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Autore: S h a d o w h u n t e r _    25/08/2016    9 recensioni
AU // Malec //
Pazzo, ecco come si definiva, un folle.
Si guardò la mano sporca di sangue secco, emettendo quello che alle sue orecchie giunse come uno strano verso strozzato.
Quel sangue non era affatto il suo, lo sapeva bene, ma era proprio quello il problema.
[...]
Alec non era mai stato il tipo di persona che si faceva coinvolgere, soprattutto in quel genere di situazioni, ma di fronte a quegli occhi verdi, non aveva avuto alternative.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo #2

Alec aprì piano la porta, sbirciando all'interno della stanza per quella che era la decima volta consecutiva.
Magari stava diventando un po' paranoico, ma visto e considerato che la sera scorsa, nel preciso momento in cui aveva girato le spalle Magnus aveva tentato di darsela a gambe, si sentiva almeno in parte giustificato.
Quando lo aveva visto crollare a terra aveva rischiato seriamente di farsi venire un accidente.
Qualsiasi persona, dotata di un minimo di razionalità, avrebbe capito che in quelle condizioni era meglio starsene buono e a riposo.
Ma no, Magnus come al solito aveva deciso di dover fare di testa sua, fregandosene altamente dei suoi avvertimenti sullo stare fermo per non creare ulteriori complicazioni alla ferita.
Ferita che tra l'altro aveva finito col riaprirsi dopo quella sua bravata.
E così Alec era stato costretto a ricominciare tutto da capo, cambiandogli le bende e passando la successiva ora a prendersi cura di lui.
Per qualche minuto aveva contemplato la possibilità di soffocarlo nel sonno, in modo tale da smetterla di preoccuparsi per la sua salute e risolvere così il problema alla radice.
Aveva però desistito, non fosse altro per il fatto che non era ancora riuscito a farlo parlare e ottenere delucidazioni sull'enorme guaio in cui si era andato a cacciare.
Ripensandoci però, indipendentemente dall'essere o meno Magnus in vita, quei due gliela avrebbero fatta pagare lo stesso; meglio fare in modo che il suo sacrificio non fosse vano.
Inutile dire poi che non aveva quasi chiuso occhio, troppo frustrato e innervosito da tutta quella situazione.
Aveva infatti continuato a spostarsi dal divano, piazzato in un angolo del salotto, alla sua stanza, indeciso tra il controllare il ragazzo e il concedersi un minimo di riposo.
Cosa che avrebbe potuto tranquillamente evitarsi, se quella zucca vuota non avesse deciso di giocare alla spia, terminando la sua missione svenendogli tra le braccia.
Insomma, ricordava che fosse testardo, ma non immaginava certo fino a quel punto.
Solo Magnus poteva cercare di "scappare" quando a malapena riusciva a reggersi in piedi.
Dato che la metteva in quel modo, ad Alec non restava altra scelta che sorvegliarlo costantemente per evitare che con la sua stupidità trovasse il modo di farsi uccidere.
Ma ti pare vita, questa?
Vedendolo ancora dormire pacificamente nel suo letto, si tranquillizzò: finché era nel mondo dei sogni non poteva andare davvero da nessuna parte.
Proibendo a sé stesso di soffermarsi più del dovuto sulla figura del ragazzo, richiuse lentamente la porta dietro di sé.
Poi, nel giro di pochi minuti, si ritrovò accasciato su una sedia e con la testa poggiata sul ripiano di mogano del tavolo in soggiorno.
Certo, sul divano sarebbe stato senz'altro più comodo, ma temeva di sprofondare in un sonno lungo un giorno intero una volta toccata quella morbida superficie di pelle.
Dire che era stanco era a dir poco riduttivo: i capelli corvini sparavano in tutte le direzioni, segno evidente delle innumerevoli volte in cui ci aveva passato le mani in mezzo cercando di scaricare la tensione; gli occhi erano cerchiati da due mezzelune scure, premio per aver passato la notte praticamente insonne.
Se non era ancora crollato, era soltanto per via di tutti i pensieri, le domande e le supposizioni che continuavano ad affollargli la mente.
Moriva dalla voglia di saperne di più, anche se la sua unica fonte di informazioni si era mostrata più che restia a parlare: interrogare Magnus era stato soddisfacente quanto lo sarebbe stato il cercare di cavare un ragno dal buco.
