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Autore: Bibliotecaria    27/08/2016    0 recensioni
Il mondo dei maghi è più complesso di quel che immaginiamo, pieno di misteri e segreti.
Harry Potter e la sua generazione hanno fatto la loro parte, ora una nuova generazione deve affrontare la sua sfida; segnata da una profezia e da un nuovo nemico.
L'antica magia verrà risvegliata e una nuova magia nascerà. Il ritorno dei draghi è il primo segno che indica la fine d'un era e l'inizio d'un altra.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuova generazione di streghe e maghi
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Una nuova generazione '
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Cap. 13 il ritorno dei draghi
Hanna si posizionò in testa al gruppo e affinò i suoi sensi per evitare d’essere notati dalle pattuglie di draghi. Indicava la strada con sicurezza e naturalità facendo passare i suoi amici in percorsi sicuri, nascosti dalle folte fronde. Ogni tanto Nath o Itrandil l’avvertivano della presenza di alcuni draghi ma era un aiuto quasi superfluo poiché lei li percepiva esattamente come loro e anche quando sembrava andare loro in contro in realtà stava conducendo i suoi amici per la via più nascosta. Quando iniziarono ad avvicinarsi scesero in uno strettissimo avvallamento del terreno che formava un sentiero naturale interamente coperto da felci e dalle folte chiome degli alberi del quale ci si accorgerebbe solo se ci si cadesse dentro. In quel tratto Itrandil si dovette acquattare per mimetizzare la sua presenza con la vegetazione; si muoveva piano appoggiando delicatamente le sue zampe al terreno con furtività felina, il collo era abbassato a livello del terreno e la pancia sfiorava appena la terra umida. Fu silenziosissima: non si sentirono rami spezzarsi, terre scostarsi o ruggiti, solo qualche piccolo gorgoglio ogni tanto appena udibile, la furtività della draghessa sorprese molto la Hanna la quale si chiese come fosse possibile che un essere così grosso e pesante fosse anche così discreto e riuscisse ad essere delicato.
Ogni tanto si sentirono volare sopra la testa piccoli gruppi di draghi di cui si accorgevano della loro presenza prima per l’odore, in ultimo per il sordo sbatter d’ali che era possibile udirlo solo una volta che quelle immense creature erano sopra le proprie teste. Ad un certo punto Hanna vide del fango e le venne un idea. “Venite qui.” Sussurrò ai suoi amici, i quali la osservarono perplessi spargersi addosso quella melma viscida e un po’ odorosa. “Hanna… che fai?” chiese Nath disgustato e perplesso. “Nascondo il mio odore. Il fango non farà miracoli ma quanto meno lo confonderà con il terreno.” Spiegò la ragazza passandosi quella poltiglia nelle zone più odorose del suo corpo: ascelle, collo, ventre, viso e cosce e poi sul resto del corpo. I tre compagni la osservarono perplessi un secondo però dovettero constatare che Hanna aveva ragione: se Itrandil poteva fiutare gli altri draghi, anche gli altri draghi avrebbero potuto fiutare loro. Nath fu il primo a farsi avanti e, afferrata una grossa manciata, si spalmò il fango in buona parte del suo corpo non trascurando neppure i capelli e il viso. Lo seguì poco dopo Elaine che si coprì di fango le zone leggermente sudate e sul resto del corpo ne spalmò del altro anche se in quantità meno consistenti. In fine Arthur si sottopose a quella assurda pulizia anche se con molta riluttanza. “Sei sicura che nasconderà il nostro odore ai draghi?” chiese Arthur una volta imbrattato di fango. “Chiediamo al nostro drago.” Disse Hanna. Itrandil fece un paio di rantoli soffocati scuotendo la testa dal basso al alto. “Elaine traduzione.” Chiese Nath che aveva guardato la draghessa senza capire una parola di quel linguaggio preistorico. “Dice che riesce a sentire i nostri odori, ma sono molto confusi con l’odore della terra e poi lei conosce molto bene i nostri odori, per tanto le è più facile riconoscerli. Ma non crede che gli altri draghi abbiano un fiuto così acuto da capire che non siamo parte del paesaggio finche non ci vedono.” Spiegò Elaine riprendendo a camminare. “Ti ha detto tutto questo?” gli domandò Arthur raggiungendola. “Sì.” Rispose con semplicità Elaine. Arthur strabuzzò gli occhi impressionato che così pochi versi volessero dire così tante cose.
