Premessa: i fatti raccontati qui si
svolgono più o meno
nello stesso periodo in cui si sono svolti quelli del capitolo
precedente.
=
00- Spear =
«mai più! Mai più in
tutta la vita! MAI!
PIÙ!!!»
Kozmotis Pitchiner non aveva commesso
molti peccati in vita
sua, e in quei soli quattro minuti di viaggio aveva avuto modo di
pentirsi di
ognuno di essi almeno dieci volte.
«e tu saresti
l’High General of the Galaxies, il marito di
mia sorella, e tra poco il padre di mia nipote…andiamo
proprio bene».
Stava per diventare padre, ma sua
figlia aveva scelto un
gran brutto periodo per venire al mondo, se si trattava di traffico e
servizi
in genere: era la stagione in cui la stragrande maggioranza della gente
era
ancora in vacanza, o era in strada di ritorno da essa, il che
significava
vie intasate e persone assenti al momento del bisogno.
Tornato a casa più in
fretta che aveva potuto, Kozmotis si
era trovato davanti la prospettiva di affrontare una
quantità indefinita di ore
di coda sulle strade. Inaccettabile, considerando che sua moglie doveva
partorire quel giorno e lui voleva assolutamente essere presente,
motivo per
cui aveva sfruttato la sua posizione per richiedere un elicottero che
lo
portasse all’ospedale.
Peccato che tra ferie, assenze e
disservizi vari, fosse
risultato impossibile trovarne uno, anche per l’High General
of the Galaxies.
Si era arreso all’idea di
chiamare Aleha in ospedale per
avvisarla che avrebbe ritardato di chissà quante ore, ma era
stata Spear a rispondere.
Era stata la prima volta in cui lui e
sua cognata si erano
parlati dopo il matrimonio: contrariamente ad Aleha, che nonostante la
sua
completa disapprovazione aveva prevedibilmente finito con riallacciare
i
rapporti con Spear, lui non aveva proprio voluto saperne.
Comunque sia, la sua
“cara” cognata lo aveva informato del
fatto che ad Aleha si erano rotte le acque circa tre minuti prima. Una
notizia
che lo aveva messo in forte agitazione, sia per la sua stessa natura
sia perché
lui non era lì e
probabilmente non
sarebbe nemmeno arrivato in tempo per veder nascere sua figlia
Poi però aveva sentito
distintamente Aleha urlare a sua
sorella “vallo a prendere”.
E non solo.
“vallo a
prendere!”
“c’è
troppo traffico,
non farei in tempo”.
“non
era una
richiesta, e tu puoi! Sto per avere
una bambina e non voglio scuse! Va
bene?!”
Sì, sembrava che andasse
bene, perché Spear -dopo un sospiro
seccatissimo perfettamente udibile- gli aveva detto
“aspettami lì, arrivo tra più
o meno un quarto d’ora”, per poi chiudere senza
aspettare una risposta.
Ma la cosa più incredibile
era stata vederla arrivare lì da
lui veramente dopo circa quindici minuti, saldamente in sella alla
vecchia moto
di Aleha -che quest’ultima non usava più da un
pezzo- e le
prime parole che gli aveva
rivolto erano state “Aleha vuole che ti porti da lei, quindi
muoviti”.
Kozmotis non era sicuro che fidarsi
di Spear fosse una buona
idea, non gli piaceva dover avere a che fare con lei e temeva che
sfruttasse
quell’occasione per cercare di ucciderlo in qualche modo o
cose simili, ma la
sola risposta di sua cognata -felice quanto lui della situazione- era
stata
ripetere la frase precedente come un disco rotto.
Più lentamente, come se
avesse avuto a che fare con un
cretino.
Dopo un’ultima esitazione,
e non riuscendo a trovare
alternative, si era deciso a salire dietro Spear, la quale non era
affatto
intenzionata a cedergli la guida della moto. Era stato a quel punto che
le
aveva rivolto la domanda.
“come
diamine hai
fatto ad arrivare qui in dieci minuti, col caos che
c’è per le strade?!”
“tu
pensa a reggerti,
capirai il resto da solo, per una volta”.
