“ One, two, three, four,
can I have a little more? ”
Ricordo che da piccola,
ogni qualvolta non avevo nulla da fare, non facevo altro che starmene in
giardino a canticchiare quella canzoncina.
L’avevo sentita per caso,
una volta alla radio con mia madre, e da allora quel motivetto non aveva più
smesso di continuare incessantemente a ripetersi nella mia
mente.
“ All together now ”...
Mamma diceva che si
chiamavano Beatles.
Che nome buffo, pensai ridacchiando, si chiamano
scarafaggi.
“ Five, six, seven, eight, nine, ten…I love you! ”
Mia madre ci lasciò poco
tempo dopo, in una piovosa nottata estiva .
Non ricordo molto…quando
ripresi conoscenza lei non c’era già più.
Da allora, niente è stato
più lo stesso.
Neanche papà.
Neanche Neji il mio
cuginetto, e lo zio Hizashi.
La mia grande casa, la
gente che la frequentava, e tutto ciò che ci circondava, cominciò ad apparire in
una prospettiva diversa. Spenta.
Come se mamma, col suo
volare via, si fosse portata via quel poco che di buono il clan
possedesse.
Troppo piccola per capire,
troppo piccola per farmene una ragione.
Abbastanza grande da
soffrirne.
Mamma non avrebbe più
sorriso.
Non avrebbe più parlato,
non si sarebbe più arrabbiata, non mi avrebbe più acconciato i capelli, nè
lasciato i dolcetti sotto il cuscino in modo che io li trovassi ogni sera.
Questo ero in grado di
capirlo anch’io.
Ricordo che indossavo abiti neri persino per
dormire.
E il lento via vai di gente
triste e sconsolata, che faceva la fila in attesa di stringersi doverosamente
attorno alla famiglia in cui era avvenuto il triste evento.
Una donna dai capelli
biondi pianse abbracciando mio padre.
E la maggior parte degli
ospiti non faceva che lanciare degli sguardi di pietà mista a compassione a me o a mia sorella. Non ci
volle molto tempo affinchè questa situazione cominciasse ad asfissiarmi,
letteralmente.
Fu così, che decisi di
cercarmi un piccolo spazio personale.
Un posto solo per
me.
Promettendomi di non
rivelarlo mai a nessuno.
Lo stesso che un tempo… era
stato anche quello di Hanako Hyuga, nella sua breve permanenza in questo
mondo.
Tutto ciò che volevo, era
solo che mi lasciassero in pace.
E piano piano sarei guarita
da sola.
Niente urla in quel
giardino profumato, niente schiamazzi, niente voce di papà che mi dice che non
sarò mai ciò che il clan desidera. Ciò che lui
desidera.
Solo il mio
silenzio.
Il mio tanto agognato
silenzio privo di interferenza umana.
Persino il cinguettio degli
uccelli era appena percettibile.
Mi sentivo bene.
Protetta nel mio anfratto,
dove sapevo non sarebbero mai penetrati ospiti
indesiderati.
E lì mi abbandonavo a gesti
che altrimenti, non avrei mai osato anche solo
pensare.
Potevo essere libera,
spensierata…come una qualunque altra bambina.
Potevo permettermi di
sorridere e giocare.
E persino di cantare una
canzone.
“ A,B,C,D, Can I bring my friend to tea? ”
Quanto ridevo…non riuscivo
a capacitarmi di quanto un semplice motivetto potesse trasmettermi una tale
allegria. Saltavo, correvo, inseguendo con gli occhi un compagno di giochi che
non c’era.
Chi se ne importava se il
kimono di un bianco immacolato si sporcava di terra o di erba e poi mi avrebbero
sgridato?
Non c’era punizione che
reggesse, niente e nessuno mi avrebbe impedito di essere padrona delle mie
sensazioni felici.
A pensarci bene quello fu
il mio primo atto di ribellione contro le imposizioni di mio padre e del
clan.
Personalmente poi, non
capivo perché il clan trovasse ragione di esistere.
Che cosa complicata, pensavo, cogliendo
dei fiori da intrecciare in una ghirlanda.
Perché alcune persone
dicono ad altre cosa fare della propria vita?
Perché a mio cugino è stato
messo in fronte quel sigillo così brutto e
sgradevole?
Non gli sta per niente bene
secondo me…
E riprendevo a
giocare…
Lanciavo un sassolino,
avanzavo di tre passi.