Quel poco che aveva scoperto la sera precedente era completamente insufficiente per farsi un benché minimo quadro della situazione.
“Avevamo un accordo..” 
“L'accordo è cambiato, prendetevela con chi di dovere.”
A che razza di accordo si stavano riferendo? Per chi lavorava Magnus?
Il fatto che si trattasse di gente tutt'altro che raccomandabile era più che evidente, anche se quella considerazione non restringeva poi di molto il campo.
Con tutta la criminalità che c'era in quella città, ci si poteva sempre aspettare attività illegali delle più disparate specie.
Sebbene non fosse una cosa propriamente corretta dal punto di vista etico, aveva rivoltato da cima a fondo il portafogli così come il cellulare di Magnus, nella minuscola speranza di trovare un qualche indizio.
Niente.
Tutto ciò di cui era venuto in possesso, era una lista di contatti dai nomi per nulla rassicuranti.
Braxton, Dirk, Kerr, Shaw, Camden.. Headley.
Ma che razza di tizi frequentava?
In ogni caso, visto che di certo non poteva telefonare loro per avere qualche dettaglio - dai nomi sembrava quasi una gang mafiosa, non certo un ufficio informazioni - la sua era risultata essere tutta fatica sprecata.
Con un sonoro sbuffo si ritirò su, massaggiandosi la fronte con una mano; di quel passo si sarebbe fatto venire un mal di testa da Guinness dei primati.
Prima che potesse tornare per l'ennesima volta a rimuginare sui quei fatti, però, fu distratto da un bussare incessante alla porta.
Merda.
Aveva completamente dimenticato la promessa di Jace di passare a trovarlo quella mattina.
Che poteva fare? Il biondo era perfettamente a conoscenza del fatto che Alec fosse in casa: lo conosceva abbastanza da sapere che, diligente com'era, se mai avesse avuto un qualche sorta di imprevisto lo avrebbe immediatamente avvisato.                                                                                                   
Se non gli avesse aperto suo fratello si sarebbe senz'altro insospettito, allertando immediatamente Izzy che, a sua volta, sarebbe stata capacissima di mandargli una squadra di soccorso dritta dentro casa, tanto per assicurarsi che stesse bene.
Non aveva altra scelta che lasciarlo entrare, cercando di sbarazzarsi di lui il più velocemente possibile.
Pregando tutti i santi esistenti che Magnus non decidesse di svegliarsi proprio in quel momento mandando tutto a monte, Alec si trascinò all'ingresso.
« Finalmente! Temevo di doverla buttare giù a calci. Per l'Angelo fratello, che faccia! Ma che ti è capitato? »
Jace fece irruzione nella sala come una furia, prima ancora che Alec potesse pronunciare una qualsiasi parola.
Stava ancora cercando di elaborare il commento decisamente poco lusinghiero che l'altro gli aveva appena rivolto, quando lo vide dirigersi a grandi passi verso il divano e accomodarcisi sopra senza tante cerimonie.
Valutò con aria critica la distanza quasi inesistente che intercorreva tra l'attuale posizione di suo fratello e la porta della camera da letto, ritrovandosi d'un tratto a sudare freddo.
Sta calmo, sii naturale.
« Questa è tutta colpa tua e di Izzy. Giuro, è l'ultima volta che mi lascio convincere a venire a bere con voi! » esclamò, cercando di risultare disinvolto e indicandosi il volto con una mano.
Certo, quella della sbronza non era la scusa migliore che potesse inventare, ma se non altro era credibile.
Diversamente dai suoi fratelli Alec era tutt'altro che abituato al consumo di alcool, per cui Jace avrebbe potuto tranquillamente credere a quella versione della storia.
Per una volta si ritrovò a ringraziare l'indole da don Giovanni del fratello che aveva fatto sì che la sera prima, mentre si trovavano nel locale, gli avesse riservato ben poca attenzione; in caso contrario, avrebbe senz'altro notato che era tutt'altro che brillo.
A sostegno di quelle sue riflessioni, il biondo scoppiò a ridere fragorosamente, evidentemente più che divertito dal poco spirito festaiolo dell'altro.
Alec imprecò mentalmente cercando di costringere, con tecniche occulte e con la sola forza del pensiero, suo fratello a fare silenzio.