Doveva ammettere che in effetti era
andata proprio così:
aveva iniziato a intuire qualcosa fin da subito, quando Spear era
schizzata via
a cento all’ora su quella moto evidentemente truccata,
apparentemente
infilandosi nel primo vicolo che aveva trovato.
Che dopo una serie di slalom -a volte
contromano- e curve
fin troppo brusche li aveva portati in un cantiere edile abbandonato.
Nel quale c’era un palazzo
in costruzione, o forse
restauro?, attorniato da impalcature di legno sulle quali Spear era
salita,
incurante dei suoi “ma
perché?!”.
«ovvio,
stai andando a ottanta all’ora su
delle
impalcature di legno!!!» gridò il
ragazzo, avvinghiandosi a Spear come
un’alga mentre sentiva la moto sobbalzare continuamente sotto
di sé.
«e quindi?»
«hai
anche il coraggio
di domandarlo?!!» urlò «si può sapere
che ti sei messa in testa?!»
«non deconcentrarmi, le
cose stanno per complicarsi» fu la
risposta della donna, che con sommo terrore del generale
accelerò
ulteriormente.
«cosa vuoi- »
un’occhiata al percorso davanti a loro però lo
fece ammutolire e diventare ancor più pallido di quanto
già fosse, anche se
grazie al casco nessuno poteva vederlo «Spear,
l’impalcatura sta per finire!»
«ma no, davvero?»
l’interpellata incurvò leggermente la
schiena in avanti, per nulla interessata a quel che era stato appena
detto.
«Spear
fermati!!!»
strillò Kozmotis, con un tono di almeno un’ottava
più alto del solito «Spear
FERMATI O FINIREMO AMMAZZATIIIIIIII!...»
Durante le sue missioni aveva volato
sulle navi di legno
stregate dai maghi, aveva volato sulle astronavi più moderne
e sì, a volte era
anche stato costretto a utilizzare dei paracadute per raggiungere
determinati
luoghi; quello era normale, ci poteva stare.
Saltare da un palazzo in costruzione,
in due su una moto, era
un’esperienza che non solo avrebbe voluto
evitare, ma che giustamente non aveva mai immaginato di dover vivere.
Come non aveva immaginato che sarebbe
morto così, e proprio
in quel giorno.
Serrò gli occhi, incapace
di tenerli aperti, e mentre
percepiva la moto precipitare con loro due sopra si mise a recitare
ogni tipo
di preghiera che conoscesse, miste a svariate maledizioni tutte rivolte
alla
cognata e a un numero indefinito di “perdonami
Aleha”/“perdonami Emily
Jane”, che era il nome scelto per
la figlia in arrivo.
Poi toccarono terra, e rimasero
fermi, ma lo schianto
violento che aveva immaginato non arrivò mai.
«quando hai finito di
maledirmi fammelo sapere, così
possiamo ripartire» disse Spear «ah, nel caso
dovessi rigettare sei pregato di
non farlo addosso a me».
La moto, ancora accesa, continuava a
borbottare sotto di
lui, e Kozmotis aprì lentamente le palpebre.
«ma-ma cosa, dove?...un tetto?!!»
Proprio così, quella pazza
furiosa aveva sfruttato l’altezza
delle impalcature per saltare da esse al tetto di un palazzo vicino,
decisamente più basso. Facendosi coraggio diede
un’occhiata alla strada vicina
a loro, strabordante di veicoli vari. Lassù c’era
molta più pace, ma lui
avrebbe preferito di gran lunga rimanere con i piedi ben piantati a
terra.
«sì,
è un tetto, e noi abbiamo diversa altra strada da
fare»
lo avvisò la donna.
Il generale non riusciva ancora a
capire l’utilità di quel
salto, e gli sembrava soltanto un tentativo di omicidio-suicidio, tanto
che
pensò di scendere; peccato che le gambe, ancora serrate
attorno alla moto per
la gran tensione e il grande spavento, non avessero alcuna intenzione
di
rispondere ai suoi comandi.
«ma come facciamo a
scendere in strada?!»
«non scenderemo.
Reggiti».
«EH?!»
Kozmotis fece giusto in tempo ad
aggrapparsi di nuovo a
Spear, la quale ripartì, diretta -con suo orrore- verso il
ciglio del tetto.
