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Autore: NerdiaInArkham    21/08/2016    2 recensioni
«Tim, sei tu?»
Joker Jr si gode lo spettacolo di Red Hood che cade in pezzi con un sorriso giocondo stampato in volto.
Diavolo, non se la sarebbe mai aspettata così divertente, la reazione.
Ride.
Ride forte, a lungo, e la sua voce riecheggia per tutto il tendone.
Per una volta non si ritrovava ad urlare “Il mio nome non è Tim”.
[ . . .]
« Chi è Tim? » dice, con voce melliflua, per poi scoppiare a ridere di nuovo.
Si sta burlando di lui.
Della sua faccia sconvolta, del suo credersi invincibile, del suo stupido ragazzino morto.
E' tutto andato, e nei suoi occhi si legge la realizzazione della verità.
JJ comincia a piangere dal ridere e deve togliersi un guanto per asciugarsi un occhio, scoprendo la pelle del suo colore naturale.
«Dovresti vedere la tua faccia, Jason» dice con convinzione il suo nome, lo evidenzia quasi, scandendo ogni sillaba. «Sei esilarante!»
Genere: Angst | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bat Family, Harley Quinn, Jason Todd, Tim Drake, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Se lo sentiva che prima o poi sua madre sarebbe venuta a tirarlo fuori da lì.
Non si fa mai i fatti suoi.
Certamente non può che ringraziarla, quel posto fa schifo e le continue visite di Bruce Wayne non fanno che peggiorare la cosa. Avrebbe voluto sfracellare quella sua faccia tronfia contro il muro a mani nude, solo per sentire il cranio che si rompeva e il sangue che schizzava fuori da ogni parte. 
L'ha fatto impazzire. Probabilmente c'è riuscito e si è tirato la zappa sui piedi: ora Bats è convinto che lui sia il suo ex assistente morto.

E quelle maledette emicrania. Le ha ogni volta che quell'uomo parla con lui.

Quando l'allarme suona, JJ quasi non se ne accorge.

Sta sbattendo la testa nell'imbottitura del muro da un'ora buona, tormentato da un'emicrania che ha creato l'ultima conversazione avuta con quell'uomo poco prima: ogni rumore è attutito, amplificato dal litio che gli avevano rifilato ma al contempo coperto dalle sue testate nell'imbottitura bianca. 

Sono le urla a spingerlo a voltarsi. 

La porta blindata è aperta, centinaia di persone vestite di bianco stanno correndo via, superandosi tra loro, schiacciando sotto i piedi chi cade a terra, spingendo indietro chi è troppo lento. 

«Oh, mamma...»

Gongola JJ, dirigendosi verso la porta a passi svelti. 

«Fai sempre le cose in grande!»

Basta allungare una gamba perché alcuni detenuti, come tasselli di un dominio, cadino ai suoi piedi, tentando poi di rialzarsi goffamente, come un mucchio di sudati e puzzolenti scarafaggi. 

«Oh, adoro quando vi inchinate!»

Sghignazza il giovane clown, unendosi quindi alla mischia a correndo in direzione dell'uscita.
I suoi occhi azzurri schizzano da una parte all'altra di quel maledetto corridoio finché non vedono una figura familiare correre lui incontro. 


Una treccia bionda al posto dei soliti codini, una divisa da guardia al posto del costume rosso e nero, eppure è lei.

È felice di vederla, ma non così tanto da saltarle tra le braccia nel bel mezzo di un'evasione di massa  ̶ d'altronde come può fare con una camicia di forza che lo serra in quella maniera? 
L'unica cosa che può fare è urlare una sola parola:

«Mamma!»

 
Allarmi, urla, risa, matti che scappano, matti che battono le mani, eppure riesce a vedere con chiarezza sua madre sorridere ed estrarre un taglierino dalla tasca, liberandolo dalle cinghie che lo tengono stretto non appena si avvicina abbastanza.
 
«Ciao pasticcino mio!» trilla la donna, con il suo solito tono acuto, ma al momento a JJ sembra il suono di un coro angelico. Lo aiuta a togliersi velocemente la camicia di forza e il ragazzo sente i polmoni ritornare a funzionare regolarmente, come un neonato che inspira per la prima volta con i suoi piccoli polmoni accartocciati.