Di quel passo avrebbe finito con lo svegliare Magnus, combinando un vero e proprio disastro.
« Oltre che per insultarmi, c'è qualche altro motivo per cui sei qui? » chiese sarcasticamente al biondo, cercando di accelerare le cose.
Da quanto gli aveva detto la sera prima, aveva bisogno del suo supporto per chissà quale indagine stesse svolgendo per conto del loro padre.
In quel momento quella faccenda era senza ombra di dubbio all'ultimo posto della lista delle sue priorità, ma avrebbe fatto bene a fingersi comunque interessato.
Per cacciare via Jace subito dopo, s'intende.
« In quest'ultimo periodo papà sta indagando su un gruppo di trafficanti di armi che, a quanto pare, agiscono qui in zona. Non è ancora riuscito a capire chi sia il capo: oltre che essere un pezzo grosso è anche maledettamente furbo, riesce sempre a coprire le sue tracce. » iniziò a spiegare Jace, ridivenuto improvvisamente serio.
Se c'era una cosa di cui bisognava dargli atto, era la professionalità con cui gestiva quel tipo di situazioni.
Era da sempre il soldato perfetto, molto più di lui.
« Siete riusciti a scoprire qualcosa? » gli chiese poi, prestando solo in parte attenzione a quella conversazione.
Era abbastanza sicuro di aver sentito un rumore provenire dalla stanza da letto, ma sperò di esserselo solo immaginato.
Jace si passò distrattamente una mano tra i capelli, con un'espressione alquanto scoraggiata.
« Praticamente niente. L'unica cosa che sappiamo é che tutti gli scambi vengono organizzati per mano di un intermediario. Abbiamo il nome, ma non siamo ancora riusciti a capire chi diavolo possa essere. »
Beh, se non altro Alec si tirò un minimo su di morale; non era l'unico a brancolare nel buio.
Cercò davvero di pensare ad un modo per aiutare suo padre e Jace, ma al momento non gli veniva in mente assolutamente niente.
Probabilmente, i suoi poveri neuroni si erano fusi a furia di analizzare la situazione in cui si era cacciato.
Per un attimo si immaginò la reazione di suo fratello se solo gli avesse raccontato cosa era successo davvero: lo avrebbe fatto rinchiudere.
« Qual è il nome? Magari posso fare qualcosa. » asserì Alec, sebbene lui per primo fosse abbastanza scettico circa quell'ipotesi.
« Bane. » gli rispose semplicemente Jace.
All'inizio Alec non riuscì a capire come mai quel nome gli suonasse così famigliare, soprattutto perché troppo occupato a tendere le orecchie per cercare di capire cosa stesse combinando Magnus, per seguire il filo del discorso.
Nel giro di pochi istanti, però, la rivelazione insita in quelle quattro semplici lettere lo lasciò senza fiato.
Bane.. come Magnus Bane.
Lo stesso Magnus che lui aveva salvato e curato solo la sera prima.
Quel grandissimo pezzo di imbecille era andato ad invischiarsi con dei trafficanti d'armi.
E lo stesso aveva fatto anche lui, pur non essendone consapevole in quel momento.
Perfetto.
Ora era ancora più sicuro del fatto che lo avrebbero fatto a pezzi.
L'unico lato positivo in tutto ciò era che almeno poteva smetterla di arrovellarsi il cervello: “l'accordo” di cui stavano parlando era senz'altro quello per uno scambio di merce.
Maledizione.
Come accidenti avrebbe fatto a tirare entrambi fuori da quella storia?
Per un attimo fu seriamente tentato di fare Magnus a pezzi con le sue stesse mani; certo, farlo fuori non gli avrebbe risolto tutti i problemi, ma almeno si sarebbe tolto una gran bella soddisfazione.
Insomma, come diavolo gli era venuto in mente di unirsi ad un giro del genere?
L'omicidio è un reato, cerca di calmarti Alexander.
Prendendo un respiro profondo, si sforzò di analizzare quell'informazione con lucidità.
Per prima cosa doveva sbarazzarsi di suo fratello, senza ovviamente dargli alcun tipo di informazione: non voleva che fosse coinvolto in quella storia nel tentativo di aiutarlo e, per di più, una piccola e irrazionale parte della sua mente era ancora convinta di poter salvare Magnus in qualche modo.
