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Autore: Shian Tieus    28/04/2009    3 recensioni
Continua la saga "postatomica" iniziata con "Postatomico Ricordo" (non più edita su EFP. Mi sa che la potete trovare su Phantases) e "The Educated Fool". Dopo un attacco atomico, al Generale Hobbet spetta l'ingrato compito di delimitare la Zona Contaminata. Un biscottino a chi indovina la città bombardata^^
Genere: Drammatico, Science-fiction, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Racconti Postatomici'
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La Linea di Hobbet

-Perfida Cenere-


-Generale Hobbet-

Il Comandante aveva poco più di venti anni. La tipica persona sbagliata al posto sbagliato.

Il Generale Hobbet se ne rese conto non appena lo vide, e con rammarico si rese conto che, negli ultimi giorni, persone come quel giovanotto che ora si trovava davanti si erano moltiplicate come i funghi alle basi dei tronchi in un'umida nottata d'autunno.

Lo squadrò dall'alto in basso. Veniva sicuramente dalle Colonie: lo dimostrava la carnagione chiara, così come i capelli castani, e si era messo sull'attenti, in posizione impeccabile, come fanno solo i soldati semplici, con la fronte imperlata di sudore.

Il Generale Hobbet lo vide chiaramente deglutire, pressato dal suo sguardo impietoso, mentre si sforzava di tenere quel mento inutilmente alto, per mantenere quel cipiglio orgoglioso a cui i Sergenti Addestratori nelle caserme sembravano dare tanta importanza.

L'unica cosa che fece, il Generale Hobbet, fu togliersi il berretto con la mano sinistra e sospirare, mentre passava la mano destra sul capo. Un'abitudine che aveva preso quando ancora aveva i capelli, di cui ora non restava che una specie di grigiastra aureola attorno alla nuca.

Ci fu ancora qualche secondo di silenzio, dopodiché il giovane Comandante, sentendosi ignorato, provò a ripetere:

-...Generale Hobbet?-

L'incertezza nella sua voce, nonché la fastidiosa insistenza era ulteriore riprova che quel moccioso aveva scalato le gerarchie militari fin troppo velocemente: pretendeva di essere ascoltato, pensando che quel titolo di “Comandante” fosse sinonimo di un'importanza che il Generale Hobbet non aveva la minima intenzione di dargli, mentre gli imbarazzati silenzi e l'attesa di un permesso a parlare indicavano che, in realtà, non si sentiva affatto come il parigrado che era.

Il Generale Hobbet parlò lentamente, ma con aria stizzita, e cercò, in quelle poche parole, di far capire al collega l'inadeguatezza del suo comportamento.

-Se sei venuto solo per dirmi il mio nome, ti ringrazio, ma non ce n'è necessità, soldato- non gli ordinò neppure il riposo, per il solo gusto di vedere se fosse rimasto, anche dopo questa provocazione, in quella ridicola posizione di attenti.

Quello deglutì, e sbarrò gli occhi, impietrito dal timore reverenziale che quel basso settantacinquenne dai baffi curati incuteva, e rimase in silenzio ancora per qualche secondo, prima di riuscire a parlare. O forse prima di capire la critica che gli era rivolta.

Per essere neppure trentenne, pensò il Generale Hobbet, aveva gravi carenze di elasticità mentale. Inoltre, si era fatto chiamare “soldato” senza protestare, come la più infima delle reclute. Era a gente come questa che il Paese si affidava in periodi di crisi? Il Generale Hobbet si rifiutò di pensare che fine avrebbero potuto fare, in battaglia, delle truppe comandate da quel palese indeciso.

-Signore, dal Comando attendono ancora quella relazione, Signore- e gli passò, incerto, un foglio, appena inviato dal Comando Centrale -Qui ci sono delle direttive da osservare per la delimitazione della Zona Contaminata-

Il Generale Hobbet fece qualche passo in direzione del Comandante, il quale, convinto che volesse prendere il foglio che gli stava porgendo, lo sporse ancora un po' in avanti. Il Generale invece proseguì non degnando le carte di uno sguardo, fino a raggiungere l'armadietto di metallo in fondo all'ufficio e tirandone fuori una bottiglia di gin ed un bicchiere pulito. Chiuse l'armadietto. Poi ci ripensò, lo riaprì con la mano libera e prese un altro bicchiere.

Andò quindi alla scrivania e si sedette stancamente su la poltrona in vilpelle nera, versandosi poi due dita di liquore.

-Vuoi?- chiese al giovane, alzando leggermente la bottiglia.

Il giovane, già sbigottito dal comportamento dell'anziano, non poté far a meno, stavolta, di mostrarsi negativamente sorpreso.

