché suddetto High General avrebbe dovuto essere coinvolto -come vittima, immaginava lui- in piani degli Aldebaran di cui lui non sapeva ancora proprio tutti-tutti i dettagli.
Ma sembrava che le cose non stessero andando come dovevano, o comunque non alla velocità cui Nahema avrebbe gradito andassero.
Lei aveva accettato il suo invito di trascorrere quel periodo di riposo con lui nel suo palazzo, e Kitah ne era stato felice, ma le cose non stavano andando esattamente come aveva sperato: il corpo di Nahema era lì con lui, ad Atlantia, ma la sua mente era da tutt’altra parte…persino più di quanto lo fosse di solito.

 
«abbiamo già passato due giorni a letto, quasi, quindi non vedo il problema. Soprattutto…»

 
«non dirlo».

 
«visto che sono “ un po’distante”».

 
Era accaduto circa un quarto d’ora prima, quando alla fine dei giochi -e per tale motivo ancora non del tutto lucido- si era lasciato sfuggire che la trovava un po’distante.
Si era sentito rispondere che “le sembrava che fossero piuttosto vicini, anzi lui le era ancora letteralmente dentro, quindi dove cazzo di altro voleva andare”.
Bonjour finesse.

 
«magari l’ho detto nel momento sbagliato, ma vorresti negare di avere la testa altrove?» forse avrebbe fatto meglio a stare zitto, ma in effetti non vedeva perché mai avrebbe, o avrebbero, dovuto chiudere gli occhi di fronte a un problema. «ho capito che hai delle cose da fare, tanto per cambiare, ma non per questo devono diventare un’ossessione».

 
«se il fatto che io abbia degli obiettivi da raggiungere e pensi a come farlo ti disturba così tanto potevi fare a meno di dirmi di venire ad Atlantia».

 
Se amare qualcuno era una maledizione, Kitah Taurus era il più dannato tra tutti i dannati.  Amava Nahema, aveva quasi ventiquattro anni e non ricordava di aver trascorso un periodo della propria vita senza farlo.
L’amava anche se a volte era veramente dura, perché Nahema non era una persona semplice: Kitah aveva l’incrollabile convinzione che lei ricambiasse i suoi sentimenti, ma lo faceva molto a modo suo, e solo una volta l’aveva sentita confessarglielo, ormai undici anni prima.

 
«se non ti rendessi conto che ho ragione non te la prenderesti. Lo dico per il tuo bene, non per il mio» insistette «pensare ora a cosa fare al nostro High General non può aiutarti in alcun modo, perché tu sei qui e lui è dove è! Cerca di rilassarti, o ne andrà della tua salute….mentale» resosi conto della pessima scelta di termini cercò di far sfumare la frase in un borbottio confuso, ma era troppo tardi.

 
«e io a parer tuo farò la fine di mia madre? È questo che volevi dire?»

 
Nihil Iyra Aldebaran era da poco caduta in uno stadio che Aladohar aveva definito “una specie di precoce e gravissima demenza senile”, motivo per il quale quest’ultimo, con un certo rammarico, aveva dovuto rinunciare alla carriera militare e prenderne il posto.

 
«ovviamente no, e mi spiace per l’infelice scelta di termini, ma ciò non toglie che potresti darti tregua, o almeno provarci».

 
Teoricamente tale onore ed onere sarebbe toccato a Nahema, in quanto primogenita e dunque capofamiglia, ma lei “aveva la sua missione” -verissimo, per carità- e comunque, da quel che lui sapeva, non era tornata a casa propria nemmeno per sbaglio, onde evitare seccature.
La cosa non era piaciuta molto ad Aladohar, come Kitah aveva potuto intuire dalle sue parole, ma lui aveva tentato di difendere Nahema, ricordando ad Aladohar che era via su ordine di Iyra stessa.
La risposta di Aladohar? “È vero, ma trattandosi di mia sorella tu non fai testo”.
Ed era vero anche quello.

 
«ci ho provato» ammise lei dopo un po’ «ma tra le mie faccende che vanno a rilento e quel che sta succedendo a casa non ci sono riuscita».

 
Capita l’antifona Kitah spinse via le coperte, sistemò alla meglio i lunghi capelli neri in una coda bassa, infilò una vestaglia che era lì vicino e andò anch’egli in terrazza a congelarsi. La cosa buffa era che quello era il periodo “caldo” dell’anno ad Atlantia, durante il quale c’era un po’meno gelo del solito, e lui era abituato a ben altro. «avremmo potuto parlarne fin da subito».

