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Autore: Minipage    22/08/2016    2 recensioni
{Le tante avventure di Magnus Bane e Alexander Lightwood}
1 - Piano Days (I giorni di pioggia portano la musica)
2 - The Ultimate Illusion (Gli incubi possono essere molto realistici)
3 - Puppies in the Rain (Non si può resistere ai cuccioli)
4 - Sick Days (Persino gli shadowhunters si possono ammalare)
5 - Il Giorno del Matrimonio (Non si dovrebbe mai arrivare in ritardo ad un matrimonio)
6 - Stregoni, Shadowhunters e draghi - Oh mio Dio! (Magnus non si trova e c'è un drago in libertà)
7 - Things that change and remain (Il mondo va avanti, anche se le persone muoiono)
8 - Last Days (La morte non uccide solo una persona)
9 - Bambino per sbaglio (Un incantesimo va storto e Magnus viene trasformato in un bambino)
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Raccolta, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A Pistachio Farm in the Desert - CAP 11

Minipage è un'autrice straniera, il link alla sua pagina originale è inserito nelle note dell'account, che è attualmente gestito dalla persona che traduce le sue storie, con il suo consenso.

A Pistachio Farm in the Desert

 

Silenzio.

Nessuno l'ha mai veramente sentito. C'è sempre qualcosa da ascoltare. Un termosifone. Il vento che fa frusciare anche solo una singola foglia. Per non parlare del sangue che scorre costantemente nelle vene e passa vicino alle orecchie.

Non ci sono suoni nello spazio.

Ma se ci si toglie il casco per assaporare quel silenzio anche per una singola, piccola, frazione di secondo, si muore.

Tragico.

Il vero silenzio è mortale.

Quindi "tranquillo" è la parola più adatta.

"Tranquilla" è la parola che Alec avrebbe scelto per descrivere la notte.

Sentiva solo il sangue che scorreva per arrivare al suo cervello.

Non si sentivano le foglie, ma c'era una leggera brezza.

E lui non era sicuro di sapere cosa fosse un termosifone, tanto meno sapeva che suono producesse.

Gli alberi sopra di loro stavano iniziando a riguadagnare un po' del verde che spettava loro per quella stagione, quindi al momento c'erano solo boccioli.

Come fossero finiti nel mezzo di una coltivazione di pistacchi nel deserto del New Mexico era un mistero per lui. Certe cose accadevano e basta, quando si viaggiava per il mondo con Magnus Bane. E un viaggio di mezzanotte tra i pistacchi era tra le cose che Alec avrebbe definito casuali.

Ora si trovavano lì e questo era l'importante. Vivere il momento era l'obiettivo di Alec durante il viaggio. Per Magnus, invece, era uno stile di vita.

La tranquillità era piacevole, ma chiacchierare lo era di più, quella notte.

"Raccontami una storia" disse Alec. Erano distesi fianco a fianco su una coperta da picnic, sfiorandosi appena.

"Riguardo a cosa?"

"A te."

"Ho un sacco di storie. Ne scelgo una a caso?"

"Certo." Alec guardò le stelle sopra di loro.

Dovevano trovarsi ad almeno 50 miglia da ogni sorta di civilizzazione, quindi l'inquinamento luminoso delle città non aveva effetto in quel punto.

Il cielo era limpido e le stelle erano più luminose del solito, secondo la modesta opinione astronomica di Alec.

Lassù, c'era silenzio.

Lì sotto, tranquillità.

Era diverso.

"Ti ho mai raccontato di quando sono stato un mondano per un anno?" chiese Magnus.

"No" rispose lui piano. "Sembra interessante."

"All'inizio non lo era. Poi ho scoperto una cosa chiamata Bucket List."

"Cos'è?"

"Una lista di cose da fare prima di morire."

"Perchéè si chiama Bucket List? Significa 'Lista del Secchio'."

"È un riferimento a 'kicking the bucket', 'calciare il secchio'."

"Perchéè? Cos'ha a che fare con la morte?"

"Sinceramente, non ne ho idea."

"Come può 'calciare il secchio' indicare la morte?"

"Posso semplicemente raccontarti la storia?"

Tranquillità.

Non silenzio.



Era l'anno 1946.