-In... in servizio, Generale?-

l'anziano rispose con un sorriso amaro.

-Che c'è? Hai paura che qualche superiore ti faccia rapporto?- anche qui, l'allusione era chiara: l'unica persona di grado superiore al Comandante era Hobbet stesso -Strano che tu non abbia ancora imparato che i privilegi di un ufficiale non si limitano ad una branda più comoda- aggiunse.

Il Comandante, probabilmente, comprese che doveva mostrarsi più disinvolto, poggiò i fogli sul tavolo e sedette all'altro capo della scrivania in acciaio, di fronte al suo superiore, pur mantenendo le ginocchia unite e le braccia sulle cosce, in posizione innaturalmente composta.

“E senza chiedere il riposo!” pensò Hobbet, inarcando il sopracciglio destro. Forse si illudeva, ma aveva impressione che il ragazzino cominciasse a capire come comportarsi.

-Sono astemio, grazie- Balbettò di fretta facendo un cenno nervoso con la mano destra, poiché vide il generale che aveva preso la bottiglia ed il bicchiere pulito, e si apprestava a riempirlo.

Per un attimo il Generale Hobbet si fermò e lo guardò, poi fece spallucce e continuò a versare, grugnendo un non troppo comprensibile -Meglio così-

Quando il bicchiere fu pieno quasi fino all'orlo, lo passò al suo diretto sottoposto, che, sbigottito, lo prese in mano con aria perplessa.

-Signore, la ringrazio ma...-

-Niente “ma”- lo interruppe, poi aggiunse solo -Bevi. Andiamo a fare un sopralluogo-

Il Generale lo vide sbiancare e spalancare gli occhi. Non poté fare a meno di sorridere. La prima visita in una zona di guerra fa lo stesso effetto a tutti.

Perlomeno, pensò il Generale, il suo sottoposto aveva una qualità, tra tanti difetti. Era sincero. O quantomeno, non c'era motivo di dubitare della sua astemia, a giudicare da quanto, tossendo, si fece rosso in volto dopo aver trangugiato d'un sorso l'intero bicchiere.


*


-Hai tenuto la divisa sotto la tuta antiradiazioni?- la voce del Generale, attraverso gli altoparlanti del respiratore, era ruvida, metallica e sembrava più acuta di quanto in realtà non fosse.

-No, signore. Ho seguito il Regolamento: la divisa è di impiccio sotto la tuta, in caso di combattimento-

Il generale si portò una mano alla fronte, sconfortato.

-Cristo Santo, dai ancora retta a quella roba? Pensi davvero di incontrare truppe nemiche qui? La zona è presidiata dall'esercito da una settimana!-

-Con tutto il rispetto, Generale, non vedo come la divisa possa facilitarmi la vita- rispose il giovane, stizzito.

Il Generale accennò ad una risata

-Non hai mai indossato la tuta per più di cinque minuti, vero? Beh... buona sudata!- concluse, prima di arrampicarsi sul retro blindato che li avrebbe condotti alla Zona Contaminata.

Quasi si divertì, a vederlo, già pochi minuti dopo, con la visiera appannata, e la tuta raggrinzita sulla pelle nuda, mentre cercava inutilmente una posizione comoda.

Il materiale plastico, cerato delle tute, che serviva a non far passare le radiazioni, era estremamente scomodo da indossare a contatto diretto, e trasmetteva la spiacevole sensazione di essere impacchettati nella pellicola trasparente per alimenti. Se si escludevano i filtri per respirare, inoltre, era ermeticamente chiusa, e la temperatura al suo interno raggiungeva in breve tempo valori quantomeno fastidiosi. Con il tempo i Generale Hobbet aveva imparato a tenere i vestiti sotto di essa: con quelli faceva, se possibile, ancora più caldo, e si era impacciati nei movimenti, ma, quantomeno, si evitava di sudare eccessivamente, e la tuta non si incollava alla pelle.

Quantomeno, il retro del blindato era confortevole: in quanto generale, il suo veicolo personale era molto meno armato, ma decisamente più comodo delle sue controparti riservate ai soldati. Non appena salirono, però, il petulante ragazzino ricominciò la sua manfrina.

-Generale, mi sono preso la libertà di contattare il Comitato Scientifico. Ho chiesto un parere tecnico per la delimitazione dell'area.

Il loro compito, pensò Hobbet, non era difficile: dovevano delimitare l'Area Contaminata interdetta a chiunque senza adeguata protezione.

Dopo l'attacco atomico, era la prassi: le radiazioni erano estremamente dannose, e il limite della Zona Contaminata serviva a limitare i danni alla salute.