Arrivati a un chilometro di distanza incontrarono le prime due sentinelle che Hanna aveva individuato nei suoi giri di perlustrazione: un Dorso Rugoso di Norvegia e un Ungaro Spinato, entrambi quando li aveva visti gli aveva riconosciuto sguardi crudeli e rassegnati che l’avevano terrorizzata un po’. Hanna si voltò verso Nath e gli indicò un punto ben preciso più o meno davanti a loro, Serpeverde capì subito e, dopo aver preso un bel respiro, spinse il vento nella loro direzione. Hanna annusò l’aria cercando di distinguere i numerosi odori e di decifrarne il senso. Dentro al nido erano nascosti la maggior parte dei draghi ma fuori vi erano altre tre sentinelle, oltre all’Ungaro e lo Spinato, ma queste proteggevano l’entrata principale la quale era opposta alla direzione da cui stavano arrivando. Alzò gli occhi al cielo e aguzzò la vista e l’udito: due sbatter d’ali ben distinti davanti a loro si aggiravano in quella zona con ampi cerchi concentrici che racchiudevano un vasto territorio ma non li avrebbero vide e neppure loro sarebbero stati visti grazie alla cupa luce del tramonto che creava lunghe ombre e rendeva tutto confuso. “Proseguiamo.” sussurrò la Grifondoro mentre i suoi istinti da orso la stavano avvertendo sul pericolo sempre più grande e di conseguenza il suo spirito combattivo la rendeva sempre più inquieta ma dovette mantenere la calma e reprimere il suo desiderio di correre verso il pericolo. Dopo qualche metro si trovarono davanti una scena di agghiacciante desolazione: la terra, in quella parte foresta era stata bruciata per ben più di quattrocento metri quadrati circolari la terra era inaridita e sabbiosa e lì di tanto in tanto si distingueva la base d’un tronco spezzato e bruciato, il vento quando passava alzava nubi di polvere come se lì non piovesse da mesi, nel terreno si erano formate delle crepe e non vi era creatura vivente in quei luoghi, quella desolazione era stata voluta per consentire la costruzione di quella che rassomigliava a una torre la quale si elevava al cielo come un cono leggermente piegato verso un punto a nord del cielo ricordando vagamente la forma d’un cappello floscio, era stata costruita con terra e alberi bruciati, sotto la rossa e cupa luce del crepuscolo quella torre aveva un aria spettrale e i fasci rosse che la colpivano da dietro allungavano l’ombra di quel nido, poiché di quello si trattava, così lunga da raggiungere il confine con la foresta. Hanna alzò lo sguardo i due draghi erano davanti a lei alti nel cielo pronti ad uccidere qualunque cosa si muovesse. “E ora come li superiamo?” chiese Nath perplesso “Il cambio di guardia è tra poco.” disse Hanna osservando il sole davanti a lei. Aspettarono per un breve ed interminabile tempo, mai un imbrunire parve così lungo a Hanna. Quando anche l’ultimo raggio di luce rossa sparì dietro agli alberi tutti draghi in volo scesero a terra davanti al entrata principale del nido, Hanna, Arthur, Elaine e Nathaniel erano coperti. “Ora.” sussurrò Hanna. I quattro giovani e la draghessa corsero a perdi fiato fino a raggiungere la torre e lì, guidati da Hanna, si imbucarono in una fenditura, abbastanza grande da far passare Itrandil, abbastanza piccola perché nessuno la notasse. Quel buco misurava un metro in altezza e uno e mezzo in larghezza. I quattro amici si accasciarono a terra e abbassando la testa entrarono di soppiatto nel nido, ma per Itrandil fu più difficile: la draghessa si dovette acquattare a terra, fece entrare prima il collo, poi le zampe anteriori e con quelle dovette spinge per riuscire a far passare la sua mole, dietro le sue zampe spingevano affannosamente e dopo svariate contorsioni del busto e trattenimenti di fiato la draghessa riuscì a passare.
 
Si ritrovavano su una piccola sporgenza su uno strapiombo dove v’era appena lo spazio per muoversi. Quel luogo pullulava di draghi d’ogni forma e dimensione ma nessuno badò a loro, erano tutti impegnati in qualcosa di incomprensibile: erano aggrappati alle pareti della struttura, muovevano il collo in varie direzioni e contemporaneamente emettevano ringhi, rantoli, ruggiti e richiami generando un fracasso infernale e il buio era quasi totale se non fosse stato per qualche debole raggio di luna e uno sputare di fiamme occasionale. “Itrandil dice che stanno cantando per la nascita del drago d’oro.” spiegò Elaine in un bisbiglio. Nath si sorprese: quei suoni erano agghiaccianti, rauchi e spaventosi, non gioiosi e caldi, come ci si aspetterebbe ad una nascita, e poi non avrebbe mai immaginato che i draghi cantassero. Nath guardò verso il basso e vide qualcosa: un flebile luccichio d’orato infondo al nido, cinquanta metri sotto terra. “L’uovo è laggiù.” disse Nath indicandolo. “Dove?” domandò Elaine avvicinandosi a lui stringendo gli occhi. “Lì, infondo.” disse indicando quella che doveva essere la fine dello strapiombo. “Come scendiamo?” chiese Arthur spaventato cercando a destra e a sinistra qualcosa che potesse sembrare un appiglio. “Se voliamo ci noteranno subito.” constatò il Serpeverde. “L’unica opzione è arrampicarsi.” dichiarò il giovane “Con cosa?” chiese Elaine che non era mai stata brava nel arrampicarsi sugli alberi. “Non abbiamo una corda abbastanza lunga per scendere fin lì.” Ribatté la ragazza. Arthur tirò fuori la corda. “Sono dodici metri di corda, meno i tre metri per legarcela alla vita sono nove metri. Come facciamo?” chiese Arthur continuando a cercare qualcosa che gli aiutasse. Nathaniel si guardò attorno. I draghi erano tutti adulti e la maggior parte aggrappati alle pareti con i loro poderosi artigli ma del mago incappucciato nessuna traccia. -Un minuto!- pensò il Serpeverde -Il mago che controlla i draghi deve scendere in qualche modo. E ne dubito che i draghi si facciano cavalcare o che lui si fidi a tal punto di quelle bestie visto che, da quel che dice Hanna, non è un padrone amichevole.- Allora Nathaniel aguzzò la vista verso l’entrata principale e lì, leggermente in ombra, c’erano dei rozzi gradini scavati direttamente nella terra secca e nella roccia salendo e scendendo a chiocciola per la struttura. Il moro allora sporse il collo oltre l’insenatura in cui si erano nascosti, e sotto di loro, a circa dieci metri, c’erano i gradini. “Ragazzi guardate qui.” li chiamò Nath, gli altri tre si sporsero. “Ben fatto Galleric.” disse Hanna dandogli una leggera pacca sulla spalla. “Grazie Uther.” ricambiò l’interessato. “A cosa vi riferite voi due?” chiese Arthur con gli occhi affilati nel tentativo di aguzzare la vista ma non riusciva a vedere nulla solo una serie di ombre indistinte eppure si era abituato al oscurità. “Non le vedi le scale Arthur?” chiese Hanna scettica. “Scale…?” Arthur fece passare un po’ di tempo prima di rispondere. “Ah sì ora le vedo!” esclamò il Corvonero in un sussurro. Elaine rimase un po’ perplessa e confermò il suo sospetto che Arthur avesse problemi di vista, ma non era il momento per quelle cose.