La città era rumorosa. Le feste erano costanti. La Guerra era finita.

Ma era tutto troppo rumoroso dopo anni di guerra. Il cambiamento era troppo repentino per un'anima antica come Magnus.

Voleva lasciare la città per qualcosa di più tranquillo.

Il Museo della Storia di Chicago stava cercando qualcuno che si occupasse della loro esposizione sui primi anni del diciannovesimo secolo.

E guarda caso, Magnus era un esperto di quel periodo. Era facile per lui, avendolo vissuto.

Prese il treno alla Union Station e giunse a Chicago il giorno seguente.

La città era come New York con più violenza e più classe. O, almeno, così era il lato destro della città. Guarda caso, il museo si trovava sul lato destro della città.

L'ultimo incantesimo di Magnus prima di finirla con la magia fu per manipolare la mente del sovrintendente per fargli credere di avere un dottorato.

Poi si ritrovò a pronunciare un giuramento di astinenza mentre mangiava un pasto solitario in un appartamento vuoto.

Per un po', Chicago fu solitaria.

Poi iniziò il progetto del museo: iniziò con l'assunzione di alcuni degli studiosi più brillanti della zona. Loro conoscevano i fatti, Magnus conosceva l'atmosfera del tempo. Era certo che, insieme, avrebbero potuto combinare qualcosa.

C'erano cinque stagisti che lavoravano con lui. Lo trattavano come una specie di dio che sapeva tutto di storia e lui accettava sfacciatamente tutta quell'adorazione.

Ma il rapporto completamente professionale che avevano diventò quasi subito noioso. I ragazzi erano quasi tutti ventenni e avevano energia, ma non si divertivano. Erano noiosi quanto i libri a cui si dedicavano.

"Adesso andiamo a bere" decise Magnus, un venerdì, alla chiusura. Il più grande del gruppo, Thomas, stava abbozzando uno sfondo per una vetrina.

Alzò lo sguardo dall'album di disegno.

"Io non bevo."

"Tutti bevono" rispose lui. Se fosse stato New York, nessuno avrebbe esitato un secondo ad accettare.

Thomas guardò i suoi colleghi, che erano curiosi di andare a festeggiare con il capo. Il dio.

Ruthie era la vice di Magnus e anche la più leale.

"A me piacerebbe unirvi a voi" disse, sbattendo le lunghe ciglia. Lei era l'incarnazione della perfezione.

A Magnus non piaceva la perfezione. I problemi erano molto più interessanti.


"Aspetta" lo interruppe Alec. "Pensi che io sia problematico?"

"No" rispose lo stregone, togliendo un po' di terra dal mento del ragazzo. "Intendevo dire che non c'era nulla d'interessante in Ruthie. Lei era la mogliettina perfetta. Non commetteva mai errori. Non era interessante."

Alec non era sicuro di aver capito cosa intendesse.


Poi c'era Beth, che era il suo esatto opposto.

Lei era il male di Chicago, nascosto dietro a vestiti carini quanto quelli di Ruthie.

Correva rischi, tirava fuori idee, non le importava che non fosse lei a comandare.

Ed era molto più interessante.

"Sembra divertente, tesoro" disse. Lei chiamava tutti così e questo a Magnus non piaceva.

Mark e Robert erano gli altri due. Erano andati a controllare lo spazio adibito all'esposizione.

"Dillo ai ragazzi" disse Magnus, guardando Ruthie. Lei si allontanò saltellando e facendo rimbalzare i boccoli.

"Io non bevo comunque, signor Bane" disse Thomas.

"Basta con le formalità" rispose lui. "Chiamami Magnus."


"Hai portato a bere un gruppo di studenti del college?" chiese Alec.

"Sì."

"Era sulla tua Bucket List?"

"No. Ma ci sto arrivando."


Tutti e sei erano esattamente a metà tra l'essere brilli e ridacchianti e una sbronza colossale. Le loro conversazioni iniziavano ad essere interessanti.

Erano anche riusciti a far portare un Gin Tonic* a Thomas, che aveva poi ordinato uno Shirley Temple**. Poi un altro. E un altro.

Poi avevano perso il conto.