« Bane, eh? Il nome non mi dice niente. Comunque cercherò di scoprire qualcosa e se avrò fortuna ti farò sapere. Ora alza le chiappe dal divano e lasciami continuare a soffrire in santa pace! » esclamò poi rivolto al biondo, indicandogli l'uscita con un ampio gesto della mano.
Jace scoppiò nuovamente a ridere, scompigliandogli i capelli e dirigendosi subito dopo alla porta.
Alec era già sul punto di tirare un respiro di sollievo, quando un tonfo allucinante proveniente dalla sua stanza li fece sobbalzare entrambi per lo spavento.
Oh per l'Angelo, cos'ha combinato questa volta?
Troppo concentrato a stilare una lista di ipotesi che potessero spiegare tutto quel rumore, Alec impiegò qualche secondo di troppo a ricordarsi di suo fratello, ancora in piedi accanto a lui.
« Che cosa è stato? » chiese infatti quest'ultimo, con un’espressione basita stampata in volto, avviandosi poi verso la fonte di quel trambusto per poter controllare di persona.
Il moro, completamente in preda al panico, si piazzò di fronte a Jace cercando disperatamente di farsi venire in mente una scusa qualsiasi.
« Lascia stare, sarà stato il gatto. Non te ne stavi andando? » annunciò, lasciando trasparire appena una punta di nervosismo e poggiando le mani sulle sue spalle per spingerlo verso l'uscita.
« Il gatto? E da quando in qua hai un gatto? Me lo fai almeno vedere? Qui micio - micio! »  gli chiese in tutta risposta l'altro, per poi mettersi a schioccare le dita con un ghigno carico d’ironia.
Alec dovette sopprimere una risata, immaginando la faccia che avrebbe potuto fare Magnus sentendo suo fratello che lo trattava come un felino spaurito.
Tentando di ricomporsi afferrò suo fratello per le braccia, trascinandolo con decisione all'indietro.
« Da alcuni giorni. E no, non puoi. Il mio gatto odia i biondi, meglio per te che non ti veda. » esclamò risoluto, stupendosi lui per primo di come la sua voce fosse risultata salda alle sue stesse orecchie.
Risultato niente male, considerando che era ancora indeciso tra l'accasciarsi in preda ad una crisi di nervi e il ridere fino alle lacrime.
« Il tuo gatto.. odia i biondi? » ripeté Jace lentamente, palesemente scioccato e sbalordito.
Alec sbuffò sonoramente, cercando così di mascherare il ghigno che gli era spuntato sulle labbra.
« Hai capito benissimo. Se la cosa ti crea problemi puoi presentarmi un reclamo scritto! »
Subito dopo aver sbattuto la porta in faccia ad un Jace decisamente costernato, si diresse a grandi passi verso la sua camera per assicurarsi che quel genio fosse ancora tutto intero.
E già che c'era, per strozzarlo con le sue mani.
..peccato che non ci fosse nessuno.
Alec si guardò più volte intorno, sperando vivamente di essere in preda a una qualche sorta di allucinazione dovuta allo stress.
Sembrava non aver lasciato nessuna traccia, se non qualche glitter spalmato nel punto in cui aveva poggiato la testa fino a quel momento.
Lui e Jace erano stato piazzati in salone per tutto il tempo, dove sarebbe potuto andare?
Fu allora che lo vide: un intreccio di lenzuoli buttato a mo' di corda fuori dalla finestra.
« Ma che.. siamo in un fottuto film per caso?!



Prima ancora di rendersene conto, Magnus si era ritrovato con il muso per terra a pochi metri dell’abitazione dalla quale era appena saltato giù, in perfetto stile superman.
La fronte era completamente madida di sudore, segno indiscusso dello sforzo che aveva appena compiuto pensando bene di calarsi giù per quasi due piani.
Lanciò un fugace sguardo alla finestra da cui era appena sceso con degli stupidi lenzuoli, maledicendosi più e più volte per non essere stato in grado nemmeno di stringere bene un cavolo di nodo: il risultato era stato quello di finire rovinosamente a faccia in giù sull’erba fresca di pioggia, provocandosi una scossa di dolore per tutta la lunghezza del braccio.
Con un rantolio sommesso portò una mano sulla spalla ferita, sentendola bagnata di un liquido troppo caldo per essere della semplice acqua: sangue.