Nath con l’aiuto di Hanna fissò la corda a una pietra e la lanciò giù. Nath fu il primo a scendere, dato che poteva volare nel caso in cui la corda non avesse retto. La corda ruvida gli sfregava le mani, i muscoli delle braccia erano contratti dallo sforzo e si lasciava scivolare giù lentamente per paura di essere scoperto, i piedi appoggiati alla parete, Nath guardava i suoi compagni sopra di lui che lo fissavano apprensivi e quella paura si insinuò leggermente nel cuore del ragazzo, il quale si bloccò un secondo e strizzò gli occhi cercando di placare il suo animo, vi riuscì e continuò a scendere. Quando toccò i scivolosi gradini diede uno strattone di corda e allora iniziò a scendere Hanna. Questa lo fece con naturalezza, senza sforzo, mettendo una mano dietro l’altra, le gambe attorcigliate alla corda e un centimetro alla volta scese con tranquillità arrivò a terra in fatti non era affatto tesa come Nath, anzi era rilassata. A quel punto fu il turno di Arthur, il quale stava tremando come una foglia e più che arrampicarsi stava scivolando su quella corda, giacché quando arrivò ai gradini le sue mani si erano private del primo strato di pelle e arrossate, il ragazzo però strinse i denti e fece finta di nulla, le medicine che aveva le dovevano usare sol per cose serie non per queste sciocchezze. Allora fu il turno di Elaine, ma lei non usò la corda: salì in groppa a Itrandil e, tenendo la corda in mano, scese sul dorso di questa. La draghessa scese arrampicandosi con i suoi artigli, la faccia rivolta verso il vuoto. “Principessina.” la prese in giro Nathaniel porgendole la mano quando scese dal drago, ma ciò che aveva fatto non era semplice come appariva: i muscoli delle sue gambe dovevano essere serrati sul dorso di Itrandil, le braccia dovevano essere posizionate in tensione tra le sue gambe e degli addominali tese per mantenere il busto dritto ed evitare una caduta. Era una posizione più che scomoda e le braccia le tremavano leggermente ma non diede a vedere il suo sforzo e sorrise all’amico.
Allora i tre amici si legarono la corda alla vita e iniziarono la discesa. Gli scalini oltre a essere umidi erano anche friabili, infatti in alcuni punti non c’erano le scale ma degli ammassi di rocce mal messi e più d’una volta i quattro amici si sentirono la terra cedere sotto ai piedi. Oltretutto spesso si dovevano appiattire alla parete per nascondersi alla vista dei draghi, Itrandil, a tal proposito, era rimasta in dietro e faceva un giro più lungo per le pareti della struttura rimanendo nell’ombra, passando relativamente inosservata dai draghi. L’ombra in quella discesa era la loro migliore alleata ma anche la peggior nemica: più scendevano verso il fondo più la luce della luna diminuiva e questo da un lato gli aiutava a passare inosservati, dall’altra rischiava d’ucciderli. Nathaniel fece un altro passo e sentì nuovamente la sicurezza della terra solida, tirò un sospiro ma non fece in tempo a rilassarsi che si sentì tirare da dietro: Hanna era caduta. Nessuno a parte loro quattro lo aveva notato ma i sussulti di Hanna per la paura e il loro rantoli per lo sforzo di tirarla su avrebbero attirato l’attenzione. Per un secondo Nath fu sul punto di essere trascinato giù dal amica, ma riuscì ad afferrare una roccia sporgente e bloccò il peso del amica. Arthur, imitando il suo esempio, si era aggrappato a uno sperone di roccia cercando di bloccare la caduta di Hanna ma il ragazzo già non ce la faceva più a reggere il peso del amica, e la corda alla vita lo stava soffocando. Nel frattempo Elaine aveva afferrato la corda in tensione e aveva iniziato a tirarla aiutandosi con il peso del suo corpo, ma la terra scivolosa le impediva di avere stabilità e riuscì solo ad aiutare Arthur a sorreggere il peso di Hanna. Allora Nathaniel mollò la presa e si lasciò gettare nel vuoto. “Nath!” esclamò Elaine spaventata ma subito si serrò la bocca maledicendosi per aver urlato ma non sembrò che i draghi fossero in allerta infatti il rumore che proveniva dalle loro gole superava di gran lunga quello di Elaine ma alla ragazza la sua esclamazione era parsa come un urlo potentissimo.
