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Autore: cioccolatino    28/08/2016    7 recensioni

Fra Duncan e Courtney c'è sempre stato un odio molto insidioso, nonostante sia tuttora l'unico vincolo che tiene ancor saldo il loro legame.
Mentre i ricordi dell'infanzia trascorsa da Courtney continueranno a tormentarla incessantemente, riaffioreranno i lugubri e macabri segreti del ragazzo dal cuore di ghiaccio, che sembra nascondere, nel profondo della propria anima, un lato oscuro, perfido e feroce.
Un mostro raccapricciante e intricato che renderá la vita di entrambi un infido e sconcertante inferno.
Genere: Dark, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan, Gwen, Scott | Coppie: Duncan/Courtney, Duncan/Gwen
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza | Contesto: Contesto generale
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Suburbia
 
Capitolo 2




La mattina seguente, dopo aver spolverato i ricordi delle magnifiche sensazioni e degli infiniti piaceri provati la notte prima, decisi di alzarmi cercando di non svegliare Gwen, all'apparenza immersa in un sonno profondo accanto a me, ancora nuda da ieri. Infilai i boxer e mi diressi verso la terrazza, dove potei fumarmi una sigaretta in totale tranquillità, lasciando che i tutti pensieri pervadessero ogni angolo della mia mente. Quanto era stato bello fare l'amore con lei, nonostante non fossi del tutto convinto che si fosse trattato di vero e proprio amore, ma restava comunque un bel ricordo di me e lei. Le volevo davvero molto bene, forse per il semplice fatto che eravamo come due gocce d'acqua, due anime gemelle, due fratelli uniti e inseparabili, insomma, uno rispecchiava l'altro perfettamente, come uno specchio senza filtri. Entrambi andavamo fuori di testa per i Rolling Stones, i Queen, i Muse, i Nirvana, i Pink Floyd, e tant'altre band rock provenienti dai famossisimi anni rock, punk ed emo, una lista continua ed insostituibile. Tutti e due rispecchiavamo uno stile punk, anche se lei si discostava un poco da me per via della sua predilezione maniacale per il gotico, accompagnato da anelli con teschi terribilmente tenebrosi, borchie scure e macabre, piercing in qualunque parte del corpo e cinghie di metallo grigio. Avevamo la tinta ai capelli, lei, blu notte e nera, e io, verde chartreuse, piú precisamente sulle lunghe e folte ciocche della cresta che scivolavano sul viso, il resto della testa era completamente rasato. L'unico significante particolare che mi distingueva da Gwendolyn era il semplice fatto che lei fosse una ragazza buona d'animo e non una malintenzionata come me, che mi divertivo a compiere atti vandalici di cattivo gusto nei confronti di tutti coloro che si ritenevano, in qualche modo, superiori rispetto a gente come me solo per possedere una villa di lusso o un lavoro prestigioso tipico d'alte classi. Gente snob, arrogante e superficiale. Quanto odiavo quelle persone, le disprezzavo con tutto me stesso. Molto spesso traevo piacere dal far soffrire questa gentaglia spregevole, proveneinte da una società malata, soprattutto dopo aver aspirato notevoli quantità di fumo o dopo essere annegato nell'oceano dell'alcol, in tal modo da rendere il tutto molto più eccitante e pericoloso. Queste sofferenze dell'altro mondo si concludevano sempre nel peggiore dei modi, per loro ovviamente, che spesso si ritrovavano la faccia e il resto del corpo colmo e stra colmo di lividi blu, oppure senza una macchina, una borsa o addirittura senza soldi o indumenti. Ma soprattutto perdevano la dignità che possedevano. Facevo molto ma molto male alla gente, le rendevo belve, mai più esseri umani. Può sembrare malvagio e perfido fare tutto ciò che io indifferentemente facevo, ma ormai non potevo più cambiare ciò ero realmente: un mostro. Ero e sono sempre stato aggressivo e violento, un po' con tutti in particolare, e la cosa mi rendeva sollevato, mi rendeva forte, pieno di rabbia, e rendeva gli altri impotenti e deboli di fronte al mio irrefrenabile e saziante desiderio di fare loro le più terribili ingiustizie al mondo.