"La lista delle cose che vuoi fare prima di morire" disse Beth, guardando Magnus dritto negli occhi. Gli occhi blu della ragazza contrastavano più del solito con i suoi capelli biondi.

"Non ci ho mai pensato" rispose lui, mettendo giù il suo drink.

"Non hai mai pensato alla morte?" chiese Mark.

"Assolutamente no. Vivo il momento, sempre. Nessuna eccezione."

"Va bene" disse Beth. "Cosa preferiresti fare in questo momento?"

"Nulla." Circondò con un braccio le spalle di Thomas, che stava giocando con la ciliegina nel suo drink. "Mi sto divertendo con i miei cinque migliori amici."

"Awww" esclamò Ruthie. Si dondolò sullo sgabello, cercano palesemente di ottenere l'attenzione di Robert e sbattendo ancora le ciglia.

"Sono seria" disse Beth.

"E io sono serissimo" rispose Magnus.

A lei la risposta non piacque, ma lasciò perdere.

Tutti lasciarono perdere.

Ma Magnus no. Quando si svegliò il mattino seguente, ringraziando che fosse sabato e che qualcuno avesse inventato l'aspirina, passò un'ora buona sdraiato sulle fredde piastrelle del pavimento del bagno, pensando a cosa voleva fare prima di morire.

Alla fine, sarebbe morto.

La vita finiva, sia per gli umani che per i nascosti. Cambiava solo il quando.

Un giorno avrebbe cessato di esistere. E, forse, un domani non avrebbe potuto visitare la cima del Chrysler Building*** perchè sarebbe stata distrutta da una bomba atomica.

Forse.

Chissà.

Poteva vivere il momento, ma doveva anche considerare cosa volesse fare da quel momento alla fine dei suoi giorni.

E, in quel momento, voleva davvero assaggiare delle escargot****.

Voleva anche volare su un aereo.

Magari visitare Berlino. Percorrere il Mississipi con il battello a vapore.

Imparare prima a scrivere la parola 'Mississipi'.

C'erano così tante cose da fare. Lui stesso era il suo unico limite.

E aveva un anno per fare tutte quelle cose dalla prospettiva di un mondano, mentre lavorava al progetto con il museo.


"Non sai scrivere 'Mississipi?'" lo interruppe ancora Alec. Lui roteò gli occhi.

"M-I-S-S-I-S-S-I-P-P-I" disse. "Sapientone."

"Preferisco 'sapiente' e basta."

Lui gli diede un colpetto sul braccio per quella risposta (che lui stesso aveva dato più volte) e continuò.


Passò il sabato a scrivere la sua Bucket List.

Alla fine, scrisse venticinque voci, ordinate dalla più difficile alla più facile.

Spuntò subilo la numero 25 quella stessa notte, salendo sul tetto del suo appartamento e calciando di sotto un secchio mentre canticchiava l'assolo di tromba di una canzone di Louis Armstrong.

Ma il lunedì dovette tornare al lavoro e la lista fu messa da parte.


"E cos'hai fatto dopo?" chiese Alec.

Magnus aveva smesso di parlare.

"Sto cominciando a pentirmi di aver iniziato questa storia."

"No, me lo devi raccontare" disse lo shadowhunter, girandosi su un fianco.

Lo stregone chiuse gli occhi e sospirò.


La voce numero 14.5 fu aggiunta un venerdì sera al baro. Tutto iniziò da un battibecco tra Robert e Mark. In quel periodo, si parlava di uomini che si vestivano come donne.

Quindi la questione era: chi sarebbe stata la donna più attraente? Mark o Robert?

Non c'era davvero paragone. Mark aveva i lineamenti più morbidi e i capelli più belli.

Poi Beth intervenne con una delle sue cavolate.

"Penso Magnus sarebbe meglio di entrambi" disse. Il diretto interessato alzò un sopracciglio. Nessuno di loro era ubriaco quanto la volta precedente. Avevano imparato la lezione.

"Concordo" disse Magnus. "Ma non possiamo saperlo per certo, se non proviamo."

Robert e Mark scoppiarono a ridere, ma lui era serio.

"Voi pensate che io scherzi, ma non è così."