Nath si lasciò sospendere nell’aria, una volta stabilizzato il volo portò il braccio dell’amica attorno al suo collo, tuttavia non rimaneva ferma: la corda attorno al suo corpo, pur avendo bloccato la caduta, la stava soffocando e questo la portava a muoversi in maniera disconnessa e disperata come un corpo che annega e non riesce a raggiungere la riva. Nathaniel però non si scoraggiò: con fatica riuscì a bloccare le mani forzute di Hanna e portandole le mani attorno ai fianchi riuscì con una spinta del vento a sollevarsi fino alle scale dove appoggiò la Grifondoro, subito allentò il nodo e allora Hanna riprese a respirare. “Grazie.” borbottò Hanna in un sospiro alzandosi e con un movimento secco si alzò insofferente, ma traballò un secondo e fu costretta a reggersi alla parete in preda alle vertigini ma dopo un istante riprese a camminare. “Hanna piano sei appena caduta…” cercò di bloccarla Arthur prendendola per le spalle. “Non abbiamo tempo per questo: i draghi ci avranno di sicuro sentiti.” Alle parole dell’amica il Corvonero si serrò le labbra e come gli altri riprese a camminare rassegnato sempre con prudenza, ma a maggiore velocità.
A pochi metri dal suolo Nath si accorse di essere stanco, ma non c’era da stupirsi: nell’arco d’una giornata aveva giocato una partita di Quiddich contro avversari tutti più esperti e grossi di lui, avevano camminato per più d’un ora e mezza nel bosco, era sceso da una corda, aveva aiutato Hanna, stava camminando da più due ore per delle scale scivolose e impervie e non aveva mangiato quasi nulla. Non sapeva se avrebbe retto ancora per molto. D’un tratto Elaine lo bloccò e gli indicò un punto in un angolo in fondo al nido, lì nascosto tra le ombre c’era una persona coperta da un folto cappuccio e un pesante mantello nero, nella mano sinistra teneva una frusta con degli strani ganci metallici sul fondo nella destra una bacchetta pareva che stesse aspettando. I quattro si scambiarono uno sguardo, ora si faceva sul serio: d’ora in avanti avrebbero dovuto affrontare il loro nemico apertamente. I ragazzi scesero ancora per pochi giri di rampa ma quei breve tragitto in cui i tre ragazzi si prepararono alla battaglia. Hanna strinse la bacchetta nella tasca della divisa e tese e distese i muscoli al ritmo del suo respiro cercando di reprimere l’orso dentro di lei che stava sempre più combattendo per uscire a mano a mano che si avvicinavano a quel mago. Nathaniel estrasse la bacchetta dalla tasca dei pantaloni portandola a livello del petto e iniziò a chiamare il vento attorno alle sue mani, così da essere pronto per il momento dello scontro. Arthur tirò fuori la bacchetta, se la strinse a livello del petto e si sentì invaso dalla paura di morire e iniziò a chiedersi se fosse vero che dopo la morte ci fosse il nulla come aveva sempre sostenuto, ma scacciò quei pensieri e si concentrò sulla imminente battaglia. Elaine strinse la bacchetta sul cuore, cercò il legame con Itrandil, con suo rammarico, lo trovò e comprese come spezzarlo. Giunti ai terra si ritrovarono a pochi metri dalla tetra figura incappucciata che si voltò lentamente e li osservò da sotto il cappuccio. “Tu guarda, quattro mosche nella mia ragnatela.” Nath si stupì: Hanna aveva detto che la voce che aveva sentito le pareva da uomo roca e gracchiante, tutti requisiti che ricordavano una voce maschile, ma questa era acuta, chiaramente femminile e assolutamente non gracchiante. In quel istante Itrandil si buttò accanto a loro ringhiando verso la donna con una minaccia mortale negli occhi d’orati carichi di odio e di risentimento verso quella donna. “Ma tu guarda la fuggitiva, ecco dov’eri finita. Bene quando avrò finito con voi trovare quei cuccioli sarà un gioco da ragazzi.” Itrandil ringhiò ancora di più e dalle sue narici iniziò a uscire fumo. Nathaniel si voltò verso Elaine, anche lei era stranamente tesa, le mani si contorcevano nervosamente, gli occhi guizzavano da una parte all’altra del nido, la bocca era secca e tutti i muscoli erano tesi per qualcosa. Nath volse lo sguardo al centro, lì c’era un uovo dorato a cui si avvicinava sempre di più un fascio lunare, di certo quando il raggio avrebbe raggiunto l’uovo questo si sarebbe dovuto schiudere.
Dall’alto, improvvisamente, aumentarono i rantoli e le luci rosse comparvero per tutta la parete. “Oh! Ma che maleducata!” disse la maga senza nome compiendo una strana contorsione con la mano libera. “Non vi ho ancora presentato i miei amici…” La donna schiccò la frusta e subito centinaia di fiamme si diressero verso di loro; Nathaniel già sentiva il calore delle fiamme sulla pelle che si staccava, per istinto tutti si abbassarono e si coprirono la testa. Hanna, Arthur e Nath si sentivano già morti: nessuno era mai sopravvissuto al fuoco dei draghi. I tre ragazzi sentivano un fortissimo calore circondarli, ma non percepirono altro; prendendo coraggio aprirono la videro. Elaine aveva alzato le mani al cielo e attorno a loro si era formato uno scudo dai colori azzurro, blu e indaco che si mescolavano tra di loro in maniera in forme e al contempo riparava loro quattro ed Itrandil dal calore e dalla luce del fuoco dei draghi.