- " Hey Dunc, che ci fai là tutto solo? " - Gwen era alle mie spalle e mi guardava interrogativa. Non ricordavo di averla sentita arrivare.

- " Schiarisco un po' le idee... Sai... " -

- " Già... Non devi sentirti in colpa per quello che è successo, è stata una tua scelta e la dovevano rispettare. " -

- " Ah no aspetta, non intendevo quello! Ormai non ci penso più e men che meno mi va di farlo adesso... " -

- " Dunc, stiamo parlando della tua famiglia...Non vorrai dirmi che non ti manca nemmeno un po'? " -

- " No Gwen, la famiglia è colei che è pronta ad appoggiarti e sostenerti in qualsiasi scelta tu decida di intraprendere e soprattutto non è unita da uno stupido legame di sangue."
La conversazione non sarebbe potuta andare meglio, dannazione! Tutto stava prendendo una brutta piega.

- " Scusa... Non era mia intenzione farti arrabbiare, volevo solo aiutarti, io voglio bene alla mia famiglia nonostante abbia deciso di andarmene. " -

- " Gwen, cazzo! Possibile che tu non riesca a capirlo una santa volta! Non mettere in paragone la mia famiglia con la tua! La tua l'hai abbandonata tu, e nonostante ciò tua madre ti scrive e ti chiama ogni fottuto giorno per sentire come stai e se hai bisogno d'aiuto! Nel mio caso è stata la mia famiglia ad abbandonarmi, quando ha deciso di buttarmi fuori di casa perché considerato un tossicodipendente e malvivente, la pecora nera della famiglia, un abominio, un delinquente aggressivo che si droga, che fa questo e nient'altro! Non mi ha mai considerato all'altezza e non ho fatto altro che deluderla, deluderla e deluderla ancora! La tua famiglia ti ama e la mia mi disprezza, e questo perché tu Gwen, in fin dei conti, sei una brava persona, ma per me non c'è né speranza e né un futuro in questa squallida società di merda! "
 
 Detto ciò lasciai Gwen da sola sulla terrazza e  mi avviai verso la camera da letto per recuperare i vestiti, qualche grammo di coca, due liquori e andarmene infuriato sbattendo la porta in faccia al resto della combriccola, che in salotto stava già preparando gli strumenti necessari per farsi nuovamente.
Ero incazzato nero e solo Dio sapeva cosa sarebbe potuto mai accadere a chiunque mi avesse rivolto la parola. Ero imbestialito, furibondo, rabbioso. L'unica soluzione che avrebbe potuto realmente calmarmi era andare al Sunset a stra farmi e sbronzarmi, come facevo di solito quando mi ritrovavo in queste situazioni. Però io non avevo alcun mezzo di trasporto. Scrutai attentamente il quartiere nel quale si trovava l'abitazione di Gwen e osservai accuratamente la gente del posto, notando un uomo sui quarant'anni attraversare le strisce pedonali in bici. Sul mio viso si stampò un sorrisetto davvero malvagio e decisi di mettere in atto un piano assai divertente. Quando l'uomo imboccò la mia stessa via, decisi di posizionarmi al centro della pista ciclabile, in modo tale da fermarlo.

- " Scusa giovanotto, hai bisogno d'aiuto? " -

- " A dire il vero sì, signore... " -

- " Cosa posso fare? " -

- " Beh allora, può scendere dalla bici e prestarmela per andare a farmi qualche scolata al bar, lei può tranquillamente proseguire a piedi. " - dissi con aria divertita.

- " Ascoltami bene, imbecille! Non osare prendermi in giro e men che meno farmi perdere del tempo prezioso, ho un importante colloquio di lavoro tra esattamente ventiquattro minuti, quindi spostati e lascia libero il passaggio! " -

Senza neanche pensarci due volte, dopo essermi assicurato che nei dintorni non ci fosse nessuno, gli sganciai un pugno in pieno viso, così potente e deciso da farlo ribaltare all'indietro. L'uomo era accasciato sul cemento freddo, privo di sensi. Avrei potuto drogarlo iniettandogli qualche malagrazia, così da fargli dimenticare il mio volto o addirittura quello che gli era successo, ma dato che non me ne fregava proprio un bene amato cazzo di cosa sarebbe potuto succedermi se invece non lo avessi fatto, presi la bici e, dopo esserci montato sopra, sfrecciai per le strade con l'intento di arrivare il prima possibile al Sunset, per fare qualcosa di veramente eccitante.






