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Autore: Emmastory    21/08/2016    4 recensioni
La sfortuna della giovane Rain continua a perseguitarla. Sono passati due anni, e il regno di Aveiron è ancora in ginocchio, sotto la costante minaccia dei Ladri, persone assetate di ricchezza e potere, che faranno di tutto per ottenere il completo controllo del regno. Alla ricerca di salvezza, Rain è fuggita verso il villaggio di Ascantha alla ricerca dei suoi genitori, e nonostante i contrasti avuti con loro, è ora fiduciosa e pronta. Sa bene di dover agire, e di non essere sola. I nostri protagonisti si trovano quindi catapultati in una nuova e pericolosa avventura, costretti a far del loro meglio per fronteggiare il pericolo. Si assiste quindi alla nascita di amicizie, amori, gioie, dolori e tradimenti, ma soprattutto, e cosa ancor peggiore, oscure minacce provenienti da voci sconosciute. A quanto sembra, il regno nasconde molti segreti, e toccherà alla nostra Rain e al suo amato Stefan risolverli dando fondo ad ogni grammo di forza presente nei loro corpi. Nelle fredde e buie notti, l'amore che li lega è la loro guida, ma nessuno sa cosa potrà accadere. In ogni caso, bentornati nel regno. "Seguito di: "Le cronache di Aveiron: Segreti nel regno)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-III-mod

Capitolo VIII

Prigionieri

La notte aveva raggiunto anche Aveiron, e mentre il tempo scorreva senza sosta, mi sentivo sola. Stefan era con me, e insieme, condivideva una stessa stanza, per molti aspetti incredibilmente simile ad una cella. Maddox ci aveva catturati e rinchiusi lì dentro, e forse stanco dei miei continui lamenti, aveva fatto in modo che Stefan non potesse parlarmi né muoversi per raggiungermi. Mi ero ripresa dal mio svenimento, e nulla mi impediva di piangere al suo fianco. La ferita che avevo al polso non era ancora guarita, e bruciava ogni qualvolta provassi a stringere il pugno. Come se il mio dolore non fosse abbastanza, quel mostro aveva provveduto a sostituire le vecchie e spezzate catene con due nuove e identiche, legate stavolta ai miei polsi in maniera più stretta. Riuscivo a malapena a muovermi, e per farlo, ero costretta a trascinarmi. La porta in duro legno si aprì cigolando sinistramente, e a quel suono, mi voltai di scatto. Era lui. Era tornato, e la sua sola vista seminava terrore nel mio cuore e nel mio animo, entrambi attualmente martoriati dal dolore. “Cosa vuoi?” chiesi, attendendo una sua risposta. “Calmati, piccola, non sono qui per farti del male.” Disse, dando inizio ad un confuso ma continuo andirivieni per la stanza intera. “Dobbiamo parlare.” Dichiarò poi, guardandomi e avvicinandosi a me. Lasciandolo fare, lo vidi inginocchiarsi e respirare a fondo, ma prima che potesse aprir bocca, intervenni. “Perché ci tieni ancora chiusi qui?” indagai, ormai stanca della mia prigionia. “Non lo so.” Rispose, chinando lo sguardo in segno di resa, o forse celata vergogna. “Come?” lo incalzai, costringendolo a ripetersi. “Hai sentito bene, non lo so.” Disse, alterando leggermente il tono della sua stessa voce. Non contenta di sentire quelle parole, lo guardai intensamente, e solo allora, ascoltai una verità abbandonare la sua anima. “Non mi aspetto che tu capisca quello che sto per dirti, ma sappi che è vero. Ero convinto di essere diverso, avevo perfino trovato qualcuno e di essermi innamorato, ma poi ti ho vista, e ho capito ogni cosa. Sarai stanca di sentirmelo dire, ma io amo soltanto te.” Parole vere e forti al tempo stesso, che quasi mi commossero, ma che vennero rovinate dall’unica confessione alla quale non credevo. Forse non mentiva, e forse stava cercando di dimostrarmelo, ma non volevo credergli. Era folle, semplicemente folle. Come poteva dire di amarmi dopo tutto quello che mi aveva fatto? Non aveva senso. Spostando lo sguardo dal suo viso al terreno, mi massaggiai una tempia. Pulsava dolendomi incredibilmente, e nel tentativo di calmare il dolore, mi convinsi di stare lentamente perdendo la mia sanità mentale. Ad ogni modo, raccolsi il mio coraggio, e in quel momento, mi decisi. “Maddox, ti prego, ascolta. L’unica persona che io ami è Stefan, e noi due insieme abbiamo una bambina. Ti prego, liberaci e lasciaci tornare da lei.” Dissi, scongiurandolo e sperando di far leva sul nuovo e ragionevole lato che aveva mostrato. “Non posso.” Rispose invece, sconvolgendomi e vanificando quindi quella mia preghiera. “Se ti lascio andare, tu fuggirai, ed io resterò da solo per sempre.” Continuò poi, guardandomi negli occhi. “Ti sbagli, questo non è vero.” Lo rassicurai, sorridendo debolmente. “Un giorno qualcuno capirà chi sei veramente, e ti amerà dal profondo del suo cuore.” Aggiunsi, parlando stavolta in modo più pacato e gentile. “Impossibile.” Replicò, rompendo il silenzio creatosi fra noi e lasciando che la sua voce si spezzasse come una robusta corda. “Quel qualcuno adesso mi odia, ne sono certo.” Confessò poi, fissando il suo sguardo sul pavimento e sforzandomi di non piangere. “Possiamo sapere di chi parli?” azzardò Stefan, che fino a quel momento non aveva fatto altro che tacere ascoltando ogni parola di quella conversazione. “Basil.” Rispose, scioccandoci entrambi. Evitando comunque di scompormi, sorrisi. “Lo conosco bene, e so che non potrebbe mai farlo.” Dissi, regalandogli quindi un secondo sorriso. A quelle parole, Maddox non rispose, ma guardandomi negli occhi, parve andare alla ricerca di una conferma. “Hai ragione.” Mi disse, alludendo alla nostra intera conversazione e abbassandosi al solo scopo di liberarmi dalle catene che mi imprigionavano mani e piedi. Sorpresa da quel gesto, sorrisi per l’ennesima volta, e lasciando che ci mostrasse l’uscita, seguimmo ogni suo passo. “Siete liberi di andare.” Dichiarò, fissando lo sguardo sull’orizzonte appena di fronte a noi. Imitandolo, scoprii che il sole stava per sorgere. La luce sarebbe presto tornata a splendere, ma cosa più importante, eravamo davvero liberi, e non più suoi prigionieri.
   
 
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