 
«mi sembrava che avessi in mente altro».

 
«ossia quel che, all’inizio, mi sembrava che avessi in mente anche tu. Ci conosciamo da molto tempo, ma da questo a leggerti nel pensiero ce ne corre» pose una mano sopra quella della sua coetanea, che non l’allontanò. «vuoi parlare?»

 
Seguì un momento di silenzio piuttosto lungo, ma il giovane duca non intendeva metterle fretta: proprio perché la conosceva da una vita sapeva quanto per lei fosse difficile “sciogliersi” su determinati argomenti. “Vincit qui se vincit” era il motto della famiglia Taurus, ma Nahema sapeva metterlo in pratica meglio di lui.

 
«non pensavo che una cosa del genere potesse succedere a lei» disse Nahema «non per davvero. Iyra Aldebaran ridotta a una sorta di vegetale!…ci pensi? A te che l’hai conosciuta non sembra impossibile? Sai che il mio rapporto con lei non era dei migliori, questione di caratteri incompatibili, ma il modo in cui riusciva a mandare avanti tutto quanto era degno di rispetto».

 
«assolutamente» confermò lui, in totale onestà «credo che quel che le è accaduto sembri impossibile a tutti coloro che hanno avuto modo di conoscerla, Nahema. Il nome di Nihil Iyra Aldebaran non lasciava indifferente nessuno».

 
«è vero».

 
«e così il tuo. Non perderà di valore per nessuno, indipendentemente dalla durata della tua missione».

 
Nahema fece un leggero sorriso. «buono a sapersi».

 
«e soprattutto non lo perderà per me».

 
Il sorriso scomparve. «sarebbe disdicevole se succedesse con uno dei miei maggiori alleati».

 
A volte amarla non era soltanto dura, era peggio.
Eppure lui persisteva, anche se sapeva che per lei non sarebbe mai stato al primo posto, perché prima venivano lei stessa, la sua famiglia e i suoi obiettivi, come sempre.
Persisteva anche se i bei momenti trascorsi sia tra quelle mura che tra altre non avevano mai portato a qualcosa di concreto, perché tra loro due non c’era alcunché di ufficiale neppure ora che erano liberi da vincoli.

 
«“alleato”, dici» ripeté Kitah, con un leggero accenno di amarezza.

 
“Liberi da vincoli”…e nel suo caso tale libertà aveva richiesto un prezzo alto, molto alto.

 
Fin da piccolo era stato promesso a Lady Asyin della Casa Eagle, di quattro anni più grande di lui.
Asyin era una bellissima ragazza, ma non era quella di cui lui voleva diventare il marito.
Nahema stessa, insieme ad Aladohar, il giorno delle nozze aveva dovuto convincerlo ad andare all’altare, ignorando la sua rinnovata proposta -quasi una supplica- di fuggire insieme.

 
Per tale motivo a quindici anni era diventato Lord Kitah Taurus, Governatore di Atlantia, residente in quella che era la dimora principale della sua famiglia, che per tradizione veniva lasciata ai figli primogeniti quando questi convolavano a nozze….e sempre per tale motivo, dopo essersi premurato di mettere incinta Asyin, a quindici anni aveva iniziato a progettare lo sterminio di quel che rimaneva di una famiglia un tempo numerosa.

 
Una figlia e un padre.
Una moglie e un suocero.

 
Al settimo mese di gravidanza di Asyin, suo padre era precipitato dalla montagna sulla quale sorgeva il palazzo principale degli Eagle. Un tragico incidente. Una fatalità.
Un ghoul del ghiaccio pronto a spingerlo giù al momento giusto.
Due mesi dopo, Asyin era morta a causa di un’emorragia inarrestabile durante il parto dei suoi due figli gemelli; era accaduto durante una passeggiata ai confini del territorio attorno al loro palazzo, e non c’era stato nessuno che avesse potuto soccorrerla. Una disgrazia. Una tragedia.
Una somministrazione continuativa -stando ben attento al dosaggio- di un anticoagulante per tutti i nove mesi della gravidanza.

 
La vita della madre dei suoi figli, quello era stato il prezzo da pagare per tornare libero sperando, un giorno, di poter sposare chi desiderava.


Non lo aveva fatto a cuor leggero. La differenza d’età non aveva impedito ad Asyin di provare affetto per lui e forse anche qualcosa di più, perché Kitah si era comportato da marito esemplare -pianificazione della sua morte a parte- ma lui aveva altri progetti.

 
«non lo sei?»