Poi, ispirato, tirò fuori quel pezzo di carta che aveva iniziato a portare sempre con sè e aggiunse la voce al suo posto nella classifica.

"Quello cos'è?" chiese Ruthie. Era fastidiosamente appiccicata a Robert.

"Una lista di cose da fare."

"Stai aggiungendo 'vestirsi da donna'..." Mark guardò meglio la lista.

"È una lista di cose da fare prima di morire. Numero 12: volare su un aereoplano."

"Ho sentito dire che sono trappole mortali" commentò Ruthie.

"Sono sicurissimi" disse Magnus.

"Per il travestimento, ci penso io" disse Beth. "Non ti sembra che abbiamo quasi la stessa taglia?"

"Assolutamente" rispose lui.

La ragazza strinse le labbra. "Ti sistemerò per bene."

"Avete intenzione di farlo davvero?" chiese Thomas.

"Lo faremo in ufficio lunedì mattina" disse Magnus. Poi indicò Mark. "Però vedi di tenere le tue macchine fotografiche lontano da me."

Lui annuì.


Alec era faccia a terra e stava cercando di soffocare le risate nella coperta.

"Piantala di ridere o non riuscirò mai a... Alec!"

"Ti sei vestito da donna?"

"Sei davvero sorpreso? Erano gli anni Quaranta. Succedevano un sacco di cose strane."

"Ti prego, dimmi che hai delle foto" disse il ragazzo, unendo le mani a mo' di preghiera. "Ti prego."

Magnus rimase impassibile.

"Volevi una storia, quindi zitto e ascolta."


Beth e Ruthie erano arrivate con un'ora di anticipo per preparare un tavolo pieno di trucchi e uno stendino pieno di abiti colorati con gonne vaporose.

Quello fu il momento in cui Magnus iniziò seriamente a pentirsi di aver dato loro l'idea.

Ma tutto quello era sulla lista, quindi avrebbe dovuto farlo.

Rimase seduto immobile per più di un'ora, ignorando il lavoro che avrebbe dovuto svolgere, mentre Beth gli pitturava la faccia e si complimentava per la sua carnagione e i suoi zigomi.

Tutto divenne subito molto strano.

Le ragazze ebbero problemi con i suoi capelli, gli dissero che erano troppo corti e chiesero come facesse a farli blu. Lui disse che era un segreto, ma loro non si arresero. Alla fine, Ruthie gli mise in testa un grande fiocco blu e decisero di lasciarli così.

I ragazzi erano fuori a svolgere commissioni o a partecipare a colloqui con gli altri musei per poter prendere dei pezzi in prestito.

Robert tornò mentre Magnus stava cercando di decidere tra un vestito rosso con decorazioni bianche e uno blu alla marinara.

"New York ha appena chiamato. Sono disposti a prestarci la loro collezione di vestiti del tempo - " si bloccò di scatto appena vide il trucco, "Scusate - Non ce la faccio - "

Lui scosse la testa.

"Sono al telefono per te" disse Robert. Lo stregone passò i due uomini a Beth e andò a rispondere.

Il ragazzo lo guardò divertito mentre sosteneva una conversazione particolarmente seria al telefono sembrando più donna persino di Ruthie.

Quando riattaccò, lui finalmente parlò.

"È molto attraente, signor Bane." Poi se ne andò. Magnus tornò a concentrarsi sui vestiti.

Il telefono squillò di nuovo mentre Ruthie gli tirava su la cerniera dell'abito, e Beth stava ridendo troppo per riuscirci.

"Pronto?" disse lui. Ruthie finì di allacciargli il vestito a fatica.

"Signor Bane, sono del museo di New York."

"Sì?" Il vestito era molto stretto.

"Vorremmo procedere con la nostra transazione di persona. Può essere a New York per domani?"

Lui guardò Ruthie. "A che ora parte l'ultimo treno per New York?"

"Mezzogiorno." Non sarebbe mai riuscito a prenderlo, ma -

"Sì" disse.

Finirono la conversazione dopo aver deciso gli ultimi dettagli.

"Chiama l'aeroporto" disse lui, trionfante. "Volerò con un aeroplano."

Mark entrò nella stanza e ci fu un flash accecante.

"Mi dispiace" urlò il ragazzo, prima di correre via.