Stavolta quantomeno il salto durò pochissimo, e andarono a
finire sul tetto
vicino, ma il momento di sollievo durò poco: dopo quel salto
ne venne un altro,
poi un altro, e dopo un altro ancora!
«tu stai cercando di farmi
venire un infarto, io lo so!!!»
gridò il ragazzo.
«quante scene, e
sì che dovresti essere un uomo d’azione».
«uomo
d’azione, non
pazzo scriteriato!!!»
Spear non rispose, ma Kozmotis fece
uno strillo quasi
femmineo quando l’ultimo salto durò più
del previsto e, aperti gli occhi, vide
che erano tornati in strada.
Già meglio di
prima…
«ma
cosa-»
«DOVE
CAZZO VAI?!!!»
«EHI!!!»
Peccato che stessero viaggiando a
tutta velocità lungo lo
spazio tra le due corsie piene di automobili.
Ormai Kozmotis aveva perso il conto
di tutte le infrazioni
commesse in quei…quanto era passato? Tra uno spavento e un
altro aveva perso
completamente il senso del tempo.
All’anima del
“migliorata”, come l’aveva descritta
Aleha:
Spear era e sempre sarebbe rimasta la donna che aveva decimato i suoi
ufficiali
con un candelabro.
«guarda che se fosse stato
per me non sarei certo venuta a
prenderti» replicò Spear.
«sarebbe
stato meglio
arrivare in ritardo ma con tutte le parti del corpo al loro posto!»
«se cerchi i tuoi testicoli
temo sia una causa persa»
replicò la dottoressa.
«sì,
perché tu negli anni me li hai disintegrati man
mano!»
ribatté Kozmotis.
L’amabile scambio di
battute finì giusto in tempo perché
alle orecchie di entrambi arrivasse distintamente il suono delle sirene
della
Gendarmeria.
«mi viene da dire
“alla buon ora”, dopo tutti quei salti sui
tetti» commentò Spear, osservando le -assai poche-
motociclette delle Forze
dell’Ordine «si vede proprio che questo
è il periodo in cui la gente svogliata
va in vacanza, Gendarmeria inclusa».
«la Gendarmeria ci insegue
e tu!...“migliorata”
un corno, fuori di testa eri e fuori di testa
resti, e adesso fermati!» le intimò Kozmotis
«sono l’High General of the
Galaxies, se ora collaboriamo e dico loro che si tratta di
un’emergenza forse
possiamo cavarcela!»
«no, perderemmo
tempo» disse Spear, lapidaria, non
accennando a rallentare.
«ma-»
«stai zitto e aggrappati
bene, se vuoi arrivare da lei
intero!»
Spear accelerò bruscamente
senza aspettare una risposta
affermativa o negativa, lanciandosi in un pericolosissimo slalom tra i
veicoli,
con la Gendarmeria cercava di star loro dietro.
Non era solo una cosa folle, era
peggio. Lui era la massima
carica militare del regno -eccetto il re stesso- ed era coinvolto in un
inseguimento come il peggiore dei fuorilegge.
Con sua
cognata.
La “rispettabile”
dottoressa Spear Sinetenebris.
Pazzesco.
Assurdo.
Probabilmente prima o poi si sarebbe
risvegliato nel proprio
letto, e avrebbe scoperto che si trattava soltanto di uno stranissimo
sogno,
anzi, incubo.
Il generale urlò quando
Spear fece una curva talmente brusca
che quasi lo sbilanciò, imboccando la strada che portava a
un cavalcavia sotto
il quale si trovavano i binari su cui di solito transitavano i treni
merci.
E la Gendarmeria sempre dietro, a
sirene spiegate.
«stavo
per cadere,
MALEDIZIONE!!! Ci farai ammazzare entrambi, razza
di-»
Se da parte di Spear ci fu una
risposta lui non la sentì,
coperta dal fischio del treno che stava per passare sotto di loro.
Proprio in quel momento, tuttavia,
Kozmotis vide arrivare
davanti a loro un nuovo problema. «ne
arrivano altri! Davanti a noi!»
Vista la difficoltà
dell’inseguimento, quei pochi gendarmi che
c’erano avevano deciso di dividersi e di intrappolarli
proprio sopra quel
cavalcavia: metà stavano arrivando davanti a loro, andando
contromano, e
l’altra metà era alle loro spalle.