Per un momento l’idea di amputarsi l’intero arto - tagliando così il problema alla radice -, aveva fatto breccia nella sua mente contorta, ma era stato costretto a scartarla immediatamente quando si era reso conto che quella era la mano con cui faceva praticamente tutto.
Non solo non sarebbe stato più in grado di mettersi in maniera corretta l' eye-liner - cosa assai dolorosa per lui -, ma non sarebbe nemmeno stato più in grado di difendersi.
Scosse la testa lentamente, alzandosi dolorosamente e a fatica, puntandosi con le ginocchia; le dita erano strette sulla stoffa all’altezza della ferita, in modo da fermare almeno un minimo l’incombente quantità di sangue che fuoriusciva.
Probabilmente occhi blu l’avrebbe ammazzato per questo.
Sempre che riuscisse a trovarlo, cosa che era molto probabile se non si decideva a muoversi.
Con un ultimo sguardo veloce alla casa, fece qualche passo zoppicando, maledicendosi nuovamente per essere stato così debole e stupido.
Idea più idiota non poteva venirgli, ma vista l’occasione presentatasi senza preavviso, non aveva avuto modo di elaborare una qualsiasi strategia più efficiente di quella.
Approfittando del fatto che Alec sembrava coinvolto in un animata discussione, - fece voto di erigere un monumento a chiunque fosse colui che stava distraendo il suo carceriere - si era alzato dal letto, barcollando leggermente.
Aveva aperto l’armadio il più silenziosamente possibile, mettendosi a frugare al suo interno quasi fosse in cerca di chissà quale tesoro inestimabile.
Era rimasto abbastanza deluso dal fatto che l’unica cosa che aveva trovato sotto strati di maglioni bucati e jeans slavati, fossero solo dei miseri pezzi di stoffa.
Poi però si era illuminato improvvisamente, ripensando a tutti quei film che aveva visto, dove i figli scapestrati di qualche stupido riccone scappavano di casa legando delle lenzuola a mo’ di corda, in cerca di quella tanto agognata libertà sfuggente.
Così, con mani tremanti, aveva cercato di far del suo meglio, stringendo bene ogni singolo nodo ma, vista l’uscita di scena imbarazzante, qualcosa doveva essere andata sicuramente per il verso sbagliato.
Sospirando pesantemente si concentrò sulla strada che aveva davanti, cercando con lo sguardo un qualche vicolo nascosto che gli permettesse di acquistare il tempo necessario per non farsi più trovare.
Lo sforzo gli stava prosciugando via anche le ultime forze che aveva riacquistato in quelle ore di sonno, provocandogli brividi in tutto il corpo.
Raggiunse in breve una piccola via dove si infilò senza pensarci troppo, incurante del fatto che qualcuno potesse vederlo in quello stato.
Un colpo di tosse lo disorientò appena, facendogli vorticare la testa come se si fosse trovato su una giostra per nulla piacevole; un conato di vomito gli risalì su per la gola, ma lo scacciò via, poggiandosi contro una parete ruvida e cercando di riprendere aria.
Sentiva le palpebre sempre più pesanti e la stanchezza avvolgerlo tra le proprie fredde braccia in una stretta soffocante dalla quale non riusciva a sottrarsi.
Si accasciò a terra, tossendo convulsamente.
Un rivolo rossastro gli colò giù dalle labbra secche, ma se lo ripulì con stizza, quasi stesse sfidando il suo stesso sangue a provarci ancora.
Allungò il braccio sano a terra e, facendo leva con i piedi, avanzò in un chiaro tentativo di provare almeno ad arrivare un po’ più lontano di lì.
Tuttavia sentiva i muscoli tendersi e la testa martellare troppo dolorosamente per poter anche solo pensare di poter raggiungere chissà quale altro posto.
Con un ultimo sforzo si trascinò a sedere con la schiena poggiata alla parete, nascondendo il proprio corpo dietro un lurido cassonetto.
Se lo avessero visto in quel momento, cosa avrebbero pensato di lui? Che era una stupida femminuccia, incapace perfino di badare a se stesso.
Tossendo ancora una volta lasciò che Morfeo gli avvolgesse le membra stanche nel suo dolce abbraccio, oscurandogli ancora una volta la vista e ogni percezione della realtà.

***

Dove si è cacciato quel maledettissimo cretino?
