Note:
Eccomi con il nuovo capitolo, scusate un po’ ci ho messo ma con la scuola e
tutto è una faticaccia xD. Comunque sono felice che la storia sia entrata in 4
preferiti anche perché ci tengo molto, è un po’ un romanzo in fase
sperimentale. Ho deciso di modificare l’età dei nostri protagonisti in dei
ragazzi undicenni. Vi auguro buona lettura e mi raccomando recensite**
maRgariNa: sono davvero felice che la mia storia ti
abbia colpito, personalmente anch’io adoro il nome MacKenzie^^. Comunque non
preoccuparti i ragazzi cresceranno, ma non voglio anticiparti niente, sappi
solo che Mac è davvero tosta da convincere xD. A presto e grazie
Brookwood
di
Mary Chilton
©MARY CHILTON
IMPORTANTE: E’
VIETATA LA RIPRODUZIONE
DI QUESTO
MANOSCRITTO, ANCHE PARZIALE,
SENZA L’ESPRESSA
AUTORIZZAZIONE DELL’AUTRICE
Prima edizione
(prima stesura)
2 Capitolo:
sopportazione
«
Nella riservatezza c'è sicurezza,
ma non attrazione. Non
si può amare
una persona riservata.»
Emma – Jane Austen
(1815)
James adorava dormire, era come una ricompensa per tutte le
fatiche che sosteneva di aver compiuto nel giorno. Si alzò scompigliandosi i
capelli castani e si affrettò ad andare in cucina per trovare la colazione che
la madre gli aveva già preparato. Riusciva a sentirne il profumo dalle scale:
uova e pane imburrato. La madre, Alice Linton in Douglas, si aggirava indaffarata
dietro ai fornelli da cucina, facendo saltare una frittata giallognola nella
padella. Aveva i capelli mori tenuti su in un pratico crocchio e, sotto il
grembiule rosso a quadri, si poteva vedere un candido vestito giallo canarino
che le fasciava il corpo snello e magro. Mr Douglas si considerava l’uomo più
fortunato del mondo. Alice lo accolse con un sorriso gentile, ma James le vide
un lampo esilarato negli occhi che gli fece alzare la guardia. Sua madre aveva
in mente qualcosa e l’indole scalmanata di James era un tratto che non aveva
sicuramente ereditato dal padre.
-Buongiorno tesoro!- trillò la madre un po’ troppo pimpante.
James assottigliò lo sguardo osservandola con attenzione borbottando un
“buongiorno” con voce ancora leggermente impastata. La madre di rimando al suo
sguardo indagatore, sbatté le ciglia con fare innocente.
Porse il piatto con la colazione pronta al figlio
osservandolo mentre mangiava con entusiasmo.
-Jane mi ha raccontato cosa è successo ieri-
James mangiò giù il boccone leggermente intimorito e
proruppe con la sua frase preferita.
-Posso spiegare tutto!-
-Uh uh- annuì distrattamente Mrs Douglas che aveva ben altro
per la testa che ascoltare le scusanti del figlio.
-Hai fatto conoscenza con MacKenzie ho saputo-
James non si accorse del lampo divertito che passò negli
occhi di Alice a quel nome.
-Intendi dire quella pazza isterica?- commentò James con una
smorfia. In risposta ricevette uno scappellotto dalla madre.
-Ahi!- protestò indignato James con la bocca piena massaggiandosi
dolente il capo.
-Meriti una punizione, sia per il vetro di Mr Fletcher, sia
per il vestito di MacKenzie Hill e per questa battutaccia.-
Alice tentava di suonare severa, ma James, che la conosceva
da undici anni, poteva scorgere il divertimento nei suoi occhi nocciola; lo
stesso divertimento che si poteva scorgere nei suoi occhi identici a quelli
della madre. James roteò lo sguardo al cielo avendo già sentito quelle parole
un sacco di volte.
-Vado in camera mia- borbottò annoiato. Fece per scendere
dalla sedia, ma una mano lo fermò prontamente. James voltò lo sguardo verso la
madre che non nascondeva più un ghigno divertito.
-Ti piacerebbe. Ho in mente qualcosa di peggio per te- disse
divertita Mrs Douglas con una luce vendicativa negli occhi che fece
rabbrividire James. Lo conosceva meglio di tutti, forse anche più dell’ingenuo
padre, e sapeva tutti i suoi punti deboli, che in fondo erano anche i suoi. Il
più famoso tallone d’Achille di James ed Alice era l’orgoglio; con quello si
andava sempre sul sicuro.
