Fandom: Final Fantasy VIII
Pairing: Nessuno
Personaggi: Rinoa Heartilly, General (
Fury ) Caraway
Tipologia: One
shot ( 2564 parole )
Genere: Slice of Life, Missing Moment. Triste
12°
Argomento: Tempo
58. Futuro
I
Promise
Correva e correva ancora.
Sentiva
un gran calore lungo tutto il corpo, il sudore le imperlava la fronte
bagnandole i capelli corvini, le gambe dolevano pericolosamente
rendendo i suoi
passi sempre più incerti.
Da
quanto tempo stava correndo in quel modo?
Tempo.
E’
giusto parlare dello scorrere del tempo quando ti ci ritrovi dentro,
nel suo
caos più totale e inimmaginabile?
Eppure
non voleva fermarsi. Fermarsi avrebbe significato arrendersi e lei non
poteva
permetterselo, non adesso che tutto stava per finire. La sua storia era
al
capitolo conclusivo, non poteva rinunciare proprio adesso!
La
corsa si fece ancor più disperata. Presto, doveva far presto
o lui... no, era
meglio non pensare a niente e continuare a correre. Attorno a lei il
paesaggio
cambiava nervosamente. Prima una distesa innevata, poi le strade di una
città
grigia che non conosceva, ora una collina illuminata dal sole. Chiuse
gli occhi
e capì che se avesse continuato così si sarebbe
persa.
Pensò
intensamente a lui, ai suoi occhi forti ma spaventati da se stesso.
Pensò al
prato fiorito dove aveva promesso di aspettarla.
Quando
riaprì gli occhi non fu troppo sorpresa di trovarsi proprio
li, circondata da
un’immensa distesa fiorita, il profumo era così
forte da penetrarle fin dentro
la gola riarsa, il cielo era coperto da nuvole scure che
preannunciavano un
tremendo temporale. Si guardò attorno e solo in quel momento
si fermò. Era
senza fiato e la disperazione stava per consumarla in un pianto
incontrollato.
Lui
non c’era.
Per
quanto si voltasse a cercarlo, Squall non si trovava in quel luogo.
Perché?
Le aveva promesso che l’avrebbe aspettata proprio li, quello
era il luogo dove
dovevano incontrarsi. Glielo aveva
promesso.
Forse
se n’era dimenticato ed era già tornato indietro,
forse aveva interpretato male
ogni cosa e di lei non gliene importava niente. Forse per lui era stata
solo un
momento, un gioco, un modo per sentirsi più forte. Dopotutto
era una Strega
adesso, chiunque avrebbe voluto avere quel
potere, persino lui e, accettando di essere il suo cavaliere,
l’aveva
ottenuto. Era stato così facile illuderla...
Guidò
una mano a stringere gli anelli che portava al collo,
l’argento tintinnò quando
li toccò e la sua pelle accaldata provò uno
strano senso di piacere a toccare il
gelido metallo. Fece scorrere le dita attraverso la vera di sua madre,
quel
gesto l’aveva sempre rassicurata fin dall’infanzia,
poteva sentirsi un po’ più
vicina alla donna che aveva conosciuto appena. Poi l’indice
incontrò l’altro
anello che adornava il suo collo solo da poche settimane, con il
polpastrello
seguì gli intagli che creavano Griever. Era questo adesso
l’anello che più le
dava conforto. Un brivido freddo la fece tornare in sé dal
torpore nel quale
era caduta. Si stava lasciando andare ai dubbi e alle insicurezze che
Artemisia
aveva insinuato nella sua mente, era a questo che mirava fin
dall’inizio.
Lei
non avrebbe ceduto.
Se
Squall non si trovava là sicuramente c’era un
motivo valido, forse era ferito e
non poteva muoversi, o si era perduto nella vastità del
tempo oppure era...
No!
Doveva
cercarlo, doveva assolutamente trovarlo.
Si
rimise a correre senza sapere dove il tempo l’avrebbe
condotta.
Io
sarò il tuo Cavaliere!
Per un po’
vagò nella tenebra, dei sussurri
lontani seguivano la sua traversata. Non era sicura se esistessero
davvero o se
fossero solo frutto della sua immaginazione. Alcune volte erano
così vicini da
procurarle brividi sulla pelle, ma voltandosi non vedeva nessuno.
Pensò che
forse erano voci ingannevoli create da Artemisia per confonderla, per
turbarla.
Alla fine si accasciò su se stessa abbracciandosi le
ginocchia com’era solita
fare quando era piccola e qualcosa la spaventava. Si ripeté
che quei bisbigli
non esistevano, che non c’era alcun motivo di avere paura,
che doveva solo
continuare a camminare, ma anche la sua positività aveva dei
limiti.
Non
sapeva più dove si trovava, era perduta in un mondo buio
fatto di voci
silenziose.