Era più di mezz'ora che correva in giro per la città alla disperata ricerca di quel gran pezzo d'asino.
Era mai possibile che non potesse lasciarlo neanche pochi minuti privo di supervisione, senza che riuscisse a trovare il modo di fare qualche stupidaggine?
Alec stava seriamente iniziando a chiedersi come aveva fatto a sopravvivere in tutti quegli anni.
Ed era una domanda più che lecita, considerando che Magnus era stato capace di calarsi giù dalla finestra con dei miseri lenzuoli intrecciati.
Roba da pazzi.
Se non fosse stato nel bel mezzo di una situazione critica probabilmente sarebbe scoppiato a ridere fino alle lacrime di fronte a quella scena, e magari gli avrebbe anche fatto un applauso per l’originalità.
Come diavolo gli era venuta in mente un’idea così strampalata?
Senz’altro una delle prime cose che gli avrebbe chiesto sarebbe stata quella.
Certo, sempre che riuscisse a ritrovarlo; e preferibilmente ancora vivo e con tutti gli arti ben attaccati al resto del corpo.
Peccato che a quel punto non ne fosse più così sicuro di nulla.
Iniziava ad essere seriamente preoccupato: se quei due lo avessero trovato prima di lui?
Magnus era ferito e ancora molto debole; in caso di scontro non aveva davvero nessuna possibilità di farcela.
Alec si guardò intorno, accorgendosi di essere oramai arrivato fin troppo distante da casa.
Tra la fuga di Magnus e l'inizio della sua ricerca dovevano essere passati solo pochi minuti, che aveva abbondantemente recuperato giocando alla corsa campestre: era impossibile che il ragazzo, per di più in quelle condizioni, potesse essere arrivato così lontano.
Imprecò sonoramente, voltandosi di scatto ed iniziando a correre nella direzione da cui era venuto.
Doveva esserci un indizio, qualcosa che aveva tralasciato.
Era abbastanza sicuro di aver perlustrato ogni singola strada, ma era sempre possibile che qualcuna gli fosse sfuggita.
A meno che..
A meno che non lo avessero preso prima loro.
Quell'ipotesi, ora sempre più concreta, lo mandò completamente in preda al panico.
Lanciando metaforicamente fuori dalla finestra tutta la sua razionalità, fece l'unica cosa che gli venne in mente: telefonò niente di meno che al generale, nella speranza che potesse rintracciarlo con tutte le sue conoscenze.
« Pronto? Alexander? »
La voce di suo padre gli risuonò chiara nell'orecchio, mentre continuava a procedere ancora più velocemente di prima.
Imprecò mentalmente per l'ennesima volta, mentre scartava bruscamente a destra per evitare di investire in pieno due anziani signori che passeggiavano placidamente per le strade di Londra.
« Papà! Devi mandare immediatamente tutto l'esercito. Non è un esercitazione, ripeto, non si tratta di un esercitazione! »
Una donna lo guardò esterrefatta mentre le sfrecciava accanto.
Per qualche secondo Alec cercò di capire se quello fosse dovuto al fatto di sembrare inseguito da un killer, oppure al modo in cui si era messo a gridare; quasi subito, però, decise che la cosa non gli interessava minimamente.
« Qual è l'emergenza? »
Robert Lightwood aveva utilizzato un tono mortalmente calmo, ma Alec non se ne sorprese più di tanto: abituato al comando così come a rivestire responsabilità particolarmente gravose, suo padre aveva nervi di acciaio e un ferreo autocontrollo.
Probabilmente solo lo sbarco in pieno giorno degli alieni sulla terra avrebbe potuto fargli assumere un'espressione almeno un minimo sorpresa; ma anche in quel caso, non sarebbe durata più di una manciata di secondi.
« Ho cercato dovunque ma non c'è! Probabilmente sono arrivati primi! »
Una minima parte del suo cervello era consapevole del fatto che, se voleva che quel poveruomo lo potesse capire, avrebbe dovuto essere un tantino più preciso di così.
Ma in quel momento davvero non era in grado di esprimersi come una persona normale.
« Alexander, di cosa stai parlando? »
La voce del generale, se possibile, si era fatta ancora più glaciale. Probabilmente credeva che il figlio gli stesse facendo un qualche stupido scherzo.