Era da ore ormai che mi trovavo là, seduto davanti al banco, a bere e bere, senza mai fermarmi. Ero sbronzo fino alle stelle. Gwen mi aveva tempestato di messaggi, una decina se non sbaglio
" Mi dispiace, Dunc. Vorrei non fossero capitate queste cose proprio a te! "
" Puoi ancora essere salvato... "
" Parliamone se ti va... "
" Ci tengo troppo a te... "

Mi venne da sboccare. Perché non riusciva a ficcarselo in quella cazzo di testa che non sarebbe potuta essermi d'aiuto in alcun modo! Tutti quei messaggi e il litigio precedente mi fecero venire in mente solo i ricordi peggiori, quelli con la mia famiglia.





- " Lo capisci in che situazioni ti trovi? Tutto quello che fai si ritorcerà contro la nostra famiglia, la nostra reputazione! Siamo brave persone noi, con ottimi lavori, poliziotti e avvocati! Ho tentato in tutti i modi di farti capire qual è la strada giusta da prendere, ma evidentemente non ci sono riuscito. In tutti modi ho cercato di crescerti come un vero giovanotto, disposto a sacrificare qualsiasi cosa per la sua carriera, la sua reputazione e il suo futuro e cosa mi ritrovo? Un lurido delinquente che ruba, fuma, si droga e marina la scuola per fare Dio solo sa cosa fino alle tre del mattino! Non è questo il figlio che ho cresciuto, no! " -

- " Non voglio essere come te, papà! Io ti detesto! Non voglio trascorrere  l'adolescenza e il resto della vita sui libri a studiare giurisprudenza, diritto e altre cazzate di cui non me ne frega una minchia! Le persone come voi le odio, lo capisci? Le tue priorità puoi tranquillamente ficcartele tutte quante su per il culo perché non m'importa ciò che pensi e cosa vuoi che io sia, ovvero qualcosa che fortunatamente non potrò mai essere. Al diavolo te e le tue esigenze del cazzo! " -




Passarono una serie di minuti prima che mi rivolgesse nuovamente la parola, trasformando l'atmosfera che ci circondava nel più totale silenzio. Quanto vorrei che quel silenzio fosse durato in eterno, evitando così ciò che sarebbe realmente accaduto.

- " Tu... Tu non sei mio figlio... " - sussurrò col capo inchinato e con lo sguardo rivolto verso il basso - " Vattene " - mi disse con tono sprezzante e disgustato - " Vattene via e non farti più vedere o sentire, qui non sei più il benvenuto, nessuno in questa casa ti vuole più! " -

Quelle parole, così chiare e dirette ma piene di significato. Quelle parole che mi cambiarono completamente la vita, che mi ferirono più di una spada piantata e conficcata nel cuore. Ora ero io, quello in silenzio. Ma no, io non ero debole, io non ero come loro, non potevo dare la soddisfazione a mio padre di osservarmi impotente davanti ai suoi occhi. Ero io quello forte, quello malvagio, il delinquente dal lato oscuro, il mostro.

- " Vai all'inferno, papà. Tutti voi potete marcire e bruciare là. Me ne vado! " -

Sbattei la porta di casa a passo spedito pur non avendo la minima idea di dove stessi andando. Da quel giorno sarei cambiato, in peggio, e avrei mostrato a tutti il lato oscuro che difficilmente riuscivo a tenere nascosto. Nell'inferno, io, ci ero appena entrato.


Finii di bere l'ennesimo bicchiere di vodka alla menta e ordinai alla cameriera al banco di versarmene un altro po'.

- " Hey tesoro, portamene ancora, io non ho finito qua! " - le dissi facendole l'occhiolino.

