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Autore: Elayne_1812    29/08/2016    2 recensioni
Non solo Kim Kibum era in grado di destreggiarsi con l’energia pura, un’abilità innata estremamente rara, ma era anche la chiave d’accesso al trono di Chosun. Cose che un ambizioso e scaltro come Heechul non poteva ignorare.
(dal prologo)
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- Io…mi sento vuoto. – disse semplicemente.
Vuoto? Non c’era niente di vuoto in quello sguardo ammaliante, in quelle labbra del colore dei fiori di ciliegio, in quegli sguardi decisi e al contempo imbarazzati. Come poteva essere vuoto, Key, quando era tutto il suo mondo?
Sopra di loro le nubi si stavano aprendo, rivelando sprazzi di un cielo puntellato di stelle. Jonghyun fissò gli occhi neri e profondi di Key, insondabili e affascinanti quanto la notte più misteriosa. Così belli che anche le stelle avevano decisi di specchiarvisi.
-Tu non sei vuoto, Key - disse Jonghyun, -io vedo l'universo nei tuoi occhi. - (dal capitolo 9)
jongkey, accenni 2min
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho, Onew, Taemin
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! Allora, secondo capitolo…tanto per cominciare mi scuso se troverete qualche errore. Sono consapevole di non essere un buon editor per me stessa. Buona lettura!
 
Capitolo 2
Un filo sottile
 
Un caldo sole estivo splendeva su un villaggio non lontano da Soul. Quel giorno poteva definirsi perfetto se si escludeva l'umidità appiccicosa, la totale assenza di un filo d'aria e le zanzare. Senza contare gli odori poco invitanti della fogna a cielo aperto a pochi metri dal centro dell'abitato. Kim Jonghyun si deterse il sudore dalla fronte con la manica della camicia già sciupata, poi diede un morso vigoroso alla mela succosa che teneva in mano. Il giovane, fisico atletico e occhi grandi, guardò i bambini vestiti di stracci che correvano tra il fango e la sporcizia della strada. Jonghyun scosse il capo e piegò le labbra carnose in una smorfia di rabbia, volgendo lo sguardo alle cupole dorate di Soul che luccicavano prepotenti e irriverenti all'orizzonte.
Maledetti Kim!, imprecò tra sé agitando un pugno in direzione dalla capitale. Diede un altro morso alla mela, con fogna, riversando la propria frustrazione sul frutto.
Kim Jonghyun non aveva avuto una vita facile nei suoi venticinque anni di vita. Tanto per cominciare odiava tutti i nobili, spocchiosi e arroganti che vivevano sulle spalle della gente comune, sfruttandola e riducendola fame. Tutti i nobili a partire da suo padre. Già, perché lui era il figlio bastardo di un qualche nobile di Busan. Sua madre non gli aveva mai parlato di lui, ma Jonghyun sapeva che si trattava di un aristocratico. Come? Semplicissimo! L'unica cosa che quel bastardo gli aveva lasciato in eredità, e di cui lui gli era immensamente grato, era un'abilità potente, fatto impossibile per un semplice popolano. Jonghyun aveva il fuoco che gli scorreva nelle vene.
Lui e sua madre avevano tirato avanti in tutti i modi possibili finché lei non era morta in un freddo inverno di dieci anni prima. Così era rimasto solo vivendo per strada e sopravvivendo di piccoli lavori e furtarelli, finché non si era unito ad un gruppo di ladri che si erano rivelati tagliagole e assassini. Lui voleva semplicemente sopravvivere e avere qualcosa da mettere sotto i denti la sera, non sfruttare la povera gente già costretta a vivere di stenti. Per fortuna era rimasto poco con quella gentaglia. Era stato Lee Jinki, il leader dei Ribelli, a salvarlo dalla strada e da sé stesso e Jonghyun gli era eternamente grato.
- Non voglio vedere i bambini morire per strada, la gente comune calpestata come spazzatura mentre l’aristocrazia si crogiola nei propri palazzi. Non posso prometterti che cambieremo il mondo, ma forse riusciremo a portare un po' di luce in questo regno che divora sé stesso. –
Queste parole del leader erano bastate a convincere Jonghyun ad unirsi alla causa. In esse aveva visto tutto ciò in cui credeva e desiderava per Chosun. Più luce, molta più luce! E farsi portatore di quella luce al fianco di qualcuno come Jinki era diventata la sua massima aspirazione.