Le
lacrime iniziarono a uscire copiose dai suoi occhi chiusi.
Non
aveva avuto intenzione di piangere, voleva essere forte almeno quella
volta, ma
i sentimenti avevano avuto la meglio sulla sua determinazione.
Sarebbe
mai tornata a casa?
Con
questo pensiero una fievole luce oltrepassò il vetro di una
finestra colorata
davanti a lei, il bagliore era delicato come un pallido quarto di luna.
Rinoa
guardò con attenzione il cristallo lucente che le sembrava
così familiare. Le
dava conforto come se quei tenui colori potessero avvolgerla
allontanandola dal
grigiore del mondo nel quale si trovava. Poi seppe di conoscere quella
finestra.
Si
trovava nella sua casa di Deling, in un corridoio che portava al retro
del
palazzo. Lei ci andava quando era piccola per raggiungere il giardino
dove
spesso passava i pomeriggi con la madre e aveva continuato a recarsi
davanti a
quella finestra dopo la sua morte quando si sentiva sola o dopo una
brutta lite
con suo padre.
Inconsciamente
allungò una mano a toccare la superficie di vetro e non
appena la sfiorò una
voce alle sue spalle catturò la sua attenzione.
Alla
fine del lungo corridoio in penombra qualcuno tossiva con violenza,
sembrava
faticasse a respirare.
Presa
dal suo spirito empatico si preoccupò quasi e, dopo un
momento di esitazione,
avanzò diretta verso quel suono. Chiunque fosse doveva
soffrire molto e lei non
sopportava l’idea di ignorare una persona in quello stato,
anche fosse stata la
stessa Artemisia.
Raggiunse
una grande porta in legno semi aperta, dallo spiraglio passava la
debole luce
di qualche candela. Dopo qualche secondo la aprì lentamente,
spingendola
appena, e questa cigolò leggermente creandole una strana
sensazione di
imbarazzo e di disagio. Forse quella persona voleva essere lasciata in
pace e
lei invece si stava intromettendo senza che nessuno glielo avesse
chiesto.
Aveva fatto così anche con Squall e, ci pensò su,
persino con Seifer.
Mentre
pensava al da farsi lo sconosciuto smise di tossire e si
abbandonò a lunghi
sospiri di sollievo.
Rinoa
guardò la grande stanza incuriosita ma la luce era troppo
fioca per vedere
bene, un grande letto sorgeva immobile accanto ad una finestra chiusa.
Vide le
coperte muoversi appena e vi si avvicinò con cautela, il
respiro trattenuto
inconsciamente. Quando arrivò al limitare del giaciglio e
riconobbe la figura
avvolta nel lenzuolo il cuore sembrò impazzirle nel petto.
L’uomo
aveva gli occhi chiusi e respirava profondamente, un sospiro roco gli
fuoriusciva dalle labbra, la pelle era di un colore pallido e malato,
profonde
rughe solcavano la fronte su cui ricadevano folti capelli candidi. La
ragazza
non ebbe dubbi nonostante il suo aspetto fosse diverso da quello che
conosceva.
Quello
era suo padre.
Ma
perché era così vecchio? Era malato?
E
fintanto che lei se ne stava immobile avvolta dai dubbi e dalle
incertezze,
quasi per uno strano richiamo l’uomo aprì gli
occhi rivelando le iridi brune
sempre attente. Si accorse di lei e la scrutò con freddezza
per qualche
istante. Poi la riconobbe.
Fu
allora che per la prima volta nella sua vita Rinoa vide Caraway
piangere.
Non
ricordava di averlo visto nemmeno quando era morta Julia,
pensò che avesse
pianto all’epoca, solo nella sua stanza, chiuso nel suo cuore
lontano dagli
occhi di tutti, anche da quelli di sua figlia la quale ne condivideva
il
dolore. Ma allora lui si era rifiutato di mostrare a lei quei
sentimenti, si era
chiuso nel suo guscio fatto d’ indifferenza e non ne era
più uscito. Fino a
quel momento.
Allungò
con fatica una mano verso di lei, temette di vederla svanire davanti ai
suoi
occhi. Se era arrivata la sua fine voleva almeno redimersi, glielo
doveva.
La
chiamò con voce roca, poi mutò in una tosse senza
respiro ma non abbassò mai la
mano. E allora Rinoa la prese gentilmente fra le sue inginocchiandosi
accanto
al letto, guardando quell’uomo attraverso un velo di lacrime
negli occhi,
chiedendosi cosa stesse succedendo.
Quando
Caraway si riebbe dalla crisi tornò a guardare la figlia
visibilmente stanco.
C’era un profondo tormento nei suoi occhi che la giovane non
aveva mai visto.
Gli sorrise lievemente e lo rassicurò della sua presenza
stringendo più forte
la sua debole mano.