-Sostengono che perlomeno per i primi sei mesi un raggio di centocinquanta chilometri dal luogo dell'impatto sia assolutamente necessario, ho qui il loro comunicato- si schiarì la voce e riprese -Considerata la conformazione del territorio e la forte esposizione a correnti ventose dell'area in questione, il Comitato ritiene necessario che il limite di sicurezza venga fissato a non meno di centocinquanta chilometri dal punto impatto, e tale rimanga per un periodo non inferiore a sei mesi. Non osservare questo limite può provocare danni irreparabili alla salute di chiunque si intrattenga per un periodo continuativo nell'area suddetta-

Hobbet lo ascoltò con distrazione e commentò controvoglia -precisi, quei tipi al Comitato-

Dovette alzare la voce: la strada si faceva dissestata, cosparsa di detriti, e le sospensioni dei veicoli militari non sono mai state famose per la loro morbidezza.

-Quello che intendo- continuò il Comandante -è che non riesco a capire per quale motivo dobbiamo effettuare un sopralluogo, se il Comitato ha già stabilito la contaminazione dell'area? Non basta inoltrare al Comando i loro dati?-

Il Generale sospirò, e prese il suo palmare. Armeggiò un poco con i comandi fino a far comparire una foto satellitare dell'area.

-Vedi, noi siamo qui- disse, indicando un punto luminoso -mentre il luogo dell'impatto si trova all'incirca qui- e pose un altro segnalino luminoso sul centro cittadino della città colpita.

Premette ancora qualche pulsante, e una grossa area intorno al secondo punto si colorò di azzurro.

-Questa sarebbe l'area come ipoteticamente stabilita dal comitato. Come vedi comprende una... due... quattro città, per un numero totale di abitanti che supera il milione- si fermò e lo guardò, ma quello non diede segno di aver capito, allora, scocciato, continuò.

-Hai idea di cosa significhi evacuare “per un periodo non inferiore ai sei mesi”- e calcò forzatamente gli accenti sull'ultima frase -un milione di persone? E senza poter fare affidamento sull'esercito, che sarà al fronte! Dove pensi di metterle?-

-ma... ma... Generale, non si possono lasciare lì, è pericoloso!-

Il generale quasi sbottò

-E cosa suggerisci di fare? Non ci sono le strutture per accoglierli. Non si possono materialmente evacuare... e anche se ipoteticamente ci riuscissimo, come intendi sfamarli? Guarda la parte est, perdio!-

Il Comandante fece come ordinato, e diede di nuovo un'occhiata alla cartina ma ancora una volta non capì.

-Non c'è nulla, ad est, Generale, solo campi-

-Solo campi, dici? E ti pare poco! Quell'area è di agricoltura intensiva, rifornisce di cibo almeno duecentocinquantamila persone. Se evacuiamo, avremo duecentocinquantamila morti per fame!-

Il comandante quasi urlò: ora le asperità fra i due erano diventate conflitto.

-E immagino che la soluzione sia dar loro da mangiare grano radioattivo! Lei è un genio, sa?-

Il Generale Hobbet rimase sorpreso per qualche attimo nel vedere che il ragazzo aveva tirato fuori il carattere. Probabilmente era a causa dell'alcol, pensò, sarcastico. Rispose con la massima calma possibile. Un litigio con il suo primo ufficiale non era decisamente la cosa migliore al momento.

-Le cure per il cancro, pur costose, esistono, così come le disintossicazioni da radiazioni. Meglio fornirgli cure domani, piuttosto che farli morire oggi-

Il Comandante strinse i pugni, e rispose a denti stretti

-E cosa suggerisce di fare, allora?-

-Suggerisco di limitare la zona contaminata a un raggio di non più di venti chilometri-

Il comandante era visibilmente sorpreso. Il Generale lo capiva: probabilmente non si aspettava che le stime del Comitato venissero ridimensionate a tal punto.

-Lei è un pazzo! Venti chilometri? È praticamente l'epicentro! Farò rapporto al Comando Generale!-

Il Generale sospirò di nuovo. Provò anche a passarsi una mano sulla testa, come suo solito, ricordandosi troppo tardi della presenza della tuta.

-Come vuoi... ma prima dovresti leggere le direttive che mi volevi passare prima-

Quello rispose acido

-Non le avete lette neppure voi! Non vedo come...-

-Leggi!- urlò il Generale Hobbet, perentorio. Non si pose neppure il problema che il suo inesperto compagno potesse non avere con se i documenti: era un idiota talmente scrupoloso...

Come previsto, il ragazzo tirò fuori il proprio palmare, dove conservava una copia degli ordini ricevuti.