Lee Jinki aveva solo un anno in più di lui eppure nel giro di poco era riuscito a mettere insieme un gruppo che poi si era trasformato in un piccolo esercito, suscitando le stesse preoccupazioni dell'imperatore.
-Ehi- fece una voce dietro di lui, risvegliandolo dai propri pensieri.
-Eh? -
Si voltò per incontrare l'espressione contrariata di Minho, un ragazzo alto e dal portamento fiero che poteva essere scambiato per un giovane cavaliere. Anche lui faceva parte dei Ribelli ed era stata la prima persona con cui Jonghyun aveva stretto amicizia diventando il suo migliore amico.
-Dov'è Taemin? - chiese con una nota di rimprovero.
Jonghyun fece spallucce. -Da qualche parte al mercato, voleva fare un giro. -
Minho sgranò gli occhi. -Non ti avevo detto di tenerlo d'occhio mentre io sbrigavo gli ordini di Jinki? -
-Yaaahh sono un tuo hyung, non dovresti parlarmi così! -
-Hyung o no dimostri sempre di avere il cervello grande quanto una nocciolina senza guscio - disse Minho picchiettando lo stivale sulla strada infangata.
Senza guscio? Che diamine vuol dire?!, pensò Jonghyun scuotendo il capo. Che Minho avesse bevuto? Mah, si disse, figuriamoci, mentre sta eseguendo degli ordini poi!
-Non vedo perché ti scaldi tanto, è solo andato a fare un giro al mercato. -
-Se gli succedesse qualcosa...-
Jonghyun roteò gli occhi -Dhe dhe, suo fratello Jinki vorrà le nostre teste, ho già sentito questa storia. -
-Vuoi dire la tua! Quanto la smetterai di comportarti come una zia permissiva sarà troppo tardi! Prima o poi qualcuno ti strapperà quella pellaccia di dosso. -
Noccioline senza guscio, zia permissiva, sì, Minho ha bevuto, convenne il più grande. L'unica domanda sensata a questo punto è: perché non puzza di alcol?
-Hyung, mi stai ascoltando? -
-Yaaahh ho capito, andiamo a riprenderlo prima che gli venga in mente di usare la sua abilità e farsi arrestare.-
Ecco l’unica nota negativa di Jinki: lui e suo fratello Taemin erano nobili.
Bhe, aveva pensato Jonghyun, farò un'unica eccezione per loro.
I Lee discendevano da un'antica casata che aveva per secoli detenuto possedimenti poco distinta da Soul. La loro famiglia era stata spazzata via in una calda notte d'estate, resa ancora più in incandescente dalle fiamme che avevano divorato il magione dei Lee. L'accaduto era stato fatto passare come un 'l'incidente, ma era, ovviamente, opera dei reali Kim. Il padre dei due fratelli era sempre stato contrario al forte divario sociale che divideva l’aristocrazia dal popolo e, a detta di Jinki, aveva fatto l’errore di esprimere le proprie preoccupazioni con troppa foga e una volta di troppo davanti al consiglio reale.
Minho dovette apprezzare la sua affermazione perché si diresse a grandi falcate verso la piazza del mercato.
 
 
Affermare che Lee Taemin non si rendesse conto delle conseguenze delle proprie azioni non era esatto, la verità era che si riteneva troppo astuto per curarsene. Era proprio con tale convinzione che il giovane sorrideva tranquillo facendo scorrere gli occhi sulle bancarelle del mercato. I suoi capelli chiari brillavano al sole mentre zigzagava tra la folla schivando i passanti, con l'aria soddisfatta di chi si sente pienamente padrone di sé stesso e della situazione.  Fece scricchiolare le lunghe dita affusolate e puntò gli occhi su un banco di frutta.
Ecco il mio obiettivo, pensò.
Taemin non aveva certo bisogno di rubare per avere un po' di frutta, ma gli piaceva considerare quell'attività una sorta di allenamento per la propria abilità. Far levitare gli oggetti era solo una delle cose che la telecinesi gli permetteva di fare. Non che fosse una grande soddisfazione rubare frutta al mercato, ma era sempre meglio di niente.
