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Autore: FueMarmalade    29/08/2016    3 recensioni
Haruka ½ , continuo dell'omonima serie Ranma ½, racconta le vicende del giovane Haruka Saotome: un ragazzo dai capelli scarlatti che si porta dentro sé un orribile segreto, la sua metà bionda e dalle forme a dir poco prosperose.
Figlio di Akane Tendou e Ranma Saotome, un bel giorno farà uno strano incontro e da allora la sua vita, già di per sé un inferno, diverrà totalmente sconvolta all'apice.
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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Haruka ½


«Mi spieghi cosa diavolo significa questa, dannato di un Ranma?!» aveva sbraitato Ryoga in preda ad una crisi di nervi, un pugno chiuso e diretto verso il muso del coetaneo, mentre nell'altro stringeva con una spudorata energia qualcosa di cartaceo. Ranma lo fissò interdetto, scansando il colpo con facilità, tuttavia l'altro uomo era a dir poco furioso e continuava a cercare di colpirlo con insistenza, come se desiderasse vederlo in terra tramortito.

«Si può sapere che diamine ti prende?!» gli chiese il codinato, deviando un ulteriore colpo «Hai sbattuto la testa o cosa?!»

«Dannato! Adesso hai pure voglia di scherzare, eh?!» il corvino dalla gialla bandana digrignò i denti, mostrando i due canini affilati e bianchissimi. Ranma, in quell'attimo, bloccò la mano di Ryoga col palmo d'una mano, fissandolo con serietà. Dopodiché i suoi occhi si posarono su ciò che Ryoga stringeva con così tanta rabbia.

Una lettera?” pensò Ranma, aggrottando le sopracciglia,Qui c'è qualcosa che non mi quadra affatto...”

Con un'agile mossa, il codinato diede un veemente calcio in faccia all'amico-nemico, il quale volò direttamente all'interno del piccolo laghetto adornato da medi massi massicci. Subito dopo, la lettera ch'egli aveva in meno svolazzò in direzione di Ranma, che l'afferrò con agile prontezza.

«Ranma, che succede?!» Akane si precipitò ove i due litiganti stavano animatamente discutendo: praticamente all'entrata della palestra. Ella si guardò attorno, poi, a passo spedito, si diresse verso Ranma con le mani sui fianchi «Ecco, siamo alle solite! Devi smetterla di provocare il povero Ryoga!»

Ma Akane non ricevette risposta, poiché il marito sembrava essere del tutto sbiancato per l'estremo choc che gli aveva causato la lettura.

«Cosa ti prende? Sembra che tu abbia appena visto un fantasma!» Akane strappò di mano la lettera a Ranma e, in quel momento, tutti gli altri fecero la loro apparizione innanzi alla palestra Tendou.

«Akane, che hai?» Nabiki si era fatta più vicina alla sorella: quest'ultima aveva gli occhi sgranati e sembrava anche parecchio scossa. Ranma si scrocchiò le nocche delle dita e, lentamente, le ossa del collo «TU, dove pensi di andare, padre degenere?!»

Difatti, Genma stava per svignarsela via come suo solito, ma Ranma fu più veloce e gli balzò sulla schiena, incollandolo al pavimento e gonfiandolo di botte.

«Calmo, Ranma! Lascia che papà ti spieghi!» Genma cercò di giustificarsi, ma invano, poiché il figlio lo strinse per la collottola e avvicinò il viso d'egli al suo.

«Ti ascolto», il tono alquanto minaccioso e lo sguardo adirato erano carichi d'umiliazione e vergogna.

Haruka se ne stava con la schiena incollata al muro e le mani ficcate all'interno delle tasche dei jeans, mentre Nagisa e Hiroshi arrivavano proprio in quel momento.

Gli occhi color nocciola della fanciulla sbatterono fra loro e poi fissarono tutti i presenti, sino a ché non individuarono il foglio di carta che la madre del ragazzo dai capelli scarlatti teneva in mano.

Una... lettera?”