 
«sempre. Ma a volte mi chiedo a cosa serva realmente tutto questo…»

 
Nahema si voltò a guardarlo. «tutto questo cosa?»

 
«la tua famiglia ha il controllo su tutto l’oro, le pietre e i metalli più preziosi in circolazione, la mia famiglia possiede la stragrande maggioranza dei giacimenti di petroleum e delle materie prime con cui costruire ogni tipo di nave» le ricordò «qualche anno fa ti ho detto che tu sei fatta per governare, e lo penso tuttora, ma le nostre famiglie insieme hanno già più potere di quanto ne abbia la famiglia reale…»

 
«presumo che la conclusione di questo discorso sia che dovrei lasciar perdere tutti i miei obiettivi e convolare a nozze con te» disse la ragazza, con aria del tutto neutra «speravo che questa non diventasse una di quelle conversazioni, e invece!...»

 
«non ti chiedo di rinunciare proprio a niente, cercavo solo di farti riflettere. Sarei orgoglioso di essere il marito della prima donna a diventare High General of the Galaxies, ma a cosa serve la corona, se hai già il potere? Comunque, se proprio-»

 
«hai perfettamente ragione» lo interruppe Nahema «se il fulcro della questione fosse il potere, quella corona non mi cambierebbe molto la vita. Nondimeno, il fulcro della questione non è il potere. Voglio quella corona perché sono la più adatta a portarne il peso. Sono nata per questo, sono stata cresciuta per questo, e così sarà. Tutto il resto viene dopo. Matrimoni inclusi».

 
«se mi avessi fatto finire di parlare ti avrei ricordato che se davvero desideri la corona potresti ottenerla anche se le nostre famiglie si unissero, col tempo» insistette lui «una cosa non esclude l’altra, anzi, potrebbe addirittura facilitare il tutto».

 
«perché? Le nostre famiglie sono già unite, alleate praticamente dalle loro origini. Devo forse pensare che tu non mi stia supportando al massimo delle tue possibilità, o che in generale in tutti questi secoli voi Taurus non abbiate messo in tavola tutte le vostre carte?»

 
«la lealtà reciproca delle nostre famiglie è indiscussa, e parole del genere potrebbero anche offendermi, se fossi un tipo di persona più tendente ad arrabbiarsi! Soprattutto sentendole da te!» ribatté il ragazzo, alquanto innervosito «noi due ci conosciamo da sempre. Dai, ricordami una volta in cui ti sono stato d’intralcio o non ti ho “supportato al massimo delle mie possibilità”! Se me ne ricorderai anche una soltanto mi inginocchierò e mi cospargerò il capo di cenere!»

 
Non c’erano occasioni simili di cui discutere, e Kitah lo sapeva bene, conscio com’era di aver fatto sempre tutto quel che era in suo potere per appoggiarla in qualsiasi cosa…

 
«messa così allora mi chiedo a cosa servirebbe sposarci, se entrambi facciamo già quel che faremmo dopo il matrimonio. Politicamente parlando siamo già alleati, con tutto quel che comporta, io non rinuncerei ai miei obiettivi, anche qui con tutto quel che comportano, siamo amici, cosa che non cambierebbe dopo sposati, e abbiamo iniziato ad andare a letto insieme già undici anni fa. Quindi dimmi: nella nostra situazione, quale sarebbe l’utilità di un matrimonio?»

 
…eppure lei aveva trovato ugualmente il modo di fregarlo.
Forse avrebbe dovuto puntare a fare l’avvocatessa, invece che alla carriera militare o alla corona.

 
«mi piacerebbe potermi definire tuo marito, e poter definire te mia moglie. Non sarebbe un matrimonio utile, è vero» ammise «ma un’unione di convenienza non è quel che voglio, me ne è bastata una. Voglio sposarmi con una persona che mi renderebbe felice di fare questo passo, e da circa ventiquattro anni penso che una cosa del genere sarebbe possibile soltanto se quella persona fossi tu. Anche se riesci a spuntarla in ogni discussione!»

 
Concluso il discorso si preparò spiritualmente ad incassare la risposta, sapendo che le alternative possibili sarebbero state qualcosa di simile a: “non dire sciocchezze”, “la prossima volta me ne vado da [inserire nome di un Lord delle Costellazioni a caso], che quantomeno è già sposato”, “lo apprezzo molto ma non è il momento giusto”, “prima finisco di fare tutte le mie cose e poi se ne riparla”.
Ormai le conosceva a memoria, erano le stesse da anni.