Kozmotis non vedeva altra via
d’uscita da quella situazione
se non usa resa immediata, prima di peggiorare le cose, ma Spear non
stava
rallentando affatto, se mai il contrario.
Male.
Molto male.
«dobbiamo fermarci e
arrenderci, non te lo ripeterò un’altra
volta! Non solo ci inseguono, tra poco arriveranno anche qui davanti a
bloccarci, non possiamo fare altrimenti, e poi solo gli Dei sanno
quante
leggi-»
«mia sorella sta per
partorire e noi dobbiamo andare da
lei» lo interruppe Spear «il resto non ha
importanza!»
Arrivata quasi a metà del
cavalcavia, quando le tenaglie
della Gendarmeria stavano per stringersi su di loro, Spear diede
ulteriormente
gas, e prima che Kozmotis potesse anche solo vagamente intuire le sue
intenzioni
saltò il basso guard rail che
delimitava
la strada, precipitando di sotto, dritta sul terzultimo
vagone del treno
merci.
“morirò.
Morirò male. Morirò malissimo” fu il
solo pensiero che
Kozmotis riuscì a formulare, mentre occhi e bocca si
spalancavano in un urlo
silenzioso.
Poi sentì le gambe
abbandonare la presa attorno alla moto,
si sentì strattonare e, per finire in bellezza, diede una
bella testata contro
il tettuccio del vagone sul quale era atterrato. Gli parve di sentire
un’esplosione, presumibilmente quella della moto, ma non
poteva esserne sicuro: tutto quello a
cui pensava era
aggrapparsi a quel vagone con tutte le proprie forze, ancora stupito di
essere
vivo.
«muoviti, High
General!» si sentì apostrofare «dobbiamo
raggiungere il bordo e calarci giù tra un vagone e
l’altro!»
«COSA?!!»
gridò
lui, sollevando appena la testa «non puoi chiedermi anche
questo!»
«vuoi restare qui sopra per
tutta la vita? Ti ricordo che
Aleha-»
«sì,
sta per
partorire, LO SO, ho capito!» aveva creduto che con
un candelabro in mano
fosse pericolosa al massimo, ma sembrava proprio che si fosse
sbagliato: su una
moto era peggio, tragicamente peggio. «a
momenti è un parto più difficile per me che per
lei» borbottò tra sé e sé.
«appunto. Quindi datti una
mossa» concluse Spear, avviandosi
verso il bordo del vagone.
Kozmotis, dal canto suo, non
poté far altro che fare appello
a tutta la forza d’animo che gli restava e trascinarsi fino
alla fine del
vagone assieme a quella svitata, alla quale -se fosse sopravvissuto-
avrebbe
dovuto chiedere un paio di spiegazioni.
«ci siamo, ora caliamoci.
Sei in grado di fare almeno questo
senza lamentarti?»
«e tu sei in grado di
fingerti sopportabile per almeno cinque
secondi?»
Lei non lo degnò neppure
di una risposta, eseguendo una
complicata manovra per calarsi giù tra i due vagoni.
Kozmotis la imitò, anche
più agilmente: un conto erano pericolose corse e salti
assurdi in moto, un
altro situazioni che richiedevano una prestanza fisica che lui,
ovviamente,
possedeva.
«tra poco dovremo saltare
giù» lo avvisò Spear «mentre
venivo da te ho visto che qui, vicino alla clinica, c’erano
alcuni isolati
senza troppo traffico».
«siamo già
vicini alla clinica?!» allibì il ragazzo.
«non ho corso su tutti quei
tetti per sport. Preparati a saltare»
lo esortò «ora!»
Riuscirono a saltare quasi in
perfetta sincronia e a
“cadere” bene, senza rompersi alcun osso: ancora
una volta l’addestramento
militare fu decisamente d’aiuto a Kozmotis, il quale
provò una certa
soddisfazione quando riuscì a rialzarsi prima di Spear.
«muoviti, dottoressa!
Aleha sta per partorire!» disse addirittura, in una palese
presa in giro.