Da: Q.G.

A: Comando delle Forze Speciali di Dahanu, Generale Hobbet


Oggetto: Direttive per delimitazione della Zona Contaminata


Le priorità da osservare nel delimitare la Zona Contaminata dovranno essere, a pena di declassamento per inadempienza, le seguenti, elencate in ordine di importanza:


a) mantenimento dell'apparato economico-produttivo della zona:

La priorità assoluta è garantire l'approvvigionamento delle risorse necessarie per sostenere lo sforzo bellico, nonché per garantire sostegno ai sopravvissuti. Deve essere garantita la funzionalità di ogni luogo di produzione (alimentare, industriale o mineraria) che non si trovi nelle immediate vicinanze dell'epicentro.

Prima di ordinare evacuazioni, o, al contrario, ristrutturazioni di fabbriche o centri abitati, assicurarsi che la produttività economico garantita da tali azioni nel corto e medio periodo sia tale da giustificare le spese sostenute.

b) mantenimento del morale civile e militare della zona:

Non deve essere fomentata paura immotivata nella popolazione. Evacuazioni di massa e restrizioni troppo ampie potrebbero dare la percezione che l'azione bellica non stia dando i risultati sperati oppure che l'attacco atomico sia stato di portata più ampia di quanto dichiarato dal Governo, con conseguente calo di morale delle truppe e della popolazione produttrice.

c) Garantire la funzionalità delle strutture militari:

Nelle vicinanze della zona colpita sono presenti istallazioni militari di grande importanza strategica. Esse non dovranno essere incluse nella Zona Contaminata, a meno di non riuscire a trasferire tutte le attrezzature in altra idonea sistemazione. Seguiranno direttive con possibili locazioni sostitutive per i missili stoccati nella Baia:

d) Ridurre i danni alla salute dei soldati del Comando di Dahanu:

La base di Dahanu, per la sua posizione, deve essere mantenuta in perfetta efficienza fino alla fine del conflitto. Sarà garantito, per quanto possibile, un incremento del personale medico della base.

e) Ridurre i danni alla salute dei civili:

Ove possibile e quando ciò non entri in conflitto con le precedenti direttive, limitare i danni alla popolazione civile della regione.


Confido nel Vostro giudizio, Generale Hobbet


Generale Supremo

Xing Hao Tzu


Il blindato, nel frattempo, a seguito di un ordine del Generale, si era fermato.

L'anziano scese e aspettò il suo diretto sottoposto, che però era rimasto, come impietrito, a leggere il piccolo schermo del suo apparecchio.

-Ma... ma tutto ciò è orribile-

Il Generale Hobbet, con aria indifferente, replicò:

-Se vuoi vedere qualcosa di realmente orribile, scendi da quell'auto-

Il comandante, ancora visibilmente scosso da quanto aveva letto, uscì, non senza fatica, dall'abitacolo, e non appena mise piede per terra, si ritrovò davanti, sul marciapiede, un'ombra umana.

La cosa non sarebbe stata tanto sconvolgente, se solo ci fosse stato un corpo a proiettarla, ma non c'era.

Essa era solo l'impronta lasciata da un malcapitato incenerito per strada.

Si guardò intorno: era pieno di “ombre” del genere.

La cosa assolutamente agghiacciante era che gli edifici, al contrario, erano completamente intatti: il cemento era stato leggermente scurito dal calore, e i vetri erano ovviamente andati in pezzi, ma le strutture portanti erano in piedi.

-Hanno usato un ordigno tattico- commentò Hobbet -Molto calore, esplosione limitata, alta emissione di radiazioni... gli intossicati che sono arrivati al campo andavano dai cento a i tremila Sievert di dose assorbita. I meno gravi se la caveranno con qualche mese di riabilitazione...-

Hobbet parlò con distacco, ma l'angoscia lo aveva già assalito. Li aveva visti arrivare al campo circa una settimana prima, in cerca di cure, gli “walking ghosts”.

I più gravi stavano malissimo per un giorno o due, poi miglioravano per tre o quattro giorni. Stavano bene, giusto un po' di febbre, come se non fosse successo nulla. Infine, all'improvviso, la fase acuta, il collasso, l'emorragia interna e la morte. I primi stavano cadendo come mosche in quei giorni. Sarebbe dovuto passare ancora un mese prima dello stop definitivo al bilancio dei morti.

-Sembra che non le importi- commentò il giovane, colto da una triste rabbia.

Quelle parole scatenarono una reazione che, nonostante tutto, il Generale non riuscì a controllare come aveva fatto fino a quel momento. Si girò, adirato, fuori di se verso il suo compagno, che ne rimase talmente sorpreso da portare la mano vicino alla fondina della pistola.