-Chiederai scusa a MacKenzie, decentemente- disse sottolineando l’ultima parola per poi
continuare –ed inoltre la inviterai, no, la costringerai
a giocare con te e Drew, facendole passare la miglior giornata della sua vita-
James strabuzzò gli occhi e la mascella toccò quasi terra in
una tipica espressione da baccalà.
-Cosa???!!- chiese infervorato ed incredulo.
-Non sai quanto ti prenderò in giro per questo- commentò di
rimando la madre scoppiando a ridere. James sembrò ricomporsi e guardò freddamente
la madre.
-James Douglas non chiede mai scusa! E men che meno gioca
con una femmina- decretò James accompagnando il tutto con una smorfia
disgustata. Mrs Douglas sbatté le ciglia innocentemente.
-Andiamo Jim, non farla tanto lunga! Vedila più come una
sfida che una punizione-
Altro tallone d’Achille, James adorava le sfide. Il suo
sguardo si fece attento e lasciò il posto al ghigno identico della madre.
-Io cosa ottengo in cambio?- chiese cercando di suonare
scettico ed indifferente. Alice in risposta gettò la testa indietro ed iniziò a
ridere.
-E’ una punizione, non puoi avere un premio! Comunque
l’accrescimento della mia stima verso di te dovrebbe bastarti-
James si afflosciò sulle sue uova ancora calde non trovando
una via d’uscita da quel piano malefico.
-Ho forse un’ alternativa?- chiese imbronciato il figlio con
occhi supplicanti. Alice osservò divertita quello sguardo da cucciolo indifeso
che gli aveva insegnato proprio lei. In risposta gli baciò la fronte
affettuosamente.
-Neanche mezza, caro.-
Detto questo si avviò verso la propria camera per svegliare
il marito, che ancora una volta era in ritardo per il lavoro, dichiarando
concluso il discorso. James tornò a mangiare la sua colazione con meno
entusiasmo di prima; Alice Douglas non era una madre normale. Ma sentendo le
grida arrabbiate della madre e le imprecazioni del padre al piano di sopra
dovette ricredersi. Ogni singolo Douglas non era una persona normale.
Mac si svegliò di soprassalto quella mattina dopo aver
sognato di nuovo il suo arrivo a Brookwood. Sperò tanto in un incubo, ma,
quando aprì gli occhi svogliatamente, si ritrovò in quella stanza zuccherosa e
rosa che era camera sua. Rimase a letto rifiutandosi di uscire e di affrontare
il mondo reale. Sapeva che la madre era già di sotto accerchiata da Mrs
Patterson,da Helena e Mary, sicuramente accigliate ed imbronciate come la sera
precedente, intenta a preparare ogni minimo dettaglio delle nozze come una
quindicenne eccitata per il ballo scolastico. Agnes, cominciò a riflettere Mac,
avrebbe dato il massimo per il suo matrimonio, ma perché aveva acconsentito a
venire a Brookwood per celebrarlo? In cuor suo MacKenzie già lo sapeva. Mrs
Hill era popolare a Londra, certo, ma troppo perfetta per avere amiche. La sua
unica famiglia era la sorella Cherilyn con la quale, a quanto sapeva Mac, non
andava propriamente d’accordo. Chi ci sarebbe stata ad aiutarla a Londra di cui
gli sarebbe veramente importato di lei? MacKenzie alzò il capo dal cuscino
scossa e turbata da quei nuovi pensieri. Sua madre era sola a Londra ecco
perché aveva acconsentito a venire a Brookwood senza battere ciglio. Piena di
sofferenza per Agnes decise di scendere per aiutarla, dopotutto era il minimo
che potesse fare per lei. Stava per poggiare la mano sulla maniglia quando in
tutta la sua eccitazione entrò proprio Mrs Hill travolgendo la figlia. Mac
rimase prontamente in equilibrio e guardò con aria truce la madre, e lei che
voleva aiutarla!
-Mamma cosa fai?- chiese leggermente infastidita dai modi
bruschi della donna, ma quella le rivolse un sorriso talmente felice da far
scemare ogni proposito di arrabbiarsi con lei.
Era raro vedere l’altezzosa ed elegante Mrs Hill perdere il
controllo in quel modo. Mac aveva avuto l’onore di vederla in uno stato del
genere solo per il suo decimo compleanno, passò serate a far assaggiare torte
su torte a MacKenzie, che ebbe il mal di pancia per una settimana intera.
-Scusa tesoro- trillò quella dall’emozione, inumidendosi
leggermente le labbra con la lingua. Nei suoi occhi Mac leggeva sentimenti
contrastanti: gioia, entusiasmo e… timore?
-Mamma che succede?-
chiese leggermente in ansia Mac. Quella scosse leggermente i riccioli biondi
con non curanza.