«non ho bisogno che me lo
ricordi, la mia mente funziona a
meraviglia, contrariamente ad altre» replicò la
donna «allontaniamoci dai binari,
liberiamoci dei caschi e raggiungiamo la strada: potremmo percorrere a
piedi il
tragitto che rimane, ma penso che nessuno si sognerebbe di rifiutare un
passaggio all’High General of the Galaxies. L’unica
cosa in cui la tua carica
possa tornare utile, oserei dire».
Detto questo Spear raggiunse a passi
veloci la breve salita
che li avrebbe portati più lontani dai binari, e ancora una
volta Kozmotis non
poté far altro che seguirla; osservò la sua
esilissima figura e, per l’ennesima
volta, si disse che sua cognata era una strega fatta e finita. O un
demone. Che
un mucchietto d’ossa come lei potesse fare certe cose era
inspiegabile.
Oppure…
«Spear!»
Lei si voltò e tolse il
casco, mostrando uno sguardo che
appariva solo leggermente seccato. «cosa?»
«non è che sei
un agente segreto al servizio di Sua Maestà,
o di qualche famiglia delle Costellazioni?» le
domandò Kozmotis, togliendosi il
casco a sua volta «parli poco, sei tetra, fai
cose!…tutto tornerebbe».
«“torna”
solo nel tuo cervello evidentemente danneggiato
dal colpo di prima. Non sei neanche
degno di una risposta, davvero» disse la dottoressa, tornando
camminare.
«oppure magari qualcuno ha
fatto qualche esperimento su di
te ma non lo ricordi!» insistette Kozmotis «e
“Aleha sta per partorire” è la
frase di innesco per-»
«non per far tacere i rompicoglioni, a quanto pare».
«non usare quel tono con
me, strega psicopatica, altrimenti
io…»
«se stai per dire “ti
sparo” ti fermo subito».
Kozmotis ammutolì: Spear
gli stava puntando contro una
pistola, la sua, che gli aveva
rubato
chissà quando. Quando lei gli restituì
l’arma tenendola per la canna la sua
agitazione diminuì, ma soltanto di poco. «allora
niente, rimane valida la mia
teoria sul fatto che sei un demone degli abissi».
«puoi teorizzare quel che
vuoi, purché tu lo faccia in
silenzio e camminando. Cerca di non sembrare più agitato del
dovuto».
La voglia di dare inizio a un bel
litigio con lei, anche
solo per sfogare tutta la tensione accumulata, era veramente tanta, ma
Kozmotis
fu abbastanza intelligente da intuire che quello non era il momento,
né il
luogo…e che comunque litigare con un demone degli abissi,
anche se privo di
candelabro, moto e pistole, non era una grande idea.
Dopo aver alzato gli occhi al cielo,
dunque, si limitò a
seguirla procedendo a passi veloci, tornando a stupirsi di quanto
sembrasse
calma, nemmeno facesse cose simili tutti i giorni. «e tu
cerca di sembrare
agitata come una persona che si rende conto di essere saltata sopra un
treno in
corsa. Di’, ma l’avevi già
fatto?»
«il salto sul treno
no».
«perché, il
resto invece sì?!»
Spear non gli rispose, ma vedendo
un’automobile a trecento
metri di distanza fece uno scatto da centometrista e corse avanti, per
poi far cenno
di fermarsi alla donna che la guidava.
Kozmotis non la raggiunse in tempo da
capire cosa le avesse detto,
ma vide distintamente Spear indicarlo, e la donna -che evidentemente lo
aveva
riconosciuto- guardarlo stupita.
«sì…sì,
certo signori, non c’è problema! Non è
una
deviazione così lunga rispetto alla strada per casa
mia!...non che mi sarebbe
importato, in caso contrario» aggiunse, visibilmente
emozionata «voi,
dottoressa, avete curato con successo mia zia tempo fa, ed è
ancora in buona
salute!»
«me ne rallegro,
signora».
«e
l’High
General of the Galaxies! Nientemeno!...la massima carica
militare del
regno sta per diventare padre e IO
lo
sto accompagnando da sua moglie! Io!»
squittì, mentre Kozmotis e Spear salivano
sull’automobile «quale onore!»