- " Duncan, cazzo! Come sei ridotto! Puoi ritenerti fortunato che in questo bar siamo tutti tuoi amici e quindi a tua completa disposizione, ma sarebbe illegale offrirti tutti questi alcolici e permetterti di fumare cocaina qua dentro! Ormai è da mezza giornata che sei qua a stra farti! " -

- " Beh, fortuna che questo bar è frequentato da gente come me allora! " - le rivolsi spostando lo sguardo su tutti gli altri ragazzacci del salone presi dalle loro sbornie, intenti a fumarsi la robaccia migliore di Toronto - " Sai, oggi sono proprio giù di morale. " -

- " Meno male che ci sono io allora, qua pronta a soddisfare qualsiasi tuo desiderio " - mi suggerì tastandosi leggermente il seno e guardandomi ammaliata.
Stavo per risponderle, proponendole di andare nello sgabuzzino a fare sesso e qualunque cosa sporca lei desiderasse quando, improvvisamente, sentii una voce femminile chiamarmi.

- " Hey Duncan, dai vieni a sederti qua con noi! " -





Ero finita. Duncan si voltò dalla nostra parte iniziando a scrutarci attentamente nel tentativo di identificarci e, per qualche istante, il silenzio regnò nel salone del bar.

- " Cosa cazzo ti fa pensare di potermi rivolgere la parola, Zoey? Ti conviene andartene, questo non è un posto per persone come te e la tua amichetta! Sparisci prima di farti fottere da qualche ragazzaccio! " - la minacciò facendo l'occhiolino ad un altro ragazzo dall'altra parte della stanza, ridotto abbastanza male a causa delle troppe canne fumate e dall'aria alquanto spaventosa.

Evidentemente non mi aveva riconosciuto, altrimenti quegli avvertimenti sarebbero stati tutti quanti rivolti a me; perciò emisi un sospiro di sollievo. Zoey rimase immobile, pietrificata e, successivamente, si voltò verso di me. Credevo che tra Duncan e lei regnasse un buon rapporto, una solida amicizia, o almeno è quanto ricordavo dato che quest'ultima passava molto tempo con lui ai tempi delle medie. Eppure qualcosa mi diceva che Zoey non lo conoscesse come lo conoscevo io, o almeno prima che le rivolgesse quella frase.

- " Ma che gli ho fatto di male? " - mi disse spaventata e preoccupata - " Perché mi ha detto quelle cose? " -

Una lacrima le uscì dall'occhio destro e percorse il viso per poi cadere a terra. Quanto mi dispiaceva che avesse dovuto subire quelle offese davvero pesanti.

- " Zoey, non piangere. Non dargli questa soddisfazione. Io ti capisco perfettamente e so cosa vuol dire subirsi tutte le prese in giro di Duncan, lo conosco troppo bene ormai e so per certo che è una persona da evitare. " -

Zoey cercò di improvvisare un falso sorriso e si asciugò la lacrima. Non si chiese del perché lo conoscessi così bene, fortunatamente.

- " Non era così che lo ricordavo...Ricordo che alle medie, nonostante avesse sempre quell'aspetto da duro, era davvero simpatico e socievole. " -

Non sapevo se scoppiare in mille risate o in mille lacrime per quello che aveva appena detto. Duncan simpatico? Che mi venisse un colpo! Con me non l'aveva mai dimostrato e nemmeno con qualsiasi altra persona al di fuori del suo gruppetto di amici deficienti, che io ricordassi.

- " Zoey, lui è solo un delinquente, è una persona da evitare, non una con cui fare amicizia, potresti finire nei guai! Andiamocene via da questo posto, ho l'impressione che se rimaniamo qua a girarci i pollici succederà qualcosa di brutto. " -

- " Si, meglio. "

- " Ok, allora tu esci prima che gli venga in mente qualche altra battuta offensiva da dire, io vado al bancone a pagare il conto delle bibite e poi ti raggiungo immediatamente. " -

Lei annuì ed uscì dal locale mentre io mi diressi alla cassa. Mentre stavo pagando il conto realizzai che Duncan era scomparso dal mio campo visivo, mentre tutti i presenti seduti nel locale mi stavano fissando interrogativi.

- " Quanto ti devo? " - domandai ad una barista vestita completamente di volgarità e provocazione, o forse è meglio dire svestita.