-Niente di che, niente per cui arrabbiarsi-
-Arrabbiarsi?- domandò confusa MacKenzie, poi avvertì un
timore farsi strada dentro di sé. La madre aveva qualcosa in mente, qualcosa
che, sapeva, a lei non avrebbe fatto piacere.
-Ascolta… mmm…. Mrs Douglas si è offerta gentilmente di
aiutarmi nei preparativi e, dovremmo raggiungerla a casa sua, ecco- disse Agnes
quasi in imbarazzo evitando accuratamente lo sguardo della figlia, anche se si
poteva scorgere la felicità traboccare da ogni singolo poro della sua pelle.
MacKenzie rilassò le spalle, aveva creduto in qualcosa di molto peggio.
-E tu va, che problema può mai esserci?- chiese la figlia
incoraggiandola con un sorriso suo malgrado. Agnes parve ricomporsi, come
poteva aveva timore della figlia? Dopotutto lei era la madre.
-Ci andrò e tu verrai con me- disse risoluta puntando gli
occhi sul viso incredulo di MacKenzie. La rossina capì subito gli intenti della
madre, ma rifiutò di accettarli se non come uno scherzo di cattivo gusto. Ma
nell’ostinazione di Mrs Hill c’era ben poca traccia di divertimento.
-Non voglio diventare amica di James Douglas!- sbottò rossa
per la rabbia. L’euforia di Mrs Hill era del tutto scomparsa così come
l’imbarazzo.
-Ascoltami signorina, Alice Douglas è una donna gentile e
premurosa che non mi conosce per niente, ma nonostante ciò ha voluto offrirsi
di aiutare nel matrimonio. Ora, la sua unica richiesta è stata di poterti
conoscere e tu, volente o no, mi accompagnerai e sarai addirittura carina con
lei e il resto della sua famiglia compreso il figlio, per quanto antipatico
possa essere!-
Disse severa la madre, ora aveva una scintilla di delusione
negli occhi, come se si fosse aspettata comprensione da MacKenzie. Eppure la
scorsa sera era sembrata così risoluta nel sopportare quel James, aveva
sbagliato qualcosa? A volte faticava a capirla, soprattutto dopo la morte di Henry.
MacKenzie non proferì parola e, con uno sguardo vitreo, uscì dalla stanza per
andare a far colazione. Agnes sospirò esausta stendendosi sul letto; si
domandava insistentemente se la figlia fosse o no d’accordo sul matrimonio tre
lei e Mr Patterson e poi, con la nuova proposta che le aveva fatto Wilbur
inaspettatamente. Forse andava tutto troppo in fretta.
Mac si preparò senza più protestare e senza guardare in
faccia la madre; in realtà dentro di lei si infuriava una lotta interiore. La
repulsione che provava verso quel ragazzino la convinceva a rimanere a casa,
magari immergendosi in qualche opera di Shakespeare senza tornare più in
superficie per tutta la giornata, oppure cominciare quel tema di storia che le
avevano assegnato al college come compito per le vacanze. Ma al tempo stesso il
desiderio di mettersi alla prova, di dimostrare la propria superiorità
l’allettava più di quanto fosse lecito. Moriva dalla voglia di farla pagare a
quel mocciosetto arrogante che la irritava solo con quello sguardo caricato
eccessivamente di sfacciata malizia. Alla fine il sapore aspro della sfida che
le si proponeva ebbe la meglio; così raccolse tutto il suo coraggio e la
pazienza che aveva in corpo e si avviò a testa alta verso casa Douglas.
Si ritrovò in una tenuta abbastanza simile a villa
Patterson, solo leggermente più grande. Era circondata da un muretto rosso e al
centro del giardino c’era un magnifico ed imponente ciliegio in fiore. Proprio
sotto quell’albero maestoso c’era James, comodamente disteso sull’erba a
sonnecchiare, e accanto a lui un ragazzo appoggiato al tronco che leggeva un
libro silenzioso. MacKenzie si sorprese di tutta quella pace, avendo avuto modo
di conoscere il ragazzo.
Seguì la madre abbassando lo sguardo sperando non la
notasse, d’altro canto non passava certo inosservata con la madre che emetteva
striduli urletti dalla gioia. Come temeva lo sguardo
di Douglas si posò sul suo capo come un incudine. Non sembrava particolarmente
contento, anzi per lo più appariva infastidito dalla sua presenza. Il ragazzo
dietro di lui gli diede un colpetto sulla spalla divertito quando James si
rizzò in piedi puntellandosi sui gomiti. Uscì dall’ombra del ciliegio andando
incontro a Mac, il ragazzo rimase appoggiato al tronco ad osservarli divertito;
MacKenzie cercò la madre con lo sguardo cercando di sfuggire a James, ma si
accorse che era entrata senza di lei. Mac si appuntò nella mente di fargliela
pagare mentre James la raggiunse con uno sguardo seccato.