L’allarme gli sta spaccando i timpani.

Con le mani di nuovo libere, lancia via ciò che resta di quello che si è portato addosso per mesi e ride quando un tizio se lo ritrova in faccia, cadendo a terra e facendosi calpestare. La donna fa lo stesso e se lo tira vicino per lasciargli un bacio sul capo. JJ non se la prende.

Un tipo urla, poco lontano. Buona fuga! Buona libertà! Buona aria! Buoni spazi aperti! Buona Gotham! Buon Batman!

«Allora!» esclama poi, facendogli segno di seguirla. Schizza verso l’uscita come una scheggia e JJ non può fare a meno di restare al suo fianco, godendosi la bella sensazione del vento in faccia le gambe che finalmente servono a qualcosa. «Ti piace lo show che mamma ha messo su per te?»

Un tipo sbanda, si avvicina troppo e l’occasione è troppo ghiotta. L’erede del Joker lo colpisce a mano chiusa sul naso. Le sue nocche sono già sporche e sente la cartilagine rompersi sotto di esse, ma basta perché quello cada all’indietro, travolgendo un paio di ritardati con un verso ben poco virile.
Il ragazzo non risponde a sua madre. Convinto che il gesto di prima alga più di mille parole, si limita a sorridere e seguirla. Sono ancora protetti dalla folla mentre escono e Harley lo afferra per il polso, trascinandolo verso un’auto.

Cavolo, si è davvero impegnata.

Solo allora le porte cominciano a chiudersi. È passato poco più di un minuto e mezzo, ma per JJ sembra mezz’ora.

«Il nostro cocchio, mio signore!» ride Harley, tenendogli la mano.

«Cocchio?» sghignazza il ragazzo,  sottraendo la sua mano dalla presa della donna –non c’è tempo per quello. «Mi sembrerebbe più un catorcio, a occhio e croce!» aggiunge, fiondandosi però al posto del passeggero.

 Si accomoda al meglio sul suo posto mentre la madre si mette velocemente al posto del guidatore, sbattendo la portiera.
Appoggia i piedi sul cruscotto, mettendoli uno sull’altro, spingendo poi indietro la schiena e incrociando le braccia al petto.

Guarda ancora una volta la folla che esce dalle porte del manicomio –certo che ce ne sono di matti a Gotham, e pensa a tutto il lavoro che Bats dovrà fare per riportare di nuovo gli psicopatici, gli schizzati, i ninfomani, i pedofili, gli assassini al loro posto, a casina con le stanze imbottite.
Ride di gusto, sobbalzando appena sul posto.

Quella feccia di città, giù dalla collina, resta a guardare coi suoi fumi, col suo inquinamento, con il suo casino infernale, con la sua corruzione e la sua malavita.
JJ può perfino sentire l’odore di quest’ultima. E non si è annusato certo le ascelle.

Non vede l’ora di rimettersi al lavoro!

Se sua madre è lì vuol dire che suo padre, il Joker, il grande Joker, il flagello del Pipistrello, il clown Principe del Crimine non è ancora tornato.

Bene.

È il turno di JJ stavolta. Non lo aspetterà un solo giorno.

Prende in mano un deodorante per l’auto a forma di pino sul quale si è seduto prima –Ah! È questo che gli fa un prurito terribile da quando si è seduto! e lo lancia dal finestrino.

«Papà non si è ancora fatto vedere…» lo informa Harley, che non stacca gli occhi dalla discesa e poi dallo specchietto retrovisore. Nessuno sembra star seguendo specificatamente loro. Dio benedica le evasioni di massa. «Lo so che vorresti restare, ma dobbiamo sparire per un po' e sono sicura che questo lo sai anche tu. Dobbiamo far perdere per un po' le nostre tracce e intanto lavorare su un nuovo progetto e poi, magari, fra qualche tempo torniamo qui.»

JJ vorrebbe tanto farle presente che non resterebbe  in quel posto neanche a pagarlo e non ci tornerebbe nemmeno se fosse B. in persona a volercelo riportare, ma la donna non gli lascia il tempo di farlo, perché si volta verso di lui con un sorriso a trentadue denti, rischiando di andare fuori strada.

