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Autore: CristianFabbri    22/08/2016    0 recensioni
«La Verità è ciò che muove il mondo. Conoscerla: ecco cosa invece può distruggere l'umanità»
In un mondo pieno di pregiudizi e superstizioni, di dolore e terrori, è molto semplice perdere tutto.
E' davvero possibile alzarsi, ancora, nonostante tutto?
Può una sola persona cambiare completamente la nostra vita?
Ciò che percepiamo è l'unica realtà o c'è altro oltre alla materia che cicirconda?
Esiste una Verità, unica e indiscutibile?
Nel caso: è giusto conoscerla?
Matthew, a 14 anni, non si era mai posto alcuna d iqueste domande.
Eppure, è molto più vicino alle risposte di chiunque altro...
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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[Nota: anni fa ho postato una "beta" di questa storia, con un altro account (anche se è profondamente diversa, lo specifico per evitare che qualcuno sentisse di averla già letta, anche se è poco probabile e, beh, la cosa mi renderebbe molto felice

Spero di trasmettervi qualcosa e che qualcuno mi faccia sapere cosa ne pensa sinceramente...
Buona lettura/avventura! ]
 

Sulla valle di Evalhood spirava una gelida, nebbiosa brezza proveniente dalle pendici del monte Snørt, dietro al quale si nascondeva l'immensa luna piena, tinta di un'abbagliante, sinistra luce scarlatta.
Appoggiati ad un enorme masso, due uomini stavano discutendo animatamente: illuminati dalla tenue luce di una lanterna, vestivano entrambi un lungo mantello color marrone, i volti celati dietro un ampio cappuccio.
«Tu hai idea di che diamine passi per la testa al Comandante? Sono giorni che ci assegna compiti stupidi, strani e contrastanti...» disse il più giovane dei due.
«Guarda ragazzo, ho visto crescere quell'uomo, fin da quand'era fasce», rispose con voce affaticata l'altro, «non è mai stato così agitato. Sembra terrorizzato da qualcosa, e questo lo sta facendo impazzire.»Un'enorme ombra si abbatté sui due, facendoli di colpo trasalire. D'istinto si buttarono a terra, in ginocchio, e urlarono all'unisono:
«Ser Jeremy Lockhart, nostro benevolo Comandante, ci scusi per la nostra insolenza! Noi non possiamo comprendere la vostra grandezza!»
Davanti a loro si stagliava un possente uomo, alto poco più di due metri, il corpo avvolto in un luminescente mantello argentato; la lunga chioma di capelli dorati si poggiava ponderosa sulle spalle nerborute; il viso, pervaso da lunghe cicatrici di guerra, nascondeva perfettamente quella che fu la bellezza di un tempo, a testimonianza della quale vi erano ormai solo gli occhi, tinti del profondo, maestoso luccichio di un'ametista. Visibilmente irritato, stringeva i pugni a tal punto che un rivolo di sangue cadde sull'aspro terreno.
«Per quanto siate fecce ignoranti, questa volta avete ragione.»
Un tremendo boato si ripercosse per tutta la valle, poi tutto terribilmente tacque.

 

«Per vostra sfortuna non vi ho ucciso, ancora» sghignazzò Jeremy, stringendo con le forti dita il collo dei suoi sottoposti, ansimanti. «Ma prima vi dirò ciò che non potreste sapere, così ve ne andrete meno ignoranti. Vi ho portato in questa valle per radere al suolo la foresta che qui sorge, quella che si pensa essere la Culla dell'Umanità. Quel che ne faremo degli alberi già lo sapete bene, quello che cerco io invece è la Verità
L'uomo esplose in una poderosa, spietata risata; i due compagni, i volti segnati da profonde ferite sanguinolenti e pesti lividi, si guardarono terrorizzati e sperduti.
«Io voglio sapere cos'è successo quel giorno, e per farlo mi basterà trovare l'Arma. Tutti coloro che pensavano di aver scoperto la Verità poi non sono riusciti a sopravvivere, sempre per lo stesso motivo...Ma oggi la luna splenderà per me!»
Jeremy chiuse gli occhi, sospirando, ma stringendo sempre più forte la presa sulle due leve. «Sono sicuro l'Arma sia qui! Il Capo non l'ha ancora voluto annunciare, ma ha trovato un modo per leggere e decifrare la profezia più antica della Regola e ha scoperto che "Quando le eclissi torneranno a risplendere all'unisono, l'Arma figlia della Natura preistorica indicherà la Verità..."»
Un rumore di passi affrettati interruppe il discorso del Comandante, al cospetto del quale si presentò un altro individuo vestito come i due compagni.
«Ci siamo, Signore! Abbiamo eliminato ogni albero ad eccezione di Skylvent, come Voi ci avevate ordinato!»
Jeremy lasciò la presa dal collo dei due, scaraventandoli a terra. «Perfetto, tutto come previsto finalmente!» urlò, le pupille dilatate.
«C'è un problema, però: Matthew è lì.»