Sulla bancarella splendevano mele rosse, verdi, gialle, pesche dall’aria invitante, e ciliegie. Oh, lui adorava le ciliegie!
Il proprietario era intento a sistemare la propria merce quando notò Taemin ed il suo volto assunse una colorazione purpurea.
-Tu, ladruncolo! Sei di nuovo qui per rubare la mia frutta? – sbraitò.
Taemin sobbalzò, sbarrando gli occhi. Come? Ancora non ho fatto nulla!
L’uomo caricò verso di lui come un toro nell’arena, quasi travolgendo il suo stesso banco.
-Oh ommaaa! – gridò Taemin dandosi alla fuga. Ma la sua corsa durò poco perché andò a sbatterò contro qualcosa, o meglio qualcuno.
-Yah- fece lo sventurato rovinando a terra.
Taemin lo seguì a ruota, rotolando come una pera cotta prima di essere sollevato per il colletto della camicia. -Ti ho perso, ladro! Non è la prima volta che ti vedo gironzolare intorno al mio banco e ogni volta sparisce qualcosa! Razza d'ingordo! - gridò l'uomo corpulento, scuotendolo.  -Oh ma questa volta, giuro che ti consegno alla prima guardia...- poi cambiò tono, - oh signorino, vi siete fatto male? –
Fu allora che Taemin rammento di aver travolto qualcuno. Si trattava di un ragazzo che doveva avere circa la sua età, forse qualche anno in più, era alto come lui ed aveva un fisico snello ed elegante, i capelli corvini gli ricadevano sulla fronte nascondendogli il volto mentre si ripuliva gli abiti dalla polvere. Il suo vestiario non era appariscente, ma si vedeva che era di buona fattura e il cavallo che teneva per le briglie era indubbiamente un purosangue. Un uomo, che aveva tutto l’aspetto di un cavaliere, lo stava aiutando a ripulirsi con evidente apprensione. Un nobile, o qualcosa di molto simile, concluse Taemin. La mia testa è andata!, pensò deglutendo e avvertendo un brivido lungo la schiena.
-Va tutto bene – rispose il ragazzo con voce delicata.
L’uomo si inchinò. –Non temete, porterò questo ladro…-
-Che cos’è successo?-
L’uomo si schiarì la voce, come se si preparasse a tenere un discorso alla corte di Soul. Taemin arricciò il naso.
-Questo ragazzo, ogni volta che si aggira intorno alla mia merce scompare qualcosa. E’ chiaramente un ladro!-
-Non mi pare che abbia preso nulla, ora- disse il ragazzo con tranquillità.
-Bhe no, ma…ogni volta…-
Il ragazzo non gli diede modo di concludere la frase condita da un assiduo gesticolare, mentre il volto dell’uomo diventava sempre più rosso. Taemin si chiese se fosse per la rabbia o per effetto degli occhi sottili del ragazzo puntati su di lui.
-Si tratta solo di un po' di frutta, dico bene? –  Lanciò una monetina che l'uomo afferrò al volo. -Questo dovrebbe bastare, o sbaglio? -
Taemin intravide un luccichio dorato tra le dita grassocce dell’uomo  che dopo essersi profuso in un profondo inchino si dileguò.
-Stai bene?- chiese in giovane.
Taemin era sconcertato. Si aspettava di vedere la propria testa su una picca dopo aver travolto un nobile, invece questi sembrava preoccuparsi per lui. Scosse il capo. Che avesse battuto la testa troppo forte?  Almeno ad uno dei due doveva essere accaduto. Forse il ragazzo aveva perso la memoria nel giro di pochi secondi, oppure lo stava insultato e lui capiva tutt’altro. Il ragazzo lo guardò con insistenza e Taemin si rese conto che stava fissando l’altro come un ebete.
-Si, ti ringrazio, mi dispiace esserti finito addosso...-
Il ragazzo gli porse un fazzoletto, sorridendogli. C’era una strana dolcezza in quegli occhi, genuina, ma che nascondeva sotto le ciglia scure una mente affilata quando la spada che portava al fianco. Sia il ragazzo che il cavaliere sembravano fuori posto nella cornice di quel povero mercato di villaggio.