«Sei contento, piccolino? Per un po’ saremo solo io e te!»

Il ragazzo ride alle sue parole. «Dopo mesi in quello strazio potrei passare anche un anno sotto al mantello di Bats!»

Ops. Pessima scelta di parole.

Harley fa una smorfia.

Dovrei essere io quello schifato, pensa JJ. Sono io che sono stato bersagliato da Brucey.

«Un anno nelle fogne con Croc? Un anno nell’Iceberg Lounge con Cobblepot?»

Stiamo scherzando? Odia Cobblepot, e ora sicuramente sarà un problema strappargli di mano qualche pezzo di Gotham.

«Ehi, non che mi faccia schifo un anno nella serra di Gotham con Pam!» esclama alla fine, ridendo e battendo i pugni sul cruscotto. Ha una cotta segreta per la migliore amica di sua madre da che si ricorda. Non tanto segreta. PamPam se n’è accorta un bel po’ di tempo fa. Una bella chiacchierata.

Rivolge poi il suo sguardo a destra, dove un paziente dell’Arkham Asylum sta battendo le mani contro la portiera.
Accidenti se corre veloce!
Gli occhi infossati, la bocca aperta in un grido silenzioso, i colpi sul mezzo che chiedono disperatamente aiuto, la maglietta gialla dei detenuti poco pericolosi troppo larga per il suo corpo scheletrico e martoriato.
Fa così pena… sembra vagamente il protagonista di quel film animato dark di Halloween e Natale, con il pallido del suo volto e la mancanza di capelli.
Una scintilla di dolore alla testa si fa viva nella sua testa a quel pensiero. Al diavolo! 
JJ non potrebbe perdersi un’occasione simile!

«E ora, mia dolce signora…» dice, rivolgendosi alla madre con un largo sorriso degno di lui. «Lasci che le mostri, sfruttando la deliziosa discesa della collina su cui si erge questo manicomio, come si viene a creare una valanga!»
Ride e velocemente apre la portiera dell’auto, spingendo via l’uomo che ruzzola qualche secondo nella terra, come una palla, prima di riuscire ad afferrare –miracolosamente, la caviglia del ragazzo e guardarlo ancora con disperazione, attraverso il sangue che gli cola sul viso dalle ferite fresche, quasi in curante del fatto
che stia strusciando la parte inferiore del corpo sulla ghiaia , lasciando una scia di sangue carminio che sarà una benedizione per i cani randagi, a seguire.


«Ti prego»

Un sussurro, debole, sottile come una ragnatela, quasi inudibile con il suono del motore dell’auto. Harley li guarda. «Eh! Eh! JJ, sii gentile!»
«Scusami, amico…» dice JJ, sollevando quanto più possibile il piede. «Ma devo dimostrare a mia madre di aver mantenuto una certa elevatezza culturale lì, non vorrei fare figuracce» aggiunge, e con queste parole sferra un calcio in mezzo agli occhi dell’uomo, chiudendo la portiera subito dopo.
«Voilà!» esclama poi, indicando il malcapitato che, presumibilmente ormai senza vita, ruzzola giù dalla collina, finchè non si ferma tra dei cespugli a ormai discesa conclusa.

JJ posa solo allora i piedi sul cruscotto e si accomoda con le mani dietro la testa. «Okay, allora. Lasciamo questo buco.»

La madre guarda dallo specchietto retrovisore il tipo che entra in collisione con gli arbusti. «Bravo amore mio!» trilla. «Presto sarai bravo come il tuo papà!»
 JJ non può fare a meno di rivolgerle un’occhiataccia sottecchi. Ha avuto modo di pensare in manicomio, e no, non vuole essere come suo padre.

Vuole essere migliore.

E per essere migliore non serve odiare sua madre, non serve abbandonare entrambi all’improvviso Non serve minacciare tuo figlio con un piede di porco, urlando che gli avresti riservato la stessa morte di qualcun altro perché a te JJ non serve più.