Ryoga ritornò a passi svelti e pesanti, incrociando le braccia al petto; del vapore caldo fuoriusciva dall'acqua che sgorgava dai vestiti e dalla pelle d'egli. Akari gli era di fianco, sorreggendo con entrambe le mani il manico d'una dorata teiera.

Genma, dopo esser stato lasciato dalle grinfie del primogenito, si sistemò meglio i vecchi occhiali sul naso «E' una lunga storia».

«Accorcia», sintetizzò seccamente l'uomo dal codino color pece.

Genma sudò freddo, spostando gli occhi a destra e sinistra, finché non ebbe Haruka e Nagisa sul suo campo visivo.

«Akane, ti ringrazierei infinitamente se tu leggessi ad alta voce il contenuto di quella lettera» fece Genma, non distogliendo lo sguardo laddove l'aveva appena puntato.

Akane aprì bocca ma tutto ciò che fece fu boccheggiare, poiché Ryoga l'aveva prontamente preceduta:


“ Gentilissimo signor Hibiki, nonché mio carissimo Amico di Penna,

Come concordato anni addietro, terrò fede al nostro giuramento e, poiché sono fermamente sicuro che tu farai la stessa cosa nei miei confronti, sono davvero lieto che mio figlio Haruka, in un armonioso futuro prossimo, possa prendere in moglie la tua cara e dolce nipotina Nagisa.

Ti ringrazio, dunque, per i soldi che tu stesso hai dato a mio padre di persona. Senza di quelli non avremmo mai potuto permetterci le medicine per curare mia moglie dalla grave malattia che l'affligge ormai da troppo tempo.

I miei più sinceri e cordiali saluti,

Ranma Saotome ”


«C'è scritto proprio così» puntualizzò Nabiki, facendo capolino dalla spalla di Akane ed indicando quindi la lettera con l'indice della mano destra.

La bocca di Ranma si spalancò, ancora incredulo, mentre Ryoga ribolliva dalla rabbia: l'aveva letta una sola volta ma ogni lettera scritta in quel foglio non l'avrebbe mai e poi mai dimenticata.

«Da quand'è che va avanti questa storia?!» Genma ricevette un bel cazzotto sul capo da Ranma, «Che grave malattia dovrei mai avere?!» disse Akane, dando in contemporanea con il marito un secondo pugno al suocero.

«Hai osato persino simulare la mia firma» esclamò ricolmo di risentimento il codinato «Non ti perdonerò mai!»

«Non così in fretta, Ranma!» Genma scansò il calcio che il figlio aveva cercato di dargli e successivamente lo additò con l'indice accusatore «Quella firma è autentica!»

I presenti si sorpresero, Nagisa era rimasta senza parole ed Haruka sembrava tranquillissimo riguardo alla faccenda.

«Quindi ti sposerai?» chiese Hiroshi alla sorella maggiore, la quale arrossì violentemente a quella domanda: «C–cosa?!»

«Ovvio che no, Hiroshi! Questa è tutta una buffonata!» soggiunse Ryoga, avvicinandosi velocemente all'uomo col codino, «Vero?»

Genma si mise tra i due uomini, emise un pesante colpo di tosse, e poi disse:

«Era un giorno alquanto piovoso, quando...»


{ FLASHBACK }


Ranma entrò in camera da letto, grattandosi la nuca e sbadigliando lievemente, una mano rivolta vicino alla bocca.

Happosai era lì, col suo enorme fazzoletto ripieno di pizzi e merletti dell'amata biancheria intima femminile: alla collezione, vi erano stati appena aggiunti dei reggiseni e delle mutandine appartenenti ad Akane.

«Ehi, ciao Ranma! Non pensavo che Akanuccia tenesse certi completini sexy nel suo guardaroba!» esclamò malizioso il Maestro, ridacchiando tra sé e sé. In meno di qualche secondo il vecchio era già vicino all'uomo e aveva cominciato a punzecchiarlo con velocità da vari lati, saltellando euforico «Su, ammettilo, furbacchione! Cos'è che fate te ed Akanuccia adorata quando non ci sta nessuno in casa, mhmm?!»