Ma mancava
qualcosa…
“ E, F, J, H, I,
J
I love you! ”
Chiesi a mio padre dei
gessetti colorati, un pomeriggio d’estate, dopo aver preso il coraggio a quattro
mani.
Mi guardò con noncuranza,
come se nessuno avesse parlato.
Il giorno dopo Neji mi
offrì gentilmente i suoi.
Gli fui grata come non mai.
Estrassi il primo gessetto
dalla custodia, chinandomi sulle ginocchia.
Sorrisi nel vedere il
grigio sentiero, fatto apposta quasi, per quello che mi stavo apprestando a
compiere.
“ Sail the ship bom-pa
bom
Chop the tree
bom-pa bom
Skip the
rope bom-pa bom
Look at
me!!! ”
Scrissi una scala numerica
in ordine crescente dall’uno al dieci, cercando di essere più chiara possibile
nella calligrafia.
Poi ci aggiunsi una barca e la
cerchiai.
Avanzando in alto disegnai
un albero e cerchiai anche quello.
Ed ancora più in alto
piazzai una corda per saltare, accerchiando anche
quest’ultima.
Adesso soddisfatta, avevo
persino una tavola come quelle stampate su cui
saltare.
“ Black, white, green,
red,
Can I take my friend to bed?
Pink, brown, yellow, orange, and
blue,
I love you! ”
Li usai tutti quei miei bei
colori.
Per far sì che il mondo
colorato che progettavo diventasse reale.
Era il mio sogno, vivere in
un mondo tutto colorato.
Un mondo spensierato dove
poter ridere e giocare tutto il
giorno.
Presi il sassolino e lo
lanciai.
E ricominciai a saltare
nella sequenza del disegno.
All together now, All together now,
All together now, All together
now,
All together now!
“
All together now!!!
All
together now! ” gridavo in preda
all’estasi, avanzando per tutte le caselle con un piede solo all’andata e al
ritorno.
Come se quel semplice gesto
racchiudesse dentro di sé, la soluzione di tutti i miei
mali.
Purtroppo, qualche tempo
dopo, mio padre lo scoprì, il mio
posto segreto.
E lo distrusse con ogni
mezzo.
Mi spiace solo di non
essere stata grande abbastanza per impedirglielo.
***********
Sono passati più di dieci
anni da allora.
Ho vent’anni
adesso.
E di cose, da quegli afosi
pomeriggi passati in giardino, ne sono successe.
Ma non mi
lamento.
Sto bene,
ora.
Da qualche giorno, sono
ospite a casa del mio ragazzo.
Sì, per strano che possa
sembrare, anche una ragazza introversa, timida e insicura come me, ha il
ragazzo.
E oltretutto, ne sono
estremamente innamorata.
Si chiama Sasuke.
Sasuke
Uchiha.
Non c’è persona nel
villaggio che non conosca il suo nome, insieme a quello del Byakugan del mio
clan.
Ci hanno detto
indifferentemente che lui è troppo per me, o io troppo per
lui.
A noi non importa, stiamo
insieme e basta.
Ho dormito nel suo letto
tutte le notti.
In maniera estremamente
dolce, con il viso appoggiato sul suo petto muscoloso, il suo braccio che mi
cinge le spalle, stringendomi lievemente.
E ogni volta che mi sveglio
al mattino…spero tanto che tutto ciò che si è verificato la notte passata, si
ripeta ogni notte della mia vita.
Una di quelle notti però,
mentre dormivo placidamente assieme a lui, accompagnata dal suo respiro
regolare, feci uno strano sogno.
Sognai la
mamma.
Era tanto che non mi
succedeva.
Ricordo che eravamo entrambe nel giardino, vicino
alle caselle che avevo disegnato io, tanto tempo fa.
Mamma sorrideva…con quel
suo sorriso limpido e dolce che riservava solo a me, ciò che di più prezioso,
allora, possedeva al mondo. Quando la mamma sorride a quel modo vuol dire che
quello che sto facendo per lei va bene. E ne fui molto
felice.
E forse fu la felicità
accumulata improvvisamente, a farmi svegliare presto quella mattina
soleggiata.
Ma anche la sete, fu una
costante non trascurabile, a onor del vero.
Mi scosto pian piano da
lui, cercando di non svegliarlo con qualche movimento
brusco.