-Hai le mani scheggiate- disse il ragazzo accennando ai palmi arrossati di Taemin. -Non metterti nei guai. – Taemin annuì, quasi d’istinto. Abbassò lo sguardo sul fazzoletto, era liscio e leggero. Seta? pensò. E questo?, fece notando lo stemma blu ricamato al centro. Quando rialzò il capo il ragazzo ed il cavaliere erano spariti. Degli spiriti? Si chiese scuotendo il capo.
-Taemin! – gridò una voce dietro lui.
Veloce come una lepre inseguita da un braco di cani, Taemin infilò in tasca il fazzoletto e sfoderò il miglior sorriso innocente che aveva nel repertorio per i suoi hyung.
-Non ti sei messo nei guai, vero? – chiese Minho.
-Nooo-
-Vedi – disse Jonghyun alzando le spalle. – Ti preoccupi sempre per niente. –
 
 
Kibum alzò gli occhi al cielo, ammirando i colori acquarellati del tramonto che si fondevano con le prime stelle della sera e l’ombra perlacea della luna. Siwon era riuscito a trovare alloggio in una locanda dotata di una piccola sorgente termale e un rilassante giardino sul retro. Una rarità per un villaggio, ma la vicinanza alla capitale doveva aver premesso ai proprietari di mantenere un tale lusso grazie ai viaggiatori nobili che si recavano costantemente a Soul. Kibum ne aveva subito approfittato per farsi un bagno rilassante e togliersi la polvere della strada dal corpo. Non si era mai sentito così sporco! C’erano un mucchio di cose strane, lì in giro. Sembrava tutto così diverso rispetto a Soul e ai palazzi di famiglia, non solo per le strutture in legno, ma per lo stesso stile con cui gli edifici ed i mobili erano realizzati. Kibum sapeva che la gente comune viveva in modo differente, ma ciò che aveva visto gli faceva credere di essere stato catapultato in un altro mondo[1]. Niente porte normali, tanto per cominciare, solo porte scorrevoli dall’intelaiatura lignea, niente letto, certo non pretendeva un baldacchino, ma quello che si era ritrovato era più simili ad un piumone rettangolare. Tavoli bassi, niente sedie e solo cuscini. Possibile che fosse così diverso? Vi aveva riflettuto per tutta la durata del bagno e anche quello era stato strano. Pensava che qualcuno portasse direttamente secchi di acqua termale nelle stanze degli ospiti per versarle nelle vasche, invece era stato indirizzato ad una polla d’acqua nel giardino sul retro. Doveva fare il bagno in uno stagno, dunque? Era stato molto titubante all’inizio, ma alla fine si era immerso, era così stanco…Siwon aveva fatto la guardia tutto il tempo all’ingresso del giardino. Dopo il bagno ristoratore aveva deciso di concedersi una passeggiata nel giardino altrettanto pieno di sorprese. Non c’erano aiuole perfettamente geometriche ad organizzare in modo quasi ossessivo ogni centimetro del giardino, bensì era la natura a prevalere. Qua e là splendevano polle d’acqua termale e l’unico segno della presenza umana era un padiglione ligneo dai colori sgargianti che sovrastava un piccolo stagno di loti. Il padiglione era apparentemente irraggiungibile, se non si notavano le pietre sconnesse che andavano a creare un passaggio tra la riva e la struttura.
Kibum alzò le braccia, unì le mani e si stiracchio la schiena come un gatto al sole. Aveva proprio bisogno di un po' di tranquillità. Certo, sapeva di non potersela prendere comoda, la sua fuga da palazzo era stata scoperta ancor prima di iniziare. Arricciò il naso con disappunto. Maledetto Heechul, imprecò tra sé. Kibum non rammentava di aver mai ricoperto qualcuno di tanti insulti come il giovane lord di Busan. Bhe, pensò, se li merita tutti. Ad ogni modo poteva giusto concedersi quella breve pausa, consapevole del fatto che le guardie avrebbero setaccio Soul sino alle fondamenta prima di essere spedite fuori dalla città. Tuttavia non voleva rischiare, lo svantaggio d’essere furbo era che Heechul lo sapeva e, non essendo da meno, avrebbe agito di conseguenza. Con ogni probabilità era proprio a lui che l’imperatore aveva affidato l’incarico di recuperarlo.