È lì che ha cominciato a provare una certa insofferenza nei suoi confronti. Era diventato la sua spalla, lavorava con lui, lo aiutava. Ma aveva la certezza matematica di saper fare molte cose meglio di lui, cercava di parlargli ma lui non sentiva ragioni, e quella volta sarebbe potuta essere l’ultima se non fosse stato per l’intervento di sua madre.

Al contrario di suo padre, JJ non la odia. Harley ci tiene a lui. Harley non lo avrebbe mollato da solo per sparire fuori città e andare chissà dove come un girovago che-

«JJ? Tesoro?»

Un momento.

«Mamma, hai già un’idea di dove trovare un rifugio?»

Joker Junior, sei un genio.

«Puntavo a qualche vecchio covo di tuo pa-…»

«No. Fantastico. Cambio di programma» JJ la guarda con un largo sorriso. «Continua per questa strada. In periferia, sulla destra, ti farò un fischio quando dovrai fermarti. Oh! Ti piacerà!»

«Sicuro, JJ?»

«Come la morte.»
 

***
 
 
È un ottimo posto quello a cui ha pensato.
 
Alcuni pezzi del Circo Haly sono rimasti a Gotham da quando i girovaghi sono andati e tornati la prima volta e i trapezisti si sono spiaccicati al suolo lasciando il piccolo Richard orfano. Chissà, magari per scaramanzia. La superstizione è una brutta bestia.
Ehi, ma chi se ne frega? Ha a disposizione un tendone intero, qualche roulotte e un numero infinito di cianfrusaglie dietro le quinte, figurarsi se il municipio di Gotham ha mai pensato a gettare via quella roba. Meglio per lui.

Rustico, vintage!

È davvero un bel posto. Tanto spazio.

La situazione? Ironica, naturalmente.

Mentre sua madre riposa finalmente in una delle roulotte che circondano il tendone -l'unica che ha riuscita ad aprire, lui ha deciso di fare un giretto.
Per lo più, è stato qualcosa come due ore a frugare dietro le quinte del palco fino a trovare un vecchio baule che conteneva un bello smoking vecchio stile e un burattino da ventriloquo.
Gli ha fatto un po' pena vederlo lì abbandonato, così il ragazzo lo ha preso con sé assieme a una cigolante sedia di legno.
 
Si sposta subito al centro del tendone, sghignazzante e sorridente come non mai.

«Dolci signore e gentili signori, buonasera!» esclama, inchinandosi ai posti vuoi davanti a sé, col sorriso di chi sta per fare lo spettacolo più bello della sua vita. «Ora ho il piacere di presentarvi il mio piccolo amico Tim!»

Quel nome gli balza sempre in mente. 


Ormai non può farci più niente.
 
È orribile, è malato, è martellante.
 
Ti odio Bruce Wayne ti odio ti odio con tutto il mio cuore io ti odio ti detesto ti odio ti odio ti voglio morto nel tuo bel mantello da Batman ti odio voglio che ti seppelliscano i tuoi pettirossi rimasti ti odio Bruce Wayne ti odio 

«Allora, Tim, come stai?» chiede, infilando la mano nel pupazzo di legno, freddissimo al tatto. «Non sono affari tuoi, JJ!», fa dire al burattino, muovendo appena l'angolo delle labbra.

«Scontroso come sempre, eh? Perché non fai un saluto a questo bel pubblico?»

Con un gesto ampio indica la sua platea composta di sedie impolverate, rotte, di spalti vecchi e pericolanti, di topi che rosicchiavano il legno tarlato.

Solo così si rende conto che ha davvero uno spettatore.


Come non riconoscerlo? Completo verde, mascherina intorno agli occhi, un cappello e un bastone. Un discutibile senso dello stile, certo.
 
È in piedi, al centro dello spazio che divide le due serie di spalti. Appoggiato al suo buffo scettro, sembra quasi appena entrato. Sorride e sembra totalmente tranquillo, come al solito.
 
L'Enigmista non è certo uno che passava inosservato. Ma d'altronde parla proprio lui?