 
«la convenienza è la base di ogni matrimonio duraturo. Sai che fine fa un castello costruito su una duna di sabbia come fondamenta?»

 
Ah, giusto, c’era anche quella risposta. L’aveva dimenticata. «mi sembra che il tuo si regga ancora in piedi dopo svariati millenni» ribatté.

 
«e difatti non ha le fondamenta di sabbia, genio! Andiamo bene! Mi raccomando, che non ti venga mai l’idea di decidere dove far costruire un castello, o come minimo lo troverai in fondo a un lago ghiacciato».

 
Nahema aveva potuto cambiare argomento, finalmente, ed era una fortuna: certi discorsi di Kitah a volte le rendevano difficile avere a che fare con lui. Parlare del più e del meno, di complotti vari o di sesso non era un problema, ma i sentimenti erano un’altra faccenda.

 
«mi credi veramente così cretino?»

 
«non so, pensavi che il mio palazzo avesse fondamenta di sabbia, dimmi tu!» disse, e si voltò per rientrare nella stanza.

 
Parlava così, ma scherzava, ma non lo riteneva affatto un cretino. Sarebbe stato un imperdonabile errore di valutazione, visto il modo in cui aveva ucciso gli ultimi Eagle e si era preso tutti i loro terreni, che ora gli appartenevano di diritto.
Sì, Nahema era a conoscenza di quel che Kitah aveva fatto, anche se non per bocca di quest’ultimo.

 
Quando sua madre era stata colpita dalla follia, Nahema aveva ricevuto una comunicazione nientemeno che da suo padre Kerasaas, che la invitava a raggiungerlo nel suo laboratorio appena avesse potuto.
Già solo per il fatto che suo padre avesse fatto qualcosa di così incredibile -sospendere le sue sperimentazioni per chiamarla!- Nahema aveva deciso di dargli retta, e  aveva sfruttato il primissimo giorno di congedo proprio per questo.
Non era la prima volta che entrava di soppiatto nel suo stesso palazzo, memore delle fughe di quand’era bambina, ma le sensazioni che aveva provato in quell’occasione erano state molto diverse: nessuno eccetto suo padre, cui aveva chiesto di mantenere il silenzio su quel suo breve ritorno, doveva sapere che era stata lì.
Arrivata nel laboratorio, Kerasaas l’aveva accompagnata di fronte a una porta blindata che lei aveva sempre visto chiusa, e una volta entrata si era trovata davanti un autentico tesoro: se un qualsiasi nobile o persona di potere in genere aveva uno scheletro nell’armadio, le informazioni e le prove -soprattutto quelle- su di esso erano lì.
Kerasaas le aveva detto che nei meandri del palazzo c’erano più e più archivi simili, anche se lui non sapeva dove, ma che tutto il materiale che vedeva era stato messo lì dentro proprio da Iyra, e la suddetta aveva voluto che passasse a Nahema nel caso a lei fosse successo qualcosa di brutto.

 
ora è tutto tuo. Ah, una cosa: so che era suo desiderio che tu prestassi attenzione al fascicolo che ha lasciato lì, sopra quella scrivania, prima che a tutti gli altri” aveva aggiunto suo padre “no, Nahema, non ho idea del perché, come non ho idea di cosa contenga: non mi permetterei di fare altro se non custodirlo, anche adesso”.

 
Il fascicolo era su Kitah, ed era stato così che Nahema aveva trovato la conferma a sospetti che aveva sempre avuto. Non era una stupida, e aveva immaginato che la morte degli Eagle non fosse stata propriamente dovuta a tragici scherzi del destino, anche se lei avrebbe preferito che fosse andata così.
All’interno c’era anche una nota che Iyra aveva scritto di proprio pugno: “ricordalo sempre, ora che non posso farlo io per te”.
Lapidaria, ma Nahema aveva capito quel che doveva capire, ed era sufficiente.
Aveva dato un’occhiata veloce a diversi altri fascicoli, poi era uscita, e quando aveva detto a suo padre di mostrare quella miniera d’informazioni ad Aladohar questi non si era opposto; del resto, come le aveva detto, ora quel materiale le apparteneva, e poteva disporne come voleva.

 
In seguito si era comunque recata da Kitah come aveva deciso di fare in precedenza, ma era diventata ancor più restia a sposarsi.
Era vero che aveva delle cose da fare ed erano più importanti di un matrimonio, quello sempre, ma c’era anche quest’altro motivo: come riuscire a fidarsi completamente di un ragazzo che aveva ucciso la sua prima moglie, per giunta in maniera così subdola? Un conto era sospettarlo, un altro saperlo per certo.