-Che ci fai a casa mia?- le chiese brusco, non gli andava di
perdere le sue preziose vacanze dietro a quella sottospecie di carota isterica.
Come già si aspettava la carota si irritò immediatamente.
-Non usare quel tono! A Londra abbiano una cosa chiamata
“gentilezza”, non so se hai presente-
James fece per risponderle con le rime, ma si ricordò che in
teoria doveva farle passare una bella giornata. Con tutta la sua forza di
volontà si costrinse a mostrare un sorriso tirato.
-Seguimi- disse prendendole un braccio delicatamente.
MacKenzie guardò la sua mano sul suo braccio quasi disgustata.
-Perché dovrei?- ribatté altezzosa liberandosi con uno
strattone, James le si avvicinò ancora con il sorriso stampato in faccia che
aveva un che di minaccioso ora.
-Perché te lo dico io- le sussurrò di rimando facendole accapponare
la pelle. Lo seguì silenziosa tenendo gli occhi a fessure concentrate sul suo
capo. Le era quasi sembrato pericoloso, certamente un ragazzo che non ama esser
messo in discussione, talmente pieno di sé da credersi superiore a tutti. A Mac
venne voglia di vomitare mentre delineava il carattere di Douglas che le
piaceva sempre meno. Arrivati sotto l’albero James si rimise comodamente
disteso sull’erba fregandosene altamente della sua presenza.
-E io cosa dovrei fare?- chiese irritata da come venivano
trattati gli ospiti. James alzò lo sguardo annoiato e lievemente sorpreso dalla
sua reazione.
-E che ne so, quello che fai di solito- Mac non era
inferocita perché non veniva considerata (stava più che bene senza parlare con
Mr simpatia), ma per il modo in cui trattava le persone; si credeva un dio
sceso in terra? Troppo superiore per parlare con le persone comuni? Di nuovo il
senso di nausea assalì Mac. Dalla tracolla marrone tirò fuori quel tema per le
vacanze che Mrs Reed, la loro severissima insegnante, gli aveva assegnato.
Mentre si sistemava accanto al tronco il suo sguardo cadde sul ragazzo di prima
che la osservava divertito e imbarazzato.
-Ciao- proferì lui con enfasi, quasi orgoglioso di aver
spiccicato parola.
-Ciao- borbottò di rimando Mac ancora su di giri per il
comportamento di Douglas. Il ragazzo non aggiunse altro e tornò a leggere il
suo libro; mentre faceva finta di prendere appunti dal testo di storia Mac osservò
di sottecchi il ragazzo. Aveva dei capelli scurissimi e riccioli, gli occhi di
un celeste mai visto, parevano alieni da quanto erano chiari; il naso piccolo e
perfettamente lineare, le pelle olivastra era un contrasto netto con il colore
chiaro degli occhi e le labbra rosse e sottili.
-Ehi Drew, facciamo qualcosa dai! Sto morendo di noia-
Proferì James all’improvviso spezzando quel candido silenzio
che si era creato; Mac si spaventò talmente tanto da lasciar cadere il libro di
storia rumorosamente arrossendo per l’imbarazzo. Sentì la risatina soffocata di
James alle spalle e un senso omicida si fece strada dentro di lei. Ancora rossa
per la vergogna cominciò a scrivere furiosamente sul quaderno tentando di
concentrarsi sul testo.
Si ritiene che la scoperta
dell’America sia avvenuta durante il 1492 da parte del famoso esploratore
genovese Cristoforo Colombo con lo sbarco su una delle isole Lucaie in seguito
da lui ribattezzata San Salvador.
-Potremmo andare a trovare Cecily, è da un po’ che non la
vedo- disse il ragazzo con una voce mite e dolce. James ridacchiò in risposta.
-Tu andresti tutti i giorni a trovare Cecily se potessi-
Mac, distolse leggermente lo sguardo dal foglio e poté vedere un accentuato
rossore sulle guance di Drew.
Pochi sanno che furono i
Vichinghi i veri scopritori del nuovo mondo. Arrivarono in Groenlandia già nel
X secolo ed occuparono i territori a nord-est di Terranova.
-Io dico di andare a trovare Sanford e i suoi patetici tira
piedi, devo ringraziarli del bel pugno che mi hanno rifilato l’altro giorno sul
naso- continuò James
-Te lo sei meritato, perché gli hai dovuto tirare il fango
in faccia?- chiese Drew cercando di apparire serio, ma si stava lasciando
trasportare da una risatina contagiosa.