La "visita" di qualcuno è quello che ha previsto da quando ha messo piede in quel posto, per cui non è molto stupito di ritrovarsi il sorriso strampalato di Nygma puntato addosso. Sarebbe capitato lo stesso. Poteva andare peggio. Poteva trovarsi Nightwing di fronte.
 
Certo, sarebbe stato più ironico.
 
Nygma avanza lungo lo stretto corridoio fra le sedie, andando a piazzarsi su quella meno malandata.
Incrocia le braccia al petto, guardando interessato come se davvero si stesse gustando una scenetta divertente.
Ride, addirittura.
 
JJ fa finta di nulla.

Tim farà tutto.

«Tu sei pazzo!» fa dire al pupazzo, con la sua falsa voce gracchiante. «Io vedo solo un tipo strano in verde!»

«Allora dì salve al gentile signore che sta guardando la tua esibizione.»

«Perché sei venuto a guardare questo strazio, tipo strano?» gracchia Tim.

L’altro si finge sorpreso, si indica il petto con l’indice. «Vi rivolgete a me, buon commediante? Oh, deve essere il mio giorno fortunato.»

Stende le gambe, appoggia il bastone sulla sedia accanto, della quale rimane solamente lo schienale, e si rilassa come se fosse a suo agio. JJ lo osserva da capo a piedi, lo squadra, ma non lo dà a vedere. Aspetta la sua risposta come l’aria.
Che diavolo ci fai a casa mia, Nygma?
«Sono qui perché un uccellino mi ha detto che un pagliaccio pazzo sta organizzando un vero e proprio esercito della malavita cittadina» ecco svelato l’arcano. «Non potevo non rimanere intrigato da tanta ardita ambizione a soli tre giorni dalla fuga da Arkham.
Ora che sono qui, però, credo che ti serva più un umorista per il tuo spettacolo, che un collaboratore.»

Si rimette in piedi, appoggiando la bombetta sulla sedia e scendendo nello spazio centrale, andando a posizionarsi accanto a JJ.
Appoggia un ginocchio a terra, così può chinarsi alla sua altezza. Il ragazzo non si volta  a guardarlo, ma è sicuro della sua espressione divertita.

«Qual è il frutto che non piace ad Aquaman?» chiede l’altro con tono complice «La pesca!»
È una battuta fantastica.
Deve segnarsela. Assolutamente. Deve usarla.
Se un giorno si trovasse davanti Aquaman in persona cosa volete gli dica?
Pesca pesca pesca pesca JJ ricorda la pesca
Una battuta fantastica. Ma il pagliaccio non ride, non si tradisce.
Lo fa Tim, aprendo la bocca di legno in modo innaturale.

È questo il compito di un buon intrattenitore, si dice il giovane clown.

«Anche io ho sentito di questa storia del pagliaccio pazzo» gracchia il burattino, voltando la testa verso l'Enigmista, cosa che JJ non fa, continuando a guardare dinanzi a sé, fissando il pubblico fantasma, divertendo gli spalti vuoti. «Ma fortunatamente non ne ho visto nessuno in giro, quelli di questo circo se la sono squagliata tutti. C'è solo il mio collega rompic-...»

«Alt!» esclama JJ alzando una mano, fingendo di interrompere le parole del pupazzo. «Via, Tim, non si dicono queste cose, sii più delicato!»
E qui scoppia a ridere dando una forte gomitata a Edward, come se abbia appena raccontato un aneddoto divertente da scompisciarsi. «Ci sono bambini seduti lì, insomma!»
Sì, insomma, Tim, non lo vedi il bambino con lo zucchero filato rosa più grande della sua faccia? La bambina con l’hot dog? I gemellini con il berretto della loro squadra di baseball preferita? Sono tutti a guardare te, Tim. Tutti amano il tuo show.

Finalmente il clown volta il suo sguardo a Nygma, con un ghigno beffardo a ricalcargli le labbra. «Questi boccalarga, eh?» dice, omettendo volutamente il discorso iniziale dell'Enigmista, ansioso di osservare la sua reazione.