 

Skylvent, l'albero più antico ed imponente del mondo, venerato da ogni religione come la Culla della vita e dell'uomo, rischiarato da quel bagliore lunare tanto nefasto quanto speciale, gettava tristemente una fioca ombra a terra, su quella landa ora deserta in cui un tempo crescevano i suoi fratelli. Alto più di duecento metri, vegliava su quella foresta da oltre un millennio: l'immenso tronco, rifulgente di un'incantevole venatura biancastra resa aspra dal tempo, sorreggeva l'ampia chioma smeraldina, i cui rami si effondevano energicamente dapprima per ogni direzione, fino ad incontrarsi poi in cima per puntare tutti insieme al cielo, quasi ne fossero attratti.
Ai suoi piedi giaceva, inginocchiato a terra, un ragazzo dai corti, ispidi capelli corvini: i suoi occhi cristallini stavano scrutando i dolci lineamenti della ragazza che reggeva tra le braccia, segnati da cupe, sanguinolenti ferite.
«Serenity, smettila, tu non devi combattere!»
«E allora perché non lo fai tu, Matt?!» urlò la ragazzina, stringendosi forte a lui, guardandolo intensamente coi suoi profondi occhi color zaffiro. Il quattordicenne notò i capelli dorati dell'amica fluttuare, sospinti dalla soffice aura primaverile, e gli sovvenne un sorriso; tornò però subito inquieto, fissando una scura bruciatura in mezzo ai dolci, piccoli seni della ragazza, un'ombra di quel che avvenne due anni addietro, quindi chiuse gli occhi.
«Non posso, lo sai.»
Dietro di loro, offuscate dall'immane tronco dell'albero, provenivano numerose grida di rabbia e dolore; un acuto, secco rumore metallico improvvisamente mise tutto a tacere. Un fruscio strano e incostante iniziò ad avvicinarsi a loro: arrancando a terra, facendosi leva sulla spada che incessantemente conficcava nel terreno, un ragazzo giunse ai loro piedi, lasciando dietro di sé una torbida, interminabile striscia di sangue. Vestiva abiti tutti pieni di tagli, da cui trasparivano scuri lividi; i lunghi capelli bianchissimi disordinati contrastavano con i piccoli occhi scuri come il carbone.
«Dalla mia parte li ho sistemati tutti...forza, ce la faremo!» disse il ragazzo, sorridendo, dopodiché svenne.

 