 
Sentivo chiaramente la potenza di quelle fiamme che mi circondava, le sentivo danzare attorno al mio scudo oppure estinguersi contro di esso, sentivo l’energia di quelle fiamme andare contro la mia sempre più debole protezione. Dopo alcuni minuti i draghi vennero fermati dal suono della frusta. Quando le fiamme si estinsero caddi a terra in ginocchio dissolvendo lo scudo. Non ce la facevo più: non avevo mai creato una barriera così grande e per contrastare una tale potenza di fuoco. A fatica riuscivo a respirare con quell’aria calda e invasa dal fumo. Non mi sentivo più le energie fisiche era come se fossi stata prosciugata. Itrandil mi diede un buffetto con la testa, in qualche modo recuperai un po’ di energie e, appoggiandomi ad Arthur, mi rialzai. Quando il fumo si diradò vidi la donna in piedi a poco più d’un metro da dove la terra era stata carbonizzata, ci scambiammo uno sguardo d’odio e io mi ricomposi appoggiando la mano con la bacchetta su Itrandil per farmi forza. “Una signora dei draghi. Non immaginavo che ti avrei mai realmente incontrata.” Disse quasi divertita. -Realmente…?- pensai, quel dettaglio mi rimase inciso nella memoria. –Perché realmente? Che abbia capacità divinatorie?- mi domandai. “Ma per mia fortuna sono venuta provveduta.” Con quelle parole la donna lanciò un incantesimo. Tutti ci scansammo di lì in tempo per fortuna. Aveva lanciato un incantesimo potentissimo che aveva lasciato una crepa al pavimento da cui usciva del fumo. Mi ritrovai separata dagli altri riversi a terra a causa del onda d’urto, io invece ero stata spostata da Itrandil che mi aveva portata n po’ più vicina al uovo d’oro. La strega puntò il suo sguardo su di me, un brivido mi percorse la schiena. Terrorizzata strinsi più forte la bacchetta ma non avevo idea di come difendermi: tutto quello che ci avevano insegnato fino ad ora erano incantesimi da utilizzare tutti i giorni. “A corto di idee bambina?” si beffò di me la strega capendo la mia incapacità di difendermi. Allo stesso tempo mi lanciò un incantesimo. Era troppo tardi non lo avrei mai schivato. Chiusi gli occhi per istinto ma ciò che sentii fu solo un tonfo aprii gli occhi. “Itrandil…” sussurrai sentendomi venir meno. Lei era lì ferita sanguinante sentivo il suo dolore nella mia mente, l’odore del suo sangue, la fatica dei suoi respiri affannati, il panico mi invase. “No no no no no… Itrandil…” dissi nervosa cercando di bloccare l’emorragia sul ventre spingendo più forte che potevo, ma non funzionava, il sangue continuò a scendere a fiotti. Ricordo bene le mie mani insanguinate di quel sangue così scuro, quasi nero. Nel vederle iniziai a tremare come una piuma sospinta dalla tempesta, la donna scoppiò a ridere divertita e io per poco non scoppiai a piangere. –Elaine…- la voce di Itrandil anche se fievole mi riempì la mente. –Non pensare a me: guarda.- Voltai lo sguardo era quasi il momento, lo sentivo chiaramene dentro di me, quella flebile luce lunare oramai era quasi sul uovo e mi attraeva come una falena. –Fallo Elaine.- Non era una preghiera ma un ordine. Con le lacrime agli occhi baciai il muso della mia draghessa -Un ultimo addio.- le dissi. “Sentimentale…” disse la strega ironica. “Mi dà il volta stomaco…” Mentre diceva questo con tutto il ribrezzo nei miei confronti mi accorsi che la sua frusta era insanguinata: lei non aveva mai puntato a me, aveva sempre puntato ad Itrandil. Sapeva che si sarebbe messa in mezzo, sapeva che mi avrebbe protetta. Una furia mi invase il corpo e una fiamma si accese nel mio cuore. Mi allontanai da Itrandil con calma apparente. Alzai lo sguardo verso la strega che intercettò il mio sguardo e capì la mia minaccia ma ne rimase divertita.
Preferirei dimenticare questo momento, ma lo ricordo troppo bene perché possa essere obliato. Ricordo di aver respirato profondamente e di aver scavato dentro di me fino ad aver trovato come un nodo nel mio cuore, il nodo che mi legava ad Itrandil. La mia volontà fu la spada che tagliò il legame. Mi sentii trafitta. Quanto legarmi ad Itrandil era stato dolce leggero e avvolgente, separarsi fu così doloroso che mi piegai in due, ricordo la mia mente annebbiarsi e un dolore fisico invadere le mie membra. Alzai lo sguardo: anche la mia avversaria aveva aspettato fino al ultimo per spezzare il suo legame con il suo drago. Lessi in lei il mio dolore fisico ma non la mia sofferenza mentale, non la vidi soffrire per essersi separata ma una sadica sete e odio.
“Trattenetela!” urlai ai miei amici, sperando di non chiedere l’impossibile, e con non so quale forza scattai verso l’uovo dorato anche la strega si stava avvicinando a grande velocità. Fu questione di istanti allungai la mano, lei la allungò, lei spiccò un ultimo salto, io lo feci. I nostri polpastrelli stavano per sfiorare quella superfice e già sentivo l’energia di quel uovo. Come lo toccammo, una luce dorata accecante e delle tenebre oscure si espansero in egual misura a fasci tutt’intorno, distolsi lo sguardo infastidita da tutto quel potere. La mia avversaria invece spalancò gli occhi come per assorbire tutta quella energia ingorda di quel immenso potere. Mi sentivo strana: era come se una forza mi tirasse verso quell’uovo e un’altra mi rigettasse, le mani salde sull’uovo erano calde e ricevevano un energia né buona né cattiva, era solo energia. Ne ero imbevuta e anche la strega difronte a me lo era, lo percepivo perché vedevo nel vago luccichio dei suoi occhi la sua bramosia diventare sempre più compiaciuta e grande. Sentivo che quello era solo un assaggio del vero potere del drago d’oro, ricordo che me ne sorpresi perché solo quella energia mi pareva troppa. La donna però, a dispetto di me, non ne era sorpresa anzi pareva felice di assorbire tutta quella energia e che ne bramasse ancora e ancora. Io invece la stavo piano piano rigettando e sapevo che ciò era dovuto alla mia indole debole. Presto mi sarei del tutto ritratta da quel guscio e dalla sua energia e allora sarebbe stata la fine: il drago d’oro si sarebbe legato a lei e chissà cosa avrebbe fatto a quel drago una donna che spingeva un attacco contro a dei semplici studenti. Allora sentii un ruggito e la luce diminuì all’istante. Tutto fu buio.