Non è proprio in vena di discorsi seri e minacce di morte. Si vuole dedicare al suo pubblico. Al pubblico che aspetta solo lui. Al pubblico fantasma dell’Haly’s Circus, alle famiglie che sono state sedute lì, ai bambini felici della loro bella serata al circo, sudata serata meritata con voti alti, ansiosi di vedere lo show famoso con i loro occhi, gli stessi occhi innocenti che anno visto Mary Grayson mancare la presa delle amate mani del marito, che l’ha seguita per un ultimo volo per non lasciarla sola. Una giravolta, una capriola, corpi che sferzano l’aria, foglie nel vento, i Flying Grayson, delle bombe.

Come quella che sembra essere esplosa nella testa di JJ.

Sente il dolore pulsare forte, colpire violentemente il suo cervello. Emicrania.

Ritorna al presente stupido pagliaccio ritorna al presente ritorna a Nygma che ha deciso di venirti a trovare ritorna al presente ritorna al presente ritor

«Non è l’unica cosa che ho sentito» ora Nygma sussurra, come se il pubblico potesse sentire il segreto che sta per svelare. Si massaggia il braccio dove il ragazzo l’ha colpito col gomito, poi si appoggia alla sedia per alzarsi, girandovi a passi lento intorno prima di pararsi di nuovo di fronte a JJ, che lo osserva.

Sa che Nygma non può mentire, non ci riesce, ma tende a dire le cose per vie traverse. Omettendo delle parti, facendoti delle domande retoriche. È così che l’Enigmista è nato.
Come sa queste informazioni? Gliele ha dette il Joker? Harley? Lo ha scoperto da sé? L’emicrania gli sta rendendo pensare impossibile.  

«C’è chi dice che non stia bene a tutti, quest’idea» riprende a gesticolare, si scompiglia i capelli, si tortura la bombetta. È per caso agitato? «Sembra che il Pinguino, infatti, non sia intenzionato a cedere lo scettro del Re di Gotham.»

Nygma fa una pausa drammatica. Fa bene, il pubblico va impressionato. Qualcosa si muove nella testa di JJ.

«Oswald ha detto che ti ucciderà» altra pausa. Ora si è fermato e lo guarda, serio come un infarto. «E appenderà il tuo corpo di fantoccio fuori dalla porta di casa sua, per la gioia dei suoi corvi.»

«Ahah! Guarda! Altra feccia di Gotham vuole farti fuori!» gracchia il burattino.

Lo ha messo in conto. Ok, sarebbe dovuto girare al largo, ma a quanto pare Ozzie ha già deciso di passare alle maniere forti. Ah. Che pazienza.

«Ai corvi! Ai corvi!»

Un momento.

Che diavolo sta combinando?

Questa cosa di Tim gli sta sfuggendo di mano.

Tim. Tim. Tim.

Strizza gli occhi al dolore dell'emicrania, si fa scappare un mugolio.

Oswald. Oswald. Oswald.

Pinguino.

È lui a controllare Tim, non viceversa.

È lui che avrà il controllo di quella feccia di Gotham City, non Oswald 

Ed è certo di riuscire a controllare quella città e Tim  nello stesso momento.

Tamburella con le dita la superficie interna del fantoccio, alzando quindi finalmente gli occhi sgranati verso l’Enigmista. Si inumidisce le labbra e sorride, non può farsi vedere debole.

«Come lo sai, eccentrico amico mio?»

Domanda, facendo scrocchiare le nocche della mano sinistra con il pollice. La cosa si fa seria. Nygma si sta dirigendo di nuovo al suo posto. Ora è serio. Serio come la morte.

«Ho i miei santi in paradiso. È il vantaggio di molti amici» si accomoda, schioccandosi la lingua contro il palato. «Poi ho sentito Zsasz dirlo con le mie orecchie. Lo sanno tutti nei bassifondi, dovresti girare un po’ di più in città. Sei fortunato ad avere un amico come me!»

Tutti sanno delle amicizie dell’Enigmista. E JJ sa anche quanto sia legato al Pinguino.

O almeno lo era prima di andare ad Arkham. Chissà, probabilmente Ozzie non lo è andato a trovare o ha infranto qualche promessa.

Sai com’è, Ed, qualche prova la vorrei avere, ma è difficile averne quando stai per mesi chiuso in isolamento solo perché ti vedevano parlare troppo con i detenuti e il tuo nome ti precede.