-Perché mi irritava la sua faccia da suino!- ribatté James
scoppiando a ridere fragorosamente rotolandosi sul prato, Drew si reggeva la
pancia dalle risate non provando neanche a contenersi.
Come per i loro successori
europei, la situazione con i nativi degenerò trasformandosi in violente guerre.
Nel caso degli europei ci furono dei veri e propri massacri di nativi che
venivano sfruttati per la coltivazione delle loro terre.
-AHAHHAH!!! Mi ricorderò per sempre la faccia di Sanford
quando gli ho tirato quello schifo in facciAHAH!!- biascicò James tra le
risate. SBAM! Mac chiuse il libro con forza, si alzò velocemente e li guardò
con un’ espressione furente. Il tema stretto ancora nella mano che tremava
dalla rabbia.
-Stavo-cercando-di-studiare!-
Sibilò tra i denti Mac serrando le mascelle; non bisognava
mai disturbare MacKenzie Hill mentre studiava, mentre leggeva e mentre
mangiava. Erano i suoi momenti magici di relax o di concentrazione e se eri
talmente stupido da sfidare la sorte non potevi poi andarlo a raccontare in
giro. Drew si zittì all’istante facendosi piccino piccino
davanti alla palese ira di quella strana ragazza; James gli aveva detto che era
isterica, ma lui non dava mai troppo peso alle parole dell’amico, ora forse
avrebbe dovuto ricredersi. James,
d’altro canto, si limitò ad alzare un sopracciglio divertito.
-Che c’è di male a lasciarsi un po’ andare, eh carota?-
disse James sghignazzando ancora. Mac spalancò gli occhi spiazzata ed
orripilata insieme; avrebbe avuto una faccia davvero comica se Drew non avesse saputo
della furia che stava per abbattersi su di loro.
-C-come mi hai chiamata?- chiese sconvolta Mac con ancora
quella buffa espressione tra l’inorridito e la sorpresa. Drew tentò invano di
avvertire l’amico ignaro dell’errore appena commesso.
-Jim…- cominciò debolmente Drew, inutile dire che James lo
ignorò bellamente.
-Non ti piace carota? Che ne dici di pomodoro?- chiese James
sorridendo ancora come un ebete. Il suono di un pugno riecheggiò nel giardino e
MacKenzie si avviò infuriata verso casa fregandosene della madre con il naso
all’insù e stretto al petto il voluminoso libro “Sui passi della Storia”. James
si massaggiò dolorante il capo dove andava a formarsi un bernoccolo mentre
osservava ancora attonito il punto in cui Mac era sparita. Drew scosse il capo
con un sorrisetto.
-Picchiato da una ragazza, mi deludi Jim- proferì Drew
lasciandosi andare a delle risate ancora più fragorose di prima.
MacKenzie intanto tornava come una furia verso casa
Patterson non tenendo neanche conto della strada da seguire, mentre borbottava
fra di sé frasi sconnesse e prive di significato. La gente di Brookwood
guardava quell’undicenne mingherlina e bassa avanzare con un passo talmente
spedito da sembrare un maratoneta. I capelli sembravano rispondere alla furia
della padrona ondeggiando tra il vento come fuoco danzante che le dava un’aria
ancora più minacciosa; in una mattina Mac per tutta Brookwood era già una
“bambinetta isterica”. Intanto la rossina continuava a vagare sperando di
scorgere qualcosa di familiare, ma le case le sembravano tutte così
dannatamente uguali! Arrivò davanti ad una strada ancora più deserta del solito
e capì di aver sbagliato completamente direzione.
-Stupido Douglas, stupida Brookwood e stupida me che do’
sempre retta a mia madre!- borbottava intanto Mac che si era fermata
guardandosi attorno e battendo freneticamente un piede. Alla fine anche quel
minuscolo granello di rabbia che rimaneva scemò lasciando il posto
all’autocommiserazione. Sentì gli occhi pizzicarle e farsi umidi.
-Come si fa a perdersi a Brookwood?- piagnucolò disperata.
Perché non usava mai il cellulare che le aveva regalato Agnes? Ripensò a quel
Nokia blu lucente e super tecnologico che riposava indisturbato nel fondo della
valigia. Troppo vistoso e appariscente, aveva considerato Mac. Cominciò a
camminare indecisa spostando lo sguardo da sinistra a destra quasi disperata.