A una decina di metri dall'albero, quasi a formare uno sciame caotico e sfocato, vi erano svariate centinaia di uomini dal lungo mantello color terra, in mano lunghe ed affilate spade; fra di essi cominciò a diffondersi un lungo, sottomesso brusio, quindi la folla si divise a metà, permettendo all'imponente Comandante di passare.
Una delle leve si frappose fra il suo superiore e l'albero ancestrale: «Signore, il Capo ci ha detto di non avvicinarci a Matthew! Sa bene come le sue abilità siano identiche proprio a quelle di...»
«Sono solo leggende» disse Jeremy calmissimo, allungando in modo fulmineo il braccio, le vene pulsanti, contro il piccolo soldato: afferrò con la mano il suo viso stringendolo violentemente in un cumulo di sangue e membra, quindi lo scaraventò via.
«Spero ti mancasse poco» sogghignò.
Matthew continuava a fissare l'amica e a mordersi ossessivamente il labbro; Serenity con una scarica improvvisa di energia lo prese per i capelli e lo tirò a sé, il loro gelidi nasi a contatto, il respiro dell'uno che si mescolava a quello dell'altra.
«Smettila di pensare, cazzo! Guarda John: per quanto fosse impossibile che ce la facesse, lui li ha battuti tutti, da solo! E tu...basta avere paura di quello che hai dentro
Staccandosi dagli occhi dell'amica Matthew rivolse lo sguardo al cielo, immergendosi nell'accecante luce cremisi della luna.
«Perché vuoi proteggere quell'albero?» disse, la voce roca e tremolante.
«La prima volta che ci siamo incontrati, tutti e quattro, è stato qui» esclamò, mentre le lacrime prorompevano e si mescolavano ai tagli, al sangue del viso. «E' la parte più importante di me, non voglio che sparisca, non voglio dimenticarla! Ma non è solo questo...»
Si coprì il viso con una mano, anch'essa segnata da profonde ferite: «Ho paura. Non so come spiegartelo! E' una cosa che mi nasce dentro, nel profondo. Io voglio proteggere quest'albero con tutta me stessa, sento che è importante! Io...»
La posò dolcemente a terra, dunque dandole le spalle sfilò la spada dal fodero annodato alla sua cinta, quindi mosse il primo passo in avanti.
«Quindi combatterai? L'hai superato finalmente?!»
Lui si girò per un istante verso di lei: «Per ora so solo che anch'io ho qualcosa che voglio proteggere.»
Aveva percorso una decina di metri, quando un'improvvisa raffica di vento lo colpì, facendo indietreggiare il ragazzo e procurandogli numerosi, piccoli tagli sul viso.
«Finalmente, il ragazzo indemoniato» esclamò la gigantesca figura che apparve fulminea; Matthew sentì mancare il respiro e un devastante dolore alla pancia, prima di venire catapultato via, sbattendo la schiena contro la dura corteccia di Skylvent.

 

Non sapeva quanto tempo fosse passato; disteso a terra, non appena riprese i sensi ritrovò puntati su di sé due crudeli, ridenti occhi violacei.
«Che onore avere di fronte una leggenda come te!» sbeffeggiò Jeremy euforico. «E' da anni che cerco ciò che sta esattamente alle tue spalle. Ma ci sei tu nel mezzo, e ora ho proprio voglia di divertirmi: mostrami che quello che dicono è vero, su!»
Matthew non capiva né vedeva bene quello che stava succedendo poiché gli girava dolorosamente la testa, ma decise di stare calmo.
Jeremy portò avanti le braccia, mostrando al ragazzo ciò che stringeva: «Guarda che bel faccino hanno i tuoi amici! Neanche questo ti turba?? Avanti, esplodi
Matthew si alzò in piedi, traballante: strinse i pugni alla vista di Serenity e John tenuti per il colletto, privi di sensi e gocciolanti di copioso liquido rossastro, quindi emise un lunghissimo, quasi interminabile respiro.
«No» rispose seccamente.
L'uomo scoppiò in una perversa risata: «Altro che leggenda, sei solamente una feccia! Ma questa è la tua fine!» urlò pronto a scagliare un calcio fatale, quando una mano, completamente insanguinata, gli afferrò violentemente la gamba, bloccandola. Jeremy, montando su tutte le furie, si voltò di scatto pronto ad eliminare con le nocche delle sue stesse mani chiunque avesse osato interferire; eppure il suo colpo andò a vuoto, sferzando semplicemente l'aria.
Cominciò ad ansimare, grondante di sudore, il corpo completamente paralizzato: davanti a sé si ergeva un uomo dal corpo livido e senza veli, dalla testa recisa.
«Dov'è finita tutta la tua grinta, caro Jeremy Lockhart?» abbaiò una puerile ma profonda voce, proveniente dai piedi dello strano essere disumano.
Jeremy abbassò terrificato lo sguardo, e vide una testa completamente deformata e che presentava anch'essa poco di umano; nell'occhio sinistro vi era conficcata una splendente piuma bianca, mentre dall'altro scaturiva una tetra luce rossastra.
«Vedo che ti diverti molto a trattare bene i tuoi giocattoli, stupido uomo» ridacchiò la testa parlante. «Ma lascia stare quel ragazzo, ultimo avvertimento.»
Jeremy si sciolse dal terrore che lo possedeva, imprecando: «Io prendo ordini solo dal mio Capo, chi diamine sei tu?!»
Un terribile sorriso si dipinse sull'essere deforme: «Io sono il Messaggero
Tutti i soldati immediatamente si inginocchiarono; nel collo di Jeremy una vena cominciò a pulsare freneticamente.
«Messaggero? Non esiste che un ragazzino come te sia...»
«Vediamo se esiste questo, allora» sibilò seccamente la testa che giaceva a terra: la piuma conficcata nell'occhio del defunto soldato si distaccò, fluttuando per un po' nell'aria, poi scagliandosi contro Jeremy e penetrando nella sua schiena. Nel momento in cui il corpo senza testa cadde a terra, gli occhi di Jeremy si accesero anch'essi del tetro chiarore cremisi.