Magnus voleva rincorrerlo, ma Beth lo fermò.

"Lasciati togliere questa roba dalla faccia, tesoro."

Ci volle più tempo per togliere il trucco di quanto ce ne fosse voluto per applicarlo.


"Quindi esiste una fotografia?" chiese Alec.

"Sì. Una sola, tutte le copie sono state distrutte."

"Dov'è?"

"È un segreto. Ora lasciami finire."


Il viaggio in aereo fu orribile e Magnus fece l'errore di portare Ruthie e Robert con sè.

Ci furono turbolenze per quasi tutto il viaggio. Quando non stringeva il bracciolo del sedile, la ragazza stritolava la mano di Robert fino a farla sbiancare. Il suo respiro ansante fece venire a Magnus il mal di testa e anche il servizio del personale era orribile.

Ma c'era una voce in meno sulla lista ed erano a New York. Era quello l'importante.

Magnus aveva tenuto il suo appartamento e pagato la donna delle pulizie per sistemarlo regolarmente. Quindi i tre si fermarono lì. Lui fece finta che fosse una coincidenza che le stanze di Ruthie e Robert fossero collegate.

I giovani amori erano bellissimi da guardare.

"Cos'altro c'è sulla tua lista?" gli chiese Robert a cena.

"Andare in Antartide è la terza voce."

"E la prima?" chiese Ruthie.

"È un segeto."

"Ok, allora la seconda."

"Altro segreto."


"Dimmeli" pregò Alec.

Lui gli mise una mano sul viso e continuò.


"Provare le escargot è la voce numero 9" disse Magnus. "E vedo che ci sono sul menù."

"Due traguardi in un giorno?" chiese l'altro ragazzo. "Quella lista dev'essere molto semplice."

"Sono allergico alle lumache" disse lui.

"Allora non puoi assaggiarle!" trillò Ruthie.

"Intende dire che lo disgustano" fece notare Robert.

"Potrei essere davvero allergico. Che ne sai?"

"Nessuno è allergico alle lumache."

Magnus alzò gli occhi al cielo, mettendo da parte il menù.

Quando il cameriere tornò, potè spuntare il numero 9 dalla sua lista.


Alec appoggiò la testa alla sua spalla, osservandolo dal basso.


Una settimana dopo tornarono a Chicago con metà degli artefatti che servivano per la mostra. Magnus era anche riuscito a spuntare 'far suonare la tromba del treno' dalla lista, durante il viaggio di ritorno. Anche se l'aveva fatto illegalmente...

La lista stava procedendo, così come l'esposizione. Essere un mondano era facile e più eccitante di alcune giornate passate a Londra o New York.

Come avesse fatto l'Istituto di Chicago ad avere il suo numero era un mistero, ma ricevette una chiamata da loro una sera, sul tardi, durante la settimana.

Il capo dell'Istituto si presentò come Blackthorn.

"Lei lavora nella zona di Chicago?" gli chiese, dopo le formalità.

"Uhm, no" rispose Magnus, camminando per l'appartamento, per quanto glielo permettesse il filo del telefono.

"Si opera nella zona di Chicago?"

"Sì."

"Allora opera nella zona di Chicago, no, signor Bane?"

"Tecnicamente. Ma al momento non uso la magia e non sono disponibile per gli affari, quindi..."

"Non sono interessato ai suoi servigi, signor Bane, abbiamo identificato una presenza demoniaca nella vostra zona."

"Io non ho nulla a che vedere con questa storia."

"Il museo della storia di Chicago? Lei lavora lì, no?"

"Non c'è nulla di demoniaco nel museo."

"I nostri Sensori hanno registrato delle attività. Può arrangiarsi da sé e noi saremo diplomatici, oppure dovremo intervenire sul luogo."

"Vedrò di cosa si tratta. Ma io non sono coinvolto."

Riattaccò. Il telefono squillò di nuovo. Rispose.

"Signor Blackthorn, me ne occuperò dom - "

"Signor Bane?" la voce di Ruthie tremava.

"Ruthie? Cosa c'è che non va?"

"C'è qualcosa che manda scintille, un medaglione, quello per la mostra. Sta producendo scintille rosse... "

"Arrivo subito."