 
La strega si ritrovò buttata a terra da un’orsa che gli ruggì in faccia. Dopo un attimo di smarrimento quella guardò verso Elaine: la luce non era più accecante ma calda, opaca e avvolgente e le tenebre si muovevano sinuose dentro a quella luce così fioca. Qualcosa era cambiato: era come se l’energia ora fosse più dolce, più calda ma anche più debole e incerta. Ma Hanna non badava a quello ruggì violentemente verso la strega, sollevò la zampa, lanciando un attacco che non andò a fondo. La strega la respinse con un incantesimo e fece cadere Hanna contro la parete. Questa gemendo per il colpo violento si ritrasformò in umana tremante per il dolore e completamente nuda ma non si arrese chiuse la mano a pugno e si alzò spingendo a forza sul terreno.
La strega, sogghignante per lo stato della ragazza, si preparò a lanciare un ulteriore incantesimo quando delle pietre metalliche le colpirono il capo. Erano stati Arthur e Nathaniel. Arthur con un incantesimo di trasmutazione, avevano mutato il fango in ferro, e Nathaniel, con l’incantesimo leviosa le aveva direzionate alla strega. Nathaniel lanciò uno sguardo che tagliava come il gelido acciaio verso la strega e alzò la bacchetta con intenzioni più che evidenti in volto, l’avversaria seccata lanciò uno schiantesimo ma i due giovani si allontanarono subito dal quel punto evitando l’incantesimo. La strega stava per attaccare nuovamente quando Hanna colpì la strega con tutto il suo peso facendola rotolare a terra assieme a lei per qualche metro. La strega, una volta fermata, con ira si rialzò e respinse prontamente un ulteriore attacco di Hanna con un potente incantesimo che fece cadere Hanna a terra un'altra volta.
Nathaniel si levò in aria, la strega sgranò gli occhi stupefatta ma subito si preparò a lanciare un altro incantesimo allora un urlò si elevò. “Pietrificus totalius!!!” A lanciare l’incanto era stato Arthur il quale, approfittando della momentanea distrazione della strega, aveva sperato di coglierla di sorpresa. Ma la strega non si mostrò impreparata ed evocò un semplice incantesimo di protezione, e sogghignando lanciò un ulteriore incantesimo questa volta verso Hanna che si era appena rialzata ed era pronta a ricaricare. Allora la ragazza, priva di bacchetta, venne nuovamente colpita in pieno da un incantesimo.
Hanna quando venne investita da quella luce rossa magica. La prima cosa che percepì fu un dolore lancinante allo stomaco che la fece piegare in due, poi quella energia la sollevò in aria, gli occhi ambrati si inumidirono, con un tonfo venne scaraventata nuovamente contro la parete rocciosa, sbatté la schiena e la testa sulla pietra, ricadde a terra incapace di reagire, la vista le si annebbiò, un rivolo di sangue scese dalla sua testa e chiuse gli occhi priva di forza come morta. Fu questo ciò che Nathaniel e Arthur credettero. I due ragazzi si guardarono stupefatti: non poteva essere vero. La strega nel frattempo rideva divertita.
Allora Nathaniel, colto da una furia cieca, strinse forte la sua bacchetta e con tutta l’ira del suo corpo urlò. “Stupeficium!!!” Non aveva mai usato quel incantesimo, né glie lo aveva mai insegnato, lo aveva solo sentito una volta dai suoi compagni più grandi, ma in quel momento la sua mente era concentrata su un modo per uccidere quella strega; esattamente Nath sentiva il desiderio di uccidere la strega. L’incantesimo colpì la schiena della strega al centro, ma sebbene Nathaniel l’avesse lanciato con tutta la sua forza, l’incanto fece fare appena un passo avanti alla donna. La quale si voltò infastidita.
 
Nel frattempo Arthur era corso da Hanna, aveva le lacrime agli occhi e le sue mani tremavano. “Hanna…” Sussurrò il giovane mentre l’amico lanciava l’incanto, ma Arthur non lo sentiva, non sentiva nulla di quel che gli accadeva attorno: per lui esisteva solo la esile figura inerme di Hanna. Con mano tremante accarezzò i capelli dell’amica e si impregnò del suo sangue. Controllò il cranio del amica: aveva una piccola ferita sulla nuca. –Perdonami Hanna… sono un debole. Non sono in grado di proteggerti.- Si maledisse per la sua debolezza mentre le lacrime scendevano sul suo volto. Hanna aveva salvato Elaine, Nathaniel e lui stesso, Nathaniel aveva salvato Hanna e lui non aveva fatto nulla, non aveva neanche considerato di spalmare l’unguento a Itrandil che giaceva a terra dolorante e sanguinante contorcendosi per il dolore. Poi percepì come un sussulto provenire dall’amica e capì: Hanna era viva, per miracolo, ma viva. Allora Arthur poggiò Hanna a terra con rispetto e si alzò determinato. In quel momento sentì la risata della donna la quale una volta placata parlò.