 
«il mio castello in ogni caso non ha fondamenta di sabbia» ribatté Taurus, da fuori «e la grande sala sotto il livello del mare, quella con le pareti di cristallo, sarebbe perfetta per un matrimonio».

 
«tralasciando il fatto che una eventuale cerimonia si svolgerebbe a Thanoushiradryas e non ad Atlantia, perché non avrei voglia di congelarmi anche durante le nozze, direi di chiudere qui un discorso che si è protratto anche troppo e che adesso è inutile, perché al momento non voglio sposarmi con nessuno».

 
Probabilmente era vero che Kitah l’avrebbe amata anche se anni prima fossero fuggiti via insieme sul serio e avessero vissuto lontani da lì, come plebei e con pochi soldi…ed era quel “probabilmente” che la fregava.
Anche Nahema a modo suo amava quel ragazzo, ma era troppo prudente, o troppo diffidente. Non era in grado di fidarsi al punto di sposarlo, e come darle torto? Eppure non riusciva a dire quel “no” assoluto.

 
«eh già…al momento!» ripeté Kitah, decidendosi a rientrare «ma un domani chissà!»

 
Un “no” che comunque non sarebbe servito, conoscendo il soggetto: Kitah non si sarebbe arreso lo stesso, e allora a che pro andare a infastidire un alleato? Se l’idea di rimanere lì a sperare in una loro unione ufficiale gli piaceva tanto, che continuasse pure. «Lord Kitah della Casa Taurus, tu sei la persona più testarda e ostinata che abbia mai conosciuto».

 
«sì, e pensa un po’: non sono testardo neppure la metà di quanto lo sei tu» si avvicinò e le baciò la fronte «pensi di aver preso abbastanza freddo, per oggi? Perché se così non fosse avrei un’idea».

 
«ossia?»

 
Lui sorrise. «quant’è che non torniamo nelle Terrae Albae?»

 
Le Terrae Albae si trovavano ai confini di Atlantia, erano piene di boschi ed erano chiamate così per le peculiarità della flora che vi cresceva: non soltanto l’erba e i fiori erano bianchi, ma anche le chiome degli alberi avevano di natura lo stesso colore della neve.
Era un paesaggio di una bellezza quasi surreale ma, soprattutto, in quel luogo c’era la grande casa in cui si erano appartati per un’intera settimana nei mesi di vacanza dall’Accademia Militare, quando avevano appena tredici anni e si curavano un po’meno dei loro doveri. Sette giorni decisamente speciali per entrambi, che Nahema ricordava di aver vissuto quasi come se si fosse trovata in una dimensione di sogno, complice anche la particolarità del luogo. «non ci torniamo dalla prima e ultima volta che ci siamo stati, undici anni fa».

 
«allora dovremmo rimediare».

 
«sì, forse dovremmo».

 
C’erano già delle cose complicate nella sua esistenza, e non voleva mettersi a pensare troppo anche al suo contraddittorio rapporto con quel ragazzo.
Magari poteva davvero permettersi di essere soltanto una qualsiasi ragazza di quasi ventiquattro anni, anche se solo per qualche momento: lasciarsi ossessionare da certe cose non avrebbe giovato a nessuno, lei stessa per prima, e Kitah non aveva torto nel dire che i suoi complotti, la sua missione e tutto il resto tra qualche giorno sarebbero stati ancora lì.

Purtroppo per le future vittime.

 

 

 

 

Buonasera!

 
Lo so che è stato un capitolo più pieno di chiacchiere che di altro, ma volevo farvi conoscere qualche altro lato di un personaggio (Nahema) che nei capitoli successivi…diciamo che tirerà fuori il suo peggio, ecco. Ho pensato che potesse servire per farvi capire che anche lei ha delle “mancanze”,chiamiamole così -vedi quel che è successo col fratello Aladohar, o meglio, che non è successo- e insicurezze varie, e quindi non è solo “cattiva” come nei prossimi capitoli potrebbe sembrare, e tantomeno è immune a pippe mentali piuttosto umane :’D e nel prossimo capitolo -o quello dopo ancora- un personaggio che chi ha letto LLD già conosce entrerà di colpo nella sua vita (e se mai qualcuno volesse qualche informazione in più sul suo background, c’è sempre questa one shot).

 

Già che ci sono vi lascio le immagini del palazzo dei Taurus ad Atlantia e delle Terrae Albae, trovate entrambe su google :)  Alla prossima!

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