- Dunque eri
qui... –
L’uomo
si lasciò andare all’ennesimo sospiro mentre lei
non capiva a cosa alludesse.
Non riusciva a concentrarsi su nient’altro che il suo aspetto
e la sua voce
così terribilmente debilitati.
-
Cos’hai? Dove ci troviamo? –
Lui
sembrò esitare qualche istante, forse era troppo stanco per
parlare o forse non
sapeva nemmeno lui cosa rispondere. La ragazza sembrava turbata di
vederlo in
quello stato, e come poteva biasimarla?
- Sono malato
Rinoa... – disse piano
scandendo bene il suo nome -... sto morendo. –
Lei
trattenne il respiro assimilando bruscamente quelle parole.
- Cosa? Come?
–
Non
riusciva a crederci, dove l’aveva spinta la compressione
temporale?
L’uomo
scosse lentamente il capo poi allungò entrambe le mani a
prenderle il viso,
sfiorandole le guance, obbligandola a guardarlo.
- Ascoltami
attentamente adesso. –
La
voce era debole eppure manteneva lo stesso tono austero che lei aveva
sempre
conosciuto. Quello che da bambina la costringeva ad obbedire anche
contro la sua
volontà.
Quando
non ricevette alcuna risposta Caraway decise di continuare, dopotutto
si
meritava una spiegazione. – Credo tu l’abbia
compreso guardandomi che ti trovi
nel futuro. Un futuro non troppo lontano dal tuo tempo. Rinoa...
– esitò ancora
-... tu ti sei perduta nella Compressione Temporale, non sei mai
tornata
indietro. –
Il
cuore della giovane mancò un battito e rimase ferma immobile
ad osservare
quell’uomo davanti a lei. Possibile che fosse solo un tempo
fittizio creato
dalle sue paure inconsce? Se fosse stata la verità e fosse
ormai troppo tardi
per tornare indietro? Come poteva credere che nessuno, nemmeno i suoi
amici,
avessero provato a cercarla?
Quasi
Caraway poté leggere nei suoi occhi le insicurezze e i dubbi.
- Rinoa, devi
credermi. Non permetterò che
accada di nuovo, riuscirò a convincerti a tornare a casa.
–
Lei
abbassò lo sguardo non riuscendo più a sopportare
il peso degli occhi di suo
padre. C’era qualcos’altro, qualcosa che non le
diceva, non sapeva spiegarsi la
ragione di questo pensiero ma sapeva che qualcosa non andava in quella
storia.
-
E
Squall? – disse piano, la voce le tremò
leggermente al pronunciare quel nome.
Caraway
emise un sospiro ma non rispose e quando la figlia alzò
nuovamente lo sguardo
vide che lui si era voltato altrove.
- Squall,
dov’è? Lui è tornato indietro?
–
insisté lei alzando il tono della voce. Si stava
innervosendo ed era tornata
quella brutta sensazione di paura che l’aveva accompagnata
fino a poco prima. –
Perché non mi rispondi? –
Adesso
ne era certa, le stava nascondendo qualcosa.
Al
suo continuo silenzio quasi gli urlò contro. – Si
può sapere cosa diavolo sta
succedendo? –
Allora
Caraway tornò a guardarla, un’espressione quasi
colpevole negli occhi stanchi.
Scosse appena la testa. – Si Rinoa, lui
è… è tornato. –
- Ma? –
Sapeva
che c’era un “ma” da qualche parte.
L’uomo
deglutì. – Ma era… -
E
Rinoa capì senza che lui continuasse la frase. Lo
capì dal suo sguardo pieno di
dolore, dal suo tormento, si sentiva forse in parte responsabile?
Non
era possibile, non avevano lottato tanto per giungere a quel destino,
non
poteva essere vero, semplicemente non poteva. Ricacciò
indietro le lacrime con
grande fatica poi la mano di suo padre le sfiorò una guancia
con una dolcezza
che non aveva mai conosciuto.
- Mi dispiace
dirti questo, sapessi quanto mi
dispiace Rinoa… –
Il
suo corpo fu di nuovo scosso da quella tosse tremenda che non lasciava
spazio
all’ossigeno e lei vide del sangue uscirgli dalla bocca
macchiando il lenzuolo.
Dopo la crisi Caraway si riebbe e accarezzò i capelli scuri
della giovane. Lei
era troppo sconvolta per poterglielo impedire.
- Quando lo
trovammo, vicino
all’orfanotrofio, per un’istante mi sono sentito
sollevato che non fossi tu e
questo è stato l’inizio. Ho continuato a cercarti
finché ne ho avuto la forza,
poi ho iniziato a sperare che fossi morta. Preferivo credere a quello
piuttosto
che saperti in chissà quale epoca di chissà quale
universo, perduta per sempre.