 
Nathaniel dopo aver visto il fallimento del incantesimo aveva iniziato a lanciare falci di vento contro la strega, ma questa riuscì a schivarlecon facilità, lo bloccò legandolo con delle corde magiche e si voltò camminando tranquillamente verso Arthur. Nath venne invaso dal panico e con frenesia frugò nella tasca sinistra dei pantaloni dai quali estrasse il suo coltello e con frenesia tagliò le corde. “Per essere degli infanti non siete niente male, ma ci vuole di più per battermi.” La strega aveva appena finito di parlare quando Nath si liberò dalla corda e attaccò la donna alle spalle con il suo coltello, ma la strega se ne accorse e colpì Nath con un getto di energia rosso facendolo cadere a terra svenuto. “E ora è il tuo turno.” Disse la donna guardando Arthur minacciosamente. “E dopo spetterà alla tua amica.” Disse la donna guardando in direzione di Elaine. Una luce abbagliante accecò Arthur.
 
Non so dire come accadde, so solo che l’ultima cosa che mi è parsa di sentire è stato un ruggito. Ma dopo non sentii e non vidi nulla. Era tutto così buio lì dentro e freddo e inrumore, era questo ad angosciami più di tutto, il silenzio sovrumano, e temevo terribilmente infrangerlo. Qualcosa però nei meandri della mia mente mi diceva di muovermi. Con sforzo ubbidii a quell’istinto, allora, col risuonare del mio isolato passo, il buio, il freddo e il silenzio si infransero come mille vetri. D’innanzi a me v’era una luce, all’inizio accecante poi divenne sempre più opaca fino a divenire appena un aura. Un drago d’orato dieci volte più grande di Itrandil e mille più maestoso dai grandi occhi d’un caldo marrone, le ampie ali da pipistrello riposte a riposo lungo il corpo, gli artigli di pietra dal aria affilata e i denti avorio affilati come rasoi era d’innanzi a me. “Chi sei?” domandò il suono della sua voce era profonda ed esprimeva una sicurezza che metteva in soggezione anche con quelle due semplici parole. Tremante risposi. “Mi… Mi chiamo…” Mi bloccai sentivo che non era quella la risposta che cercava. Mi aveva fatto una altra domanda, di cui non conoscevo realmente la risposta. Tremavo all’idea di sbagliare a rispondere al quesito, poiché sentivo che quell’essere sapeva tutto di me e che mi stava scavando l’anima. Per qualche istante non riuscii più a ragionare: cercavo di dare un senso a quello che ero. Ma come si risponde ad una domanda simile in poche parole? Così mi persi nel oblio dei miei pensieri, rimanendo immobile scavando nei ricordi  e fu in quelle ombre che una voce mi risvegliò che altro non era che un vago ricordo. –Elaine…- Era una voce che da molto tempo non ricordavo, sepolta nel luogo più occulto del mio cuore. Scacciai quella voce e i ricordi legati ad essa, così tornai alla realtà: Itrandil, Hanna, Nathaniel e Arthur erano lì fuori ad aspettare il mio ritorno, stavano guadagnando tempo per me, stavano combattendo contro una strega per me e io stavo perdendo tempo. Allora alzai il capo, stinsi le spalle, riacquisendo sicurezza, e guardai l’essere d’orato negli occhi. “Io sono io….” nel dirlo mi sentivo stupida ma cercai di essere solenne. “E non so cosa significhi essere me, almeno non del tutto, poiché ci saranno sempre delle parti di me che nasconderò anche a me stessa, e neppure gli altri possono saperlo, poiché nasconderò loro sempre qualcosa di me anche senza volerlo. Pertanto l’unica persona in grado di rispondere a questa domanda forse un giorno potrei essere io, ma per ora posso solo dirti che sono io e che sono diversa da chiunque altro e al con tempo uguale a tutti gli altri.” dissi questo che probabilmente fu il discorso più contorto della mia vita. Finito il discorso mi sentii in imbarazzo, qualcuno rise una risata dolce e di cuore, non c’era né ironia né beffa solo una allegra felicità. “Tu sei tu… Elaine…” pronunciò il mio nome con una tale dolcezza che mi commosse “e sono felice che sarai la mia nuova signora e amica.” Guardai il drago di sottecchi, mi guardava con un dolce sorriso. Però un istante dopo si fece incredibilmente serio. “Come è tradizione ti devo chiedere di fare due scelte. La prima è: quale dono vuoi che io abbia in questa vita?” Mi chiese serio “In che senso?” gli domandai confusa “Ogni drago d’oro oltre a volare, sputare fuoco, la forza e i sensi ampliati ha un altro dono che lo caratterizza fin dalla nascita. Quale vuoi che sia?” Riformulò paziente la domanda. Non mi serviva pensare lo sapevo già ciò che volevo. “Vorrei che tu sappia curare le ferite e malattie di qualunque natura: sia magica che scientifica.” Il drago chinò il capo in segno d’assenso la luce allora aumentò un istante come un bagliore e iniziai a sentire il battito d’un cuore, il suo cuore era antico primordiale ma anche estremamente nuovo eppure famigliare. “La seconda:” Riprese il drago “quale dono vuoi avere tu di speciale? Sai già leggere nella mente dei draghi a cui sei legata e creare degli scudi contro il fuoco e essendo giovane forse un giorno mostrerai qualche altra abilità. Ma ce n’è una che desideri in particolare?” Mi chiese. -Itrandil- Pensai