Lo osservo dormire per
qualche istante. Con quelle sue lunghe ciglia nere, il viso dai lineamenti
delicati, i capelli corvini leggermente scompigliati sul guanciale. E un respiro
leggermente più profondo per qualche attimo.
Poco dopo sono in piedi,
scendendo senza fare rumore le scale che conducono al piano giorno della Villa
degli Uchiha.
Un luogo che per i miei
gusti, era troppo grande per una persona sola.
In cucina riempio il
bicchiere di thè freddo.
Muovo qualche passo in
avanti, verso la porta scorrevole che dà sulla veranda e sul giardino, il
bicchiere vuoto a metà fra le mie mani.
Oggi è davvero una
splendida giornata.
<< Uhmmm…. >>
mi stiracchio lievemente le braccia con uno sbadiglio, vuotando il bicchiere con
un’ultima sorsata. Reduce da quel sogno, non posso fare a meno di essere
attratta dal giardino, più verde che mai, di cui colgo qualche stralcio
attraverso le finestre, alzando gli occhi.
Ho voglia di
uscire.
Scosto di poco la porta
scorrevole della cucina che dà sul giardino in modo da poterci passare, e una
volta fuori passeggio tranquillamente, inspirando a pieni polmoni l’aria fresca
e salutare del mattino. Era stata proprio una buona
idea.
Il mio sguardo però, cade
su un punto a caso, un comunissimo punto, che tanti altri provvisti di fiori avrebbero
potuto sostituire in effetti, forse leggermente più ombreggiato, e magari per
questo privo di piante da fiore.
Sorrisi.
Anni fa, avevo faticato per
ricrearne uno simile nel mio di giardino.
E venne naturale,
spontaneo, gioioso, tradurre di nuovo in note i miei pensieri.
Di nuovo. Come se tutti
quegli anni non fossero mai passati.
Con un sassolino nella
mano, avanzando di qualche passo ripresi a
canticchiare…
“
One, two, three, four, Can I have a little more?
A,B,C,D, Can I bring my friend to tea? ”
Salto in avanti. Ancora.
E ancora. Senza neanche
accorgermene.
Ripeto la sequenza di gesti
fino a che non sento la porta scorrevole aprirsi di nuovo sotto il tocco di
un’altra mano.
<< Ma che diavolo
stai cantando? >>
La voce ancora mezza addormentata di Sasuke
interrompe l’andazzo del mio motivetto.
Mi volto di scatto verso di
lui.
I capelli scompigliati, gli
occhi ancora impastati di sonno, un mozzicone di sigaretta fumante fra le dita,
mi osserva stranito, sbadigliando poco dopo.
<< Una…una canzone dei Beatles… >> gli
rivelo punta sul vivo a mezza voce, portando le mani dietro la schiena in modo
da nascondere alla sua vista il sassolino con cui stavo giocando poco
prima.
<< Ah certo, tu e i tuoi amici scarafaggi… >>
risponde con aria di sufficienza, prendendo l’ultima boccata dalla sigaretta
ormai finita, per poi spegnerla con un colpo secco.
<< Ma il nome Beatles non significa
scarafaggi… >> gli faccio notare piano piano.
Me ne pento subito
dopo.
<< Ah no? >>
risponde inarcando un sopraciglio.
<< No… >> continuo tranquillamente a mia volta.
<< John Lennon scelse questo nome perché una notte sognò un uomo che sopra
una torta fiammeggiante gli diceva: " Voi sarete i Beatles, con
E poi anche io avevo dovuto
aspettare di saperne un pò di più su di loro prima di scoprire il
mistero.
<< Bene, grazie mille per la lezione di
storia della musica… >> mi liquida in fretta, entrando pochi istanti in
casa per poggiare il posacenere e uscire di nuovo per avvicinarsi a
me.
Non volevo mica fare la saputella, ci mancherebbe…penso sperando che non
abbia equivocato.
<< Che canzone era? >> riprende
osservandomi con una punta di curiosità.
<< All together now…
>> rivelo con un sorriso lieve.
Era più forte di me. Quella
canzoncina non faceva che mettermi allegria.
Lui però sembra pensare al
titolo della canzone con abbastanza attenzione.
Credo che stia mentalmente
cercando di ricordarsi il motivo.
Rimane in silenzio per
qualche attimo, portandosi una mano sotto il mento in atto
cogitativo.