« Sto parlando di quella principessina del cazzo! Oltre che fare la diva ingrata se ne è andata in una nuvola di glitter! »
Non sapeva neanche lui per quale motivo avesse appena chiamato Magnus "principessina", ma doveva ammettere che almeno in un certo senso quel nomignolo gli calzava a pennello.
Non udendo risposta dall'altro capo del telefono, Alec continuò il suo sproloquio gesticolando animatamente, quasi come se credesse che l'altro potesse vederlo.
« Raperonzolo buttava giù la treccia, questa qui invece dei fottuti lenzuoli intrecciati! Come in un dannato racconto del medioevo. Che poi dì, ti sembro per caso la strega cattiva della torre io?! »
Dopo altri secondi di estenuante silenzio, si udì finalmente la voce di Robert.
« Alexander Gideon Lightwood, se sei sotto l'effetto di stupefacenti, ti giuro che ti costringerò a correre per 60 chilometri con un carico di 45 chili sulle spalle. Tanto per ricordarti un po' di disciplina. »
Ecco, perfetto. Ci mancava solo che suo padre lo prendesse per drogato.
« Non è così! Papà, ascolta io devo.. »
Alec si interruppe di colpo, inchiodando nel bel mezzo della strada.
Si inginocchiò, in modo tale da studiare da vicino ciò che aveva attirato la sua attenzione: davanti ai suoi piedi, c'era una vera e propria scia di sangue.
Magnus.
Scattando nuovamente in piedi, si diresse verso il vicolo in cui la traccia sembrava svanire, pregando con tutto il cuore di trovarlo ancora vivo.
Non ci mise molto a notare la figura di un ragazzo, accasciato in malo modo contro un muro ad occhi chiusi e con la camicia macchiata da un liquido vermiglio.
« Alec? Figliolo sei lì? »
Ignorando la voce che proveniva dal telefono ancora stretto nella sua mano, si avvicinò lentamente a Magnus, controllando le sue condizioni.
Sospirò di sollievo quando constatò che respirava ancora e non sembrava riportare ulteriori lesioni: evidentemente non aveva retto quel tentativo di fuga, che gli aveva fatto riaprire per l'ennesima volta la ferita, finendo col perdere i sensi.
Almeno era stato abbastanza furbo da nascondersi.
« Alexander! Se non mi rispondi subito mando una squadra di soccorso a cercarti! »
Sobbalzando nell'udire quella minaccia, il ragazzo portò immediatamente l'apparecchio all'orecchio, tranquillizzando suo padre.
« Sì, eccomi. E' tutto risolto, scusa se ti ho chiamato. Ci sentiamo più tardi. »
Poi, senza aggiungere altro, gli riattaccò il telefono in faccia.
Probabilmente il generale in quel momento lo stava prendendo per pazzo, e quasi certamente non appena avrebbe rimesso piede alla base lo avrebbe sottoposto ad un qualche test psicologico.
Ma non era certo quello il momento per preoccuparsi di simili dettagli: doveva sbrigarsi a medicare Magnus, di nuovo.
Facendo appello a tutta la sua pazienza, Alec si caricò Magnus sulle spalle, pronto a trascinarlo a casa sua per la seconda volta in appena dodici ore.
A quanto pareva, salvarlo sarebbe stato ancora più difficile del previsto.



Un urlo squarciò l’apparente silenzio che aleggiava nella stanza, facendo socchiudere appena gli occhi ad Alec, intento a cicatrizzare il taglio in modo tale che non potesse più riaprirsi.
Certo, aveva sperato fino all’ultimo di non dover arrivare a fare una cosa del genere, ma visto lo spreco inutile che stava facendo con i medicinali non aveva potuto evitarlo.
Magnus annaspò, cercando di riprendere l’aria che gli era venuta inevitabilmente a mancare quando quell’arnese incandescente aveva toccato la sua pelle nuda.
Se lo voleva ammazzare tra le più atroci sofferenze, ci stava sicuramente riuscendo.
Alec prese a disinfettare il punto in cui aveva poggiato la lama, con un olio eudermico, usato già prima di cominciare il lavoro.
Magnus strinse le labbra in una linea sottile sentendo bruciare la pelle come se andasse a fuoco, ma si impose di non lamentarsi più del dovuto.
Si era già dimostrato abbastanza debole, non poteva continuare così.