Il Generale cominciò ad urlare puntando il dito verso il giovane.

-cosa ne sai tu? Cosa vuoi saper...-

Ma non finì la seconda frase. Il Generale Hobbet, per la prima volta, per quanto ne aveva memoria, si mise a piangere.

Un pianto silenzioso, controllato, eppure struggente, tanto che il Comandante non ebbe cuore di dir nulla, non un riprovero e neppure una parola di conforto. Solo quando si calmò, non più di un minuto dopo, il Generale riuscì a riprendere parola, con la voce stanca.

-Non credere che non mi importi. Non credere che riuscirò a dormire tranquillo, stanotte, non credere che riuscirò a dormire tranquillo anche una sola delle notti che mi restano prima dell'oblio, sapendo che migliaia di persone si ammaleranno e forse moriranno per una mia decisione.- deglutì, forzatamente -Ma è l'unica cosa da fare. È l'unico modo per evitare che la Federazione crolli e che i morti, a quel punto, siano milioni.

Non è un discorso patriottico: non sono mai stato un patriota, ho fatto il militare solo perché la vita spesso non ti lascia molte scelte... come adesso.

Parlo solo per buonsenso. La crudeltà di un atto come quello che ha colpito questa splendida città non raggiunge il suo apice con l'esplosione, ma con le scelte che si è costretti a prendere dopo.

Pensi realmente che questo sopralluogo fosse necessario? Pensi che non mi basterebbe mandare qualcuno a fare il lavoro per me? Ho centomila uomini sotto comando, se davvero non mi importasse, avrei mandato loro.

La verità è che sono venuto qui, praticamente solo, per prendermi il peso delle mie responsabilità, e ti prego di perdonarmi se ti ho coinvolto nelle manie senili di un uomo d'altri tempi.-

Il Comandante, ancora, rimase in silenzio, e si limitò a lanciare un'occhiataccia all'autista che, nel frattempo, aveva abbassato il finestrino con l'evidente intento di origliare. Il vetro specchiato del blindato risalì rapidamente.

Lasciò che Hobbet si calmasse ancora per qualche minuto, prima di esortarlo a riprendere la marcia.

Camminarono ancora per qualche minuto, prima che il Generale, complice l'insistenza del Comandante, fosse costretto ad ammettere che, nonostante le sue previsioni, il confine dovesse essere spostato più all'esterno. Le radiazioni segnalate dai contatori Geiger che si erano portati con se erano decisamente ancora troppo alte.

Mentre risalivano in macchina, il Generale riprese il suo palmare e si fece fornire un'immagine satellitare della zona, per pianificare il da farsi.

Solo allora notò la linea.

All'incirca a trenta di chilometri dal punto di impatto correva, chiaramente visibile dal satellite, un anello grigiastro di una cinquantina di metri di larghezza, quasi perfettamente circolare rispetto all'epicentro.

-ma che cazzo...- commentò, poi si rivolse al sottoposto.

-Chiama il Comitato Scientifico, fatti dire cosa è quella roba-


*


Il Generale ordinò l'alt proprio sopra quella zona grigia.

-E così avevano ragione: è cenere- Il Generale sembrava quasi sorpreso.

Secondo il Comitato, le fortissime correnti d'aria causate dall'esplosione avevano trasportato lì i resti di tutto ciò che era stato incenerito dall'enorme calore generato. Il risultato era questo strato di cenere spesso quasi un centimetro, che sollevava alte nuvole di polvere quando vi si metteva piede.

-Che dicono i contatori Geiger?- chiese al comandante

-Non siamo a bassi livelli, ma c'è un brusco calo di radioattività... forse proprio a causa delle correnti d'aria che hanno causato questo strano fenomeno-

Hobbet si guardò intorno. Rispetto alla loro precedente fermata, la devastazione qui era pressoché assente. Anche la vegetazione era più o meno intatta, anche se le piante più piccole avevano un'aria malaticcia a causa dell'irraggiamento.

L'unica cosa che facesse presagire l'inenarrabile crudeltà che si era compiuta a pochi chilometri era quella striscia di cenere, quel concime nero, nato dalla cattiveria di pochi e dalla morte di molti, come una cicatrice di una ferita vicina.

Quella cenere, decise il Generale Hobbet, avrebbe simboleggiato il confine della crudeltà dell'uomo.

Lì sarebbe sorto il confine della Zona Contaminata, per ricordare agli uomini gli orrori del passato.

Lì sarebbe sorta la Linea di Hobbet.

  
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