Ranma arrossì ed afferrò con violenza Happosai per il viso, spingendolo con tatto alcuno sulla lignea pavimentazione «Adesso ti spacco, maledetto porco!»

Happosai aveva i – finti – lacrimoni, tirò su col naso, come se la vittima fosse lui, e fissò Ranma con gli occhioni lucidi da bambinone.

«Non ti vergogni a prendertela con un povero vecchio!? Guarda che lo dico ad Akane!»

«Tu non dirai proprio un bel niente» ribatté il corvino, facendosi più vicino al Maestro «Anche perché adesso esalerai l'ultimo respiro!»

Detto ciò, Ranma fece per colpire Happosai più e più volte, ma egli scansava qualsiasi suo colpo.

Fecero tutto il giro dell'abitazione, alla fine si ritrovarono entrambi nella stanza ove dormivano Genma, Nodoka ed Haruka, quest'ultimo in un futon a parte.

Immediatamente, s'udì uno strano tonfo, simile alla caduta d'un corpo sul pavimento.

«Cosa c'è, hai paura?» lo provocò Happosai, ghignando altezzosamente.

Ranma s'alzò le maniche lunghe della maglietta cinese blu-scuro e strinse con maggior intensità la mano destra, si lanciò poi verso l'anziano ma questi sembrò come teletrasportarsi altrove, – era incredibilmente veloce! – quindi l'uomo col codino perse l'equilibrio e cadde in terra, col palmo della mano bello che aperto su un cuscinetto intriso di... inchiostro?!

«Accidenti a te!» Ranma fece per alzarsi ma con un colpo deciso, ad Happosai bastò sfiorare l'interlocutore con la pipa, che quest'ultimo volò via.

Improvvisamente, una mano apparve da dietro all'armadio scorrevole, proprio dove Ranma era stato fiondato: essa teneva un foglio bianco, fece una lieve pressione sul palmo dell'uomo e poi scomparve da dove era arrivata.

Happosai, nel frattempo, se l'era svignata con tutto il suo ben di Dio.

«Fa che ti abbia nuovamente sotto mano, e poi vedi come ti concio» ringhiò alla fine Ranma, rimettendosi in piedi con un fulmineo balzo.

«E questo?» fu allora che s'accorse d'avere il palmo della mano inchiostrata, ed in contemporanea, dell'abbondante inchiostro che macchiava un po' ovunque il pavimento della stanza, accompagnato da altrettanti oggetti sparsi qua e là.

Ranma s'allarmò, sbiancando: se Akane e sua madre avessero visto tutto quel casino, probabilmente si sarebbero arrabbiate come non mai.

Quindi, onde evitare qualsiasi battibecco con le donne di casa, avrebbe fatto meglio a mettere tutto in perfetto ordine.

Intanto, l'artefice di quel genialissimo piano, aveva approfittato della fuga del grande e vecchio Maestro, per darsela anch'egli a gambe levate:

Si era nascosto sotto il tatami, successivamente aveva spalancato un poco di più la porta scorrevole già di per sé aperta, ed aveva levato le tende senza lasciare traccia, come un abile ladro.


{ END OF FLASHBACK }


«E' andata proprio così!» annuì Genma, come se nulla fosse, indicando il retro della lettera e facendo chiaramente vedere l'impronta digitale del figlio. Quest'ultimo gli diede un ennesimo pugno e poi sbraitò: «Come osi dirlo con così tanta naturalezza?!»

«Dove credi di andare, tu?» Akane afferrò il nano anziano per il vestito color bordeaux e poi lo girò verso di sé, la mano opposta già pronta per spedirlo in alto nel cielo.

«Suvvia, Akanuccia mia, stavamo solo giocando... Per farmi perdonare ti darò un bacino!»