Alec tirò un sospiro di sollievo, osservando con occhio critico la lama utilizzata.
Non si sarebbe mai aspettato di poter riuscire a fare una cosa del genere, anzi, per un momento era stato anche tentato di desistere.
Ma dato che la ferita non stava facendo altro che peggiorare infettandosi, le alternative erano cominciate a scarseggiare, e non aveva avuto modo di sottrarsi.
Così, cercando di non farsi influenzare dal terrore del dolore che quel gesto avrebbe sicuramente provocato a Magnus, aveva preso il suo coltellino dalla lama sottile e l’aveva posto sul braciere del suo caminetto, aspettando che questo si arroventasse.
Nel momento in cui era diventato incandescente, si era fatto coraggio e l’aveva poggiato sulla pelle dell’altro, bruciando le pareti della ferita dall’interno, in modo tale da chiudere definitivamente i vasi sanguigni che portavano il sangue ed evitando così un nuovo flusso.
Gli tamponò la fronte, sentendosi un minimo in colpa per aver lasciato che si allontanasse così da lui.
« Mi spieghi che volevi fare, eh? » gli domandò, solo una punta di rabbia nella voce.
Magnus deglutì a fatica, sentendo la gola improvvisamente secca e un bisogno impellente di bere.
« Io.. Acqua. » sussurrò, storcendo poi il naso per quel tono di voce sommesso che non gli apparteneva minimamente.
Alec non se lo fece ripetere due volte e, catapultandosi velocemente in cucina, versò dell’acqua in un bicchiere di vetro, per poi tornare immediatamente da lui.
Gli alzò la testa con una mano, aiutandolo così a bere.
Il ragazzo si sentì improvvisamente meglio mentre il liquido freddo gli scorreva giù per la gola, rinfrescandolo.
« Di certo non volevo essere riportato qui. » esordì finalmente, sentendo il proprio timbro riacquistare piano il suo volume.
Alec sbuffò, massaggiandosi stancamente le tempie e sentendo il bisogno di farsi almeno un paio d’ore di sonno.
« Beh, allora potevi impegnarti di più. » replicò ironicamente, sedendosi ai piedi del letto e guardando il muro di fronte a sé.
Magnus emise quella che alle orecchie del moro sembrava una leggera risata, per poi socchiudere gli occhi.
« Magari la prossima volta andrà meglio. »
Il moro stava per ribattere che non ci sarebbe stata una prossima volta, ma l’altro si era già addormentato.
Si girò, poggiando la testa sopra le mani incrociate sul letto e osservandolo mentre con espressione quieta, dormiva.
Visto da così, sembrava essere un ragazzo normale, tranquillo.
Ma Alec sapeva che ciò non era affatto vero, e che quando si sarebbe svegliato avrebbe dovuto fornirgli senz’altro delle spiegazioni riguardo la faccenda.
Sbadigliò, sentendo quelle ore di sonno mancato gravargli sulle spalle tese e stanche.
Si sarebbe concesso appena qualche ora di sonno, se lo meritava.
Così, senza quasi rendersene conto, si addormentò, stranamente in pace con se stesso.




Saaalve! :D
Ed eccco qui il secondo capitolo, di passaggio, solo per farvi inquadrare un po' meglio la situazione.
Jace ha - diciamo - aperto gli occhi ad Alec, e da qui partirà la vera storia e un susseguirsi di eventi che cambierà la vita - in meglio? in peggio? chissà! - ad entrambi.
Ma se volete saperne di più, non vi resta che aspettere la prossima settimana <3
Intanto ringraziamo tutte quelle splendide persone che hanno anche solo letto la storia, che per noi è già un traguardo! Un grazie a chi l'ha inserita tra le preferite, seguite e ricordate, e a chi ha anche espresso un parere in merito! Siete l'amore! <3
Come al solito vi lasciamo il link del gruppo facebook, dove potrete seguire meglio la storia e leggere di eventuali spoiler. Ma è anche un gruppo in cui si discute tranquillamente di tutto, una piccola famigliola virtuale <3
Se vi interessa, il link è questo ----> https://www.facebook.com/groups/1695283824068412/
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Se vi va, fateci sapere cosa ne pensate del capitolo! :D
Vi diamo appuntamento alla prossima settimana!
Bye! <3

 
   
 
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