subito a lei. Guardai il drago: se c’era anche solo una possibilità volevo giocarmela. Abbassai il capo e risposi. “Vorrei…. P-potermi legare a più di un drago senza spezzare il legame con loro. Ma non come una padrona con degli schiavi: voglio poter tenere quei legami profondi i quali senti che legano anima e corpo.” Era appena un sussurro e tenevo la testa sempre più bassa, piena di vergogna, conscia che stavo chiedendo troppo. “Come tra te e la giovane draghessa lì fuori?” chiese l’essere facendomi abbassare la testa ulteriormente. “Lo so che è egoistico,” borbottai “e probabilmente contro le regole ma… non posso perdere lei….” nel dirlo una lacrima uscì dai miei occhi. L’artiglio del drago con delicatezza la cacciò via e mi fece alzare lo sguardo. “Se lo avesse chiesto una persona più grande, una bramosa di potere o una con delle ombre non combattute sarei stato sdegnato da una simile richiesta…” abbassai lo sguardo piena di vergogna. “Ma forse sarai degna….” sussurrò dolcemente accarezzandomi con l’artiglio. Lo fissai incredula: aveva accettato la mia richiesta. Una nuova luce potentissima apparve dal nulla, proveniva dal mio cuore. La guardai sorpresa e iniziai a toccarmi quel punto. Poi un dolce calore avvolse il mio animo, una carezza attraversò il mio cuore, percepii qualcosa dentro di me, di nuovo un legame, un legame saldo come la roccia e delicato come un fiore. Mi accarezzai dolcemente il petto lasciandomi avvolgere da quella flebile sensazione. “Ci vediamo dall’altra parte.” Mi salutò il drago richiamandomi alla realtà. Cercai di riconoscerlo in quella luce poiché era successo qualcosa di assurdo: la sua voce era così dolce e acuta, come quella di un bambino. Aguzzai gli occhi cercando di vederlo, ma la luce che era accresciuta in quei momenti mi accecò.
Riaprii gli occhi e nell’ombra vedevo tutto chiaramente: il volto della strega furente, quello di Arthur stupefatto, i corpi di Hanna, Nathaniel e Itrandil pacifici svenuti in un sonno da cui presto si sarebbero svegliati e i draghi sopra di me che fino ad ora non avevano potuto agire dato che se avessero lanciato delle fiamme in quel momento avrebbero potuto danneggiare l’uovo ora mi fissavano increduli. In mezzo a quel buio vidi una luce tra le mie braccia: un piccolo fagottino, con qualcosa da rettile, tutto d’orato, due piccole ali da pipistrello richiuse, la testa appoggiata sulla mia mano, gli occhi chiusi, stava riposando tra le mie braccia. -Grazie per aver curato Itrandil, Hanna, Nathaniel e…- Mi sentii venir meno le energie e caddi a terra addormentata.
 
Svenne, Elaine svenne priva di energia. “Dannazione!” Imprecò la strega. In quel momento i draghi presero il volo e se ne andarono provocando con il loro potente sbatter d’ali l’innalzarsi d’un polverone terribile, i ruggiti e ringhi si espansero nella torre e nella confusione i due maghi si fermarono. “Cosa succede?” Chiese Arthur confuso, più a se stesso che alla donna. “Succede che…” iniziò la donna con un tono a metà divertito a metà arrabbiato “…il drago d’oro è nato e loro non hanno più ragione per rimanere qui.” Spiegò la donna sfogando tutta la sua furia. Tutti i draghi sparirono in pochi secondi. La donna si passò un attimo le mani sopra al cappuccio urlando la sua frustrazione ma poi tornò a fissare Arthur con occhi bramosi di sangue congelando il ragazzo dalla paura.
“Bene” iniziò la strega “siamo rimasti solo io e te marmocchio.” Disse guardandolo con i suoi occhi scuri che scintillavano di odio. A quelle parole Arthur provò secchezza alla gola e deglutì a vuoto, strinse la bacchetta pensando ad una modo per uscire vivo da lì. “Ti ucciderò facilmente.” Lo avvertì la donna. Arthur portò davanti a sé la bacchetta ma la donna lo disarmò subito con un movimento appena accennato. Arthur tremante cercò la bacchetta e scoprì che era finita ai piedi della donna. “Ah…” esclamò la strega annoiata. “così non c’è gusto ad ucciderti.” Disse la donna lanciando la bacchetta ancora più lontana. “Non vali neanche la metà dei tuoi amici…” Disse divertita “Non che loro fossero molto meglio.” Aggiunse guardando Hanna accasciata a terra. “Giocherò un po’ prima di ucciderti.” Disse la donna alzando la bacchetta. “Stupeficium.” Arthur venne scaraventato a terra. Tossì forte per via del respiro mozzato e cercò di rialzarsi, ma un altro incantesimo lo spinse ancora più lontano. Non erano potenti come incantesimi ma causavano comunque dolore. La strega rise divertita dal suo dolore. Allora Arthur risvegliò una parte di sé che dubitava di avere. Provò un forte odio e rabbia e voltandosi completamente verso la strega strinse i pugni e si rialzò. “Bene, quanto meno vuoi morire con orgoglio.” La donna sollevò la bacchetta.
 
Note dell’autrice:
Ebbene il drago d’oro è nato! Bottiglia di champagne!
Sono curiosa. Vi è piaciuto il capitolo? La battaglia? E cosa ne pensate della strega cattiva? Non ve lo aspettavate che fosse femmina, eh?
Per ora non dico altro ci sentiamo al prossimo capitolo,
Bibliotecaria.
   
 
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