<< One, two…
three…four, Can I have a little… more… >>
Annuisco colpita. Ma tu
guarda se la ricorda anche lui!
<< Si, proprio quella
lì!!! >> sorrido contenta.
Mi guarda
soddisfatto.
<< La conoscevo anche
io, ma adesso non la ricordo più tutta… >> aggiunge lui
pensieroso.
Lo osservo sorridendogli
con dolcezza.
Questa è la sue
personalissima premura nei miei confronti.
Il suo modo educato di
interpretare i miei gesti solo osservandomi, traendo le sue discrete conclusioni
subito dopo.
Nessuno si prende mai la
briga di farlo.
Perché cercare di andare
oltre le apparenze, è molto difficile…e la gente troppo pigra o cieca per
farlo…
E’ qualcosa di
impagabile.
Impareggiabile, oserei
aggiungere.
E’ per questo che lo
so.
So che con lui…posso
parlarne ormai, dopo tanto tempo.
<< Quand’ero piccola,
ci facevo un gioco con questa canzone… >> gli rivelo con nostalgia,
abbassando la voce di qualche tono, come se in quell’ambiente pressocchè
disabitato ci potesse sentire qualcuno.
<< Anche io… >>
rivela a sua volta come se nulla fosse.
Lo osservo sbigottita,
quasi mi sembra di non aver sentito bene.
Non me lo sarei mai
aspettato da lui!
<< Assurdo!!!
>> commento sorpresa, accennando ad una risata. << Io lanciavo un
sasso e mi muovevo ad ogni strofa con un salto!
>>
<< Idem..>>
rispose con tranquillità.
Incredibile…assolutamente
incredibile.
Io e lui, così
diametralmente opposti… che avevamo in comune le migliori bizzarre abitudini
dell’infanzia!
<< Si ma come
continuava? >> chiede poi nello stesso tono curioso di poco
prima.
<< “ A,B,C,D, Can I
bring my friend to tea? ” ma questa
era la seconda strofa… >> lo informo accennando lievemente alla
melodia.
Naturalmente so tutte le
strofe a memoria, ma mi vergogno un po’ a rivelarle, non vorrei che trovasse un
altro pretesto per considerarmi ulteriormente una bambina, più di quanto già non
faccia.
<< Si…ma la prima poi
continuava coi numeri… >> riflette lui << Five, Six, seven…eight…nine, ten…
>> elenca fermandosi poi per carenza di
memoria.
<< e la seconda
con le lettere… E, F, J, H, I, J…
>>
<< I LOVE YOU!
>>
Lo diciamo all’unisono
nello stesso preciso istante.
Alzo lo sguardo, lui fa la
stessa cosa.
Arrossisco, gli occhi che
si dilatano di poco.
Lui ha la stessa
reazione.
E poco dopo ridiamo insieme
come due bambini.
<< E pensare che non
me l’avevi mai detto prima…. Ti ci volevano i Beatles?? >> mi lascio
sfuggire ridendo piano.
Touchè Sas’ke, colpito e
affondato.
Sorride lievemente, prima di prendere il
mio viso fra le mani e chinarsi a baciarmi.
<< All together
now…>>
Si, credo che lo resteremo ancora per molto tempo...
*Aerith’s Corner*
§*Dedicato alla mia
sorellina Ellie, con tutto l’amore di questo
mondo…§*
Ciò che avete appena terminato di leggere è uno di quei testi contenuti
nello scrigno dei miei ricordi: un piccolo scorcio della mia personale visione
della SasuHina. Amo questa coppia, considerata da tutti un improbabile “ crack
“ , anzi, è addirittura il mio
pairing preferito in Naruto.
A ognuno il suo, come si suol dire.
Questa fic è nata in maniera del tutto casuale, un caldo pomeriggio
dell’estate appena passata sul far del tramonto, accompagnata da un dissetante
thè alla pesca, un gattaccio sulle ginocchia, le cuffie dell’ipod nelle
orecchie, e l’ombra del giardino della mia casa al mare. E lì resterà per
sempre, fra il frinire dei grilli nel periodo dell’anno che preferisco.
Se questa fic, pubblicata esattamente come è nata, (semplicemente, senza nessuna pretesa)
riuscisse a portarvi un sorriso, ne sarei immensamente
felice.
Peace&Love to everyone…<3
*AERITH*