Venti minuti più tardi, era in piedi davanti al medaglione che stava, di fatto, mandando scintille rosse.

Gli stagisti si erano raccolti attorno a lui, ma si tenevano a distanza.

La porta dell'ufficio si aprì e tutti si voltarono.

Un ragazzo con una tenuta da shadowhunter, ovvero una giacca di pelle, entrò nella stanza, camminando con quella grazia che molti nephilim sembravano avere nel sangue.

"Buona serata" disse.

"Blackthorn" rispose Magnus. La voce del ragazzo era la stessa con cui aveva parlato al telefono, anche se gli era parso più vecchio.

"Come sta?" chiese, mentre si avvicinava.

"Sto bene. E lei?"

"Alla grande." Il ragazzo si chinò per osservare meglio il medaglione. "Già. Proprio quello che sospettavo. È una Pyxis***** portatile. Un prototipo, ovviamente."

Prese in mano gentilmente il gioiello.

"E, a quanto pare, questa è occupata."

"Le Pyxis portatili sono sulla lista degli oggetti approvati dal Conclave, per quanto ne so" disse Magnus.

"Non sono approvate" disse Blackthorn, mentre fissava l'oggetto con curiosità, affascinato. "Non ancora, almeno."

"Qualcosa mi dice che quella non funziona più."

"Infatti è così."

"Signor Bane, conosce quest'uomo?" chiese Mark.

"Io - "

Quella era la fine del suo tempo da mondano.

"Non posso fermarlo" lo interruppe lo shadowhunter. "Il demone evaderà."

"Demone?" trillò Beth.

"Sa esattamente cosa c'è dentro?" chiese lo stregone.

"Una via di mezzo tra un demone maggiore e uno minore" ragionò il ragazzo. "Non troppo debole, se hanno sprecato un oggetto come questo per lui, ma nemmeno tanto forte, se si è lasciato intrappolare da qualcosa di così debole."

"Forse qualcosa di nuovo?" provò Magnus.

"Niente è nuovo. Il mio nome è Jackson, comunque."

"Jackson Blackthorn, dirige l'Istituto da solo?"

"Di solito no. La mia famiglia è a Idris."

"E lei sta...?"

"Per salvarle la vita, signor Bane." Il medaglione cominciò a tremare nel palmo della sua mano. Lui lo rimise sul cuscino di velluto su cui probabilmente era stato nei precedenti cento anni.

Jackson guardò gli stagisti.

"Potreste fare qualche passo indietro, o, meglio ancora, andarvene." Sfoderò due spade angeliche che s'illuminarono quando mormorò i loro nomi.

I ragazzi fecero un balzo all'indietro, poi corsero fuori velocemente.

"Sa, ero in vacanza, Blackthorn" scattò Magnus. "Mi ero preso una pausa."

"Vorrei che m'importasse" rispose lui, con gli occhi ancora fissi sul gioiello, che esplose pochi secondi dopo.

Una nebbia rossa si riverso da esso sul pavimento, strisciando tra i loro piedi. I due arretrarono, appena questa prese la forma di una persona.

Appena il suo corpo si fu ricostituito, il demone fece scrocchiare il collo e incrociò le braccia.

"Odio le Pyxis" disse.

"Tu chi sei?" chiese Jackson.

"Il mio nome è irrilevante. Se devi uccidermi, fallo subito. Questa dimensione è noiosa e mi piacerebbe un po' di azi - "

Lo shadowhunter lo trafisse con la spada angelica e lui si dissolse di nuovo in fumo rosso.

"Facile" disse il ragazzo, rinfoderando le armi.

"Oh, certo" disse Magnus "Facile per te. Io ora ho cinque mondani con cui fare i conti."

"Sistemali con un po' del tuo vudù."

"È magia" scattò lui. "E non dovrei usarla."

"Il Conclave ti ha dato qualche restrizione?"

"Shadowhunter" borbottò lui. "Non tutto riguarda il Conclave."


"Vudù?"

"Non sono mai stato un fan dei Blackthorn" disse Magnus. "Ma, in effetti, non mi sono mai piaciuti nemmeno i Lightwood."

"Conoscevi dei Lightwood? Prima di me?" chiese Alec.