 

«Questo stupido non mi ha ascoltato e stava per rovinare tutto» pronunciò la voce fanciullesca attraverso le labbra di Jeremy, quindi sputò furente a terra. «Che sia di monito a tutti voi, soldati: non osate mettervi contro un mio ordine!»
Cominciò a camminare lentamente, quasi stesse provando il suo nuovo corpo, dunque si fermò a fissare l'albero e ad esaminarlo dall'alto al basso: «Capisco, è lì dentro
Il suo sguardo cadde per caso su Serenity e John, che stavano tentando disperatamente di alzarsi piedi, e un sorriso serrato gli apparì in volto.
«Sei stupido a dir poco, eh Jeremy? Avevi sotto gli occhi qualcosa di enormemente migliore di una stupida "Verità" e neanche te ne sei accorto!»
La sua caviglia venne improvvisamente afferrata da una mano, e una flebile voce sussurrò: «Non toccarli.»
«E' questo il ringraziamento per non averti fatto uccidere? Una certa persona, che questi chiamano Capo, mi ha ordinato di risparmiarti, e l'uomo che ora controllo era pronto a tradirlo, pur di sapere quella cosa. Quanto piccole possono essere le differenze tra ciò che ci lascia in vita e ciò che ci può uccidere, non credi giovane Matthew Evans? Comunque scommetto che a breve mi implorerai di ucciderti» ribadì, con un falso sorriso, l'uomo.
Trascinandosi dietro Matthew che non accennava a mollare la presa, raggiunse gli altri due ragazzi, li indicò minacciosamente e urlò: «Avanti voi due, è ora che ricordiate

 

Fuori sembrava come se non fossa accaduto alcunché, dentro le loro teste però era successo tutto.
Serenity rimase come impietrita; «Bastardo!» imprecò John alzandosi di scatto, dunque si catapultò contro il possente nemico agitando abilmente la spada, ma non riuscì a colpirlo nemmeno una volta.
La mano di Jeremy si strinse furiosamente intorno al collo del ragazzo dai capelli albini: «Non penserai di impensierirmi con un'arma materiale per caso? Non sei degno di essere quello che sei.»
Tristi e rassegnate lacrime cominciarono a scorrere lungo le dolci guance della ragazza, che alzò il viso mostrando gli occhi visibilmente arrossati: «Matt, ti prego, uccidici...»
La sua mano si staccò dalla caviglia di Jeremy; come se avesse ricevuto inspiegabilmente energie nuove, si alzò in piedi, visibilmente agitato: «Serenity non scherzare, non farti prendere dal panico, vedrai che ne usciremo!»
Lei si asciugò tutte le lacrime, mostrando i suoi occhi, splendenti delle profondità dell'oceano: non vi era alcuna incertezza, alcun rimorso in quello sguardo. Vi era solo una sincera, disperata richiesta di aiuto.
Matthew si portò una mano al cuore, sentendosi mancare il respiro: «Non potrei mai Serenity, lo sai. Rinuncerei a tutto pur di...»
«Non sai di quello che stai parlando! Uccidici! C'è qualcosa ben peggiore della morte...Fallo, prima che io...»
«Direi che il momento delle chiacchere è finito.» sentenziò l'essere che governava Jeremy. «Non una parola di più, o non rivedrete Matthew per davvero.»
Spostò il suo sguardo truce sul ragazzo dai capelli scuri: «Per quanto riguarda te, invece, avresti dovuto davvero ascoltare la tua amica. Invece ora dovrai soffrire, e questo solo perché ti sei legato a qualcosa, al contrario dell'altra volta
Schioccò le dita, e in cielo apparve un piccolo puntino più nero della notte, e cominciò ad ingrandirsi pericolosamente, quasi come se si stesse creando un foro nelle recondite trame del cielo.
«I tuoi amici vengono con me. Giorno dopo giorno anche tu, come loro, desidererai la morte al posto del dolore. Ma solo uno sciocco butterebbe al vento il dono che tu hai, anche se sei cresciuto in un mondo ignorante che teme ciò che sei invece di sfruttarlo, quindi non sai neanche ciò di cui sto parlando.»
Strinse a sé Serenity e John, dai volti visibilmente provati e terrorizzati.
«Per stavolta ti lascio in vita, ma se mai dovessimo rivederci e tu fossi ancora così inutile e debole, non avrò pietà, non mi importerà se qualcuno ti vuole vivo.»
Si girò con aria minacciosa verso l'esercito di soldati: «Oggi ho avuto modo di vedere la vostra inottemperanza nonché debolezza. Non appena avremo fatto ritorno faremo bene i conti; riceverete tutti, Jeremy compreso, di nuovo, l'Iniziazione
Grida di panico si sparsero per tutta la vallata, e centinaia di uomini cominciarono a scappare ovunque.
«Fermi, immediatamente. Avete appena raddoppiato la vostra pena», al che tutti si imobbilizzarono di colpo; egli si girò dunque verso il ragazzo visibilmente scosso e abbattuto, sillabando: «Au revoir, Matthew Evans.»