- " Niente, affinché tu mi faccia un favore. " -

- " C'è per caso un favore migliore del pagarti per le bibite? " -

- " Vieni, seguimi, ti devo mostrare una cosa. " -

- " No, voglio solo pagare e andarmene. " -

- " Ti ho detto di seguirmi. " -

- " E io ti ho chiaramente espresso la mia opinione al riguardo! " -

La barista mi si avvicinò e iniziò a sussurrarmi all'orecchio:

- " Vuoi davvero restare in questo posto e vedere come va a finire? Voglio solo aiutarti, io sono costretta a stare qui a subire abusi di ogni genere ma tu, nonostante sia davvero fuori di testa per entrare in questo postaccio pieno di pedofili e maniaci, sei ancora in tempo per dartela a gambe. E ora seguimi! " -

La scrutai per un secondo per decidere sul fa farmi, dopotutto sembrava avere un atteggiamento del tutto innocente e sicuro di sé, cosa che all'inizio non avevo notato a causa dei vestiti che indossava, macabri, e che di conseguenza mi portò ad essere sufficientemente fiduciosa nei suoi confronti. Sembrava anche molto determinata nel volermi aiutare e perciò decisi di seguirla, soprattutto dopo aver visto i volti sorridenti dei presenti che sembravano intenti a progettare qualcosa di orribile e di cattivo gusto, nei miei confronti molto probabilmente. Sarebbe stato meglio andarsene alla svelta.


La ragazza mi condusse in un piccolo magazzino, che si trovava nel retro del locale. Era uno scherzo, vero? Prima che potessi chiedere spiegazioni, si rivolse a un'identità ancora sconosciuta e non visibile ai miei occhi.

- " Allora Nelson, ho soddisfatto i tuoi desideri adesso? " -

Oh no. In quale guaio mi ero cacciata! Come avevo potuto essere così cieca da non accorgermi della trappola in cui ero palesemente cascata! Sapevo benissimo chi era Nelson... Era il suo cognome e la parte peggiore era che lui aveva finto tutto il tempo; lui, appena mi aveva guardato, aveva subito capito con chi aveva a che fare: con la ragazzina con la quale si era molto divertito, a tormentare e deridere, se non peggio. Ero spacciata e non potei far altro che restare immobile, aspettando di vedere Duncan venirmi incontro.
La barista se ne andò dal magazzino compiaciuta e divertita, porgendomi un sorriso malizioso e uscendo da una porta che, a quanto pare, chiuse a chiave. Successivamente Duncan uscì allo scoperto e camminò verso di me.

- " Ciao principessa, da quanto tempo non ci si vede! " - disse sorridendomi malignamente.

- " Duncan... " - emisi con tono sprezzante - " Come si esce da questo posto ?! Sarà meglio per te farmi uscire oppure...? " -

- " O cosa, principessa? " -

Il silenzio mi devastò. Avrei potuto afferrare il telefono che avevo in tasca e tentare di chiamare i rinforzi, se solo ce ne fosse stato il tempo: il luogo era piccolo e buio, non avrebbe mai potuto funzionare. Avrei invece potuto gridare a squarciagola, ma probabilmente nessuno sarebbe riuscito a sentirmi e di conseguenza accorrere in mio soccorso. Avrei solo potuto sperare che Zoey si accorgesse della mia mancanza, o che non se ne andasse pensando fossi ritornata a casa a piedi, senza di lei.

- " Lascia che risponda io per te, proprio un bel niente! " -

- " Cosa vuoi da me? Presumo tu voglia qualcosa per avermi adescato in questo sudiciume con l'aiuto della tua amichetta. " -

- " Ma che brava! La principessa è cosi intelligente! Sì, voglio qualcosa da te. Voglio finire quello che ho iniziato, tanto tempo fa! " -
 
Sembrò davvero entusiasmato e divertito nel prendersi gioco di me mentre io, visibilmente seccata, stavo per esplodere. Stavo perdendo la pazienza. Cosa voleva concludere? Le scazzottate che subivo? le prese in giro? Tutto ad un tratto pensai ad altro. Non mi andava di rimuginare troppo su certi ricordi.

- " Beh Duncan, notizia flash: non mi interessa cosa vuoi, non ti aiuterò in alcun modo. E ora fammi uscire! " -

Ci trovò davvero gusto nel prendersi gioco di me... Che cretino! Stavo semplicemente sprecando il mio tempo con lui.