Un forte tonfo si procreò all'improvviso: il piede destro di Haruka premeva contro la nuca dell'anziano e, infine, come se questi fosse un pallone da calcio, lo spedì in alto: sperando che oltrepassasse l'atmosfera terrestre e che non si facesse mai più rivedere.

L'azzurro degli occhi del giovane andarono ad incontrare quelli del nonno; gelido e irremovibile gli andò incontro. Genma impallidì, portando le mani in avanti, «Dai, Haruka, nipote mio: parliamone!»

Ma nonostante quello che si poteva pensare, il rosso non fece niente: egli si fermò innanzi al nonno e, semplicemente, rimase a guardarlo.

«Non ho intenzione di sposarmi. Tanto meno fidanzarmi con una come quella lì» mise in chiaro il ragazzo, dopo un breve attimo di silenzio «Tra l'altro,» egli non poté che enfatizzare la cosa, guardando la fanciulla di sottecchi: «non è il mio tipo».

A Nagisa sembrò come se centomila coltelli affilati le venissero conficcati sulla schiena. Ella deglutì e strinse le mani sul petto: ecco che, senza neanche pensarci, s'era messa a guardare in terra.

Non poteva certo immaginare, che la vera natura di quelle parole fosse un'altra: Haruka odiava... le donne. Le odiava perché lui stesso lo era, lo era per metà, gli era stato ereditato e lui, sfortunatamente, non poteva farci niente.


Sei diverso, siamo diversi.

Non sarai mai un bambino normale, Haruka. Vedi non dimenticarlo”.


Suo nonno Genma era stato molto chiaro, quella volta, sebbene all'epoca il figlio di Ranma avesse solamente cinque anni: questo lo aveva a tal punto traumatizzato, da portarlo verso l'attuale strada.

In sostanza, era tutta colpa di Genma se il nipote era cresciuto con tali pensieri fissi e intoccabili. Ranma non lo aveva ancora perdonato, per questo.

Haruka fece per andarsene, ma ecco che da dietro egli sbucò l'uomo col codino, il quale lo strinse fortemente per le spalle.

«Una promessa è una promessa», affermò Ranma, sospirando piano, «Quindi, figlio mio, comportati da uomo e prenditi le tue responsabilità».

«Caro, non agitarti, ti prego» Akari stava trattenendo il marito per un braccio, la teiera che prima aveva in mano era ormai finita in terra, la calda acqua che bagnava il duro asfalto «Vedrai che andrà tutto bene».

Ryoga strinse i denti e, a fatica, proclamò con un tono abbastanza carico di nervosismo:

«E va bene,» una vena pulsava insistentemente sulla tempia destra «ma se osa soltanto farle del male, io giuro che lo rispedisco all'altro mondo!»

Haruka si staccò dal padre con un secco movimento della braccia proiettate in avanti e, senza dire niente, s'incamminò. Passò vicino a Nagisa, che lo guardò per pochi attimi, distogliendo poi in maniera fulminea lo sguardo altrove.

«Stammi alla larga», gli sussurrò egli, una volta abbastanza vicino a lei, e dopodiché la sorpassò, ritornandosene dall'altra parte della casa, dove vi erano rimasti Soun, Kasumi, Tofu... e i nuovi arrivati Tatewaki e Youichi.

Nagisa cercò di trattenere le lacrime: in fondo, perché avrebbe dovuto versarle? Quel ragazzo, alla fine fine, neanche lo conosceva.

«Nagisa!» Ryoga allungò una mano in direzione della ragazza, ma quest'ultima era già scappata via.

Ranma si mise di fianco al coetaneo, «Lasciala stare. Vorrà rimanere sola, immagino». Ryoga gli lanciò un'occhiataccia, poi rivolse lo sguardo laddove la figlia era scomparsa. Anche Akane ed Akari parvero fare lo stesso, mentre i due corpi di Genma ed Happosai erano stesi al suolo e si lamentavano per il dolore subìto – Happosai ritornato indietro come un boomerang dal calcio del giovane rosso, e Genma pestato dai violenti colpi del figlio Ranma.




   
 
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