 

All'istante tutti gli uomini dalle lunghe tuniche, insieme a Jeremy e i due ragazzi cominciarono ad allontanarsi dal terreno, attratti dall'enorme disco nero che oscurava il cielo notturno.
Matthew fece un passo avanti, stringendo sempre più violentemente i pugni: «Perché fai tutto questo?!? Chi diamine siete voi?»
Gli occhi di Jeremy si contrassero e le estremità della sua bocca si piegarono verso l'altro, maleficamente: «Non sei degno di saperlo. Scoprilo, se mai riuscirai» e scoppiò in un enorme risata.
«Dimmi almeno chi sei!» implorò Matthew.
Il suo viso tornò di colpo più grave che mai. «Io non so chi sono, ed è bene che nessuno lo sappia» dichiarò la voce puerile, quasi meccanicamente.
Approfittando di un momento di distrazione John, imprigionato tra le braccia di Jeremy, diede a quest'ultimo una gomitata quindi, nel poco spazio che era riuscito a crearsi, si liberò dalla sua presa, sguainò la spada e la infilò dritta nell'occhio sinistro del possente uomo.
Fiumi di sangue cominciarono a piovere, come una cascata a spire, sulla vallata, mentre il gruppo venne avvolto dall'oscuro anello e quindi tutto e tutti scomparvero.

 

Un puntino luminoso solcò il cielo, raggiungendo il terreno, a qualche metro di distanza dall'albero. Matthew riconobbe subito conficcarsi nel terreno la spada di John, nella cui elsa era legata una lunga, soffice striscia di tessuto blu.
Aveva appena perso i suoi amici, gli unici mai avuti, i migliori che avrebbe mai potuto desiderare; e lui continuava a pensare.
Non era semplicemente triste e sconvolto, era propriamente furente: non solo contro quei bastardi senza nome che gli avevano appena sottratto il suo tesoro più grande, ma soprattutto contro se stesso, per essere un emerito verme incapace di reagire, per paura di quello che era.
Non riusciva più a trattenere tutto questo turbine di stati d'animo, non riusciva più a controllarsi. Come aveva invece fatto finora.
Le sue dita si contrassero a pugno a tal punto che un sinistro scricchiolio echeggiò per tutta la Valle di Evalhood, il dolore che ne derivò si accumulò all'enorme quantità già presente, e cominciò pian piano a fuoriuscire vorticosamente dal suo corpo sotto forma di una strana luce rossastra, quasi come se lunghi serpenti cremisi lo stessero attanagliando; i suoi occhi cristallini cominciarono pian piano a cambiare colore e a sporcarsi della scura sfumatura del sangue, diventando uno specchio di quella tetra, speciale luna di quella notte.
Il respiro agitato, così caldo da condensarsi in piccole nuvole, anch'esse risplendenti della tetra luce che circondava Matthew.
Spalancò la bocca, ma non vi uscirono parole comprensibili bensì solo urla disumane e terrificanti, che fecero espandere sempre più la rabbia e quindi la luce, finché tutto nella valle, l'albero compreso, non venne risucchiato nel vortice scarlatto, quasi come se un incendio immateriale stesse bruciando tutto.

 

Le urla e la luce durarono ininterrottamente per ore, dopodiché tutto tacque, orribilmente diverso.

 

   
 
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