«Quindi» dice JJ, lasciando cadere lo stupido burattino a terra, mettendovi un piede sopra. Scoppia a ridere. «Vieni qui da me solo in nome dell’amicizia? Non mi sembra nel tuo stile!»
 
«La rosa e le spine, la pesca è buona, ma nel nocciolo c'è il cianuro. La mia amicizia è sincera, ma non disinteressata» JJ si accorge che lo sta squadrando. Non è esattamente a suo agio.
 
Eri rinchiuso anche tu ad Arkham, bello mio, tra matti ci si dovrebbe intendere.
 
«Io ti libero di Pinguino, se tu mi garantisci protezione. Anzi, farò di più: ho tanti amici, in città. Ti procuro amicizie importanti. Se sarai il mio nuovo benefattore, cosa che pensavo fosse quell'infame di Oswald, ti apro la mia mente…» l’Enigmista sta stringendo di nuovo tra le mani in suo scettro dorato, la sua espressione muta da seria a adirata. JJ capisce di averci visto giusto e ghigna. «Mi ha lasciato tre anni ad Arkham. Una visitina di cortesia è d'obbligo, non pensi? Va ucciso a badilate come il pinguino che è, lascia che sia io a farlo.»
 
Quelle che vanno uccise a badilate non sono le foche? Nessuno ce l’ha mai con i pinguini. Ah. Okay. Non fa niente, non importa.

“Per me qualcosa puzza.”

E’ solo incazzato con Oswald, anche ad Arkham sapevano in che rapporti erano.

“Erano?”

Cazzo, Tim, stai zitto. Zitto. Zitto. Zitto. Non sei tu che comandi qui. Tu sei morto. Stai zitto.

L’Enigmista vuole vendetta e protezione, e se tenere il suo ridicolo culo al caldo comporta Oswald cotto a puntino… magari per rabbia potrebbe far fuori Ozzie da solo, senza avere il bisogno di sporcarsi le mani.
Potrebbe guardare la scena da lontano e goderne.
Certo, non può fidarsi di lui come se fosse il suo migliore amico. Lo terrà d’occhio.
Vedrà come si metteranno le cose.
Ha intenzione di andare a trovare il Pinguino. Una visita di cortesia.

Si alza di scatto dalla sedia, facendola cadere all’indietro e allarga le braccia in un ampio gesto.

«Benvenuto a bordo!», esclama, dando poi un calcio deciso al pupazzo ai suoi piedi, facendolo rotolare miseramente fino al centro del passaggio in mezzo alla platea, come il pezzo di legno che è. «Se era di questo che ti preoccupavi, problema risolto, amico mio!» dice, scoppiando a ridere. «Puoi anche andare se vuoi, ti offrirei un caffè, ma non ne ho.» aggiunge, tirando un calcio anche alla sedia, che rotola verso i sipari che la tenevano celata e perde una gamba, dimostrando tutta la sua sicurezza. «Ma ti prego, porta via quello schifo di pupazzo appena te ne vai.»

«Trovo sempre illuminante fare affari con te» Nygma si alza, raccogliendo il suo bastone, prima di prendere dalla tasca della giacca smeraldina una chiave, che lancia ai piedi di JJ.«Se protezione garantisci, ti protezione poi gioisci.»

JJ le tocca con la punta del piede, prima di chinarsi a raccoglierle ed esaminare il portachiavi, sulla cui piastrina c’è scritto un indirizzo. Uno stabile nel Narrows. Decisamente disabitato.

«Ci ritroveremo lì, almeno avremo il riscaldamento. Se domani sera non torno, allora saprai che è andata male. Mi aspetto che tu venga a prendere le mie spoglie mortali» si sfila il capello e fa un buffo inchino, prima di avviarsi alla porta, prendendo intanto il pupazzetto da terra. «Andiamo Tim, c'è un lavoro da fare...»
 
JJ annuisce e lo saluta con una mano, guardandolo uscire prima di infilarsi le mani in tasca.
Non andrebbe a prendere il suo cadavere neanche se lo pagassero, i morti sono morti.
 
I morti restano morti.
   
 
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