Ma il mio senso di colpa per non averti protetta come avrei dovuto ha
finito
per consumarmi. –
Fece
una lunga pausa per riprendere fiato, faticava sempre di più
a parlare. – Mi
sento così miserabile. – I suoi occhi scuri non
riuscivano più a trattenere le
lacrime che scesero giù lungo il suo viso. Anche Rinoa non
riusciva più a
trattenere le sue, per la prima volta vedeva suo padre per quello che
era
davvero e scoprì che quell’uomo gli piaceva
più di quanto credesse possibile.
Tutte le liti, tutte le incomprensioni e le parole dure erano perse in
un tempo
lontano, non dimenticate, solo perdute, nascoste da un velo fatto di
rimpianto.
Poi
Caraway parlò ancora, la sua voce tremava ed era sempre
più flebile.
- Adesso devi
farmi una promessa. –
Lei
lo guardò sorridendo, pronta a qualsiasi cosa lui volesse
dirle.
- Promettimi che
riuscirai a tornare
indietro. -
Rinoa
annuì. - Te lo prometto. -
Il
vecchio colonnello sospirò. - E poi, promettimi che proverai
a perdonarmi. Ti
ho sempre amata molto, questo devi saperlo. Ho sbagliato a tenerti
lontana,
pensavo che così ti avrei protetta. Mi dispiace non esserci
stato per te e per
tua madre, soffrivo da solo senza rendermi conto di quanto potessi
soffrire
anche tu. Ti prego Rinoa, perdonami. -
Non
riusciva a credere che quello fosse davvero suo padre, il duro e freddo
colonnello Caraway. Si lasciò andare ai singhiozzi mentre le
lacrime uscivano
copiose dai suoi occhi.
Ma
lui aspettava una risposta. - Te lo prometto, papà. -
Indugiò
su quell’ultima parola. Quanti anni erano passati
dall’ultima volta che lo
aveva chiamato così? Anche Caraway sembrò
soddisfatto di sentirgliela
pronunciare, chiuse gli occhi e si abbandonò a un sorriso
stanco. Il silenzio
regnò sovrano per alcuni minuti, interrotto solo dal
singhiozzare della giovane
strega e dai sospiri pesanti dell’uomo.
Poi
il silenzio cessò e a fatica lui uscì dal suo
torpore. - Adesso vai, non voglio
che tu stia qui, devi tornare a casa. -
Rinoa
scosse la testa. - No, non posso lasciarti solo. Non chiedermelo! -
Ma
lui annuì deciso. - Si, invece. Vai! - allontanò
la sua mano da quelle di lei,
il distacco era freddo e si sentì solo come non mai. - Per
favore, vattene. -
E
allora lei capì che non l’avrebbe mai convinto,
che aveva già preso quella
decisione da tempo e che niente e nessuno poteva fargli cambiare idea.
Così si
alzò in piedi e senza dire una parola si voltò e
si avvicinò alla porta della
stanza. Quando l’aprì e uscì non si
accorse che i pesanti sospiri erano cessati
e non vide mai il volto sereno di suo padre mentre si abbandonava alla
morte.
Rinoa
fece qualche passo avanzando in una fitta nebbia scura, le lacrime le
rigavano
il volto ma voleva mantenere la sua promessa.
Sarebbe
tornata a casa ad ogni costo.
Adesso
doveva continuare a camminare e trovare Squall. I suoi passi
riecheggiarono su
un suolo sterile e riarso, la nebbia si alzava appena per lasciarle
intravedere
il panorama che la circondava. Non c’era niente li,
né vita, né colori, era un
territorio così solitario e a lei trasmise tanta tristezza.
Se
Squall si trovava in quel luogo lei lo avrebbe raggiunto, per una volta
sarebbe
stata lei a salvarlo.
E
poi, una volta tornata a casa, avrebbe salutato suo padre con un
sorriso.
Dopotutto,
aprire una porta per il futuro, poteva davvero averle salvato la vita.
Ora
lo pensava davvero.
Note
Autrice :
Mi sono accorta che, nonostante questa fic fosse stata pronta prima
della
precedente, non l’avevo ancora pubblicata. Forse ne ho un
po’ paura perché per
me è un tema molto difficile da comprendere. Io non ho mai
avuto un vero papà,
o qualcuno che fosse particolarmente affettuoso in quel senso, e
perciò posso
solo immaginare cosa si provi ad averne uno vero.
Sicuramente
Rinoa e Caraway hanno da sempre avuto moltissimi problemi ma io non
sono mai
riuscita a disprezzare questo personaggio. Da un certo punto di vista
potevo
capirlo.
E
niente, questo è ciò che la mia mente ha
partorito, spero sia comunque qualcosa
di piacevole da leggere mi farebbe piacere sapere la vostra opinione in
merito.
Alla
prossima!
Selhin
<3