«non avete idea di quanto
sia grande il favore che mi state
facendo, signora. È incredibile la condizione delle strade e
anche dei servizi
in questa stagione, davvero!» commentò il generale
«sappiate che sono in debito
con voi».
«non parlatene nemmeno,
Lord Pitchiner, non parlatene
nemmeno, non mi dovete nulla!» ribatté la donna,
mettendo in moto «solo…sarà un
maschio o una femmina?»
«sarà una
femmina!» rispose Kozmotis, e lo fece volentieri
«e si chiamerà Emily Jane, come mia
nonna».
«che nome
grazioso!» trillò la donna.
«oppure
Seraphina» aggiunse Spear «come la trisnonna mia e
di mia sorella. Aleha ha sempre detto di voler chiamare così
un’eventuale
figlia femmina».
Se la donna che guidava avesse visto
lo sguardo di Kozmotis
in quell’occasione, probabilmente si sarebbe spaventata
temendo che volesse
commettere un omicidio. Ma per fortuna non poteva vederlo, dal momento
che lui
era seduto sul sedile posteriore.
«però alla fine
ha deciso di chiamarla Emily Jane, e chi più
della madre ha il diritto di scegliere il nome della creatura che mette
al
mondo?» disse, con un tono allegro completamente fasullo: che
quella si permettesse di sindacare
anche
sulla scelta del nome di sua figlia era
veramente il colmo.
«hai ragione» disse Spear «nessuno
più della madre ha
diritto di scegliere il
nome di sua figlia».
“io
prima o poi la
strangolo” pensò il generale, sperando
che il viaggio e anche la successiva
permanenza in clinica durassero il meno possibile.
***
«dai Aleha, spingi!
Ci
sei quasi, la testa è quasi fuori!...Coraggio!»
Per Spear non valeva lo stesso
discorso. Non era
imperturbabile o tetra come suo solito, anzi, in
quell’occasione -contrariamente
a prima con tutte quelle cose folli- gli sembrava viva,
piena di premure verso sua sorella e,
incredibile ma vero, umana.
Non un demone degli abissi, ma una
persona che assisteva degnamente
una sorella a cui
voleva molto bene.
«s-siamo sicuri che sia
tutto norma-»
«sì,
Kozmotis, ti
assicuro che sta andando tutto come deve andare» lo
interruppe Spear «quindi
non stare in ansia. E soprattutto non
mettere in ansia Aleha» aggiunse, in un sibilo al
suo orecchio «provaci e
ti butto fuori dalla stanza a calci».
Come non detto, quella di
umanità era solo mera apparenza. Almeno
con lui. «la sento urlare così, che dovrei dire
secondo te?» sibilò di rimando
«non sono esperto di parti!»
«e allora muto!»
«DOVETE
PROPRIO
DISCUTERE ANCHE ADESSO?!!» urlò Aleha,
stringendo tanto forte la mano di
Kozmotis che questi impallidì dal dolore, senza
però osare lamentarsi: con quel
che stava passando Aleha, il minimo era che un po’di dolore
toccasse anche a
lui.
«no che non dobbiamo, noi
siamo qui per te» disse Spear, con
una strana dolcezza «e ora tu devi dare due ultime spinte,
due soltanto!...vai così!»
Il grido di Aleha si
mescolò con quello spaccatimpani della
bambina appena venuta al mondo, prontamente recuperata
dall’ostetrica, e tutti
quanti poterono fare un sospiro di sollievo.
«la mia bambina»
fu la prima cosa che disse Aleha, con lo
sguardo reso un po’spento dalla stanchezza
«lei…»
«sta benissimo»
disse Spear, mentre metteva la neonata a
contatto della madre «e anche in questo momento riesce a
essere bellissima…è evidente
che ha preso molto da te».
La frecciatina non venne minimamente
presa in considerazione
da Kozmotis, troppo preso a contemplare la sua bambina. Non gli
importava
quanto potesse essere sporca, o che lo sforzo fatto per venire al mondo
non
giovasse al suo aspetto: per lui sua figlia, con quelle sue manine
minuscole e
quei pochi capelli corvini sul capo, era già
l’essere più bello, fantastico e meraviglioso
di tutta la galassia. «la nostra Emily Jane è
bellissima».