L’unica volta che si era persa era stato a sei anni da Harrods a Londra; aveva
pianto talmente tanto da attirare l’attenzione di ben tre commesse che si erano
adoperate di ritrovare i familiari,e in cinque minuti era di nuovo tra le braccia
di tata Maggie. Ma ora non ci sarebbero state deliziose commesse vestite di
verde e con sorrisi sfavillanti a salvarla, e certo non prevedeva di mettersi a
piangere, anche se le lacrime che tratteneva cominciavano a farle quasi male.
Ripensò alla causa di tutto.
-STUPIDO DOUGLAS!- urlò con quanto fiato aveva in gola
facendo saltare in aria un unico gatto solitario che si affrettò rizzare il pelo e a dileguarsi. Era quasi
liberatorio dare la colpa a qualcuno.
-Hai conosciuto James?- chiese una timida e debole voce. Mac
balzò all’indietro con un piccolo urletto alla vista di una ragazzina apparsa
dal nulla. Era più alta di lei di almeno cinque centimetri, ma talmente magra
che Mac si aspettava si afflosciasse al suolo da un momento all’altro. Un
caschetto di mori e lisci capelli le incorniciava il viso diafano; le labbra
piene e rosa il naso all’insù e degli occhi grigi da gatta meravigliosi. Mac
credette di trovarsi davanti ad una piccola Biancaneve. Quella ragazzina fece
una risata talmente leggera che sembrava più un piccolo accenno di tosse.
-Scusa non volevo spaventarti- mormorò debolmente venendole
incontro. MacKenzie voleva quasi offrirle il proprio braccio per appoggiarsi,
sembrava così tremendamente debole che un senso di protezione verso quella ragazzina
la invase. Poggiò sul braccio di Mac una mano, che sembrava il tocco di una
piuma.
-Ti sei persa?- chiese la mora scrutandole il viso. Mac si
immaginò il suo aspetto: i capelli scompigliati dal vento, gli occhi gonfi e
umidi e probabilmente le guance rossissime dall’arrabbiatura. Abbassò il capo
imbarazzata trovandosi in quelle condizioni.
-Non riesco a trovare la strada di casa- confessò Mac
seccata e colpita nell’orgoglio; ecco la tipica ragazza nuova che si perde
anche in una città così piccola. Quella ragazza le sorrise con una compassione
che la fece sentire ancora più stupida e inesperta. Capì che avrebbe dovuto
dire qualcosa.
-Sono MacKenzie Hill- sussurrò mordicchiandosi il labbro.
-Cecily Douglas- Mac strabuzzò gli occhi e divenne color porpora;
era sua sorella? Cecily capì i suoi pensieri e con una risatina divertita si
affrettò ad aggiungere
-Sua cugina- MacKenzie tornò quasi del tutto a respirare, ma
aveva comunque un nodo alla gola, aveva appena dato dello stupido a suo cugino.
-M-mi dispiace per quello che ho detto, n-non… insomma… non
intendevo dire proprio stupido, ma…- provò a giustificarsi Mac debolmente,
Cecily, però, la fermò con un cenno annoiato con la mano.
-Non preoccuparti, ho sentito almeno una dozzina di persone
definirlo così- disse Cecily con una risatina. Mac si unì a lei molto più
sollevata; Cecily aveva la capacità di farla sentire a suo agio. Aveva un viso
così dolce da tranquillizzare anche il più ansioso degli uomini. Porse una mano
a Mac che la prese senza indugiare e cominciarono a camminare in silenzio e
dolcemente mentre la rossina si affidava a Cecily che la guidava senza
esitazioni.
-Dove abiti?- chiese la mora spezzando il silenzio.
-Dai Patterson, mia madre dovrà sposarsi con Mr Patterson,
non so se lo conosci- rispose MacKenzie sorprendendo se stessa. Non aveva mai
detto a nessuno così esplicitamente che la madre si risposava, era abbastanza
dura ricominciare senza Henry.
-Prima regola di Brookwood: tutti conoscono tutti- rispose
di rimando Cecily che le mostrò un sorrisetto sghembo che le ricordò
tremendamente quello di Douglas. Ora che ci pensava avevano lo stesso naso e lo
stesso sorriso e la forma degli occhi era identica.
-Seconda regola:- continuò Cecily divertita –tutti conoscono
gli affari di tutti, si sapeva già da due settimane che Mr Patterson si
sposava. Quindi tua madre è Agnes Hill-
-Uh uh- mugugnò Mac annuendo col capo. Il fatto che gli
abitanti di Brookwood fossero dei pettegoli la disturbava parecchio. Con
Cecily, comunque, non si mostrò irritata.