- " Adesso ci divertiremo un po' assieme " - disse avvicinandosi sempre più a me.

Indietreggiai il più possibile con cautela, fino a scontrarmi con la parete, dietro di me.
- " Noi non faremo un bel niente assieme! " -

- " Ah giusto! Dimenticavo che per te la parola 'divertimento' significa passare le giornate sui libri " - rise divertito - " Beh nel mio caso il divertimento ha tutto un altro sapore " -
 
- " Non te l'ho chiesto. So come ti diverti e la cosa non mi attira per niente " -

- " Sarà meglio che tu torni a casa a studiare, principessa, altrimenti non diventerai mai un avvocato dei miei stivali e il tuo quoziente intellettivo si abbasserà ogni secondo che passa. Sai, mi fai soltanto pena, ed è per questo che ho fatto quello che ho fatto! Sappi che non ti sopporto, non sopporto te e il tuo perfezionismo del cazzo! Non sai divertirti e non sai vivere, la tua vita è destinata a far schifo, proprio come te! " -

In quel momento, non fui più in grado di percepire le cose attorno a me, solo il vuoto mi circondava. Non mi ero mai sentita così, eppure era quella che sembrava essere una sensazione davvero famigliare, troppo famigliare. Solo con Duncan avrei potuto provare sensazioni simili, e mi odiavo per questo, ma più di ogni altra cosa, odiavo lui. L'avevo sempre odiato e non credevo avrei smesso di farlo. Era lui la causa di tutti i miei mali, i miei pianti infiniti, la disperazione e il forte senso di colpa per non essere abbastanza forte. Ma ora basta! Voleva finirla? Bene! Non gliel'avrei data vinta questa volta, proprio no. Ero stanca di tutto ciò e non avrei mai sopportato il fatto che tutto questo potesse accadere un'altra volta. Ero arrabbiata, furiosa, adirata. Ero forte.

- " E' proprio buffo che tu venga qui a farmi la ramanzina riguardo il futuro! Sei l'ultima persona in assoluto che può permettersi di dire che la mia vita fa schifo...Ti stai confondendo Duncan! Quella che fa schifo e non vale una lira è la tua di vita, cretino che non sei altro! Io so benissimo vivere la mia vita, nonostante certe volte decida di trascurare il divertimento per sforzarmi di avere un futuro che mi renda felice, e la cosa più bella è poter condividere queste emozioni con la mia famiglia, che mi ha sempre infondato fiducia e amore. Purtroppo per te la famiglia ha deciso di mandarti a quel paese dato che si è subito accorta del problema con cui avrebbe avuto a che fare. Sei solo un perdente, Duncan! Un delinquente ormai ventunenne che ruba per vivere e passa le giornate a drogarsi, a scoparsi la prima donna che passa per strada e a tormentare le persone che un futuro ce l'avranno solo perché sei un lurido invidioso...Sei cieco o cosa? Duncan! Quello senza una vita e senza futuro sei tu! Sei tu quello che fai pena, non ti vorrà mai nessuno, marcirai da solo passando il resto della tua vita miserabile proprio come la stai passando ora! Sei solo un mostro! " - gli gridai frustrata.

Per un attimo, mi sentii sollevata, fino a quando vidi che il sorrisetto malizioso scomparve dalla sua faccia. Notai che stava serrando i pugni mantenendo lo sguardo verso il basso. Non sembrava arrabbiato, furibondo o rabbioso. Qualcosa di molto, molto peggio.

- " Ma non mi dire! Se sapevo che bastava così poco per zittirti l'avrei fatto già molto tempo fa e tu sai cosa intendo. " - gli dissi sorridendogli soddisfatta.

Ma il peggio doveva ancora venire. Non sapevo che, per quel gesto, l'avrei pagata cara, attraversando i dolori e le torture del suo oscuro e tetro inferno.





Hey ragazzi! Ciao a tutti ! Questo è il secondo capitolo della storia in cui ho deciso di tagliare la parte finale del racconto per introdurla invece nel capitolo seguente, in modo tale da incuriosirvi di più! Spero di non avervi deluso e che la storia vi sia piaciuta, ciao!!!

* manda baci e abbracci virtuali a tutti * 
  
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