«…o
Seraphina».
Ancora?! Era
incredibile che anche in quel momento Spear si ostinasse a battere su
quel
chiodo. «non te lo ripeterò un’altra
volta: si chiama Emily Jane! Ti
serve uno spelling, per caso?!»
«non sei in grado di fare
uno spelling» replicò Spear «Seraphina
le starebbe molto meglio, perché-»
«non tirare di nuovo fuori
la storia che la vostra antenata Seraphina
era la figlia ribelle del barone Saiph!» la interruppe
Kozmotis «non me ne
potrebbe importare meno, Emily Jane è un nome molto
più bello».
«Seraphina è
più elegante».
«Emily Jane è
più moderno!»
«Emily
Jane Seraphina
Pitchiner!» intervenne Aleha, mentre coccolava la
suddetta Emily Jane «e detto
questo vedete di farla finita! Insieme siete la piaga di partorienti e
puerpere,
davvero».
«ehm…è
ora che la bambina venga lavata e visitata»
intervenne timidamente l’ostetrica «il padre
dovrebbe venire con me, e portare
i vestitini…»
«i…cosa?»
disse
Kozmotis, colto alla sprovvista e improvvisamente nel panico. I
vestitini, le cose
per la bambina! Come aveva potuto dimenticarsene?! Eppure sapeva che
avrebbe
dovuto portarli!
«il
cervello, ecco
cosa» disse Spear, appioppandogli in mano un grosso borsone
«qui c’è tutto. Vai».
Anche quando Spear faceva del bene
gli rendeva veramente
impossibile trovare la voglia di dirle “grazie”.
Dopo aver dato un bacio ad Aleha, e
averle detto che lui ed
Emily Jane sarebbero tornati presto, seguì
l’ostetrica fuori dalla sala parto. Non
c’era niente da fare, pensò, lui e sua cognata si
sarebbero sempre odiati, tanto
da non riuscire a comportarsi civilmente neppure in
quell’occasione.
“alla fine però
non è colpa mia se oltre a fare
cose ha un carattere orribile! Ho
capito che ha avuto una vita difficile, ma non per questo è
autorizzata a
trattare ME come se fossi un
escremento di gatto stellare o peggio…e comunque
è sempre la persona che ha
maledetto me e sua sorella al matrimonio, cosa che non
dimenticherò finché avrò
vita!”
Per fortuna che la nuova casa in cui
sarebbero andati a
vivere sarebbe stata completata a breve, e che sua moglie aveva
rispettato la
sua richiesta di non dire nulla a Spear del loro eventuale -in
realtà sicuro-
trasferimento.
Aleha non era ancora del tutto
convinta, in quel caso, perché
le piaceva il suo lavoro, le piaceva il suo quartiere e la gente che lo
abitava, e in più si era riappacificata con sua sorella, ma
alla fine avrebbe
ceduto: tempo pochi mesi e sarebbero andati via, nascosti da tutto e
tutti. Se
si voleva vivere tranquilli era la cosa migliore, e se ne sarebbe fatta
una
ragione.
Guardò Emily Jane in
braccio all’ostetrica.
“è anche per
difendere te da pessime influenze esterne che lo
faccio. Proteggerò te e tua madre da tutto quel che
può minacciarvi, qualunque
siano i pericoli. È una promessa!”
Buonasera! Anzi, ormai buona notte
:’D
Non che sia un agente segreto, ma il
fatto è che-
Kozmotis:
se dici
“sua sorella stava per partorire” ti sparo.
Sì quella cosa
lì, e avete già visto che, se si tratta di
Aleha, lei "fa cose", per citare
Kozmotis.
Nel prossimo capitolo ci
sarà un salto in avanti di diversi
anni, verranno spiegate alcune cose che nel capitolo precedente hanno
sollevato
qualche domanda, e si vedrà quel personaggio di cui avevo
parlato la scorsa
volta.
No, non cambierò idea in
corsa, il capitolo è già pronto :D
_Dracarys_
Ah, un'ultima cosa: immaginate automobili, elicotteri e veicoli vari in versione un po'steampunk. A giudicare dalle immagini del Moon Clipper che ho trovato, direi che i veicoli un po'più "articolati" avevano quello stile.