-Conosci un certo Drew?- chiese ad un tratto MacKenzie, si
era ricordata la breve conversazione tra James ed il suo amico che avevano
menzionato proprio la mora. Cecily rimase parecchio spiazzata e diventò dello
stesso colore dei capelli di Mac.
-S-si, si chiama A-andrew Hamilton- bofonchiò giocando
nervosamente con una ciocca di capelli. MacKenzie si ricordò dello stesso
rossore sulle guance di Drew e un sorrisetto spontaneo si delineò sulle sue
labbra; meglio non dire niente, pensò Mac, dopotutto lei era ancora una
sconosciuta.
-E’ amico di James, vero?- chiese MacKenzie insistendo;
Cecily annuì ancora rossissima, tanto che Mac credette che tutto quel sangue
alle guance gli avrebbe presto dato alla testa.
-Il suo migliore amico- continuò Cecily torturandosi un
labbro. Per il bene della Douglas, Mac cambiò velocemente discorso pensando che
altrimenti sarebbe presto fuggita dall’imbarazzo.
-Spero di non ricevere una sgridata da tata Maggie per
essere scappata dalla casa dei Douglas, ma non resistevo più lì- non aggiunse
altro ricordandosi che Cecily era comunque la cugina di James e non sarebbe
stato molto carino, per stringere amicizia, dirle che gli aveva tirato un pugno
in testa. Cecily sembrò ignorare l’ultimo commento e aggrottò le sopracciglia confusa
-Ma anche tua madre sarà preoccupata- in risposta MacKenzie
sbuffò divertita.
-Non si sarà neanche accorta della mia assenza- Cecily
osservò la sua espressione e vide nei suoi occhi una tristezza inaudita che la
fece avvampare. Era come se avesse violato l’intimità di Mac e ora ne era
imbarazzata e dispiaciuta. Serrò le labbra distogliendo lo sguardo dalla
rossina facendole capire che non le importava di affrontare il discorso, ma Mac
aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno e Cecily le infondeva una familiarità
che aveva completamente perso a Brookwood.
-E’ talmente presa da questo matrimonio che non posso
deluderla- continuò Mac abbassando lo sguardo.
-Sono venuta a Brookwood senza protestare e ho acconsentito
ad ogni sua richiesta. Non è egoista- si affrettò ad aggiungere in difesa di
Agnes –ma tra noi non c’è mai stato un rapporto speciale, è come se ci fosse
qualcosa che ci separa. Senza papà è tutto più difficile- sospirò sentendo
tornare le lacrime in superficie. Le scacciò violentemente, basta piangere ora.
Cecily rimase in silenzio aspettando che finisse, solo le strinse maggiormente
la mano.
-I matrimoni la entusiasmano talmente tanto che non si
accorge più di cosa la circonda; ormai sono abituata, intendo a stare
nell’ombra, aspetto solo che mi noti-
Mac aumentò il passo non aggiungendo nient’altro. Cecily era
rimasta parecchio scossa da quella confessione che sembrava esser stata
pronunciata da una donna. Non conosceva nessun ragazzo della sua età che avesse
tante angosce addosso. All’improvviso Cecily si sentì immatura e infantile
rispetto a MacKenzie Hill. Mac si accorse del suo silenzio e dell’espressione
ansiosa sul viso di Cecily.
-Scusa- si affrettò a dire allarmata –non volevo dirti
queste cose- Cecily si riscosse e la guardò comprensiva.
-Figurati, se hai bisogno ogni tanto di sfogarti chiamami
pure, sto al 14 di Dawneys Road.-
MacKenzie si esibì in un sorriso, suo malgrado, che non
arrivò agli occhi.
-Grazie- rimasero in silenzio per tutto il resto del
tragitto, ma non un silenzio imbarazzante, uno di quei silenzi d’intesa, in cui
non si ha bisogno di dir nient’altro; e MacKenzie e Cecily si erano intese
all’istante. Mac riconobbe villa Patterson dal cancello arrugginito e corroso.
Suonò al campanello e al citofono si poté sentire la nasale voce di Mary
Patterson.
-Ah, sei tu- fu la risposta sfacciata della futura zia.
Cecily guardò accigliata il punto da cui era uscita l’antipatica voce di Mary.
-Non è molto gentile- commentò la mora mentre il cancello si
apriva con l’odioso fracasso del giorno prima. In risposta Mac fece spallucce.
-Non preoccuparti- le disse con un mezzo sorriso.
MacKenzie si fece indecisa; non le andava di entrare ed
affrontare le perfide gemelle da sola.
-Tecnicamente non potrei invitarti non essendo casa mia, ma
comunque, vuoi entrare?-
Chiese nervosamente. Cecily dovette notare una nota di
disperazione nel tono della sua voce perché le fece un sorriso tra il
compassionevole e il divertito.