Chissà quale assurdità si sarà inventato quello scemo davanti a mio padre, si chiese Kibum. Di una cosa era certo: davanti alla corte avrebbero fatto passare la sua assenza come un momentaneo ritiro in qualche residenza di famiglia in vista della cerimonia di fratellanza.
Kibum si avvicinò allo stagno di loti. Le squame traslucide delle carpe luccicavano sotto la superficie trasparente dell’acqua. Una leggera brezza scompigliò le chiome dei ciliegi che crescevano ai margini dello stagno, posando petali rosati tra i capelli corvini del principe. Un dolce profumo invase le sue narici invitandolo a respirare a pieni polmoni. Quel giardino era un angolo di paradiso in confronto al villaggio che sorgeva all’intorno. Si sfilò gli svitali saggiando la sensazione dell’erba tenera sotto i piedi, poi saltò sulla prima pietra, deciso a raggiungere il padiglione.
 
 
Jonghyun era seduto tra i rami di un ciliegio che sorgeva ai piedi di uno stagno, nel giardino della locanda in cui lui e gli altri avevano deciso di alloggiare quella notte. Immerso nei propri pensieri fissava a vuoto l’intricato labirinto di rami. Probabilmente avrebbe passato lì l’intera nottata senza rendersene conto se non fosse stato per dei leggeri fruscii ai piedi dello stagno, sufficienti a destarlo dal proprio torpore. Cercando di mantenere l’equilibrio sul ramo, si sporse ad osservare il giardino sottostante. Allungando il collo oltre i fiori di ciliegio vide un ragazzo impegnato a saltare da una pietra all’altra per raggiungere il padiglione al centro dello specchio d’acqua. Jonghyun rise tra sé e lentamente scese dall’albero. Era davvero una scena divertente il modo in cui quella figura elegante saltellava, ogni suo movimento pareva una danza sulla superficie dell’acqua; una danza perfetta tranne che per un piede messo in fallo su una pietra troppo scivolosa. Senza perdere tempo a riflettere, Jonghyun si ritrovò a trattenere il polso del ragazzo mentre questi rischiava di finire in acqua. Con un gesto repentino fece ruotare il corpo dell’altro mettendo una mano dietro la sua schiena per sorreggerlo. Fu allora che i loro occhi si incontrarono. Jonghyun si sentì risucchiare e le sue labbra si aprirono leggermente in un suono di muto stupore. I suoni intorno a loro svanirono rimpiazzati dai battiti del suo cuore che andarono a scandire un tempo che si era fermato, sospeso come il loro equilibrio instabile dopo una danza vorticosa. E in quel tempo che non c’era, Jonghyun si ritrovò a fissare degli occhi sottili stupiti e attoniti quanto i suoi. Si sentiva strano, come se uno strano filo l’avesse irrimediabilmente legato ad un destino ignoto e in cambio gli promettesse quella bocca a cuore, ricettacolo di miriadi di segreti appena sussurrati. Fu come se sino ad allora fosse stato un pianeta solitario intento a ruotare unicamente su sé stesso e, improvvisamente, iniziasse a girare anche intorno al sole. La sua mano sciolse il polso del ragazzo andando a posarsi sulla guancia pallida dell’altro. Un tocco leggero, appena sfiorato. Fu allora che l’incantesimo s’infranse come cristallo sul pavimento. A Jonghyun parve quasi d’udirne il tintinnio. I suoni tornarono, il tempo riprese a scorrere. Quanto era passato? Un’ora, un giorno, minuti? Forse meno di un secondo.
Il ragazzo si ritrasse e, prima che Jonghyun avesse il tempo di trattenerlo, svanì tra i cespugli lasciando dietro di sé il profumo dolce di una promessa sospesa tra i flutti del tempo.
 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Scrivere l’ultima parte è stata una sofferenza, ho cambiato idea un milione di volte >.< Alla fine ho optato per Jonghyun “faccia da pesce lesso” che perde gli ultimi neuroni che ha in testa.
 
A presto!
 
[1] Per rendere le cose più chiare: ho scelto uno stile europeo per il mondo dell’aristocrazia, mentre tradizionale coreano-giapponese per la gente comune, l’ho fatto sia per gusti personali che per aggiungere un ulteriore divario tra le classi sociali. 
   
 
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