"Quella è un'altra storia. Ho quasi finito con questa."


Era finita.

Aveva fallito nella sua sfida di essere un mondano per un anno.

Dovette riscrivere parti della memoria degli stagisti. Tolse sè stesso e mise Thomas al comando.

Poi fece i bagagli e tornò a New York.


"Tutto qui?"

"Già. Ma il giorno dopo il mio ritorno ho dovuto evocare un demone e mi sono sentito potentissimo."

"E la lista?" chiese Alec.

"L'ho tenuta" rispose lui, scrollando le spalle.

"Fammela vedere. Dov'è?"

Magnus sospirò e tirò fuori il proprio portafoglio controvoglia. Era quasi vuoto.

La sua lista era un foglio tutto consumato e rovinato, pieno di pieghe.

Alec lo aprì con attenzione. Alcune voci erano state spuntate. Erano più di quelle che gli aveva detto Magnus. Quindi la seguiva ancora?

Lui voleva conoscere le prime due voci.

La seconda era spuntata.

2) Innamorarsi.

C'era un piccolo cuore disegnato ai margini con inchiostro viola.

"Quello è merito tuo" sussurrò lo stregone, distogliendo gli occhi dalle stelle per guardarlo.

Lui sorrise.

Poi guardo il numero 1.

1) Morire.

Guardò Magnus. Era un pensiero malsano, ma lui sapeva quanto Magnus fosse curioso riguardo alla morte, anche se ci scherzava sempre.

"Puoi scordarti il numero 1 per un po'" disse, poi esaminò il resto della lista. "E possiamo preparare la pizza quando torniamo a casa."

"Ma devo lanciarla in aria, capisci?" Lui sapeva esattamente cosa stesse immaginando.

"Compreremo molti ingredienti, così potrai allenarti."

Lo stregone chiuse gli occhi.

Dopo averlo osservato per qualche minuto, Alec fece lo stesso.

Si addormentarono nella tranquillità del mattino presto, in una coltivazione di pistacchi, nel deserto.


Note della Traduttrice:

* Cocktail a base di Gin e acqua tonica, principalmente. https://it.wikipedia.org/wiki/Gin_tonic

** Altro cocktail, ecco la ricetta: https://it.wikipedia.org/wiki/Shirley_Temple_(cocktail)

*** Questo edificio qua: https://it.wikipedia.org/wiki/Chrysler_Building

  testo

**** Piatto francese a base di chiocciole

***** Viene nominata, se non mi sbaglio, solo nelle Origini, è una specie di "prigione" per demoni utilizzata dagli shadowhunters.

Ok... prima che iniziate a tirare i pomodori, lasciatemi spiegare! *si nasconde sotto la scrivania per precauzione*

Sono sparita, ma non era assolutamente previsto, altrimenti avrei avvertito...

Sono andata a Santo Domingo con i miei nonni e mi sono pure portata il pc (perchè sapevo che il wifi di quell'albergo funzionava solo per i computer e non per i dispositivi mobili), solo che il caricatore del mio portatile ha deciso di smettere di funzionare proprio il giorno dopo il mio arrivo, quindi ho vissuto fuori dal mondo fino ad ora. Ho anche provato a cercare un sostituto al caricatore ma:

A. Là non hanno molti negozi di elettronica

B. Le prese hanno un voltaggio diverso e non ho nemmeno trovato un adattatore...

quindi ecco perchè sono "deceduta" per più di un mese ^^
Ora andrò avanti a lavorare sulla storia, ovviamente, cosa che contavo di poter fare anche oltreoceano, ma la sfiga mi perseguita -.- 

Un grazie enorme a LaVampy e Emrys3103 che hanno recensito lo scorso capitolo (ora vado a rispondere, scusate!) e tutti coloro che hanno letto e/o inserito la storia tra le preferite, le seguite o le ricordate ^^

Ringrazio Eryla che ha pazientemente corretto i miei errori  : 3

A lunedì,

testo

Prossimo capitolo: 
Aquiloni nel cielo

Una giornata fuori con i bambini.

Link alla storia originale: http://archiveofourown.org/works/4501863

Traduttrice: Katerina Hummel Di Angelo

   
 
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