-Certo, non posso perdere l’occasione di far infuriare le
gemelle Patterson- disse facendo una debole risata. MacKenzie non rimase
completamente sorpresa da quel ragionamento, era pur sempre la cugina di James.
-Sono sempre così terribili?- domandò divertita Mac
avviandosi verso il portone. Cecily soffocò una risata.
-Si solitamente, ma credo che il vostro arrivo le abbia
inacidite ancora di più- Mac roteò gli occhi al cielo esasperata. Sul portone
c’era Helena che la guardava con le narici dilatate e la mascella contratta.
-Non dovevate rimanere fuori tutto il giorno tu e tua madre?-
chiese inviperita sottolineando con una smorfia le parole “tu e tua madre”.
-Cambio di programma- commentò solo Mac che cercò di entrare
facendosi spazio tra la porta e Helena. Quella le si parò davanti con
decisione.
-Questa gentaglia non entra in casa mia- disse Helena con
tono disgustato facendo un lieve cenno con il capo verso Cecily. Quella
sostenne lo sguardo impassibile e leggermente annoiata.
-Ma come ti permetti?!- chiese scioccata e inviperita
MacKenzie guardando con occhi fiammegganti Helena che
non si scompose al tono scioccato di Mac. La rossina si sentì tirare dietro per
un braccio con la solita delicatezza.
-Lascia stare MacKenzie- le disse Cecily scuotendola
leggermente. MacKenzie ignorò bellamente la debole richiesta di Cecily e continuò
a fissare infervorata Helena che la guardava impassibile con occhi di ghiaccio.
-Chiedile scusa!- si impuntò Mac sbattendo leggermente il
piede a terra; Helena ruppe quella maschera fredda e distaccata rilevando una
furia che intimidì leggermente MacKenzie.
-Come osi stupida ragazzina!!? Sei qui da solo un giorno e
già impartite ordini a tutti, tu e la tua cara mammina! FUORI DA CASA MIA!- con
questo urlo finale, che spettinò le povere undicenni, Helena gli sbattè il portone in faccia. MacKenzie, troppo scioccata
per parlare, rimase a guardare il portone di un bianco sporco e rovinato per un
altro minuto. Cecily si tirò indietro una ciocca di capelli con un’aria divertita.
-Bè, è stata più comprensiva dell’altra volta- disse con un
sorrisetto. Mac, a sentire l’amica parlare, si riscosse e avvertì una rabbia
crescente farsi strada nel suo corpo invadendola.
-CHE CAFONA!- urlò fuori di sé facendo saltare in aria
un’ignara Cecily. Com’ era successo con James, Mac cominciò ad allontanarsi da
casa Patterson pestando i piedi pesantemente e borbottando tra sé frasi
sconnesse; Cecily, che per mantenere il suo passo frettoloso quasi correva,
capì che MacKenzie era uno spasso quando era veramente arrabbiata,
probabilmente non dovevi rivolgerle parole se ci tenevi alla pelle, ma vedere
quella piccola rossa così infuriata suscitava in lei un senso di tenerezza che
sentiva solo per le sorelle. Dopo un quarto d’ora di rigirii
vaghi, Cecily decise di intervenire prima che uscissero direttamente dal paese
e finissero a Woking.
-MacKenzie, calmati un secondo!- le disse alzando
leggermente la voce e prendendola per le spalle fermandola.
-Non capisco perché te la prendi tanto, io sono abituata ai
suoi insulti, non m’importa davvero- cercò di sorriderle per tranquillizzarla,
ma Mac tremava ancora per la rabbia.
-Essere una zitella acida non le da’ comunque il diritto di
farmi fare queste figure! Mr Patterson non può essere fratello di quelle
megere, è completamente l’opposto, e così anche Mrs Patterson!-
Concluse leggermente affannata; Cecily si morse un labbro
per non ridere della sua espressione sconvolta,ma Mac notò comunque il suo
sguardo divertito.
-Come fai a prenderla con tale leggerezza? Quella donna ti
ha insultato!- continuò Mac indignata. Lo sguardo di Cecily si fece serio.
-Tra la mia famiglia e Helena Patterson c’è sempre stato
dell’astio- disse la mora dispiaciuta. Mac aggrottò le sopracciglia confusa.
-Perché?- chiese semplicemente, Cecily si riaprì in un
sorriso.
-Te lo dico dopo, prima devo raggiungere mio cugino. Avevo
promesso che sarei passata da lui-
E rise ancora, nuovamente serena, vedendo l’espressione di
MacKenzie rabbuiarsi.